Ricorso principale e ricorso incidentale
La sentenza “Puligienica” afferma importanti principi riguardanti la prevalenza del diritto europeo sulle regole del c.p.a. che prevedono l’obbligo di deferimento all’Adunanza Plenaria. Ridisegna, inoltre, la disciplina del rapporto tra ricorso incidentale e ricorso principale nelle controversie in materia di appalti. Per la C. giust. UE l’interesse strumentale dell’operatore economico alla ripetizione della gara deve essere tutelato anche quando i vizi dedotti con i ricorsi escludenti incrociati sono dissimili e sono rimasti in gara altri concorrenti diversi da quelli di cui si contesta l’ammissione. Le nuove regole stabilite dalla Corte introducono ulteriori elementi di incertezza, testimoniati dalla divergenza dei primi interventi della giurisprudenza nazionale. Dovranno essere coordinate con il “rito” specialissimo in materia di ammissioni ed esclusioni, introdotto dal d. lgs. n. 50/2016.
3.4 L’effettiva chance di ripetizione della gara 3.5 L’attenuazione dell’interesse al ricorso 3.6 L’onere di immediata impugnazione delle ammissioni
Il tema del rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale nei giudizi soggetti alla disciplina della “direttiva ricorsi”, da sempre controverso, ha formato oggetto di una rinnovata attenzione della C. giust. UE.
La Grande Camera della Corte, con la pronuncia 5.4.2016, C689/13, Puligienica c. Airgest s.p.a1, originata da un’ampia ordinanza di rinvio del Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana (C.g.a., 17.10.2013, n. 848), ha affermato i seguenti tre principi:
1) l’art. 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta a una disposizione di diritto nazionale nei limiti in cui quest’ultima sia interpretata nel senso che, relativamente a una questione vertente sull’interpretazione o sulla validità del diritto dell’Unione, una sezione di un organo giurisdizionale di ultima istanza, qualora non condivida l’orientamento definito da una decisione dell’adunanza plenaria di tale organo, è tenuta a rinviare la questione all’adunanza plenaria e non può pertanto adire la Corte ai fini di una pronuncia in via pregiudiziale;
2) l’art. 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che, dopo aver ricevuto la risposta della Corte di giustizia dell’Unione europea ad una questione vertente sull’interpretazione del diritto dell’Unione da essa sottopostale, o allorché la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea ha già fornito una risposta chiara alla suddetta questione, una sezione di un organo giurisdizionale di ultima istanza deve essa stessa fare tutto il necessario affinché sia applicata tale interpretazione del diritto dell’Unione;
3) l’art. 1, par. 1, terzo co. e 3, della direttiva ricorsi2 deve essere interpretato nel senso che osta a che un ricorso principale proposto da un offerente, il quale abbia interesse a ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici o delle norme che traspongono tale diritto, e diretto a ottenere l’esclusione di un altro offerente, sia dichiarato irricevibile in applicazione di norme processuali nazionali che prevedono l’esame prioritario del ricorso incidentale presentato da detto altro offerente.
La pronuncia chiarisce, anzitutto, i rapporti tra l’obbligo di deferimento all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, previsto dall’ordinamento italiano (art. 99 c.p.a.), e l’applicazione diretta del diritto di derivazione europea, ove occorra attraverso il rinvio pregiudiziale alla stessa C. giust. UE.
La Corte definisce il coordinamento tra:
a) la regola generale che impone a ogni giudice nazionale di applicare sempre il diritto europeo, facendolo prevalere sul diritto interno sostanziale e processuale;
b) l’obbligo, previsto dall’ordinamento italiano, secondo cui le Sezioni del Consiglio di Stato devono rinviare preliminarmente all’Adunanza Plenaria la risoluzione di questioni controverse, o di massima importanza, o quando ritengano di seguire una linea interpretativa difforme da quanto statuito, in precedenza, dalla stessa Plenaria (art. 99 c.p.a.).
Il principio espresso dalla C. giust. UE risulta, ad una prima lettura, difficilmente discutibile. Nessun giudice nazionale può rifiutarsi di disapplicare il diritto europeo, assumendo che un organo nazionale abbia manifestato un difforme indirizzo ermeneutico.
Una disciplina processuale che subordinasse l’operatività della normativa europea a onerosi passaggi procedurali, quali la rimessione del giudizio ad un diverso ufficio giurisdizionale “superiore”, violerebbe lo spirito del Trattato, che sancisce l’incondizionata prevalenza delle fonti europee.
Nella sua assolutezza, però, il criterio assumerebbe un carattere troppo rigido. Il “dialogo” tra le giurisdizioni “superiori” statali ed europee deve incoraggiare ogni strumento diretto a semplificare il rapporto tra i due plessi. Ciò è ancora più evidente ove si consideri che le Sezioni del Consiglio di Stato e l’Adunanza Plenaria sono articolazioni interne di un unico organo, il quale si esprime in modo compatto.Le regole del c.p.a., che assicurano la funzione nomofilattica della Plenaria, dovrebbero essere considerate positivamente, anche nell’ottica della attuazione del diritto UE. D’altro canto, secondo il c.p.a., il rinvio alla Plenaria non è imposto in tutti i casi in cui si faccia questione dell’applicazione del diritto europeo, ma solo se si registra una difformità di interpretazioni e occorra recuperare un orientamento certo.
Un sistema coordinato di controllo della corretta e omogenea applicazione del diritto europeo non può costituire, di per sé, una minaccia all’ordinamento della UE, ma ne presidia la piena operatività.
Assai spesso il problema di interpretazione (e prevalenza) della regola UE si intreccia con quello di ricostruzione della normativa nazionale. Pertanto, il contributo della Plenaria, che determina un rallentamento del giudizio di poche settimane, compensato dalla adozione di pronunce accurate e approfondite, non costituisce un ostacolo alla operatività del diritto europeo.
La C. giust. UE avrebbe potuto considerare che, nelle more del giudizio, la Plenaria (con le decisioni 30.1.2014 n. 7 e 25.2.2014 n. 9) si era assai rapidamente pronunciata, superando gli esiti della sentenza 7.4.2011, n. 4 e recependo tutti i principi espressi con la pronuncia Fastweb (4.7.2013, C-100/12). L’A.P. aveva declinato il concetto di “identià del vizio”, optando per una nozione allargata, comprensiva di tutte le illegittimità riferite alla stessa fase procedimentale. La sentenza Puligienica, in questa parte, è conforme al regolamento di procedura della Corte di giustizia del 29 settembre 2012, che non contempla un rinvio della questione pregiudiziale al giudice che l’ha sollevata perché confermi l’attuale rilevanza della questione a seguito del cambiamento del quadro normativo interno di riferimento.
Tuttavia, la sentenza della Plenaria non è irrilevante rispetto alla questione: quell’orientamento rappresenta, al momento della decisione, il punto di vista dell’organo di vertice della giurisdizione amministrativa.
Probabilmente, la semplice applicazione dei “nuovi” principi espressi nel 2014 avrebbe permesso al C.g.a. di risolvere la questione senza difficoltà, in coerenza con quanto stabilito dalla sentenza Fastweb, dimostrando che, nell’esperienza pratica, il tempestivo intervento della Plenaria accelera la penetrazione del diritto europeo nell’ordinamento nazionale.
La pronuncia della C. giust. UE, la quale pure allarga il proprio orizzonte ben oltre le prospettazioni dell’ordinanza del C.g.a., non analizza, nel merito, le puntuali motivazioni delle decisioni della Plenaria 2014, recependo i soli argomenti esposti dall’Avvocato Generale.
La circostanza, poi, che le altre Sezioni del Consiglio di Stato, piuttosto che “procedere in ordine sparso”, abbiano ritenuto opportuno assicurare un’uniforme applicazione del diritto europeo, mediante il risolutivo intervento nomofilattico della Plenaria manifesta attenzione e rispetto per le fonti di diritto sovranazionali.
L’Adunanza Plenaria 27.7.2016, n. 19 (insieme alla coeva n. 20), preso atto dei principi dettati dalla Corte di giustizia UE nella sentenza Puligenica, ha attentamente puntualizzato le modalità di realizzazione della propria funzione nomofilattica esercitata in base all’art. 99 c.p.a. In tal modo, la formale graniticità e perentorietà della sentenza “Puligienica” viene razionalmente attenuata e coordinata con le regole nazionali.
Questi sono i due principi essenziali enunciati dalla decisione.
A) La sezione del Consiglio di Stato cui è assegnato un ricorso, qualora non condivida un principio di diritto enunciato dall’Adunanza Plenaria su una questione vertente sull’interpretazione o sulla validità del diritto dell’UE, può alternativamente: a) rimettere previamente la questione all’Adunanza Plenaria affinché questa riveda il proprio orientamento; b) adire la Corte di giustizia ex art. 267 TFUE ai fini di una pronuncia in via pregiudiziale; c) disattendere direttamente il principio di diritto enunciato dall’Adunanza Plenaria ove esso risulti manifestamente in contrasto con una interpretazione del diritto dell’Unione già fornita, in maniera chiara ed univoca, dalla giurisprudenza comunitaria.B) L’Adunanza Plenaria, qualora sia chiamata a decidere una questione analoga ad altra pendente innanzi alla Corte di giustizia dell’UE, può alternativamente: a) disporre la sospensione cd. impropria del giudizio in attesa che si pronunci il giudice europeo; b) sollevare a sua volta una questione pregiudiziale; c) decidere comunque la questione anche alla luce dei dubbi di compatibilità comunitaria manifestati in occasione della precedente rimessione.
In tal modo sembra disegnato un punto di equilibrio ideale tra i ruoli delle Corti superiori nazionali ed europee. Il Collegio chiamato a decidere una controversia in cui si declina un contrasto tra Plenaria e diritto UE non è vincolato al rinvio alla stessa Plenaria, ai sensi dell’art. 99 c.p.a., ma può autonomamente decidere di seguire detto percorso.
Con riguardo al tema del rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale, la decisione Puligienica sviluppa la propria motivazione nei paragrafi 22 e ss.
La pronuncia individua correttamente il punto proposto dal C.g.a. al par. 22. Prosegue, poi, richiamando la normativa europea di riferimento (par. 23) e i contenuti essenziali del precedente “Fastweb” (par. 24 e 25). Nei paragrafi 26 e 27 la sentenza conferma la regola generale secondo cui qualora «a seguito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, due offerenti presentano ricorsi diretti ad ottenere la reciproca esclusione… ciascuno dei due offerenti ha interesse a ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto.
Da un lato, infatti, l’esclusione di un offerente può far sì che l’altro ottenga l’appalto direttamente nell’ambito della stessa procedura. D’altro lato, nell’ipotesi di un’esclusione di entrambi gli offerenti e dell’indizione di una nuova procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, ciascuno degli offerenti potrebbe parteciparvi e, quindi, ottenere indirettamente l’appalto».
Il passaggio più controverso della motivazione della sentenza risiede nei parr. 28 e 29: «28. Da un lato, infatti, ciascuna delle parti della controversia ha un analogo interesse legittimo all’esclusione dell’offerta degli altri concorrenti. D’altro lato, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 37 delle sue conclusioni, non è escluso che una delle irregolarità che giustificano l’esclusione tanto dell’offerta dell’aggiudicatario quanto di quella dell’offerente che contesta il provvedimento di aggiudicazione dell’amministrazione aggiudicatrice vizi parimenti le altre offerte presentate nell’ambito della gara d’appalto, circostanza che potrebbe comportare la necessità per tale amministrazione di avviare una nuova procedura».
Ne deriva, così, che «29. Il numero di partecipanti alla procedura di aggiudicazione dell’appalto pubblico di cui trattasi, così come il numero di partecipanti che hanno presentato ricorsi e la divergenza dei motivi dai medesimi dedotti, sono privi di rilevanza ai fini dell’applicazione del principio giurisprudenziale che risulta dalla sentenza Fastweb (C-100/12, EU:C:2013:448)».
Occorre evidenziare, anzitutto, il vistoso scarto tra il complesso quesito proposto dal C.g.a. e la decisione adottata dal giudice del Lussemburgo.
L’ordinanza di rinvio aveva indicato le differenze tra la concreta situazione esaminata e le vicende finora vagliate dalle precedenti Plenarie (del 2008 e del 2011) e dalla sentenza Fastweb.
Il caso Fastweb era caratterizzato da due note peculiari:
a) alla gara avevano partecipato, sin dall’origine, le due sole imprese che avevano poi proposto i ricorsi reciprocamente escludenti;
b) le censure formulate erano, anche nel contenuto, perfettamente speculari.
Non era chiaro, però, se, nella stringatissima motivazione della pronuncia Fastweb, la duplice peculiarità della fattispecie affrontata dovesse reputarsi come indicativa del carattere eccezionale della nuova regola posta dalla Corte, determinandone i limiti applicativi.
Il C.g.a. dubita, allora, che rientri nel principio di diritto espresso dalla sentenza Fastweb la fattispecie sottoposta al proprio esame (in cui i ricorsi incrociati sono proposti non già da tutti i partecipanti originari, ma dai soli concorrenti “rimasti in gara”, senza coinvolgimento alcuno degli altri operatori economici definitivamente esclusi dalla selezione, pur evidenziando l’isomorfismo delle situazioni (punto C5 dell’ordinanza).
Non può escludersi che la scelta “prudenziale” del C.g.a. sia stata implicitamente letta dai giudici del Lussemburgo come un tentativo della giustizia amministrativa italiana di “resistere” ad oltranza alla sentenza Fastweb, mediante la costruzione di eccezioni sostanziali e di ostacoli procedurali al principio di effettiva tutela dell’interesse strumentale dell’operatore economico finalizzata a denunciare le illegittimità della procedura.
La decisione della Corte, infatti, è diretta a prevenire, sul nascere, ogni ulteriore tentativo di limitazione del principio.
Ma la Corte non si limita ad accogliere la prospettazione del C.g.a., affermando la piena equivalenza tra il caso Fastweb e la situazione dei ricorsi incrociati proposti dai concorrenti “rimasti in gara”.
La sentenza afferma, infatti, due ulteriori regole:
A) L’esame contestuale dei reciproci ricorsi escludenti, principale e incidentale, è sempre doveroso, indipendentemente dalla identità dei vizi denunciati e dalla fase a cui essi si riferiscono;
B) Lo scrutinio simultaneo dei ricorsi incidentale e principale prescinde dal numero dei concorrenti e resta necessario anche quando non siano state dedotte censure avverso l’ammissione di tutti i concorrenti “rimasti in gara”.
La prima nuova regola intende semplificare e chiarire il principio della sentenza Fastweb, delineandone la portata generale, non subordinata alla natura “identica” delle censure incrociate, nemmeno nella dimensione “allargata” indicata dalla Plenaria n. 9/2014.
Resta però aperto un nodo. La natura dei vizi prospettati con il ricorso incidentale costituisce uno degli elementi rilevanti ai fini della concreta ripetibilità della gara, condizionando l’interesse strumentale fatto valere dal ricorrente principale.
Si pensi al caso in cui, con il ricorso incidentale, si faccia valere la carenza di un requisito sostanziale di partecipazione del ricorrente principale. In tal caso, il ricorso incidentale, se fondato, dovrebbe avere comunque effetto totalmente paralizzante, perché il ricorrente principale non avrebbe alcuna chance di ottenere il contratto, dopo la ripetizione della gara.
È ragionevole ritenere, quindi, che il presupposto dell’interesse strumentale alla possibilità concreta di rinnovare la procedura possa tuttora giustificare, in determinati casi, l’efficacia paralizzante del ricorso incidentale. Ma è difficile ritenere che il giudice nazionale possa pervenire a questa conclusione senza prima ottenere una nuova pronuncia chiarificatrice della C. gust. UE.
Il secondo principio innovativo espresso dalla sentenza Puligienica assume portata ancora più “rivoluzionaria”, suscitando le maggiori incertezze applicative.
Stando alla lettera della pronuncia, l’accoglimento del ricorso incidentale escludente non preclude lo scrutinio del ricorso principale, ancorché nella gara in contestazione siano rimasti in gara concorrenti diversi e ulteriori rispetto a quelli di cui sia contestata in giudizio l’ammissione alla procedura.
Questa affermazione appare sorprendente, poiché tocca un aspetto totalmente estraneo all’ordinanza di rinvio. Il C.g.a., semmai, aveva fatto riferimento alla ipotesi concreta opposta: in giudizio erano contestate tutte le ammissioni dei concorrenti “rimasti in gara”, ma, sullo sfondo della vicenda, si intravedevano ancora i “fantasmi” dei concorrenti definitivamente esclusi.
Il C.g.a. non aveva indicato nemmeno in via ipotetica, come la peculiarità fattuale del caso potesse incidere sulla configurabilità dell’interesse al ricorso e sulla concreta chance di ripetizione della gara.
Il punto merita, allora, un chiarimento. Nel caso Fastweb, poiché tutti gli originari due partecipanti alla gara contestavano simultaneamente le reciproche ammissioni, l’eventuale accoglimento di tutti i ricorsi avrebbe determinato l’azzeramento della gara, aprendo la concreta chance della sua ripetizione, senza alcuna “riserva”.
Nel caso Puligienica, invece, le contestazioni reciproche delle ammissioni alla selezione riguardano i soli concorrenti “rimasti in gara”, senza coinvolgimento alcuno, nel giudizio, degli altri operatori definitivamente esclusi dalla stazione appaltante. Si prospetta, allora, almeno astrattamente, una possibile incognita. Infatti, anche in caso di accoglimento di tutti i ricorsi incrociati, l’effetto di “annullamento totale” dell’intera gara e della sua ripetizione non è del tutto scontato. Esso resta subordinato alla circostanza che l’amministrazione non decida, in via di autotutela, di riammettere alla selezione gli operatori esclusi.
L’interesse strumentale alla ripetizione della gara, in siffatta circostanza, risulta effettivamente meno nitido rispetto al caso Fastweb.
La sentenza Puligienica, peraltro, non si sofferma sul caso concreto sottoposto al suo esame.
Peraltro, appare ragionevole sostenere che l’eventualità della riammissione dei concorrenti esclusi in via di autotutela, essendo futura e incerta, non scalfisce, al momento del giudizio, l’attualità dell’interesse strumentale alla ripetizione della gara.
La Corte, invece, seguendo espressamente le argomentazioni dell’Avvocato generale, si occupa di un’altra ipotesi, simmetrica e opposta rispetto a quella oggetto del giudizio a quo.
Si tratta dell’eventualità in cui i diversi ricorsi escludenti incrociati non toccano la posizione di uno o più dei concorrenti rimasti in gara.
Il caso emblematico è quello di una procedura selettiva che si conclude con l’ammissione di tre imprese.
Il ricorrente principale (secondo graduato) impugna la sola ammissione in gara dell’aggiudicatario.
Questi, con ricorso incidentale, deduce, a sua volta, l’illegittima ammissione del secondo classificato.
Nessuna delle parti si preoccupa di contestare, invece, la posizione del terzo classificato.
Finora si diceva pacificamente che, in tali circostanze, se non è impugnata anche l’ammissione del terzo concorrente, il ricorso incidentale proposto dall’aggiudicatario assume portata paralizzante del ricorso principale. L’accoglimento dei due ricorsi incrociati non potrebbe giovare in alcun modo all’interessato, provocando la ripetizione della gara, ma determinerebbe effetti utili potenziali, semmai, solo per il terzo, ancorché rimasto estraneo alla controversia.
Infatti, a fronte della esclusione degli altri concorrenti, l’amministrazione potrebbe (o dovrebbe) procedere allo scorrimento della graduatoria in suo favore e non alla ripetizione della gara. Va detto che, in tali casi, molto spesso il ricorrente principale, a sua volta, proponeva un “controricorso incidentale” diretto a contestare l’ammissione alla gara dei terzi, rilanciando il proprio interesse strumentale.
Ora, la Corte afferma che la finalità di tutela “strumentale” delle parti impone di esaminare, anche in tale ipotesi, entrambi i ricorsi reciprocamente escludenti. La concreta chance di ripetizione della gara deriva dalla circostanza che l’amministrazione potrebbe verificare l’irregolarità dell’offerta del terzo; oppure questi potrebbe dichiararsi non disponibile allo scorrimento; oppure, ancora, l’amministrazione potrebbe non essere tenuta allo scorrimento.
Sotto il profilo processuale si potrebbe ritenere, poi, che il terzo, rimasto estraneo al giudizio, non potrebbe avvalersi degli effetti – astrattamente favorevoli – della sentenza e, quindi, l’amministrazione potrebbe legittimamente stabilire di ripetere la gara, senza ledere la sua posizione.
In definitiva, l’astratta chance di ripetizione della gara dovrebbe essere sufficiente per imporre l’esame dei ricorsi incrociati, ancorché poi, all’esito del giudizio, si appuri che tale possibilità non sia più realizzabile in concreto.
È questa l’impostazione seguita dalle prime decisioni dei TAR, le quali applicano pedissequamente il principio espresso dalla sentenza Puligienica, senza alcuna restrizione.
In tal senso si pone il TAR Bolzano, 29.6.2016, n. 206. Il giudice ribadisce il fondamentale principio della “parità delle armi tra le parti” e procede senz’altro al vaglio di entrambi i ricorsi, esaminando, nell’ordine, il ricorso principale e quello incidentale.
Constatata la fondatezza di entrambi i ricorsi, la sentenza esclude sia il ricorrente principale sia quello incidentale, con ciò lasciando, implicitamente strada libera ad altro operatore, “terzo” non solo in graduatoria, ma anche rispetto al giudizio.
Nello stesso senso si pone Cons. St., sez. IV, 26.7.2016, n. 3339, la quale richiama le conclusioni cui è pervenuta la Corte, secondo cui «sussiste l’obbligo del giudice di esaminare entrambi i ricorsi prescindendo dal numero di imprese rimaste in gara e dalla natura del vizio». A ciò consegue «la necessità di esaminare sia l’originario ricorso di primo grado che il ricorso incidentale».
Anche TAR Veneto, 24.8.2016, n. 977, ritiene che «la Corte di Giustizia ha affermato, senza distinzioni, né condizioni o riserve, il dovere del giudice di esaminare sia il ricorso principale, sia quello incidentale, nonostante la singolarità della situazione che si verifica allorché entrambi risultino fondati ed i concorrenti siano più di due, atteso che, in tale ipotesi ed a parte il caso che conseguenza dell’accoglimento sia l’integrale caducazione della gara e la sua integrale rinnovazione, l’accoglimento di ambedue i ricorsi implicherebbe, quale normale risultato, che né il ricorrente principale, né il ricorrente incidentale riescano ad ottenere una concreta utilità della pronuncia a loro favorevole, e che il beneficiario di siffatta doppia decisione di accoglimento sia un altro concorrente (il più delle volte, il terzo classificato), magari neppure parte del giudizio (non essendo un contro-interessato in senso tecnico, ma semmai un cointeressato … ».
Il TAR ha affermato di essere «ben consapevole di come l’accoglimento di ambedue i ricorsi conduca ad affermare che né le ricorrenti principali né l’aggiudicataria-ricorrente incidentale abbiano titolo ad eseguire il servizio, sicché il complesso delle pronunce adottate potrebbe favorire un terzo che non ha fatto ricorso, vale a dire il soggetto terzo classificato nella graduatoria emendata da errori; lo scorrimento della graduatoria, peraltro, è solamente una delle opzioni di cui dispone la stazione appaltante a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione, visto che essa potrebbe anche decidere una rinnovazione dell’intera procedura».
Analogo percorso argomentativo esprime il TAR Lazio, Latina, sez. I, 28.6.2016, n. 437. Il Collegio, ritiene di dover «seguire alla lettera la pronuncia della Corte di Giustizia che ha affermato senza distinzioni o condizioni o riserve il dovere del giudice di esaminare entrambi i ricorsi, nonostante la singolarità della situazione che si verifica allorché risultino fondati entrambi e i concorrenti siano più di due, dato che, in tale ipotesi e salvo il caso che la conseguenza dell’accoglimento sia la integrale caducazione della gara e la sua integrale rinnovazione, l’accoglimento di entrambi i ricorsi avrebbe come normale conseguenza che né il ricorrente principale né il ricorrente incidentale riescano a ottenere un’utilità concreta dalla pronuncia a loro favorevole e che il beneficiario di tale doppia pronuncia risulti un altro concorrente (il più delle volte si tratterà del terzo classificato)».
Ha inoltre aggiunto che «in relazione alla circostanza che la aggiudicataria-ricorrente incidentale ha sostenuto nella memoria depositata in prossimità dell’udienza pubblica che occorrerebbe integrare il contraddittorio nei confronti delle altre imprese partecipanti alla gara, che queste ultime non sono controinteressate in senso tecnico ma piuttosto cointeressate, dato che si tratta di concorrenti che non hanno vinto la gara (e che nemmeno risulta abbiano proposto ricorso); a ciò si aggiunge che esse sarebbero in realtà avvantaggiate dall’accoglimento sia del ricorso principale che del ricorso incidentale dato che:
a) se si riconoscesse la fondatezza del primo motivo di ricorso principale esse migliorerebbero il proprio posizionamento in graduatoria (si veda pag. 9 del ricorso principale);
b) l’accoglimento delle restanti censure del ricorso principale e del ricorso incidentale “eliminerebbe” dalla graduatoria le prime tre classificate con evidente vantaggio per le altre tre in vista di un possibile scorrimento della graduatoria stessa».
Il TAR pronuncia l’inefficacia del contratto ex art. 122 c.p.a., «anche se il contestuale accoglimento del ricorso principale e del ricorso incidentale comporta l’accertamento che né la ricorrente principale né l’aggiudicataria-ricorrente incidentale abbiano titolo a eseguire i lavori. Per il TAR, lo scorrimento della graduatoria è solo una delle opzioni di cui dispone la stazione appaltante a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione e della dichiarazione di inefficacia del contratto dato che essa potrebbe anche decidere una rinnovazione dell’intera procedura (anche in considerazione della gravità delle anomalie che hanno inficiato quella svolta e oggetto di esame e della possibilità del rilievo di manchevolezze analoghe a quelle rilevate anche per le offerte degli altri concorrenti)».
Secondo TAR Lazio, sez. III-quater, 30.6.2016, n. 7532, «la sentenza della CGUE, ha nella sostanza disarticolato la logica della verifica pregiudiziale dell’interesse processualmente rilevante del ricorrente principale, deriva ancora la dequotazione del tradizionale tema, affrontato ex professo da Ad. Plen. n. 9/2014 proprio sulla prima di tale verifica, dell’inversione dell’ordine di esame del ricorso incidentale escludente e di quello principale, potendo in conseguenza essere ristabilito l’ordine prioritario di esame del ricorso principale non soltanto per il caso di una sua manifesta infondatezza, ma anche in tutte le ipotesi, come quella oggi in discussione, nelle quali risulti applicabile il principio di marca europea più sopra richiamato».
È più convincente, però la tesi, espressa da un indirizzo allo stato minoritario, secondo cui, in presenza di concorrenti terzi di cui non si contesti l’ammissione alla gara, per l’esame del ricorso principale deve essere verificata l’insussistenza di possibili ostacoli alla piena operatività della tutela dell’interesse strumentale della parte ricorrente.
In questo senso si pone la Terza Sezione del Cons. St., 26.8.2016, n. 3708. La pronuncia afferma i seguenti principi.
1) L’esame del ricorso principale (a fronte della proposizione di un ricorso incidentale “escludente”) è doveroso, a prescindere dal numero delle imprese che hanno partecipato alla gara, quando l’accoglimento dello stesso produce, come effetto conformativo, un vantaggio, anche mediato e strumentale, per il ricorrente principale, tale dovendosi intendere anche quello al successivo riesame, in via di autotutela, delle offerte affette dal medesimo vizio riscontrato con la sentenza di accoglimento, mentre resta compatibile con il diritto europeo sull’effettività della tutela in subiecta materia una regola nazionale che impedisce l’esame del ricorso principale nelle ipotesi in cui dal suo accoglimento il ricorrente principale non ricavi, con assoluta certezza, alcuna utilità (neanche in via mediata e strumentale).
2) L’interesse strumentale alla rinnovazione della gara è configurabile non solo quando le imprese rimaste in gara sono solo due, ma anche nelle ipotesi in cui il vizio dedotto a carico di un’offerta sia comune anche ad altre offerte, ancorché presentate da imprese rimaste estranee al giudizio, posto che dal suo accertamento deriverebbe (o, comunque, potrebbe ragionevolmente derivare) l’esclusione anche di queste ultime, in via di autotutela, con la conseguente rinnovazione della procedura.
3) Un’interpretazione che ammettesse sempre l’obbligo dell’esame del ricorso principale, a prescindere da qualsivoglia scrutinio in concreto della sussistenza di un interesse (anche strumentale) alla sua decisione, dev’essere, in particolare, rifiutata perché si rivelerebbe del tutto incoerente sia con il richiamo, ivi operato, all’art. 1 della direttiva n. 89/665/CEE, quale norma che resterebbe violata da una regola che preludesse l’esame del ricorso principale, sia con il rispetto del principio generale, di ordine processuale, codificato dall’art. 100 c.p.c. (e da intendersi richiamato nel processo amministrativo dall’art. 39, co. 1, c.p.a.).
4) L’art. 1, co. 3, direttiva n. 89/665/CEE riconnette espressamente e chiaramente il principio di effettività della tutela delle posizioni soggettive di derivazione europea in materia di appalti alla nozione di interesse, là dove impone agli Stati membri di apprestare un sistema di giustizia che garantisca un utile accesso a “chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione”.
L’antitesi tra le diverse opzioni espresse dalla giurisprudenza è piuttosto evidente ed è ragionevole aspettarsi nuovi interventi della Plenaria e della C. giust. UE.
Il giudice europeo dovrebbe probabilmente definire meglio il meccanismo del ricorso incidentale nel processo amministrativo italiano, che sembra talvolta percepito come un mero pretesto per “negare tutela” e non come un istituto fisiologico, posto a protezione degli interessi sostanziali della parte evocata in giudizio. D’altro canto, proprio il ricorso incidentale è lo strumento – non troppo gravoso – con cui lo stesso originario ricorrente principale può contestare le ammissioni dei terzi, per conservare intatto il proprio interesse strumentale.
Più in radice, l’ordinamento UE dovrebbe chiarire in modo definitivo quale sia l’essenza del sistema di tutela processuale delineato dalla direttiva ricorsi e quale sia l’ambito della autotutela doverosa della stazione appaltante. L’affermazione della Corte, secondo cui anche la mera possibilità dell’autotutela è sufficiente per radicare l’interesse al ricorso, potrebbe condurre a sviluppi inediti. A rigore, dovrebbe reputarsi ammissibile la domanda con cui un concorrente, posizionato all’ultimo posto di una graduatoria di trenta concorrenti impugni la sola aggiudicazione, deducendo che l’aggiudicatario avrebbe dovuto essere escluso. Infatti, in tale circostanza, la stazione appaltante potrebbe sempre escludere, attraverso l’esercizio dell’autotutela, gli altri ventotto concorrenti meglio graduati.
È anche possibile ritenere che, ora, le regole europee intendano assicurare il rispetto della legalità obiettiva nel delicato settore degli appalti e che, quindi, il requisito dell’interesse al ricorso sia destinato a scomparire (come sostenuto da alcune pronunce).
In questa prospettiva, allora, si dovrebbe spianare la strada al ricorso dell’operatore economico che, pur non partecipando alla gara, intenda comunque promuoverne la ripetizione, o anche il ricorso di associazioni e financo di semplici cittadini (prendendo spunto dal considerando 122 della direttiva n. 2014/24/UE del 26.2.2014).
Il contrapposto interesse pubblico alla stabilità dei rapporti contrattuali potrebbe ritenersi già garantito attraverso le regole riguardanti i limiti alla caducazione del contratto, che permettono al giudice di “salvare” l’efficacia del contratto anche in caso di accertata illegittimità dell’atto di affidamento.
Per valutare le verosimili ricadute della sentenza della C. giust. UE, occorre considerare che il codice dei contratti pubblici, d.lgs. 18.4.2016, n. 50, reca ulteriori novità idonee ad incidere sul tema del rapporto tra ricorso incidentale e principale reciprocamente “escludenti”. Il nuovo art. 120 prevede, infatti, la nuova regola dell’onere della immediata impugnabilità degli atti di ammissione e di esclusione dei concorrenti, attraverso un rito speciale particolarmente veloce.
La platea dei concorrenti ammessi alla gara dovrebbe essere definitivamente cristallizzata prima della fase di valutazione delle offerte e della aggiudicazione.
Sicché, le ipotesi di ricorsi incrociati escludenti destinati a provocare la ripetizione della gara dovrebbero ridursi, svuotando il rilievo dei principi formulati dalla sentenza “Puligienica”.
Ciò si verificherà in presenza di particolari condizioni favorevoli: un numero limitato di partecipanti alla procedura; una adeguata distanza temporale tra la verifica dei requisiti di partecipazione e la fase valutativa delle offerte; una accurata attività di controllo delle offerte.
L’impatto della nuova normativa potrebbe essere attenuato, però, considerando tre dati.
I) L’art. 80 del codice dei contratti pubblici n. 50/2016, recependo l’art. 57, c. 5 della dir. n. 2014/24/UE, prevede che «Le stazioni appaltanti escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura, qualora risulti che l’operatore economico si trova, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui ai commi 1,2, 4 e 5».
Pertanto, la fase di ammissione delle offerte è aperta sino all’aggiudicazione. L’auspicato effetto di “cristallizzazione” dei concorrenti, prima dello svolgimento di tale fase, risulta vanificato.
II) Secondo l’art. 56, c. 2, della direttiva, «nelle procedure aperte, le amministrazioni aggiudicatrici possono decidere di esaminare le offerte prima di verificare l’assenza di motivi di esclusione e il rispetto dei criteri di selezione ai sensi degli articoli da 57 a 64».
La norma europea, pur non recepita dal d.lgs. n. 50/2016, potrebbe essere rilevante per la sua incidenza indiretta sull’accesso ai mezzi di ricorso.
L’operatore economico potrebbe aspettare di contestare l’atto di ammissione dell’aggiudicatario, all’esito della procedura selettiva e non dover impugnare “cautelativamente” tutte le ammissioni.
III) Le direttive del 2016 sono ispirate all’esigenza di introdurre severe cause di esclusione dalle gare, che possono addirittura determinare lo scioglimento del contratto già stipulato. Inoltre, il sistema deve garantire il rispetto della legalità, anche imponendo procedure di riesame (davanti alla stazione appaltante o ad Autorità terze), sollecitate da qualsiasi cittadino-contribuente, come emerge dal considerando n. 122 della direttiva n. 2014/24/UE.
L’intervenuta inoppugnabilità degli atti di ammissione alla gara non impedisce l’esercizio dell’autotutela, anche su stimolo degli stessi operatori economici che hanno lasciato scadere il termine di proposizione del ricorso.
Insomma, anche all’esito del giudizio di impugnazione del provvedimento di ammissione dei concorrenti, la “partita” sulla corretta spettanza dell’appalto parrebbe restare ancora aperta al momento dell’aggiudicazione.
Da ultimo, va evidenziato che il nuovo rito speciale non comprende tutti gli atti di esclusione e di ammissione, ma unicamente «il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali» (art. 120, co. 2-bis).
In questa dizione non rientrano le ammissioni o le esclusioni riguardanti l’anomalia delle offerte, o la loro idoneità tecnica. Proprio il contenzioso all’origine della decisione “Fastweb” non avrebbe potuto svolgersi secondo le nuove regole dell’art. 120, dal momento che le ammissioni reciprocamente contestate in quel giudizio riguardavano i contenuti dell’offerta tecnica e non già i “requisiti soggettivi di partecipazione”.
Ne deriva che la norma, come congegnata attualmente, non è idonea a scongiurare del tutto il rischio dei ricorsi incrociati, diretti a far cadere la gara, ma solo dopo la conclusione della procedura.
Anche questo dato potrebbe alimentare ulteriormente le incertezze provocate dall’applicazione della sentenza “Puligienica”.
Note
1 In Foro it., 2016, IV, 325 con nota critica di G. Sigismondi, Ricorso incidentale escludente: l’ultimo orientamento della Corte di giustizia porta all’emersione di un contrasto più profondo.
2 Per esteso: direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21.12.1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11.12.2007.