Riconoscimento del figlio e gestazione per altri
La Corte costituzionale è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità dell’art. 263 c.c., nella parte in cui non prevede che l’impugnazione del riconoscimento del figlio minore per difetto di veridicità possa essere accolta solo quando sia rispondente all’interesse dello stesso. Sulla base di un’esaustiva ricognizione delle fonti interne ed internazionali, la Corte afferma l’infondatezza della questione, osservando che l’accertamento della verità biologica e genetica dell’individuo non costituisce un valore di rilevanza costituzionale assoluta, essendo in ogni caso necessario tenere conto dell’interesse del minore. In questo quadro, residua il problema del bilanciamento degli interessi coinvolti in ipotesi di maternità surrogata, che veniva in considerazione nel caso dal quale traeva origine la questione di legittimità. La sentenza se ne occupa brevemente nella parte conclusiva e offre una lettura del dato normativo potenzialmente pregiudizievole per l’interesse del minore.
Nel corso di un procedimento di impugnazione del riconoscimento del figlio naturale per difetto di veridicità, la Corte d’appello di Milano1 ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 263 c.c.2, in riferimento agli artt. 2, 3, 30, 31 e 117, co. 1, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 8 CEDU. La disposizione è stata censurata nella parte in cui non prevede che l’impugnazione del riconoscimento del figlio minore per difetto di veridicità possa essere accolta solo quando sia rispondente all’interesse dello stesso. Con la sentenza n. 272/20173 la Corte costituzionale afferma l’infondatezza della questione, rilevando, tra l’altro, che nelle azioni di stato in caso di divergenza tra identità biologico-genetica e identità legale, il giudice è chiamato ad un bilanciamento degli interessi in gioco, anche a tutela di quello dei minori alla conservazione dello stato acquisito. La vicenda sottoposta all’esame dei giudici di merito traeva origine dalla trascrizione di un certificato di nascita formato in India, relativo alla nascita di un bambino, riconosciuto come figlio naturale di una coppia di cittadini italiani eterosessuali, i quali – in seguito a indagini avviate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni – ammettevano il ricorso alla surrogazione di maternità, realizzata attraverso ovodonazione. Su iniziativa della stessa Procura della Repubblica, veniva avviato un procedimento per la dichiarazione dello stato di adottabilità, che si concludeva con la dichiarazione di non luogo a provvedere, avendo i genitori contratto matrimonio ed essendo risultata certa, in base al test eseguito sul DNA, la paternità biologica di colui che ha effettuato il riconoscimento. Su richiesta del pubblico ministero, il Tribunale per i minorenni di Milano autorizzava, ai sensi dell’art. 264, co. 2, c.c., l’impugnazione del riconoscimento del figlio naturale effettuato dalla donna, nominando a tal fine un curatore speciale del minore. In accoglimento di tale impugnazione, il Tribunale ordinario di Milano dichiarava che il minore non è figlio della donna indicata nel certificato di nascita. La decisione si fondava sull’art. 269 c.c. e sulla considerazione che, nel caso di specie, il rapporto di filiazione dal lato materno non poteva essere dedotto dal contratto per la fecondazione eterologa con maternità surrogata, da ritenersi invalido per contrarietà della legge straniera all’ordine pubblico, ai sensi dell’art. 16 l. 31.5.1995, n. 2184.
La triste vicenda sulla quale è stata chiamata a pronunciarsi la Corte d’appello di Milano rende evidente che la sentenza n. 272/2017 della Corte costituzionale non riguarda soltanto l’interpretazione dell’art. 263 c.c., ma anche – e soprattutto – la pratica della maternità surrogata o gestazione per altri. In relazione alle fasi antecedenti del giudizio, sono stati sollevati dubbi in merito alla possibilità di esperire l’impugnazione per difetto di veridicità del riconoscimento, con riguardo a una fattispecie nella quale la madre intenzionale non aveva effettuato alcun riconoscimento in senso tecnico5, posto che l’atto di nascita è stato formato sulla base di un contratto. È apparso contraddittorio consentire un’impugnazione per un riconoscimento non veridico, rispetto a una situazione in cui la trascrizione era stata autorizzata sul presupposto che la donna indicata nell’atto di nascita non aveva partorito. La Consulta non si sofferma su questi profili peculiari della fattispecie. Il dictum della Corte costituzionale si fonda su un’analitica indagine delle fonti interne e internazionali dalle quali si ricava la necessità di preservare l’interesse del minore. Il rigetto della questione di legittimità costituzionale non significa che l’interesse del minore non venga in considerazione nel contesto della procedura prevista dall’art. 263 c.c. La Consulta precisa che l’accoglimento della questione rimessa dalla Corte d’appello di Milano ha lo scopo di ottenere il riconoscimento della possibilità di valutare l’interesse del minore, ai fini della decisione sull’impugnazione del riconoscimento. In definitiva, attraverso l’intervento invocato, è denunciata l’irragionevolezza di un automatismo decisorio che impedirebbe di tenere conto degli interessi in gioco nel momento in cui il giudice è chiamato a pronunciarsi sullo status. Il sindacato di legittimità rimesso alla Corte costituzionale risulta quindi limitato alla verifica del fondamento costituzionale del denunciato meccanismo decisorio, senza alcuna interferenza sul contenuto di scelte discrezionali rimesse al legislatore. La materia tocca dunque il delicato conflitto tra identità genetica e identità legale6, ma propone come valore da sottoporre a bilanciamento specialmente quello dell’interesse del minore7. L’affermarsi del principio del cd. best interest of the child e l’avvento delle nuove tecnologie riproduttive hanno indotto a un ripensamento del consueto favor veritatis che tradizionalmente ispirava le azioni di stato e induceva ad affermare che fosse sempre preferibile, anche nell’interesse del minore, l’accertamento della verità genetica. Non può allora ammettersi l’esistenza del suddetto automatismo decisorio nei casi in cui l’identità genetica non sia conforme a quella legale. Ne consegue l’infondatezza della questione rimessa dalla Corte d’appello di Milano, in quanto in ogni caso il giudice è chiamato a compiere un bilanciamento tra l’interesse del minore e quello relativo all’emersione della verità dello stato. In modo condivisibile, la Corte costituzionale, pur riconoscendo un accentuato favore dell’ordinamento per la conformità dello status alla realtà della procreazione, esclude «che quello dell’accertamento della verità biologica e genetica dell’individuo costituisca un valore di rilevanza costituzionale assoluta, tale da sottrarsi a qualsiasi bilanciamento»8. Facendo riferimento all’attuale quadro normativo interno ed internazionale, ad avviso della Corte costituzionale, nelle azioni volte alla rimozione dello status filiationis la verità biologica non necessariamente prevale sugli altri interessi coinvolti. L’evoluzione dell’ordinamento giuridico rende infatti evidente che, in ogni caso, si profila necessario un bilanciamento tra le esigenze di accertamento della verità e l’interesse concreto del minore. Pertanto, anche nella vigenza dell’art. 30 Cost., la verità biologico-genetica non ha rilevanza assoluta rispetto a quella legale, dovendosi sempre privilegiare la soluzione più idonea per la realizzazione dell’interesse del minore. Tra gli elementi richiamati nella corposa motivazione, meritano di essere menzionati: il nuovo regime dell’impugnativa del riconoscimento per difetto di veridicità, introdotto dal d.lgs. 28.12.2013, n. 154, con il quale sono stati previsti – salvo che per il figlio – rigorosi termini di decadenza ai fini del suo esercizio; la rilevanza dell’interesse del minore nelle azioni relative al riconoscimento della filiazione ai sensi degli artt. 250 e 251 c.c.; il divieto di disconoscimento e di esercizio dell’impugnativa ex art. 263 c.c. da parte di chi abbia consentito alla procreazione medicalmente assistita eterologa (ove è la legge stessa ad operare la valutazione comparativa degli interessi, dando preminenza alla verità legale); la valorizzazione dei legami affettivi, al di fuori di ogni vincolo di sangue, di cui alla l. 19.10.2015, n. 173, sul cd. diritto alla continuità affettiva dei minori in affido familiare; l’ampio e progressivo riconoscimento della rilevanza dell’interesse del minore nell’ambito delle azioni di stato riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale9 e di legittimità10. La ricostruzione del quadro normativo e i plurimi e significativi interventi giurisprudenziali hanno indotto la Corte costituzionale ad affermare che anche nell’impugnativa prevista dall’art. 263 c.c., salvo nel caso in cui sia stata esperita dal figlio, occorre valutare comparativamente, ai fini dell’accoglimento della domanda, l’interesse all’accertamento della verità dello status e l’interesse del minore. Ovviamente, l’interesse del secondo può divergere dal primo, dal momento che le conseguenze derivanti dall’accoglimento della domanda possono riflettersi negativamente sulla posizione del minore. A ben vedere, tale valutazione, deve essere eseguita dall’autorità giudiziaria già nella fase di nomina del curatore speciale, ai sensi dell’art. 264 c.c. Tra gli elementi di cui tenere conto nell’ambito del bilanciamento e che possono giustificare la prevalenza dell’interesse del minore rispetto alla verità biologico-genetica, la Corte segnala la durata del rapporto instaurato dai genitori con il minore e l’identità da questo acquisita nel contesto della comunità.
La sentenza è molto chiara nel delineare le basi su cui imperniare l’interpretazione (costituzionalmente orientata11) dell’art. 263 c.c. e perviene all’esito convincente di dichiarare infondata la questione di legittimità sollevata dalla Corte d’appello di Milano12. La pronuncia non si presenta parimenti esaustiva con riguardo alla questione della maternità surrogata, alla quale la Corte costituzionale dedica scarne osservazioni nella parte finale della motivazione. La rilevanza dell’interesse del minore nel contesto delle gravidanze condotte per altri rappresenta un punto nevralgico che avrebbe meritato maggiore attenzione13. Inoltre, con riferimento alla maternità surrogata, le affermazioni della Corte sembrano indicare una «soluzione del bilanciamento» tra esigenza di verità e interesse del minore a senso unico in favore della prima. La Corte costituzionale afferma, infatti, che «non possono non assumere oggi particolare rilevanza, da un lato le modalità del concepimento e della gestazione e, dall’altro, la presenza di strumenti legali che consentano la costituzione di un legame giuridico col genitore contestato, che, pur diverso da quello derivante dal riconoscimento, quale è l’adozione in casi particolari, garantisca al minore una adeguata tutela. Si tratta, dunque, di una valutazione comparativa della quale, nel silenzio della legge, fa parte necessariamente la considerazione dell’elevato grado di disvalore che il nostro ordinamento riconnette alla surrogazione di maternità, vietata da apposita disposizione penale»14. Rispetto alla netta presa di posizione della Corte costituzionale, non può non convenirsi con chi in senso critico rileva che non si devono confondere i due piani, «quello della valutazione etica e del trattamento giuridico della maternità per sostituzione intesa come pratica posta in essere dagli adulti per realizzare l’aspirazione (propria o altrui) di essere genitori, e quello della condizione giuridica del figlio nato da gravidanza per altri»15. In definitiva, la decisione relativa allo status del figlio non deve trasformarsi in una sorta di sanzione accessoria da irrogare nei confronti dei genitori dei figli. Sembra questo il rischio legato alle parole utilizzate dalla Consulta. L’elevato disvalore di cui discorre la sentenza e le esigenze di contrasto di pratiche vietate non possono incidere sulla posizione del minore e metterne in ombra i preminenti interessi16.
Appare dunque altresì criticabile il riferimento all’istituto dell’adozione in casi particolari, idoneo – nel caso in cui l’esigenza di verità prevalga sull’interesse del minore – a consentire la costituzione di un legame giuridico con il «genitore contestato». Il caso di specie rende evidente che non possa neppure astrattamente profilarsi un interesse del minore a restare privato della propria madre per tutto il tempo necessario al completamento della procedura di adozione e ad essere sottoposto alle cure dei servizi sociali, soprattutto in considerazione del fatto che il risultato finale dell’adozione – per quanto attiene al trattamento giuridico – è analogo a quello conseguibile mediante la trascrizione dell’atto di nascita formato all’estero17. Da un punto di vista operativo, in caso di gestazione per altri deve pertanto necessariamente tenersi conto dell’interesse del minore, alla stessa stregua di quanto avviene nelle altre ipotesi in cui si discute circa l’esigenza di far prevalere la verità biologica o quella legale18. In conclusione, la gestazione per altri pone ancora seri interrogativi e il relativo divieto, pur a fronte di un quadro comparativo molto variegato19, non può certamente considerarsi anacronistico20. Il problema principale è quello di svolgere un bilanciamento tra valori confliggenti. In ambito internazionale, in alcuni contesti si discute ancora se debba prevalere il diritto all’autodeterminazione delle persone coinvolte o quello relativo alla dignità della donna21. Tali aspetti, strettamente correlati alle modalità con le quali nei diversi Paesi viene portata a termine la gravidanza, incidono invero sull’eventuale contrarietà all’ordine pubblico dei provvedimenti giudiziari stranieri22. Nelle ipotesi in cui il certificato di nascita risulti regolarmente trascritto e il rapporto di filiazione ormai consolidato nel territorio dello Stato italiano non sembra ammissibile che l’interesse del minore non venga trattato alla stregua del valore preminente.
1 App. Milano, 25.7.2016, n. 273, in Foro it., 2016, I, 3258 ss., con osservazioni di G. Casaburi.
2 In merito all’impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità, in seguito alla riforma del diritto della filiazione, v. spec. Caggiano, I.A., Tipologie di procreazione, stato di filiazione e conseguenze patrimoniali, Pisa, 2017, 19 ss.
3 C. cost., 18.12.2017, n. 272, in Foro it., 2018, I, 5 ss., con nota di Casaburi, G., Le azioni di stato alla prova della Consulta. La verità non va (quasi mai) sopravvalutata; in Familia, 2018, 59 ss., con nota di Sandulli, S., Favor veritatis e favor minoris nell’impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità; in Corr. giur., 2018, 449 ss., con nota di Ferrando, G., Gestazione per altri, impugnativa del riconoscimento e interesse del minore. V. anche il commento di Angelini, F., Bilanciare insieme verità di parto e interesse del minore. La Corte costituzionale in materia di maternità surrogata mostra al giudice come non buttare il bambino con l’acqua sporca, in Costituzionalismo.it, 2018, 149 ss.
4 Su diversi aspetti concernenti la normativa in tema di maternità surrogata, v. Scalisi, V., Maternità surrogata: come «far cose con regole», in Riv. dir. civ., 2017, 1097 ss.
5 Ferrando, G., Gravidanza per altri, impugnativa del riconoscimento per difetto di veridicità e interesse del minore. Molti dubbi e poche certezze, in GenIUS, 2017, 12 ss.
6 V. già Patti, S., Verità e stato giuridico della persona, in Riv. dir. civ., 1988, I, 231 ss.
7 Cfr. Bianca, C.M., La legge italiana conosce solo figli, in Riv. dir. civ., 2013, 1 ss.
8 C. cost., 18.12.2017, n. 272, cit. Sulle tecniche di bilanciamento degli interessi adoperate dalla Corte costituzionale in materia privatistica, v. da ultimo Perlingieri, G., Ragionevolezza e bilanciamento nell’interpretazione recente della Corte costituzionale, in Riv. dir. civ., 2018, 733 ss.
9 V. soprattutto C. cost., 10.6.2014, n. 162, in Foro it., 2014, I, 2324 ss., secondo cui è incostituzionale l’art. 4, co. 3, l. 19.2.2004, n. 40, nella parte in cui stabilisce per le coppie di cui all’art. 5, co. 1, della medesima legge, il divieto del ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, qualora sia stata diagnosticata una patologia che sia causa di sterilità o infertilità assolute ed irreversibili.
10 Tenuto conto dei fatti, in tempi recenti, assume rilevanza Cass., 30.9.2016, n. 19599, in Foro it., 2016, I, 3329, con osservazioni di G. Casaburi, concernente la trascrivibilità dell’atto di nascita straniero nel quale, conformemente alla legge di quel Paese, risulti la nascita di un figlio da due donne, una che l’ha partorito, l’altra che ha donato l’ovulo. Con riferimento all’azione di disconoscimento di paternità, cfr. Cass., 3.4.2017, n. 8617, in Foro it., 2017, I, 1532 ss.; per il riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio, cfr. Cass., 27.3.2017, n. 7762, ibid., 1533 ss.; relativamente alla fattispecie dell’adozione in casi particolari, di cui all’art. 44 l. 4.5.1983, n. 184, App. Milano, 22.4.2017, ibid., 2061; per il riconoscimento dell’efficacia in Italia di un provvedimento straniero di adozione di un bambino, di cui sono indicati quali adottanti due persone dello stesso sesso, cfr. Cass., 16.6.2017, n. 14987, ibid., 2280 ss.
11 V. da ultimo Luciani, M., Interpretazione conforme a costituzione, in Enc. dir., Annali, IX, Milano, 2016, 405 ss.
12 Si segnalano in particolare le parole con le quali la Corte costituzionale conclude la propria disanima, le quali esprimono in modo sintetico il senso dell’iter seguito dalla motivazione: «Se dunque non è costituzionalmente ammissibile che l’esigenza di verità della filiazione si imponga in modo automatico sull’interesse del minore, va parimenti escluso che bilanciare quell’esigenza con tale interesse comporti l’automatica cancellazione dell’una in nome dell’altro».
13 V. in argomento Varano, C., La maternità surrogata e l’interesse del minore: problemi e prospettive nazionali e transnazionali, in Famiglia e dir., 2017, 825 ss.
14 C. cost. n. 272/2017, cit.
15 Ferrando, G., Gestazione per altri, cit., 452 ss.
16 Ferrando, G., op. ult. cit., 454 ss.
17 Ferrando, G., op. loc. ultt. citt., la quale osserva che in caso di gestazione per altri l’adozione costituisce una soluzione parziale, poiché viene utilizzata per rendere proprio un figlio che non ha un diverso genitore.
18 In questo senso, Casaburi, G., Le azioni di stato, cit., 7 ss. In merito ai precedenti giurisprudenziali, v. Lucchini Guastalla, E., Maternità surrogata e best interest of the child, in Nuova giur. civ. comm., 2017, 1722 ss.
19 Dethloff, N., Leihmutterschaft in rechtsvergleichender Perspektive, in Ditzen, B.-Weller, M.-Ph. (Hrsg.), Regulierung der Leihmutterschaft, Tübingen, 2018, 55 ss. V. anche Valongo, A., Nuove genitorialità nel diritto delle tecnologie riproduttive, Napoli, 2017, 115 ss.
20 Cfr. BeckGernsheim, E., Ist das Verbot von Leihmutterschaft anachronistisch geworden?, in Ditzen, B.-Weller, M.-Ph. (Hrsg.), op. cit., 47 ss.
21 Thomale, C., Der Leihmutterschaftsdiskurs als Wertdiskurs, in Ditzen, B.-Weller, M.-Ph. (Hrsg.), op. cit., 147 ss.
22 Nel nostro ordinamento il quadro giurisprudenziale è ancora piuttosto incerto: cfr. Cass., ord. 22.2.2018, n. 4382, in Foro it., 2018, I, 791 ss., con osservazioni di G. Casaburi. Dello stesso a., v. Maternità surrogata, in Libro dell’anno del Diritto 2016, Roma, 2016, 15 ss.