Moody, Rick
Moody, Rick (propr. Hiram Frederick Moody III). ‒ Scrittore statunitense (n. New York 1961). Laureato alla Brown University di Providence (RI), specializzato in scrittura creativa alla Columbia University, ha esordito nel 1991 con Garden state (trad. it. Cercasi batterista, chiamare Alice, 2006), romanzo sulla rabbia e il degrado nichilista di un gruppo di giovani in un sobborgo del New Jersey. Con i successivi The ice storm (1994; trad. it. 2003), storia di una notte di neve del 1973 in cui una famiglia implode nelle proprie ipocrisie e frustrazioni altoborghesi (il regista A. Lee ne ha tratto nel 1997 un film), e Purple America (1997; trad. it. Rosso americano, 2001), dilatazione a più voci di ventiquattr’ore di vita di un giovane problematico con una madre malata terminale in cerca di eutanasia, M. si è imposto come narratore capace di catalizzare con cruda poesia filtrata da un’ironica consapevolezza la cosiddetta suburban angst, corrosiva e sottile angoscia della classe media americana. Con i racconti della raccolta Demonology (2001; trad. it. Racconti di demonologia, 2003) M. ha sperimentato tecniche di singolare intensità espressiva, caratterizzate dalla frammentarietà di ‘elenchi’ attorno a cui si snodano le storie: da Wilkie Fahnstock: the boxed set, diviso su due colonne, una dedicata alle musicassette ascoltate dal protagonista e l’altra alle vicende correlate della sua vita, a Surplus value books: catalog number 13, bibliografia di libri immaginari e reali messi in vendita dall’autore, alle istantanee fotografiche di Demonology, fino al convulso monologo interiore di Ineluctable modality of the vaginal. Peculiare intreccio tra fiction, saggio e autobiografia è The black veil: a memoir with digressions (2002; trad. it. 2005), sforzo di liberazione dell’autore dalle ossessioni familiari fatte risalire a un presunto antenato omicida involontario, incarnazione del senso di colpa connaturato all’essenza americana, a cui segue The diviners (2005; trad. it. Diviners. I rabdomanti, 2005), dove il lancio di una serie televisiva è lo spunto per una galleria di mediocrità del sottobosco mediatico. Con i racconti di Right livelihoods: three novellas (2007; trad. it. Tre vite, 2008) M. inscena in una New York futuribile paranoie da terrorismo, complotti aziendali e la nascita di una droga capace di far tornare a sognare un’umanità disperata, mentre nel distopico The four fingers of death (2010; trad. it. 2012) uno scrittore frustrato scrive un romanzo su un braccio, unico superstite di una missione su Marte, che striscia in una Terra devastata da tecnologie bislacche, clonazioni ed esperimenti genetici.