HAMILTON, Richard
Pittore inglese, nato a Londra il 24 febbraio 1922. Compie gli studi a Londra presso la St. Martin's School (1936-37), la Royal Academy School (1938-40) e la Slade School of Fine Art (1948-51), dove frequenta i corsi d'incisione di J. Buckland Wright. Del 1950 è la sua prima personale, alla Gimpel Fils di Londra; nello stesso anno aderisce all'Independent Group. Insegnante di Disegno al King's College dell'università di Durham (1953-56) e al Royal College of Art di Londra (1957-61), progetta e disegna gli allestimenti per la Growth and Form Exhibition, presso l'Institute of Contemporary Arts (1951) e per la rassegna The Almost Complete Work of Marcel Duchamp alla Tate Gallery (1966). È presente alla mostra This is tomorrow organizzata dalla Withechapel Art Gallery di Londra (1956); alla rassegna dedicata alla Pop Art in England al Kunstverein di Amburgo (1976) e alla Aspects of Britain Art Today presso il Metropolitan Museum di Tokyo (1982). Nel 1969, in occasione della 7a John Moores Liverpool Exhibition riceve, con M. Martin, il primo premio per la pittura; nel 1970, il Talens Prize di Amsterdam.
Esponente di rilievo della pop art inglese, H. esordisce con una serie di opere astratte basate sulla sistematica notazione di spirali o altri segni lineari, a cui succedono, nei primi anni Cinquanta, dipinti e disegni che esplorano le possibili rese pittoriche del movimento. Compaiono, quindi, i collages, ovvero opere in cui H. − anticipando uno dei più significativi temi formali della pop art - utilizza, come spunto per le sue creazioni, ogni sorta di immagini fotografiche desunte dalla cultura figurativa della pubblicità di massa. L'appropriazione ''dissacratoria'' dei simboli della società dei consumi emerge con evidenza in opere come Just what is that makes homes so different, so appealing? (1956), in cui le immagini più rappresentative di noti prodotti commerciali (televisori, pin-up girls, aspirapolvere, ecc.) vengono ironicamente assembrate in un interno nel tentativo di suggerire una visione critica e rivelatrice della cultura e della società contemporanea. Nelle opere successive, dalla serie Interiors (1964-76) a The Orange Man (1989), la riflessione sul potenziale creativo del proprio lavoro spinge H. a procedere alla rielaborazione di immagini fotografiche attraverso una grande varietà di stili pittorici e tecniche grafiche, nella costante ricerca di un nuovo mezzo espressivo che interpreti l'intento tematico. Vedi tav. f.t.
Tra i suoi scritti ricordiamo: The bride stripped bare by the bachelor even (1960); Interiors 1964-1976 (1980); Collected Works (1982).
Bibl.: L. Lippard, Pop Art, Londra 1960; L. Alloway, Popular culture and Pop Art, in Studio International, luglio-agosto 1969; R. Martin, Image and history in art of Richard Hamilton, in Arts Magazine, ottobre 1985; A. Graham-Dixon, Richard Hamilton, father of Pop, in Artnews, febbrario 1991. Cataloghi di mostre: Richard Hamilton, Guggenheim Museum, New York 1973; Richard Hamilton: Studies 1936-1977, Bielefeld 1978.