BRAUTIGAN, Richard
Scrittore statunitense, nato a Tacoma (Washington) il 30 gennaio 1935, morto suicida a Bolina (California) il 19 o 20 ottobre 1984. Intellettuale hippy, si è sempre tenuto ai margini della cultura ufficiale, che lo ha bollato e ignorato come ''marginale''. È stato uno degli idoli della controcultura beat, che ha apprezzato dei suoi testi l'apparente ingenuità, spontaneità e immediatezza − una radicalizzazione della lezione stilistica di M. Twain, Sh. Anderson, G. Stein, E. Hemingway − senza coglierne la dimensione tragica, sapientemente mimetizzata nel comico.
I suoi romanzi più famosi − A confederate general from Big Sur (1964; trad. it., Il generale immaginario, 1967), Trout fishing in America (1967; trad. it., 1989), In watermelon sugar (1968), The abortion, an historical romance 1966 (1971; trad. it., 1976) - sono una rappresentazione parodica e surreale dell'America contemporanea, e in particolare una riflessione sulla problematica, scottante nella West Coast di quegli anni, della scelta di modi di vita alternativi.
Sia i modelli di evasione individuale (la fuga nella natura, il ritiro nella penombra di un'antibiblioteca), sia quelli collettivi (nella utopica, dolce vita di una comune dove tutto è fatto di zucchero di anguria) risultano fallimentari. Il rifiuto del sistema conduce alla follia, alla miseria, alla morte dell'io. Non si danno alternative in una America ''alla Andy Warhol'', distrutta dalla meccanizzazione, falsificata dal posticcio, dal prefabbricato, dalla proliferazione dei media. È questa l'immagine che emerge da Trout fishing in America, il romanzo più geniale di B., e uno dei capolavori della narrativa contemporanea statunitense. Il mood è quello nostalgico per un'America pastorale svanita: ora i ruscelli da trote si vendono a metraggio. Il romanzo non è solo un necrologio dell'american dream, ma anche una picaresca avventura nello spazio della polisemia, un'esplorazione dell'arbitrarietà del segno.
Più di tutto, B. paventa la rigidità della forma e la fossilizzazione del linguaggio. La marca della sua scrittura, originalissima e immediatamente riconoscibile, è la fluidità, la reciproca transizione dal letterale al metaforico, dal serio al parodico, dal reale al surreale, dal grottesco al tragico. Il contesto in cui va collocata la sua opera (undici romanzi, nove raccolte di poesie, un volume di racconti) non è tanto la controcultura beat quanto le avanguardie post-moderne (J. S. Barth, D. Barthelme, J. Hawkes, W. H. Gass, ecc.). B. non aderisce tuttavia fino in fondo all'estetica del gioco e del divertissement intellettuale, punto forte del postmoderno: l'ultimo romanzo (So the wind won't blow it all away, 1982) racconta di come la sua infanzia "morì il 17 febbraio 1947", e, in un registro autobiografico, completa quel ritratto di un'America amara, "fra sogno e incubo", delineato ai suoi esordi.
Bibl.: Y. Pétillon, La Grand-Route, Parigi 1970; B. Cook, The Beat Generation, New York 1971; T. Tanner, City of words, ivi 1971, pp. 406-15; T. Melley, R. Brautigan, ivi 1972; M. Pütz, The story of identity, Stoccarda 1978; P. Cabibbo, R. Brautigan, in Letteratura americana. I Contemporanei, Roma 1981, pp. 527-43; M. Chénetier, R. Brautigan, Londra 1983.