RICERCA EDUCATIVA
È l'aspetto della ricerca scientifica che concerne l'educazione. Questa è un dato di fatto ben documentato nei processi d'inculturazione e di socializzazione, ma diventa problema per la riflessione della pedagogia, che non si limita a essere un'arte desunta dalla pratica e dal costume, ma vuol essere una scienza di quest'arte, e una filosofia di questa scienza. La r.e. in senso largo comprende in primo luogo la ricerca teorica, che mira alla costituzione di una teoria generale dell'educazione. Ma comprende altresì la ricerca storica e comparativa, che ha per oggetto gli scritti che trattano l'argomento, e le scuole e le istituzioni educative. Dal punto di vista storico essa adotta una prospettiva diacronica e utilizza tutti i metodi storiografici; dal punto di vista sincronico studia lo stato della teoria e della pratica nei vari paesi, ponendone a confronto gli aspetti simili e quelli dissimili e facendo largo uso degli strumenti propri del diritto comparato.
In passato era prevalsa una concezione di tipo ripetitivo-imitativo, per la quale i giovani dovevano seguire l'esempio degli anziani, e dei migliori tra essi per valore e per virtù, per sapere e per saggezza. La letteratura pedagogica classica più antica fu pertanto esemplaristica e protrettica. Anche il Medioevo privilegiò la tradizione sostenuta dall'autorità, e favorì quindi una concezione magistrale-trasmissiva. L'Umanesimo riprese l'ideale classico. Con la nascita tra Sei e Settecento delle scienze e delle tecnologie moderne, nuovi compiti si delinearono per una scuola aperta a un numero sempre maggiore di persone. L'Illuminismo e il Positivismo teorizzarono l'istruzione universale, ma associarono ad essa anche l'educazione allo spirito critico.
Anche la ricerca si è adeguata ai nuovi sviluppi. Con il sorgere delle scienze umane dalla fine del secolo 19°, alle precedenti prospettive teoretiche e storiografiche si sono pertanto aggiunti gli indirizzi della ricerca in senso stretto come ricerca ''empirica'', non già come mera raccolta di fatti, ma come indagine che parte dall'esperienza e torna all'esperienza; tali sono la ricerca descrittiva con metodo osservativo, e la ricerca sperimentale propriamente detta, che s'ispirano largamente ai metodi della sociologia e della psicologia dell'educazione. Hanno inoltre arricchito il quadro gli sviluppi più recenti delle scienze della comunicazione, della semiologia e della linguistica. Alcuni aspetti della realtà scolastica sono entrati nelle indagini di economia politica e di scienza dell'organizzazione, mentre le tecnologie dell'istruzione hanno fatto ricorso alle indicazioni della cibernetica o teoria dei controlli automatici, dell'informatica applicata, e a quelle delle teorie e tecniche delle comunicazioni di massa. La r.e. si presenta oggi pertanto come eminentemente multidisciplinare, anche se dominata da un'intenzione unitaria.
La realtà educativa, se si presenta sfaccettata sotto molti aspetti, è infatti sostanzialmente un processo unitario che si svolge nel tempo come una relazione interpersonale sorretta da complesse dinamiche e motivata da scopi di sviluppo individuale e collettivo. In essa rientrano a pari titolo sia una conoscenza antropologica di tipo empirico o prammatico, sia una concezione generale della natura e del destino dell'uomo, che può alimentarsi di una visione del mondo religiosa o filosofica, e tenere conto di opzioni politiche. Nella sua totalità inscindibile, l'educazione si presenta perciò come un fenomeno sempre rinnovato, del quale si può dare esperienza, e guadagnare una concezione di tipo generalmente scientifico sia attraverso riflessioni di ordine filosofico (metafisico, o dialettico, o fenomenologico), sia attraverso ''leggi di copertura'' proprie di varie scienze umane.
Il carattere globale e insieme personalizzato di ogni evento educativo, che ha un'evoluzione ''longitudinale'' o storica, sembra tuttavia accostabile soprattutto con metodo ''idiografico'' di comprensione, piuttosto che con metodo ''nomotetico'' di spiegazione causale attraverso confronti ''trasversali'' atemporali. Per questo è venuta prendendo forza l'opinione che la pedagogia debba muovere da rilevazioni di tipo fenomenologico e far uso soprattutto di un metodo ermeneutico, capace d'interpretare la novità irriducibile di ogni fatto educativo. Questa posizione dipende in radice dalla natura del fatto educativo stesso, natura essenzialmente ''dialogica'', peraltro correlata a scelte di valori. Le previsioni pedagogiche, come si addice alla previsione delle conseguenze di azioni libere, sono per questo non deterministiche ma solo probabilistiche o di ''difficile scommessa''. Ciò non toglie che all'interno dei problemi generali alcuni processi ripetitivi e strumentali, come molti di quelli propri dell'apprendimento e dell'istruzione al servizio dei processi cognitivi, siano sottoponibili a ricerche sperimentali di tipo generalizzato.
La r.e. teorica negli ultimi decenni si è pertanto rivolta sia alla chiarificazione epistemologica degli apporti delle varie scienze dell'uomo, sia alla ritematizzazione dei problemi classici della comunicazione intersoggettiva: tanto per ciò che concerne il conoscere, quanto per ciò che concerne il volere. In altre parole, il problema teorico preliminare resta quello del modo in cui le scienze umane possano cooperare a dare una rappresentazione coerente dei processi educativi. I due problemi teorici chiave sono: in che modo gli uomini possano comunicare efficacemente, ovvero ''capire e farsi capire'', e in che modo la volontà di uno possa accordarsi con la libertà di tutti.
La r.e. nella storia dell'educazione e nella pedagogia comparata, da parte sua, ha cercato di descrivere oggettivamente i modi e gli stili dell'educazione nelle varie epoche. Non per tesi prestabilita, ma per risultato critico, ne è venuta la ricostruzione delle fasi di una graduale conquista d'interiorità e di libertà: dall'educazione imitativa e autoritaria del passato, presidiata dalla ferula, verso un'educazione partecipativa e più spontanea, nella quale oltre all'acquisizione delle nozioni sia rivalutato lo spirito critico, oltre all'intelligenza sia coltivata anche la creatività, e accanto ai fenomeni ''convergenti'' abbiano rilievo anche quelli ''divergenti''. In ciò si può scorgere l'utopia pedagogica del 20° secolo: che anche se mai attuata pienamente, attrae tuttavia come un ideale regolativo. Questi indirizzi sono però produttivi solo a patto d'includere anche tutti i processi strumentali opportuni, e di fare i conti con le tecniche necessarie.
Per questo, la considerazione filosofica resta fondamentale, ma non sufficiente. Occorre che sia affiancata dall'indagine scientifica per lo studio dei processi di apprendimento in situazione assistita (ossia entro situazioni d'insegnamento, individuale o collettivo) e delle metodologie più opportune per garantirne la facilitazione, attraverso la progettazione didattica di piani, di curricoli, di programmi, e attraverso la scelta di metodi di comunicazione e di controllo.
Di solito, queste attività sono oggetto di un'osservazione sporadica e casuale, che in qualche modo rientra nella formazione dell'esperienza professionale degli insegnanti. È compito della ricerca scientifica organizzata sostituire all'occasionalità discontinua un'osservazione metodica e sistematica, sia dei processi cognitivi e dei loro risultati, sia delle dinamiche relazionali e sociali nei gruppi (famiglia, pari, scuola), sia delle influenze da questi esercitate (condizionamento e decondizionamento). Per es., nell'ambito dei processi cognitivi sono state proposte molte tecniche per lo studio del linguaggio infantile (ortografia, grammatica, sintassi, lessico) sia nella conversazione, sia nella lettura e nella scrittura; e altrettante e forse più per lo studio dei processi mentali nelle operazioni matematiche e nel pensiero logico. Per lo più queste ricerche sono state condotte fin dalla fine del secolo 19° in maniera collettiva su prodotti scritti; in qualche caso su decine di migliaia di protocolli; ma oggi sono possibili facili registrazioni su nastro-audio del linguaggio orale e su nastro-video del comportamento globale, che permettono un esame anche differito e ripetuto e discussioni di gruppo per un tirocinio d'insegnamento più efficace.
In questo settore, già riconosciuto in passato ma in maniera sporadica e incompleta dalla tradizione almeno fino a Pestalozzi e a Herbart, si colloca una ''didattica sperimentale'', che mette a confronto metodi, programmi, curricoli, piani e sistemi differenti per saggiarne i risultati. Un passo nel senso della sistematicità delle osservazioni è costituito dall'adozione recente di protocolli descrittivi, di interviste strutturate, di questionari, di griglie e di liste di controllo (check lists). In tutti questi casi l'osservatore segue una guida o almeno un canovaccio di base; quindi i vari aspetti sono esaminati in maniera più ordinata e completa; inoltre il lavoro di più osservatori può essere messo a confronto, e se si constata un elevato grado di accordo aumenta la probabilità di una descrizione accurata. Le tecniche sono le stesse mutuate dalle ricerche psicologiche e sociologiche; ma applicate a temi di apprendimento-insegnamento in contesto di solito scolastico. Nulla vieta del resto che all'uso più scrupoloso di tecniche osservative ''oggettive'' si accompagni un'esposizione più fluida e argomentata in sede interpretativa. Anche lo studio di aspetti a tutta prima sfuggenti, lasciati di solito all'impressione soggettiva, può migliorare in obiettività con strumenti di osservazione predisposti. Questo è il caso delle scale di atteggiamento per conoscere se le persone sono secondo vari gradi più o meno d'accordo su determinati asserti positivi o negativi su materie controverse; del differenziale semantico che utilizza coppie di termini opposti per misurare certe risonanze affettive; del sociogramma che descrive e sintetizza in un grafico le scelte reciproche tra membri di un gruppo in ordine a svariate attività; delle liste di categorie di comportamento nelle interazioni verbali in classe, che hanno avuto grande sviluppo negli ultimi decenni e forniscono una miniera di preziose rilevazioni sia qualitative sia quantitative.
Benché l'organizzazione sistematica dei metodi osservativi fornisca la maggior parte delle informazioni alla r.e., esiste tuttavia anche una r.e. scientificamente controllata che adotta veri e propri disegni sperimentali, come quelli delle scienze naturali, detti perciò talora di tipo ''galileiano''. Essi consistono per lo più nell'isolare due variabili: una che funge da causa e una da effetto, oppure una da stimolo e una da risposta.
A tale scopo vengono costituiti dei gruppi per lo più omogenei oppure assortiti a caso, ai quali lo sperimentatore somministra trattamenti diversi, constatando poi risultati presumibilmente altrettanto diversi. Quando non sono possibili inferenze causali, si possono tuttavia rilevare interessanti correlazioni, ossia variazioni concomitanti, che indicano l'esistenza di un'associazione più o meno forte tra le variabili considerate. Un caso classico è quello del confronto tra due metodi d'insegnamento per stabilirne l'efficacia comparativa.
Un campo di applicazione della r.e. è oggi quello della sperimentazione scolastica; essa per lo più imposta nuovi programmi e ne saggia la riuscita, spesso provocando adesioni e magari entusiasmi, ma con scarsa attenzione ai problemi scientifici di validità e attendibilità. È compito della r.e. ricondurre queste forme cosiddette ''esperienziate'' (expériencées) in maniera globale a una disciplina più rigorosa di tipo propriamente ''sperimentale'', che eviti approssimazioni e autoillusioni. Il confronto tra metodi è uno degli strumenti del progresso pedagogico; ma richiede un'attenta preparazione soprattutto per evitare di scambiare per effetto dei metodi altre influenze concorrenti di origine estranea; per es. è stata riccamente documentata l'influenza preponderante delle condizioni familiari.
Un altro campo di applicazione della r.e. concerne la valutazione dei risultati (dell'apprendimento in genere, o dell'esercizio, o del rinforzo, o di una specifica applicazione o sperimentazione; più spesso i voti o i giudizi scolastici o i risultati dei concorsi pubblici). Il basso livello di validità e attendibilità delle pratiche valutative abituali, che introduce vere e proprie ingiustizie, dovrebbe cedere il passo a metodi misti e plurifattoriali, che pervengano a una valutazione dopo aver proceduto all'accertamento il più possibile obiettivo di vari aspetti delle personalità e delle prestazioni, evitando di accreditare metodi isolatamente insufficienti. Interrogazioni e prove scritte dovrebbero essere integrate da saggi brevi, risposte a questionari, test, prove grafiche su diversi argomenti, conclusi da un colloquio; né le singole prove né il colloquio da soli sarebbero sufficienti. Esami finali di maturità o d'ingresso nelle professioni dovrebbero inoltre tener conto della storia personale del soggetto.
Bibl.: C. Metelli di Lallo, Analisi del discorso pedagogico, Padova 1966; A. Visalberghi e collab., Pedagogia e scienza dell'educazione, Milano 1978; G. Ballanti, Modelli di apprendimento e schemi di insegnamento, Teramo 1988; B. Vertecchi, Introduzione alla ricerca didattica, Firenze 1991; M. Laeng, Pedagogia sperimentale, ivi 1992.