MEACCI, Ricciardo
– Figlio di Doroteo e di Francesca Maccherini, nacque a Dolciano di Chiusi (Siena), il 5 dic. 1856.
Formatosi nel purismo dell’Istituto di belle arti di Siena, nell’agosto del 1880 si trasferì a Firenze e, fino al 1886, godette dell’alunnato Biringucci, durante il quale, tra luglio e agosto del 1883, fu a Venezia per un soggiorno di studio. Uno dei suoi maestri, Luigi Mussini, gli consigliò di recarsi anche a Roma (Anzoletti, pp. 290 s.), dove molto probabilmente vide gli affreschi della cappella Sistina, che lo avrebbero influenzato nella produzione successiva.
Attraverso Ulisse De Matteis, a partire dagli anni Ottanta, il M. si inserì nel gruppo di artisti anglosassoni di cultura preraffaellita presenti a Firenze (Mazzoni, 1988, p. 187). Ma è nella città di Siena che egli lasciò il maggior numero delle sue grandi commissioni (ancora esistenti), dove lo stile è sempre influenzato dai preraffaelliti e dalla pittura antica dell’Italia centrale.
Nella Lia (allegoria della vita attiva) del 1882 (Siena, Società di esecutori di pie disposizioni) e nella S. Cecilia (Ibid., istituto S. Teresa, oratorio Bufalini) sono molto evidenti le influenze di Botticelli (A. Filipepi) e di Edward Burne-Jones. Pochi anni dopo, nella sala monumentale del palazzo comunale di Siena (sala Vittorio Emanuele II), inaugurata il 16 ag. 1890, il M. affrescò tre peducci della volta con allegorie delle regioni italiane, e, attorno al 1890, alcune figure di santi e profeti nell’istituto S. Teresa (ibid., pp. 187, 259). Nella stessa città, per l’altare di una cappella absidale della chiesa di S. Francesco, realizzò il trittico La consegna delle chiavi a s. Pietro (1892 circa), su fondo oro, con figure ieratiche, dalle tinte piatte e dalle tipologie fisionomiche standardizzate, entro una cornice in stile gotico (opera di Tito Corsini). Anche Gesù appare con la Croce a s. Pietro (1933: Siena, cappella del palazzo del Capitano) e Advocata Senensium (Ibid., arcivescovato), di datazione incerta, sono opere fedeli ai modelli del Trecento e del Quattrocento dell’Italia centrale, incuranti degli esiti ideologici e formali della pittura contemporanea. Lavori giovanili come La morte di Archimede del 1880 e La via buona e la via cattiva del 1884 (entrambi a Siena, Società di esecutori di pie disposizioni), invece, risentono del realismo dei preraffaelliti toscani, ma anche dei modelli della pittura prospettica rinascimentale.
Grazie alla sua completa disponibilità a seguire fedelmente le richieste dei committenti, egli lavorò spesso per le chiese e le congregazioni religiose. Le doti umane del M., devoto al mestiere e alla religione, come riflettono i soggetti dei dipinti e il suo noto spirito caritatevole, vennero riconosciute anche dagli amici pittori, come dimostra un disegno di Augusto Bastianini dedicato «al buon prof. Meacci» (Roma, collezione Luca Sabatelli).
Nel 1901, insieme con altri toscani, Alessandro Franchi, Gaetano Marinelli e Giuseppe Catani Chiti, dovette partecipare a un ciclo di affreschi nella cappella del seminario di Chiappeto a San Martino d’Albaro, presso Genova (Fineschi). Nell’agosto del 1923, l’Unione femminile cattolica italiana gli dedicò un’esposizione a Siena, in palazzo Piccolomini-Cinughi (Rass. d’arte senese, XVI [1923], 3-4, p. 80). Il M. collaborò all’esecuzione di apparati effimeri, di vetrate per le chiese, e nel 1928 partecipò alla realizzazione del carroccio per il corteo storico del palio di Siena (Mazzoni, 1988, pp. 187, 189 nn. 11, 14).
Rimase forte, in molte opere del M., l’influenza della pittura toscana quattrocentesca, con una predominanza maggiore, rispetto ai lavori dei preraffaelliti, dell’elemento architettonico-prospettico sulla natura. Le architetture, i volti di molti personaggi, le posture e alcuni panneggi sembrano direttamente ispirati alle opere di Bernardino di Betto detto il Pinturicchio (affreschi della Libreria Piccolomini del duomo di Siena) e di Domenico Bigordi detto il Ghirlandaio (affreschi del coro di S. Maria Novella a Firenze).
Nel trittico Il matrimonio del duca e della duchessa di York (1923: Londra, Buckingham Palace), l’iconografia dello Sposalizio della Vergine di Raffaello si inserisce in un’architettura fiorentina molto simile a quella rappresentata, con esattezza e ricchezza di particolari, dal Pinturicchio e dal Ghirlandaio. I moduli e le decorazioni dei portici quattrocenteschi vanno a influire, nel trittico del M., anche sulle strutture delle cornici in pastiglia, dorate e laccate, entro cui si muovono vari personaggi scanditi in scene, ma collegati da ritmi ondeggianti. Molte di queste preziose cornici, secondo alcuni realizzate presso specializzate botteghe fiorentine (ibid., p. 191 n. 1), sono così ben coordinate allo stile pittorico, ai colori e ai costumi dei personaggi, da sembrare frequentemente eseguite nello studio del Meacci. A Viterbo, in una delle maggiori collezioni private di opere del M., attualmente si conservano due lavori non terminati: una cornice sagomata lasciata «a stucco», dove alloggia un acquerello, Cristo in trono tra la Vergine e s. Giuseppe, e un cofano nuziale finemente dipinto, intagliato e dorato, incompiuto nella parte posteriore e sul coperchio, sia nella falegnameria sia nella pittura (Franco). Nella stessa collezione sono presenti un acquerello raffigurante Una scena di mercato, dipinto con taglio fotografico e stile compendiario, e due tempere su tavola: Battaglia di tritoni e Battaglia di cavalieri e fanti con armature. In questi lavori, di datazione incerta, viene impiegata una tecnica di pittura «non finita», fatta di rapide pennellate sullo sfondo, consueta nelle avanguardie ottocentesche, ma insolita per il M., secondo quanto risulta dai lavori finora noti (ibid.). È in queste opere che egli rivela un aggiornamento linguistico appreso, probabilmente, dalla pittura dei macchiaioli della sua regione e dalla contemporanea pittura realista, lontana dal gusto prevalente dei suoi clienti.
Del 1921 è l’acquerello La fontana d’Amore (Stresa, collezione privata: ripr. in Mazzoni, 1988, p. 191), in cui Amore, suonando l’arpa, richiama i giovani affinché bevano l’acqua magica della fontana.
Una Crocifissione ad acquerello, di datazione incerta e ubicazione ignota, con il Cristo tra Giuseppe d’Arimatea, Nicodemo, la Maddalena e i vari simboli della Passione, venne fatta stampare dal M. come locandina (Roma, collezione privata: Franco) del suo studio fiorentino in via Guelfa, n. 67: una scelta che indica la volontà di comunicare ai clienti la sua predilezione per i temi sacri.
Il carattere modesto del M., che si evince da alcune lettere (Pignotti, p. 204), era comune nel clima delle botteghe toscane influenzate dall’Arts and crafts, dove il lavoro collettivo era molto importante e le arti applicate avevano una dignità pari alla pittura.
La passione del M. per i materiali, per le decorazioni e gli arredi emerge anche da alcuni modelli scenici di piccole dimensioni (se ne conservano tre nella collezione di Luca Sabatelli a Milano). Restaurati nel 2002, vennero concepiti per uso ludico, come teatrini dei burattini per i bambini della famiglia. Rivelano un’estrema cura nella realizzazione della scena e dei più minuti dettagli: quinte retroilluminabili, dipinte ad acquerello e incollate su cartone, con piccoli fori schermati da veline per ottenere particolari effetti di luce, attraverso l’uso di candele (Franco). Quasi certamente sono questi i «giocattoli di cartone originalissimi», fabbricati «a tempo perso», menzionati dalla cronaca dell’epoca (Matini, p. 315). La passione per la materia pittorica spingeva il M. a usare l’acquerello in modo molto denso, quasi come una tempera, non solo nei suoi piccoli modelli scenici, ma anche in alcuni lavori su carta, in cui spesso non rinunciava a un parziale uso dell’oro (come altri preraffaelliti). Alcuni acquerelli sembrano non solo raffinati ex voto, ma piccole e preziose pale d’altare. Nell’ispirarsi alla produzione migliore della sua Toscana, il M. teneva conto del gusto antiquario per i tessuti e per le materie pregiate: ciò che rende questi acquerelli, collocati in ricche cornici, ancora oggi richiesti sul mercato antiquario, soprattutto all’estero.
Il M. morì a Firenze il 15 genn. 1938.
Egli realizzò, per tutta la vita, un’arte che mirava a rendere evidenti le sue elevate abilità tecniche, attraverso una pratica fortemente modellata sugli «insuperabili» antichi maestri della sua terra, dove era diffuso anche un falso d’autore d’eccellente qualità. Si sa inoltre che catalogò con cura i lavori più importanti in un archivio fotografico, purtroppo distrutto alla fine degli anni Cinquanta (comunicazione degli eredi). Dagli anni Settanta del Novecento al 2006 molti lavori del M. sono comparsi sul mercato delle aste internazionali, con un forte incremento negli anni Novanta.
Fonti e Bibl.: Manoscritti e lettere inedite sono conservati a Viterbo, collezione privata. Altre notizie inedite sono state fornite dagli eredi: Marzia e Luca Sabatelli. Alcune lettere indirizzate al M. sono in L. Anzoletti, Epistolario artistico di Luigi Mussini, Siena 1893, pp. 287-292. Si veda inoltre U. Matini, Gli artisti (impressioni dal vero), in Firenze d’oggi, Firenze 1896, pp. 314 s.; A.R. Willard, Preraphaelism and romanticism, in History of modern Italian art, London 1900, pp. 430, 441 n. 1; Guida di Siena e dei suoi dintorni, Siena 1906, pp. 41, 75 s., 109; P. Rossi, I pittori senesi della Fondazione Biringucci, in Rass. d’arte senese, XI (1915), 3-4, pp. 47 s.; G. Pignotti, R. M., in Id., I pittori senesi della Fondazione Biringucci, Siena 1916, pp. 195-207; P.L. Sbaragli, Il palazzo del Comune di Siena, Siena 1932, p. 151; C. Del Bravo, Per Alessandro Franchi, in Annali della Scuola normale superiore di Pisa, classe di lettere e filosofia, s. 3, II (1972), pp. 751 s.; M. Monteverdi, Le rivincite del provincialismo, in Storia della pittura italiana dell’Ottocento, II, Busto Arsizio 1984, p. 68; E. Carli, Maestri e allievi, in L’Istituto d’arte di Siena, Siena 1986, pp. 50 s.; G. Mazzoni, R. M., in Siena tra purismo e liberty (catal., Siena), Milano-Roma 1988, pp. 186-196, 259 s. (con bibl.); G. Gentilini, Arti applicate, tradizione artistica fiorentina e committenti stranieri, in L’idea di Firenze. Atti del Convegno… 1986, a cura di M. Bossi - L. Tonini, Firenze 1989, pp. 166, 176 n. 89; F. Fineschi, Cronologia, in Gaetano Marinelli 1838-1924, Siena 1989, pp. n.n.; G. Mazzoni, in La pittura in Italia. L’Ottocento, II, Milano 1991, p. 914 (con bibl.); La Galleria d’arte moderna Paolo e Adele Giannoni. Grafica, Novara 1993, p. 73; E. Spalletti, Il secondo Ottocento, in C. Sisi - E. Spalletti, La cultura artistica a Siena nell’Ottocento, Siena 1994, pp. 457 s., 463 s., 471, 495, 508 s., 531, 536; N. Marchioni, Aspetti della diffusione del gusto anglosassone nella cultura artistica fiorentina del secondo Ottocento, in I giardini delle regine. Il mito di Firenze nell’ambiente preraffaellita e nella cultura americana fra Ottocento e Novecento (catal., Firenze), Livorno 2004, pp. 144-146; F. Franco, Opere e notizie inedite su R. M., un artista della regina Vittoria, in BTA. Boll. telematico dell’arte, 2007, n. 453, ; A.M. Comanducci, Diz. illustrato dei pittori, disegnatori e incisori…, III, Milano 1972, p. 1969; A.P. Torresi, Neo-medicei. Pittori, restauratori e copisti dell’Ottocento in Toscana. Diz. biografico, Ferrara 1996, p. 160 (con bibl.); U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 320; Diz. enciclopedico Bolaffi…, VII, p. 325.