RICCARDO II, principe di Capua
RICCARDO II, principe di Capua. – Nacque tra la fine del 1079 e l’inizio del 1080, figlio primogenito del principe normanno di Capua Giordano I e della longobarda Gaitelgrima di Salerno, già moglie del padre di Giordano, Riccardo I.
Riccardo II è attestato per la prima volta con i suoi genitori in una donazione al monastero di S. Lorenzo di Aversa del 18 settembre 1080. Morto il padre, nel maggio del 1090, Riccardo II gli succedette sotto la reggenza della madre Gaitelgrima, la quale riuscì a imporne il dominio anche grazie al sostegno del papa Urbano II, che risiedette a Capua fino al gennaio del 1091. Il principe minorenne fu inoltre affiancato nel governo da Roberto conte di Caiazzo (figlio di Rainulfo, fratello minore di Riccardo I di Capua) fino al compimento della maggiore età, nel 1093. Il conte Roberto rimase nell’entourage del principe anche in seguito. Nell’ottobre del 1095 era ancora alla corte principesca e in una miniatura affianca Riccardo II in trono.
Dopo la partenza del papa, nel 1091 i capuani si ribellarono e tutti i normanni furono espulsi dalla città, compreso Riccardo che dovette rifugiarsi ad Aversa, luogo del primo radicamento della famiglia, con la madre Gaitelgrima e i fratelli. Sembra comunque che Riccardo mantenesse ancora il controllo di Capua nell’agosto del 1091 e che ne sia rientrato provvisoriamente in possesso prima del 27 gennaio 1093, quando offrì una ricompensa al monastero di S. Angelo in Formis a riparazione delle devastazioni avvenute nelle sue proprietà durante l’assedio di Capua. Bernoldo di Costanza racconta nella sua cronaca che i normanni avevano assediato la città e portato devastazione «usque ad murum civitatis» (Bernoldi Chronicon, a cura di G.H. Pertz, 1894, p. 451). Il conte di Carinola Gionata (zio) e il conte di Caiazzo Roberto (prozio) sembrano aver sostenuto la causa di Riccardo II e averlo aiutato a riprendere il potere: risultano infatti a fianco del giovane principe sia nella donazione per S. Angelo in Formis già citata, sia in una precedente al monastero di S. Lorenzo di Aversa del 18 marzo 1092.
A riprova del controllo del principe normanno su Capua nel 1093 esiste, inoltre, una carta privata del mese di maggio che regola un contratto di affitto fra due capuani e che è datata secondo gli anni del principato di Riccardo. Tuttavia fu Aversa a essere in prevalenza luogo di redazione oppure oggetto dei pochi documenti principeschi di quegli anni.
Negli anni Novanta del secolo XI Riccardo II visse per lo più ad Aversa e il suo entourage fu esclusivamente di origine normanna. In un diploma del 1096 lamenta la «moltitudine dei nemici» che doveva combattere, i quali dopo la morte di suo padre tentavano di impedire che egli succedesse nel suo honorem, perché intendevano appropriarsene (Diplomi inediti, a cura di M. Inguanez, 1926, pp. 18-20, n. 7). Alla vigilia dell’assedio di Capua del 1098 – in seguito al quale Riccardo II rientrò stabilmente in possesso della città – è possibile che la situazione fosse in qualche modo simile a quella degli anni 1058-62, quando Riccardo I era principe, ma i capuani avevano mantenuto il controllo delle fortezze cittadine e una qualche forma di autogoverno della città. Proprio come nel 1062 il principe normanno aveva trovato questa situazione insoddisfacente, così nel 1098 Riccardo II sollecitò l’aiuto di due dei maggiori capi normanni per riconquistare Capua: il conte di Sicilia Ruggero I, che pretese in cambio il diritto al dominio su Napoli, e il duca di Puglia e Calabria Ruggero Borsa, del quale Riccardo II divenne vassallo in quello stesso anno (1098) alla presenza di papa Urbano II.
La dipendenza dal duca che Riccardo dovette pagare come prezzo per questo aiuto sembra essere stata più formale che sostanziale. Dopo il 1098 i soli riferimenti si trovano nella cronaca di Goffredo Malaterra, scritta intorno al 1100, e in una carta del duca Guglielmo del maggio 1119. In questo documento il principe Roberto I, fratello e successore di Riccardo, è sì definito «dilectissimus consanguineus ac baronus noster» (Normannische Herzogs-und Königsurkunden, a cura di L. von Heinemann, 1899, pp. 28 s., n. 16; Déer, 1972, p. 146), ma i beni donati al fratello minore del principe, Giordano, si trovano nel territorio del Principato di Salerno, non in quello capuano. Né si deve assumere che, a causa di questo legame di dipendenza, venisse meno ogni rapporto di fedeltà dei normanni di Capua con il Papato.
Lo stesso Urbano II era intervenuto durante l’assedio normanno di Capua con l’intento di stabilire un accordo di pace. Secondo il racconto di Malaterra, infatti, il papa avrebbe organizzato un’assemblea giudiziaria per permettere ai contendenti – il principe Riccardo II e i capuani – di presentare i rispettivi punti di vista su come si fossero svolti i fatti e sul loro significato. Quando tuttavia i giudici ebbero tratto le loro conclusioni, emettendo una sentenza sfavorevole ai capuani, questi dichiararono di non volere e non poter rispettare il verdetto. Prima di lasciare la città per rientrare a Benevento, il papa lanciò quindi l’interdetto contro i capuani ed espresse la sua piena solidarietà ai normanni, che conquistarono Capua dopo quaranta giorni di assedio. Questo è stato considerato l’esempio più significativo dell’alleanza fra il Papato e i normanni, fra i quali i principi di Capua furono sicuramente quelli che dettero al Papato un supporto diretto maggiore, poiché i loro territori confinavano con quelli papali (Loud, 2000, p. 228).
Dopo essere riuscito a ristabilire il proprio dominio su Capua nel 1098, Riccardo II punì alcuni ribelli quali, per esempio, un certo Pandolfo ministerialis, le cui terre furono confiscate a causa del suo tradimento in favore dei nemici, e donate all’abbazia di S. Biagio di Aversa nel 1098. Il principe di Capua non riuscì ad affrontare con altrettanta efficacia la ribellione di Gaeta che, dal 1092, rimase indipendente per almeno un decennio. Il Ducato di Gaeta divenne una delle aree maggiormente contese nei primi anni del XII secolo, e la guerra che scoppiò nel 1104 fra Riccardo II e suo fratello Roberto dovette contribuire in modo particolare ad aumentare il disordine.
Allo stesso modo il controllo del principe normanno di Capua nella parte settentrionale del suo territorio divenne sempre più fragile e poco più che intermittente. Acquisirono infatti una maggiore autonomia sia il conte Roberto di Caiazzo – che controllava un territorio ampio comprendente molti antichi comitati longobardi nella parte superiore della valle del Volturno – sia i conti di Boiano, alla frontiera nord-orientale del principato. Se per la maggior parte del Principato di Riccardo II i conti di Boiano riconobbero l’autorità superiore, dopo il 1105 i loro documenti omettono gli anni del suo regno. Il controllo effettivo del principe si ridusse così alla piana intorno a Capua e all’area che giungeva fino alla parte orientale del monte Vesuvio, dove Giordano, fratello del principe, si insediò a partire dal 1109.
L’indebolimento del potere principesco indusse i maggiori enti religiosi a modificare le proprie strategie di autodifesa dalle minacce alle loro prerogative e proprietà da parte dei poteri laici. Gli abati di Montecassino, per esempio, si affidarono sempre di più allo strumento del giuramento per ottenere che gli aristocratici si impegnassero a proteggere la persona dell’abate e le terre del monastero, e ad assistere e difendere l’abbazia. Uno dei primi a impegnarsi in un giuramento del genere fu proprio il principe di Capua Riccardo II nel 1099. Ciononostante occorre comunque ridimensionare le affermazioni contenute nei Chronica Monasterii Casinensis a proposito del servitium che Riccardo II di Capua avrebbe prestato per l’abate cassinese. Nel 1105 Riccardo II si impegnò esplicitamente ad aiutare il monastero di Montecassino a tenere e difendere il castello di Pontecorvo, sia pure con alcune eccezioni. Ma in questo come in altri giuramenti l’elemento propriamente feudale è secondario, avendo essi funzione soprattutto di garanzia.
I monasteri non avevano necessità di difendersi solo dalle minacce dei poteri laici. Fra i vari fattori che condussero all’avvicinamento del clero capuano al Papato il più importante fu proprio la serie di dispute che sorsero fra l’episcopato e i monasteri dal principato di Riccardo II in poi. La documentazione del principe normanno ovviamente riflette questa conflittualità diffusa, all’interno della quale si inseriva in maniera significativa. Alcuni diplomi cominciarono infatti a concedere facilitazioni per lo sfruttamento dei possessi episcopali. Nel 1102 Riccardo II concesse all’arcivescovo Sennes diritti di sfruttamento dei porti su entrambe le sponde del Volturno presso Capua, e il diritto di costruirvi un mulino e una pescheria. Ciononostante, le donazioni ai monasteri restarono sempre uno dei punti centrali della politica dei principi di Capua.
Riccardo II figura fra i numerosi benefattori normanni che con le loro donazioni contribuirono ad aumentare i possedimenti cassinesi durante il governo abbaziale di Oderisio I (1087-1105) della famiglia dei conti di Marsica, successore del grande abate Desiderio. Su sollecitazione della madre Gaitelgrima, inoltre, Riccardo II fece una serie di donazioni in favore del monastero della Ss. Trinità di Cava de’ Tirreni. Nel 1104, per esempio, Riccardo confermò una donazione della madre per il monastero cavense della chiesa di S. Maria nel territorio di Maddaloni, aggiungendo diciassette terre e un uomo ai nove terreni e tre uomini già in dotazione della chiesa. In un diploma non datato, inoltre, Riccardo concesse al monastero cavense, sempre per intervento di Gaitelgrima, alcune terre a Nocera. Un altro diploma, con il quale Riccardo II avrebbe concesso uomini e terre nei territori di Passiano e Mitilianum, è invece molto probabilmente un falso.
Morì nell’aprile del 1106; non avendo avuto alcun figlio, a succedergli fu il fratello minore Roberto.
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