RICCARDO I, conte di Aversa e principe di Capua
RICCARDO I (Riccardo Quarrel Drengot), conte di Aversa e principe di Capua. – Figlio di madre sconosciuta e di Asclettino, e nipote del primo conte normanno di Aversa Rainulfo I, se ne ignora la data di nascita, collocabile comunque nella prima metà dell’XI secolo.
Insieme con Roberto, detto il Guiscardo e con Ruggero il Gran Conte, esponenti della famiglia degli Altavilla, Riccardo fu uno dei maggiori protagonisti della conquista normanna nell’Italia del Sud, che si svolse fra gli anni Quaranta dell’XI secolo e l’instaurazione del Regno normanno (1130).
Poiché sono pervenuti solo sedici documenti autentici di Riccardo e un paio di falsi molto dubbi, la fonte principale per la ricostruzione della sua vita è la Storia de’ Normanni di Amato di Montecassino, che vede protagonisti Riccardo I e Roberto il Guiscardo e che fu composta intorno al 1080 per giustificare la politica pronormanna dell’abate cassinese Desiderio.
Secondo il racconto di Amato, al padre di Riccardo fu assegnata la città di Acerenza in occasione della spartizione della Puglia operata dai primi normanni nel 1042. Il fratello maggiore di Riccardo, anch’egli di nome Asclettino, divenne conte di Aversa alla morte dello zio Rainulfo I nel 1045, ma non gli sopravvisse a lungo. L’anno seguente la successione fu rivendicata da un altro nipote di Rainulfo I, suo omonimo e soprannominato Trincanocte. In questo contesto si inserì Riccardo, il quale tuttavia in un primo momento dovette farsi da parte e accontentarsi della signoria su Genzano (non lontano da Acerenza). Nel frattempo Riccardo fu fatto prigioniero dal conte normanno Drogone. Secondo la versione dei fatti presentata da Amato, durante la prigionia di Riccardo suo cugino Rainulfo Trincanocte morì e il principe longobardo Guaimario IV fece pressione su Drogone perché rilasciasse il nuovo conte di Aversa.
Le circostanze dell’acquisizione del titolo comitale e del controllo su Aversa da parte di Riccardo I furono, tuttavia, probabilmente ben più complicate. Uno degli ultimi due conti (non si sa se Asclettino o Rainulfo Trincanocte) aveva lasciato un figlio giovanissimo, di nome Ermanno, che nel marzo 1048 governava Aversa sotto la tutela di un certo Guglielmo Bellabocca (Codice diplomatico normanno di Aversa, a cura di A. Gallo, 1927, pp. 395 s., n. 49), appartenente secondo Leone Marsicano alla stirpe degli Altavilla. Solo successivamente gli abitanti di Aversa espulsero Guglielmo e – secondo quanto scritto da Leone nella Chronica Monasterii Casinensis – «nominarono [Riccardo] loro conte» (Libro II, 66, p. 301). Una carta del 1050 redatta ad Aversa è in effetti datata al quarto anno del giovane puerulus Ermanno «in comitatu» e «primo del conte Riccardo, suo zio [avunculus]» (Codice diplomatico normanno di Aversa, cit., pp. 390-392, n. 46). Dalla datazione di carte successive si può desumere che Riccardo divenne conte di Aversa non prima del mese di novembre 1050. Non è invece presente nelle fonti nessun altro riferimento a Ermanno.
Dopo essersi assicurato il controllo su Aversa, Riccardo assediò per la prima volta Capua probabilmente nel 1052. Si trattò tuttavia di un tentativo effimero, conclusosi con il pagamento di una cifra consistente.
I primi anni della conquista normanna presentano un gran numero di episodi analoghi, caratterizzati com’erano dalla grande ambizione e dall’opportunismo dei nuovi arrivati che si inserivano spesso con successo – o quanto meno con profitto economico – all’interno di una pluralità di poteri in conflitto tra loro.
All’inizio degli anni Cinquanta del secolo XI i Normanni costituivano un problema per molti, primo fra tutti papa Leone IX, che tentò di organizzare un fronte comune dei poteri minacciati dall’espansione delle loro conquiste: alcuni dei maggiori potenti longobardi (come, per esempio, il duca di Gaeta e i conti di Teano, di Aquino e di Campomarino), ma anche l’imperatore Enrico III.
I normanni, a loro volta legati da rapporti fortemente conflittuali, riuscirono tuttavia a costituirsi in un fronte comune e ben organizzato, che attaccò l’esercito papale il 17 giugno 1053 nella celebre battaglia di Civitate, uno dei pochissimi scontri militari veramente decisivi di quel periodo. Secondo quanto narra Guglielmo di Puglia, il contingente guidato da Riccardo ebbe facilmente la meglio sia sulle truppe longobarde sia su quelle imperiali. Questa vittoria impresse un’accelerazione notevole alla conquista normanna nel Mezzogiorno.
La presa di Capua da parte di Riccardo, nel giugno del 1058, ne segnò una delle tappe decisive. Dopo un lungo assedio, i Capuani lo riconobbero come nuovo princeps Capuanorum, a patto tuttavia di poter mantenere il controllo sulle fortezze cittadine. Egli non conquistò quindi il controllo pieno sulla città, ma in compenso riuscì a migliorare notevolmente la qualità del proprio potere: deponendo gli ultimi principi longobardi Pandolfo V e Landolfo VI ne acquisì il titolo e l’autorità. Riccardo si trovò così nella posizione di poter estendere il proprio dominio – in maniera apparentemente più legittima – oltre i confini ristretti di Aversa sul territorio dell’antico Principato longobardo: dalla valle del Liri ai Monti Aurunci e alle montagne della Marsia, fino ai confini con i territori papali.
Significativa di questo miglioramento di status è l’accoglienza riservata a Riccardo nella sua visita a Montecassino nel novembre del 1058, quando l’abate Desiderio lo accolse – secondo le parole di Amato – «come un re» (Storia de’ Normanni, a cura di V. de Bartolomeis, 1935, IV, 13, pp. 191 s.). Da saccheggiatori dell’abbazia più ricca dell’Italia del Sud, i normanni ne divennero i maggiori protettori e benefattori (e in quanto tali furono rappresentati e celebrati da Amato di Montecassino).
Uno snodo centrale nella legittimazione dei due maggiori protagonisti della conquista fu il concilio di Melfi del 1059, in occasione del quale Roberto il Guiscardo ricevette, con la formale investitura papale, la nuova designazione di duca di Apulia, Calabria e della Sicilia da conquistare e il conte di Aversa Riccardo fu riconosciuto principe di Capua. In realtà non è chiaro se anche Riccardo ottenne l’investitura papale in quell’occasione, sebbene sia certo che partecipò al concilio. Ma è conservato nel Liber Censuum il giuramento di fedeltà al papa che egli prestò nel 1061, quando Riccardo permise al nuovo papa Alessandro II di essere incoronato grazie al suo aiuto.
Nel giro di pochi anni avvenne dunque un completo ribaltamento della politica papale nei confronti dei normanni. Coloro che poco prima erano rappresentati come pagani e usurpatori divennero i maggiori alleati e sostenitori del papato riformatore nella disputa con l’imperatore Enrico IV. Del resto proprio l’aiuto militare fornito nel 1059 da Riccardo I a Nicolò II nella cattura dell’antipapa Benedetto X fu alla base del riconoscimento formale di Melfi qualche mese più tardi.
Nonostante il riconoscimento, fu necessario un altro assedio della città di Capua nel 1062 perché Riccardo fosse in grado di prenderne il pieno controllo: fino a quel momento egli aveva posseduto veramente solo la piana intorno a Capua, mentre i capuani avevano mantenuto una qualche forma di autogoverno della città. Poco dopo egli occupò Teano. Solo dopo la morte del duca Adenolfo Riccardo riuscì a sottomettere anche Gaeta, nella primavera del 1063. Un primo tentativo risale al 1059 quando Adenolfo I di Gaeta e Riccardo I presero accordi per il matrimonio tra il figlio del duca e una figlia del principe. Ma il giovane morì prima delle nozze, e così Riccardo rivendicò – in accordo con il diritto longobardo – il pagamento della quarta parte dei beni dello sposo defunto spettanti alla vedova. Adenolfo dapprima rifiutò la richiesta del principe di Capua, ma in seguito fu costretto a versargli la cifra considerevole di 4000 soldi d’oro. Riccardo e suo figlio Giordano figurano come duchi di Gaeta nei documenti dal 1064.
Queste conquiste divennero stabili solo nel 1065, quando Riccardo riuscì a imporre la propria autorità nel Nord contro gli esponenti delle élites longobarde spodestate che si erano ribellate sotto la guida dei conti di Aquino e di Teano. Il monastero di Montecassino fu uno dei massimi beneficiari della politica di confische dei beni dei ribelli longobardi operata successivamente da Riccardo. Numerosi furono, per esempio, i castelli concessi all’abbazia cassinese, tra i quali alcuni confiscati ai ribelli: Mortola, Fratte (permutato con il castello di Capriata con l’aggiunta di 300 bisanti) e Interamna.
Rivolte e tradimenti erano frequenti anche fra gli stessi normanni, le cui rivalità rendevano instabili e conflittuali i loro rapporti. Emblematico è il caso delle relazioni fra Riccardo I e Roberto Guiscardo, che furono di volta in volta alleati o nemici, a seconda dei rispettivi movimenti sullo scacchiere fortemente variabile delle alleanze con le élites longobarde, il Papato, l’Impero e gli altri signori normanni. Nei primi anni della conquista Riccardo sposò una sorella di Roberto il Guiscardo, Fressenda (Codex Diplomaticus Cajetanus, I-III, Montecassino 1887-1967, II, n. 251, p. 120), dalla quale ebbe cinque figli tra cui Giordano I, primogenito e suo successore. Questa prima alleanza sancita per via matrimoniale non durò tuttavia stabilmente, anzi fu decisamente intermittente. Ad esempio negli anni Settanta Riccardo passò dal ruolo di fomentatore dell’ennesima rivolta dei normanni di Puglia contro Roberto nel 1073 all’essere alleato del duca nell’assedio di Salerno tre anni più tardi. In cambio il Guiscardo si impegnò a fornire al principe di Capua una flotta per la conquista di Napoli.
L’assedio di Napoli cominciò nel 1077, e fu molto più difficile di quello terminato con successo a Salerno. La città resistette per un anno, fino alla morte di Riccardo, avvenuta il 5 aprile 1078.
Giordano I levò allora l’assedio, probabilmente dietro il pagamento di un tributo e la stipula di accordi per una sorta di protettorato del nuovo principe di Capua su Napoli. Limpiasa, figlia di Riccardo I e di Fressenda d’Altavilla, sposò nel 1078 il giovane duca di Napoli Sergio VI.
In una lettera del 21 aprile 1079 di Gregorio VII indirizzata a Giordano I, il papa rimproverava al nuovo principe di Capua, fra le altre cose, di aver costretto la sua matrigna – la longobarda Gaitelgrima, della stirpe principesca salernitana – a risposarsi (Registrum Gregorii VII, a cura di E. Caspar, Berlino 1920-1923, II, 2, p. 453, n. 37). Il testo non precisa, tuttavia, che Gaitelgrima si risposò con Giordano stesso, come provano nove diplomi promulgati da Giordano fra il settembre 1080 e il gennaio 1089, nei quali Gaitelgrima è qualificata come «uxor mea sagacissima principissa» (Le pergamene di Capua, a cura di J. Mazzoleni, I-II, Napoli 1956-1960, n. 52) e «dilecte mee uxoris» (Codex Diplomaticus Cajetanus, cit., n. 256). Questa lettera è l’unica prova del matrimonio di Riccardo I e Gaitelgrima, ma la peculiarità della situazione dimostra come l’esigenza dei principi normanni di Capua di legittimarsi radicando il proprio potere nella tradizione principesca longobarda fosse profonda e come essa si sia prolungata anche dopo la morte del primo principe normanno.
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