GAMBATESA, Riccardo
, Riccardo. - Non è possibile determinare con certezza l'anno e il luogo della sua nascita: probabilmente nacque intorno agli anni Settanta del XIII secolo in uno dei feudi molisani appartenenti alla sua famiglia. Sul G., ostiario e familiare regio, che in età piuttosto giovane tenne anche l'ufficio di giustiziere dell' Abruzzo Ulteriore, le notizie cominciano a farsi meno desultorie a partire da quando, a più riprese, ricopri l'incarico di siniscalco di Provenza e Forcalquier. Come titolare di tale ufficio, infatti, è attestato dal 1302 al 1306, poi nel 1308, ancora nel 1311 e, infine, dal 1314 al 1318. Con tale carica erano connesse la potestà del mero e misto imperio e della «spada» - cioè la competenza in materia di suprema giurisdizione penale -, quella di nomina di tutti gli ufficiali del territorio e quella di custodia e di manutenzione dei castelli. Insomma, il G., come siniscalco, gestiva sia l'amministrazione degli uffici e della giustizia, sia la difesa territoriale. In quanto supremo referente regio nella regione di sua competenza, riceveva anche incombenze occasionali e straordinarie. Così, nel 1305, gli fu ordinato dal re Carlo II d'Angiò di recarsi ad Aix nel convento di S. Maria di Nazaret col compito di provvedere ai preparativi per la partenza di Beatrice, figlia dello stesso re promessa in sposa ad Azzo (VIII) marchese d'Este e signore di Modena, Reggio e Ferrara.
Dopo la morte di Carlo II (il 5 maggio 1309), il successore al trono, Roberto, parti il 26 maggio, insieme con la moglie Violante (Jolanda) d'Aragona, alla volta di Avignone, dove venne incoronato dal papa la prima domenica d'agosto. Il 4 giugno, ancor prima di arrivare in Piemonte (10 giugno), aveva iniziato a riordinare l'amministrazione di quella regione. In tale data, infatti, il G. - già provato nell'arte del governo, come lo loda Roberto (Monti, p. 117) - fu nominato siniscalco di Piemonte in sostituzione di Raimondo Del Balzo. Il 22 luglio 1309, poi, Roberto inviò in Piemonte da Tarascona Simone de Villa con il suo esercito di mercenari, sottoponendolo agli ordini del G., che ricevette anche la potestà del mero e misto imperio su quelle truppe, per evitare il perpetrarsi dei soprusi ai quali i soldati - come scrive Roberto (ibid.) - sono soliti. In qualità di siniscalco di Piemonte il G. stipulò, poi, un trattato di alleanza tra re Roberto, di cui fungeva da procuratore, e la città di Alessandria.
Già alla fine di luglio del 1310, tuttavia, il G. non era più siniscalco di Piemonte, in quanto il 28 di quel mese fu presente in qualità di siniscalco di Provenza alla stipula del trattato di alleanza offensiva e difensiva stretto, nonostante l'opposizione di Filippo di Savoia-Acaia, tra re Roberto e il Comune di Asti: nella carica di siniscalco di Piemonte gli era succeduto Bertrando di Provenza.
Una funzione notevole il G. ebbe nel periodo in cui più si fece più problematica la situazione del dominio angioino in Piemonte.
Infatti, nella primavera del 1316, un esercito di circa 500 cavalieri e 10.000 fanti - composto dalle truppe di Edoardo di Savoia, primogenito di Amedeo V, di Filippo di Savoia-Acaia, di Manfredi IV di Saluzzo e dagli esuli di Asti - irruppe nell' Astigiano e saccheggiò Villanova, per poi ritirarsi a Fossano, dove venne raggiunto da Stefano Visconti alla guida di altri 200 cavalieri. Avuta notizia di questi eventi, ai primi di luglio il G., in qualità di siniscalco di Provenza, accorse con 500 fanti e 300 balestrieri, giungendo a Cuneo e scacciando i nemici dai pressi di Savigliano e Mondovi. Poi, approfittando del fatto che Filippo di Savoia-Acaia si era ritirato a Fossano, che Manfredi IV di Saluzzo e Stefano Visconti erano rientrati a Saluzzo e che Edoardo di Savoia aveva riattraversato le Alpi, riuscì a riprendere Montegrosso e Mombersaro. Frattanto con i suoi uomini entrò nella campagna di Alessandria e occupò, saccheggiandoli, i castelli di Quargnento, Oviglio, Sol ero, Bosco e Castellazzo. Ma i nemici passarono alla controffensiva e, grazie all'arrivo di 1000 nuovi cavalieri viscontei, respinsero ad Asti il G. e recuperarono, in ottobre, Montegrosso.
Dunque, la dominazione piemontese, in quegli anni, non si rivelava affatto sicura per il sovrano angioino, che, consapevole della precarietà della situazione, in via precauzionale sottrasse alla giurisdizione del siniscaIco di Piemonte, sottoponendoli a quella del G., siniscaIco di Provenza, i castelli di Roccasparviera, Caraglio e Roccabruna, posti sulla strada tra le due contee. Lo stato di guerra, comunque, persistette e il 16 giugno 1318 Manfredi di Saluzzo e Filippo di Savoia-Acaia riuscirono a penetrare in un sobborgo di Asti, che però venne liberata dal siniscalco di Piemonte, Ugone Del Balzo, accorso da Alba. Ma è a partire dalla sottomissione di Genova, nel luglio di quell'anno, che le sorti del dominio angioino e della parte guelfa dell'Italia settentrionale vennero risollevate. Così, re Roberto insieme con la moglie e i fratelli Filippo e Giovanni, alla guida di 1200 cavalieri e 6000 fanti, 27 galee e 40 navi da trasporto, si recò nei territori appena conquistati. Gli avversari non si diedero per vinti e tentarono anche di recuperare Genova, a difesa della quale, il 29 apr. 1319, re Roberto, in partenza per la Curia papale e per i possedimenti di Provenza con 40 galee, aveva lasciato il G., in qualità di vicario.
Quel «savio signore» - come lo chiama G. Villani (p. 304) - a capo di 600 cavalieri riuscì a respingere più d'una volta l'assalto dei nemici. A raccontarci il susseguirsi degli eventi con grande dovizia di particolari è soprattutto lo scrittore cinquecentesco napoletano A. Di Costanzo, che non lesina gli elogi delle virtù guerresche del Gambatesa. Approfittando della lontananza di Roberto, re Federico di Trinacria mandò 25 galee in aiuto dei fuorusciti genovesi, i quali, grazie ai sussidi economici dei Visconti, assoldarono anche 1000 cavalieri, per la maggior parte tedeschi. Ai primi scontri, il 3 e il 7 agosto, che si risolsero senza vantaggi per nessuna delle due parti, segui una fase di assedio inframmezzata da frequenti assalti: «ma Riccardo col sempre trovarsi a quelle parti della muraglia, dove più era bisogno, la difendea gagliardamente» (Di Costanzo, p. 112). Nel successivo inverno, in seguito a una tempesta di mare che distrusse 8 loro galee, gli assedianti furono costretti a ripiegare su Savona, pur continuando a tenere isolata Genova, che sarebbe stata ridotta allo stremo se non fossero intervenute a rompere il blocco 27 galee angioine dalla Provenza. Il G. ne approfittò per fare una sortita e sconfiggere, il 31 maggio 1320 a Lerici, i nemici, che subirono, poi, una nuova sconfitta in seguito all'invio, da parte di Roberto, di nuovi soccorsi. Intanto Federico di Trinacria riusciva a ottenere dall'imperatore bizantino una sovvenzione di 5°.000 once d'oro, con le quali fu organizzato l'esercito di Castruccio Castracani e approntata una flotta siciliana di 42 galee, che, tra il luglio e l'agosto, insieme con altre 22 armate dai fuorusciti, pose nuovamente l'assedio a Genova. A questa mossa Roberto rispose con l'invio di 55 galee che, unite ad altre 20 genovesi, furono poste sotto la guida di Raimondo Cardona, il quale, però, grazie a uno stratagemma tattico fu allontanato da Genova. La città, presa d'assalto a partire dal 3 settembre, stava quasi per cedere, «ma fu tanta la virtù di Riccardo, non solo in difendere con l'arme le mura, ma in mantenere ancora gli animi de' cittadini con somma prudenza e vigilanza, che Castruccio, disperato d'espugnarla, se ne ritornò velocemente in Lucca» (ibid., p. 113). Le battaglie attorno a Genova, tuttavia, continuarono ancora con tanto vigore che il Villani non esitò a paragonare l'assedio della città addirittura a quello di Troia (p. 321).
A partire dal 1324 troviamo il G. intento a svolgere tutt'altre mansioni: in quell'anno, infatti, venne incaricato, insieme con Ugorio Boccafingo, di stipulare il contratto matrimoniale tra Carlo, duca di Calabria, e Maria di Valois, la primogenita di Carlo di Valois e Margherita d'Angiò: le nozze furono celebrate in maggio con fasto eccezionale. Nel 1325, poi, partito il duca per la spedizione contro la Sicilia, fu uno dei notabili a cui venne affidata l'amministrazione di Napoli. Nel 1326, infine, seguì a Firenze lo stesso Carlo, duca di Calabria, che, il 23 dicembre precedente, era stato nominato signore di quella città. li, però, il G. cadde gravemente ammalato e mori in data non precisabile.
Dal testamento, dettato «in hospicio Vanni Bonaccursi, civis florentini» (Croce, Rettificazione, pp. 227 s.) il 2 ot. 1326 e approvato dal re e dal duca, veniamo a conoscenza di diverse notizie: innanzitutto che in Provenza aveva sposato Caterina, che gli sopravvisse; che ebbe solo due figlie, Margherita, maritata a un Caracciolo, e Sibilia, sposata con Giovanni Monforte, che tuttavia gli premori; che lasciò in eredità al figlio di Margherita, Riccardo, la terra di Civita, e al figlio di Sibilia, un altro Riccardo, le terre di Gambatesa, Montorio, Tofaria e Monte Rotario; che, infine, ottenne che quest'ultimo aggiungesse al proprio cognome, Monforte, anche quello dei Gambatesa.
Fonti e Bibl.: A. Mussato, Historia Augusta, in LA. Muratori, Rer. Ital. Script., X, Mediolani 1727, coll. 406, 524; G. Ventura, Chronicon Astense, ibid., XI, ibid. 1727, coll. 247, 251; Storie pistoresi, in Rer. Ital. Script., a cura di S. Adraste Barbi, 2 ed., XI, 5, p. 106; G. Stella - J. Stella, Annales Genuenses, a cura di G. Petti Balbi, ibid., XVII, 2, pp. 64, 89, 94; Acta Aragonensia, a cura di H. Finke, Leipzig 1908, Il, p. 642; 111, p. 181; G. Villani, Nuova Cronica, a cura di G. Porta, II, Milano 1991, pp. 304, 306 S., 310 S., 315-322; G. Ghilini, Annali di Alessandria, Milano 1666, I, p.62; M. Monforte, Dissertazione istorico-critica della famiglia Monforte e dei signori di Campobasso, Napoli 1778, pp. LV-LVII; A. Di Costanzo, Storia del Regno di Napoli, Napoli 1839, pp. 112 s.; M. Camera, Annali delle Due Sicilie, II, Napoli 1860, pp. 115, 245, 270, 274; F. Gabotto, Le guerre civili astigiane e la ristorazione angioina, in Riv. stor. ital., XI (1894), p. 62; L. Bertano, Serie dei siniscalchi del Piemonte e della Lombardia dal 1259 al 1382 durante il dominio della casa d'Angiò, in Boll. storico-bibliografico subalpino, III (1898), p. 434; Id., Serie dei siniscalchi della Provenza ..., ibid., IV (1899), pp. 60 S.; E. Haberkem, Der Kampf um Sizilien in tkn Jahren 1302-1337, Berlin-Leipzig 1921, pp. 39 s.; R. Caggese, Roberto d'Angiò e i suoi tempi, Firenze 1922, p. 658; G.M. Monti, La dominazione angioina in Piemonte, Torino 1930, pp. 82, 117, II9, 121 S., 124, 142, 262, 264, 337, 358 s., 367 s., 398; B. Croce, Rettificazione di dati biografici intorno a Cola di Monforte conte di Campobasso e alla sua famiglia, in Id., Aneddoti di varia letteratura, I, Bari 1953, pp. 223, 227 s.; Id., Vite di avventure, di fede e di passione, Milano 1989, pp. 65-67.