FILANGIERI, Riccardo
Nacque tra il 1215 e il 1220, ultimogenito del feudatario di Nocera (Salerno) Guido (m. 1256). In giovane età entrò al servizio dell'imperatore: nel febbraio 1240 era gia stipendiato come falconiere. Tra il 1240 e il 1244 il F. fu nominato castellano di Amelia nei territori pontifici occupati da Federico II nel 1240. A partire dal 1244 invece fu impegnato nell'Italia settentrionale: nel febbraio 1245 era podestà a Pavia; nel luglio dello stesso anno, come delegatus del legato imperiale re Enzo, applicò una sentenza del precedente vicario generale M. Lancia (in servizio dal 1238 al 1240) con la quale la località di Niella veniva restituita ai marchesi di Ceva.
Nell'aprile 1246 risulta vicario generale a Papia superius per la Lombardia occidentale e il Piemonte. Tenne questo incarico per un tempo limitato, non oltre la primavera del 1247. Nell'aprile 1246 il F. cumulò alle funzioni di vicario generale le mansioni di podestà di Moncalieri e nella seconda parte dell'anno quelle di podestà di Torino. Come vicario generale il F. amministrava una provincia estesa, nella quale doveva neutralizzare i grandi Comuni, ma anche assicurare l'appoggio delle grosse famiglie nobili indipendenti del Piemonte occidentale alla politica imperiale dopo la deposizione di Federico II da parte del concilio di Lione, in maniera da evitare un rovesciamento delle forze politiche in campo, come era avvenuto nel centro della Lombardia e nella Romagna. Nel 1248 fu di nuovo, probabilmente solo per un semestre, podestà di Pavia e in questo periodo dovette ricevere dall'imperatore, come ricompensa per i suoi servizi nell'amministrazione imperiale, l'investitura feudale della città di Satriano in Basilicata.
Dopo la morte di Federico II sembra che il F., al pari di altri membri della famiglia, abbia aderito all'opposizione contro Manfredi e Corrado. Quando Innocenzo IV nel 1254 parlò di gravia damna che il F. avrebbe patito, sembra che alludesse all'esilio inflitto all'intera famiglia nel 1253. A questa data il papa aveva concesso ai Filangieri il castello di Ariccia come residenza e provvisto alle spese del loro soggiorno tramite le entrate del vescovato di Albano.
Nel settembre 1254 Innocenzo IV rinnovò al F. l'investitura feudale di Satriano. Al posto del F. ricevette l'investitura lo zio Riccardo Filangieri, già podestà di Napoli, il quale negli ultimi giorni del settembre 1254 era giunto in Curia ad Anagni per difendere gli interessi della famiglia.
Tuttavia in queste settimane critiche il F. optò senza troppe esitazioni per il partito di Manfredi. Sembra che verso il 20 ottobre, insieme con Galvano Lancia, si sia recato come inviato del principe di Taranto a Capua per trattare, secondo il suggerimento di Bertoldo Hohenburg, con Innocenzo IV il riconoscimento della reggenza rivendicata da Manfredi. I colloqui non modificarono l'atteggiamento negativo del papa e indussero Manfredi a riparare in Puglia per ristabilire da lì la sua autorità militare e politica. Il F. lo dovette seguire in brevissimo tempo, se nel novembre 1254 si trovava già a Lucera. Da qui Manfredi lo inviò insieme con il suo fiduciario Goffredo da Cosenza al conte Gualtieri di Manopello per convincerlo a non passare dalla parte della Chiesa, missione probabilmente riuscita.
Dopo l'elezione di Alessandro IV, nel dicembre 1254 il F. si adoperò, insieme con Tommaso d'Aquino conte di Acerra, affinché Manfredi inviasse un'ambasceria al nuovo papa. Invece fu inviato a Manfredi un vescovo della Curia che per il 2 febbr. 1255 lo citò a comparire; ci volle l'intervento del notaio pontificio G. Pironti da Terracina per convincere Manfredi a riprendere le trattative. Quando anche queste fallirono, Alessandro IV in un colloquium generale intimò ufficialmente ai sostenitori di Manfredi di troncare i contatti con il reggente entro il 7 marzo. Il 25 marzo la scomunica generale colpì i partigiani di Manfredi. Tra di loro ci fu anche il F., insieme con il fratello Giordano.
Nel novembre 1256 morì il padre Guido e il F. gli succedette come feudatario di Nocera, benché la sua parte del feudo era solo di un terzo. Quando nel 1256 Enrico "de Spernaria", della famiglia lombarda dei Lomello, conte di Marsico, perse la contea per essersi schierato contro Manfredi incoronato re di Sicilia, tra il 1258 e il 1261 la contea fu trasferita al F., che in questo modo fu il primo della sua famiglia a raggiungere il rango comitale. Egli conservò la contea, come anche il dominio su Satriano, fino alla fine del regno di Manfredi.
Dopo che F. Lancia, conte di Squillace, ebbe pacificato la Sicilia reprimendo la ribellione del condottiero tedesco Gobbanus Manfredi inviò nel 1261 il F. nell'isola come nuovo capitano generale. La pace in Sicilia era però solo apparente, perché nello stesso anno Giovanni de Cocleria si proclamò nuovo "Federico II" e con imperiales mores et verba reclutò adepti. Il F. lo assediò a Centuripe, località ritenuta inespugnabile. Ma quando Giovanni di nascosto tentò di spostarsi da Centuripe a Castrogiovanni (Enna), cadde nelle mani del F., che per ordine di Manfredi nella primavera 1262 lo fece impiccare a Catania. Nella carica di vicario generale della Sicilia al F. succedette nel 1264 0 1265 il nobile napoletano Corrado Capece.
Nel maggio 1262 Manfredi inviò un'ambasceria a Montpellier per assistere al matrimonio tra sua figlia Costanza e l'infante Pietro d'Aragona, e anche per ottenere un rinvio del pagamento di una parte della dote. Il F. era probabilmente un membro della delegazione, guidata da B. d'Agliano, conte di Montalbano, ma l'identificazione è dubbia perché il Richardus Filanger che il 15 giugno 1262 a Montpellier sottoscrisse come testimone l'accordo raggiunto con il re aragonese potrebbe essere il figlio dell'omonimo maresciallo.
Non rivestiva apparentemente alcun incarico amministrativo nel giugno 1263, ma nel luglio 1263 era di nuovo capitano generale della parte settentrionale del Regno ("a porta Roseti usque ad fines regni"), ufficio che tenne fino alla metà del 1264, o al più tardi all'inizio del 1265, quando fu sostituito dal conte Riccardo di Caserta.
Nel maggio 1264 Manfredi preparò un'offensiva contro lo Stato della Chiesa con l'obiettivo di portare soccorso al suo seguace Pietro di Vico dopo la disfatta di Sutri. Fece penetrare nel Patrimonium sancti Petri l'esercito di Percivalle Doria, stanziato in Umbria, già pronto ad attaccare e predispose un secondo contingente che sotto il comando del F. avrebbe dovuto minacciare Roma da Sud. Ma il F. non ebbe bisogno di sferrare l'attacco perché l'esercito pontificio tolse l'assedio a Vico. Non sappiamo se il F. nel febbraio 1266 partecipasse alla battaglia di Benevento vinta da Carlo d'Angiò.
Secondo un'annotazione del XIII secolo nel Necrologio dell'abbazia di Montecassino il "comes Riccardus Filangerius" morì il 7 novembre di un anno compreso tra il 1266 e il 1268; in documenti del gennaio 1269 è già qualificato come defunto. I suoi beni furono incamerati dalla Corona, in quanto considerato proditor regis, e la contea di Marsico fu restituita alla casa Sanseverino.
Non è nota l'identità della consorte del F., dalla quale ebbe le figlie Ilaria e Isabella, che gli sopravvissero. Durante la sua assenza, quando ricopriva l'ufficio di vicario generale, furono affidate alla tutela dello zio paterno Giordano. Ilaria (m. verso il 1300) già nel gennaio 1269 sposò il cavaliere francese e futuro vicario generale della Toscana Jacques de Boursonne, al quale portò la terza parte di Nocera e altri feudi, tra cui Satriano. La più giovane Isabella (m. dopo il 1307) sposò nel 1284 il cavaliere francese Jean de Rivello, in quel momento giustiziere della Terra d'Otranto, e dopo la sua morte (anteriore al 1303) il nobile pisano Guglielmo de Recuperantia de Vicecomitibus, anch'egli giustiziere sotto Carlo II.
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