CARAFA, Riccardo
Nacque a Napoli il 12 dic. 1859 da Ferdinando duca di Casteldelmonte, e successivamente anche di Andria, e da Maria Grazia Serra dei duchi di Cassano.
Al ramo paterno era appartenuto Ettore Carafa conte di Ruvo, martire della rivoluzione napoletana del 1799; al ramo materno Gennaro Serra di Cassano, fatto uccidere da Ferdinando IV per essere stato secondo comandante della guardia nazionale della Repubblica partenopea; anche il padre del C. aveva cospirato contro i Borboni.
Compiuti gli studi presso il Collegio militare di Napoli, il C. era entrato nell'arma di cavalleria, dove raggiungerà, nella riserva, il grado di maggiore. Il 10 apr. 1885 aveva sposato Enrichetta Capecelatro, scrittrice e dama di palazzo, a Napoli, della regina Margherita. Il C. si era impegnato nel campo letterario, sia come autore di opere teatrali - ma scrisse anche una monografia di carattere storico (E. Carafa conte di Ruvo, Roma 1886) e un romanzo (Invano, Trani 1899) - sia come giornalista.
Il lavoro più noto, Gli ultimi d'Alcamo, rappresentato al teatro Sannazzaro di Napoli nel 1893, prende le mosse dalla decadenza di una nobile famiglia meridionale per delineare i rapporti che si andavano instaurando tra aristocrazia e borghesia. L'intreccio è teatralmente modesto; B. Croce in una benevola lettera posta a premessa, datata "dicembre 1893", ma scritta su richiesta del C. nel 1897, anno della pubblicazione a Napoli, definiva i personaggi borghesi una "macchietta" e gli aristocratici "sopravvivenze". Qualche interesse invece può destare come documento delle opinioni allora diffuse nella aristocrazia napoletana. Vivo fu l'interesse del C. per i problemi storici e urbanistici della città natale; con B. Croce, S. Di Giacomo, G. Ceci e M. Schipa fu tra i promotori e i fondatori della rivista Napoli nobilissima che vide la luce nel 1892, e vi collaborò con articoli volti prevalentemente ad illustrare il patrimonio artistico napoletano.
Con gli inizi del secolo il C. abbandonò quasi del tutto l'attività letteraria per dedicarsi alla vita politica. Nelle elezioni amministrative napoletane del 10 nov. 1901 si presentò nella vittoriosa lista cattolico-moderata del "Comitato centrale", e nel 1902 fu eletto presidente della Deputazione provinciale, incarico che mantenne fino al 1904. Fece parte di una commissione, eletta dal Consiglio comunale il 19 apr. 1902, che avrebbe dovuto affiancare l'opera della commissione reale per l'incremento industriale di Napoli, ma che restò praticamente inattiva. Il 4 sett. 1903 in seguito alla serie di iniziative proposte dalla commissione reale, il Consiglio provinciale costituì un gruppo ristretto, di cui fece parte il C., per formulare precise richieste idonee al rilancio economico della città. Dopo l'approvazione della legge 8 luglio 1904 n. 351 concernente "provvedimenti pel risorgimento economico della città di Napoli", più nota come "legge speciale per Napoli", il C. si staccò dalla maggioranza cattolico-moderata, profondamente divisa sulle modalità d'attuazione; nelle elezioni amministrative del 24 marzo 1907 partecipò alla lista del "Fascio liberale", risultando eletto nel gruppo di minoranza.
Frattanto era stato nominato il 4 marzo 1904 senatore per censo, e convalidato l'anno seguente. Partecipò attivamente ai lavori del Senato pur senza tralasciare di interessarsi alle condizioni di Napoli: fece parte della commissione per i trattati internazionali - ne fu segretario dal 1911 al 1913 - e della commissione di Finanze, e prese più volte la parola su problemi di politica estera ed economica.
Acceso conservatore, si dichiarò contrario alla riforma elettorale giolittiana del 1912, sostenendo che si dovesse negare il voto agli analfabeti e che la nuova legge avrebbe incrementato il deteriore fenomeno del clientelismo elettorale a profitto del "borghese" meridionale. Nel 1910 era intervenuto, con una lettera pubblicata sulla Nuova Antologia (16 giugno 1910, pp. 737 s.), nella ricorrente discussione sulla riforma del Senato per affermare che questo ramo del Parlamento, pur favorevole ad armonizzare la sua attività con i nuovi tempi, avrebbe respinto "ogni tipo di sopraffazione di plebi" e sarebbe stato contrario a trasformarsi in organismo elettivo. Molti suoi discorsi al Senato furono dedicati ai Problemi di politica coloniale per sostenere la necessità di un'espansione in Africa.
Il C. partecipò alla guerra libica come volontario, col grado di capitano, destinato d'ufficio presso il comando della spedizione. Tornato a Napoli, dette impulso al gruppo nazionalista, che vi era già stato costituito il 5 marzo 1911 senza ottenere molto seguito, divenendo presidente del locale comitato provvisorio che si dimise poi nell'aprile del 1914 (cfr. L'idea nazionale, 9 apr. 1914).
Non abbandonò però l'Associazione nazionalista, e nel maggio 1914, insieme con L. Federzoni, D. Oliva, A. Colautti e altri, fu tra i sostenitori della candidatura di E. Corradini nel collegio elettorale di Marostica, dopo aver fatto parte, nell'ottobre dell'anno precedente, del comitato d'onore per la candidatura dello stesso Federzoni nel I collegio elettorale di Roma (cfr. L'idea nazionale, 30 maggio 1914, e 30 ott. 1913).
Il C. uscì dall'Associazione, per insanabili divergenze politiche, nel settembre 1914, come il 23 apr. 1915 la presidenza del gruppo di Napoli rivelerà sull'Idea nazionale, quando ormai le sue posizioni saranno antitetiche a quelle interventistiche dell'Associazione.
La sua adesione al movimento nazionalista era avvenuta fondamentalmente sulla base della motivazione conservatrice, autoritaria e antidemocratica, e non di quelle motivazioni che porteranno il movimento a convergere sulle posizioni irredentistiche di schieramenti democratico-repubblicani e socialriformisti.
Il C. figurò anche tra i finanziatori della società "L'Italiana", creata per gestire la nuova edizione de L'idea nazionale - organo ufficioso dell'Associazione nazionalista fin dalla fondazione - che dal 2 ott. 1914 si trasformò da settimanale in quotidiano. Il nome del C., insieme con quelli di Sem Benelli B. Varisco, G. de Ruggiero e numerosi altri, fu annunciato fra quelli dei futuri collaboratori del giornale (cfr. L'idea nazionale, 17 sett. 1914).
Il 12 luglio 1914 si erano svolte a Napoli le elezioni amministrative che avevano visto contrapposti il "Blocco popolare" e il "Fascio liberale dell'ordine"; i nazionalisti, pur assicurando il loro appoggio a quest'ultima lista - come risulta dal manifesto pubblicato dal gruppo (cfr. Il Mattino, 6-7 luglio 1914) -, non presentarono propri candidati. Il C., in una lettera apparsa su Il Mattino del 7-8 luglio, giustificò questa posizione affermando che il gruppo nazionalista napoletano aveva inteso dare l'esempio di una lotta condotta esclusivamente in nome di un principio, sacrificando ogni aspirazione personale. Alla vigilia delle elezioni fu pubblicato un appello di alcuni senatori al popolo napoletano per esortarlo a votare la lista - che risulterà poi sconfitta - del "Fascio liberale dell'ordine"; tra gli altri firmatari dell'appello, oltre al C., appaiono B. Croce, A. Cardarelli ed E. Pessina.
Davanti al conflitto mondiale il C. assunse un netto atteggiamento neutralista, che espose la prima volta il 15 dic. 1914, intervenendo al Senato sulle comunicazioni del governo Salandra dopo le dimissioni e il reincarico, e proseguì attivamente fino all'entrata in guerra.
Facendo eco al Salandra che aveva parlato di neutralità "poderosamente armata e pronta ad ogni evento", egli si dichiarò favorevole a un neutralismo "con le mani sulle spade" e rimase fermamente ancorato su questa posizione. Il 17 dic. 1914 giunse a Roma il barone B. H. K. von Bülow, in qualità di ambasciatore straordinario della Germania, per svolgere un'intensa azione tendente a non far recedere l'Italia dalla neutralità. Pochi giorni prima della dichiarazione di guerra il von Bülow fece invitare il C. a un colloquio per esporgli la propria opinione sui vantaggi che sarebbero derivati all'Italia dall'accettazione delle offerte territoriali avanzate dall'Austria, nonché sulle gravi conseguenze derivanti da una rottura tra Germania e Italia. Il C. parlò del colloquio a F. Bettoni Cazzago e ad altri senatori, e ne fu incitato a chiedere al presidente del Consiglio un incontro che ebbe luogo il 17 aprile. Consegnò al Salandra un promemoria con il riassunto del colloquio avuto col von Bülow, cui faceva seguito una considerazione personale dello stesso C., secondo il quale sia i più autorevoli senatori sia "l'immensa maggioranza" del Senato intendevano vedere eliminato il pericolo di un conflitto "di cui non si possono valutare le conseguenze gravissime e, nel caso più favorevole, non mai proporzionate ai sacrifici d'ogni genere imposti al paese". Indiscrezioni sull'incontro trapelarono, sicché il presidente del Consiglio precisò in un comunicato i termini del colloquio, biasimando il C. - né fu il solo a biasimarlo - per non aver mantenuta l'opportuno riserbo. Il 21 maggio 1915, a conclusione della discussione svoltasi al Senato sul disegno di legge per il "conferimento al governo del re di poteri straordinari in caso di guerra", il C. non partecipò alla votazione conclusasi con la schiacciante affermazione degli interventisti.
Entrata l'Italia in guerra, il C. indossò la divisa di maggiore, ma l'età e la già malferma salute gli impedirono di prendervi parte. Fu ancora attivo nella vita parlamentare e parlò, tra l'altro, il 31 dic. 1917 sulle dichiarazioni del governo presieduto da V. E. Orlando; il suo ultimo discorso fu pronunciato al Senato il 13 giugno 1918 per commemorare A. Boito. Ricoverato nella casa di salute Villa Rosa, a Bologna, vi si spense il 19 ott. 1920.
Tra gli altri suoi scritti: La Floridiana, in Napoli nobilissima, I (1892), pp. 65-68, 103-105, 133-135, 164-166; La figlia di Ninotta, commedia in cinque atti, Napoli 1893; Sogno di Cloralio, azione drammatica in due parti, Napoli 1898; L'aristocrazia, nel miscellaneo Napolid'oggi, Napoli 1900, pp. 117-126; Il re di Nirvana, dramma in 4 atti, Napoli 1902; Le isole dell'Egeo occupate dalle armi italiane,illustrate da Arturo Faccioli: leggenda e cenni storici, Como 1913.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centr. dello Stato, Archivio Brusati, scat. 10, fasc. VI-4-36, carta 308: lettera del ministro della Guerra P. Spingardi al gen. U. Brusati del 2 ott. 1910 [ma 1911]; Atti parlamentari - Senato,Discussioni, legislat. XXII, XXIII, XXIV, e XXV, ad Indices; Calendario militare,ad annos 1883-1886; Annuario milit. del Regno d'Italia,ad annos 1887-1912; A. Tortoreto, I parlamentari italiani della XXIII legislatura, Roma 1910, p. 422; La Libia negli atti del Parlamento e nei provved. del governo, Milano 1910, pp. 186, 204, 246, 268, 364, 371, 677; necrol., in Napoli nobiliss., n. s., I (1920), 10, p. 152; E. Carafa d'Andria, Una fam. napol. nell'Ottoc., Napoli 1926, p. 20; A. Salandra, L'intervento, Milano 1930, pp. 52-56; E. Cilibrizzi, Storia parlam. politica e diplom. d'Italia da Novara a Vittorio Veneto, Napoli 1939, IV, pp. 89, 543; VII, p. 156; B. Croce, Pagine sparse, Napoli 1943, I, La Società storica napoletana e la Napoli nobilissima, pp. 3-11; II, R. C., p. 313; Id., Nuove pagine sparse, Bari 1955, I, Per una rivista d'arte e di topografia napoletana, p. 134, e Gli ultimi d'Alcamo, pp. 441-444; F. Martini, Diario 1914-1918, a cura di G. De Rosa, Milano 1966, pp. 384, 389, 426; B. Vigezzi, L'Italiadi fronte alla prima guerra mondiale, Milano-Napoli 1966, I, L'Italia neutrale, p. 661; P. Scirocco, Dall'Unità alla prima guerra mondiale, in Storia di Napoli, X, Napoli 1971, pp. 3-123; Id., Politica e amministr. a Napoli nella vitaunitaria, Napoli 1972, pp. 144, 145 n., 147, 148 n., 153, 154 n., 157.