CARACCIOLO, Riccardo
Appartenente alla nobile famiglia napoletana dei Caracciolo Rossi (o Svizzeri), nacque probabilmente a Napoli prima della metà del sec. XIV. Mentre nelle storie della famiglia più antiche è considerato figlio di Antonio Caracciolo conte di Gerace e di Maria Buondelmonte (cfr. De' Pietti, pp. 33 ss.), gli studiosi più recenti propendono a vedere in lui un discendente di Niccolò Caracciolo (di Capua), ciambellano, maresciallo e consigliere di re Roberto di Napoli, il quale aveva sposato Mattia di Giovanni di Franco (cfr. A. Caracciolo, tav. III b). Egli entrò, ancora giovane, nell'Ordine di S. Giovanni di Gerusalemme, dove inizialmente la sua vita trascorse secondo il ritmo consueto dell'Ordine. Il 14 gennaio del 1366 diventò commendatore di Nola e Marigliano, S. Giovanni di Benevento e dell'ospedale di Capraria, e nel 1374 ricevette il titolo di commendatore di Cicciano. Nel 1378 il gran maestro lo nominò priore di Capua e lo confermò in questa carica ancora il 23 ag. 1381 per altri dieci anni. Fino a quel momento la sua carriera non si distinse per nulla da quella di altri cavalieri del suo rango. Cambiò invece decisamente quando il 15 dic. 1382 il papa Urbano VI dichiarò destituito il gran maestro Juan Fernández de Heredia, passato dalla parte dell'antipapa Clemente VII, proibendo all'Ordine ogni rapporto con lui (Reg. Vat. 310, ff. 299v-300r). Ma solo nell'aprile del 1383 Urbano VI, che in quel momento si trovava a Valmontone, nominò un nuovo gran maestro nella persona del C., priore di Capua. Secondo i desideri del papa convocò un capitolo generale a Napoli, celebrato poi in questa città dal 28 marzo al 6 apr. 1384. Gli atti del capitolo, fortunatamente conservati, offrono una visione molto particolareggiata delle singole fasi di esso e illustrano bene il ruolo svolto dal Caracciolo.
Vi parteciparono: il priore di Messina, fra' Francesco Pescecello, i procuratori dei priorati di Barletta e di Roma e i rappresentanti della Lombardia, di Pisa e di Venezia, visto che i relativi priori si mantenevano fedeli al gran maestro destituito. Inoltre erano presenti circa venti commendatori e altrettanti cavalieri di lingua italiana. Il nuovo gran maestro fece leggere la bolla della sua nomina, ricevette poi il giuramento e fece giurare ai presenti fedeltà al papa romano. Tra l'altro il capitolo decise di assegnare al gran maestro la commenda di Polizzi nel priorato di Messina come sede dell'Ordine con un'entrata annua di 3.000 fiorini sui priorati di Capua e di Messina e sulla commenda di Napoli. Un gruppo di tredici cavalieri doveva assisterlo nelle sue decisioni.
Oltre a Messina, Barletta e Capua anche i priorati di Roma e di Pisa stavano compattamente dalla parte del Caracciolo. Come primo ultramontano si aggiunse il priore di Boemia, il duca Zemovits di Teschen, il quale fu nominato luogotenente del gran maestro e tesoriere in quei territori dell'Impero che riconoscevano Urbano VI come papa, ma dove i cavalieri dell'Ordine erano passati dalla parte di Clemente VII. Il 3 apr. 1384 anche i membri inglesi dell'Ordine riconobbero il C. come loro capo; li seguirono il 28 luglio 1384 i membri del priorato d'Irlanda, mentre in Aquitania soltanto le case sottoposte al dominio inglese stavano dalla sua parte (tra l'altro Bordeaux con undici ospedali dell'Ordine).
Su consiglio del capitolo generale il C. decise di informare della destituzione dell'Heredia e della propria nomina la sede dell'Ordine a Rodi, con l'invio di due cavalieri a lui devoti, fra' Ribaldo Vagnone, commendatore di San Leonardo in Sacile, e fra' Lello di Roncastaldo, commendatore di Imola, invitandola anche ad abbracciare il proprio partito e quello del pontefice Urbano VI. Come mediatore fungeva fra' Giorgio di Ceva, nominato amministratore di Cipro da Urbano VI, il quale da tempo era stato guadagnato a questo progetto. Ma alla fine l'impresa si rivelò un fallimento; i due inviati furono catturati e consegnati all'Heredia che si trovava ad Avignone e che li affidò al tribunale pontificio. Furono condannati a diversi anni di carcere, ma morirono già nel 1384-85. Il centro dell'Ordine a Rodi si mantenne fedele invece all'Heredia e al suo papa.
A favore del C. si pronunciarono, dopo i priorati italiani, inglesi, irlandesi e boemi, anche quelli ungheresi e una parte delle case tedesche. Il priore della Germania, Konrad von Braunsberg, poté essere però guadagnato alla causa del C. soltanto nell'aprile del 1386. Ma il C. trovò un importante appoggio nel suo parente, il domenicano Niccolò Moschino Caracciolo, che il 18 sett. 1378 era stato nominato cardinal prete di S. Ciriaco da Urbano VI e fungeva ora da protettore dell'Ordine giovannita, con una pensione annua di 300 fiorini d'oro. Gli successe nel luglio del 1389 l'influente cardinale napoletano Enrico Minutolo.
Altri Caracciolo facevano parte dell'Ordine giovannita, così Filippo commendatore di Montesarchio e San Martino Valle Caudina, e Francesco, il quale nel 1384-86 amministrò il Priorato di Messina e poi quello di Capua. A un fratello del C., Iacopo, fu affidata l'isola di Nisiro nel Dodecanneso, ma egli, non riuscì ad affermarsi nei confronti dei seguaci dell'Heredia.
Dopo la conclusione del capitolo generale il C. si trattenne, inizialmente, fino al 10 giugno 1384 a Napoli, passò il mese di luglio a Nocera Inferiore, tornò a Napoli nell'agosto ed era di nuovo a Nocera nell'ottobre. Fino al gennaio 1385 lo troviamo a Lucera, dal marzo fino all'ottobre a Cicciano e, dopo un breve soggiorno a Napoli, a Pisa a partire dal novembre, poi a Genova, dove nel dicembre si incontrò con Urbano VI. Sollecitato dal papa convocò un nuovo capitolo generale a Genova per il 1º nov. 1386, ma non e sicuro che esso si riunisse effettivamente, visto che manca qualsiasi documento in proposito. Il gran maestro invece si trattenne d'ora in poi prevalentemente alla corte pontificia, parte a Genova e Lucca, parte a Roma. Dopo la morte di Urbano VI rimase anche presso il nuovo pontefice, Bonifacio IX, con il quale la sua famiglia era imparentata. Si mise al servizio della politica pontificia, svolgendo missioni diplomatiche e tentativi di mediazione. Quando a Natale del 1390 Bonifacio IX richiamò improvvisamente il cardinale Cosimo Migliorati, il C. si addossò di buon grado il difficile compito di mediare la pace tra la Repubblica di Firenze e Gian Galeazzo Visconti (29 maggio 1391). Le istruzioni ricevute (pubblicate in Theiner, III, p. 34 n. 15) destano un certo interesse, visto che è il primo testo "abilmente intriso di argomenti nazionalistici" (Esch, p. 72). Aveva anche i pieni poteri di imporre, se fosse necessario, l'arbitrato con la minaccia di pene ecclesiastiche. Il Visconti aveva chiesto come luogo dell'incontro Genova, perché poteva contare sull'amicizia del doge Antoniotto Adorno scelto come secondo "arbiter", e a Genova infatti nel settembre del 1391 si riunì, presieduta dal doge e dal C., la conferenza conclusasi nel gennaio del 1392 con un lodo emesso dai due presidenti.
Il C. si era adoperato attivamente a favore della Repubblica fiorentina e così durante il viaggio di ritorno a Roma fu accolto festosamente a Firenze, il giorno della "festa della pace" (18 febbr. 1392). Durante il suo soggiorno a Firenze alloggiava nel convento di S. Croce, e mise anche la prima pietra per la costruzione del convento delle suore ospedaliere di S. Giovannino (de' Cavalieri), che era sottoposto alla giurisdizione del priore di Pisa.
Nel marzo del 1392 il "magister Yerosolimitanus", accompagnato da delegati fiorentini, si recò a Perugia, dove poté concludere un accordo con il Comune, che Bonifacio IX ratificò il 6 ag. 1392 dopo averlo presentato nel concistoro. Il "mediatore di Genova" (Esch, p. 85) ebbe anche l'incarico di procurare un compromesso nella lite tra i Montefeltro e i Malatesta, ma non vi riuscì. Tuttavia il C., che alla corte pontificia ricopriva l'ufficio di maggiordomo, morì prima di raggiungere il culmine della sua carriera come diplomatico e mediatore di pace. La morte lo colse improvvisamente, quando già erano state approntate le bolle con i pieni poteri e le lettere di salvacondotto per la sua legazione in Ungheria, Boemia, Polonia e Germania.
Morì il 18 maggio 1395 a Roma, dopo aver fatto testamento già nel novembre del 1394. Esaudendo un suo desiderio fu sepolto davanti alla chiesa del priorato romano sull'Aventino, a S. Maria del Priorato, in un sarcofago antico.
Il monumento sepolcrale, scolpito da un certo "mistro Petro [Salvati?] marmorario", fino al 1617 si trovava davanti alla chiesa; poi fu spostato dall'allora priore Aldobrandino Aldobrandini nell'interno della chiesa dove si trova tutt'oggi, ricordando l'ultimo riposo dell'unico gran maestro scismatico dell'Ordine dei giovanniti. Bonifacio IX, che aveva sperato che l'intelligente tattica del C., tanto fruttuosa all'interno dell'Ordine, avrebbe riportato l'unione tra i giovanniti, permise ai cavalieri riunitisi nove giorni dopo la morte del C. di eleggere soltanto un "locumtenens dicti magisterii", senza il diritto di convocare un capitolo generale "pro creacione magistri eiusdem hospitalis" (Arch. Segr. Vat., Reg. Lat. 37, ff. 217rv, 273r).
Fonti e Bibl.: Arch. Segr. Vat., Div. Cam., I, f. 306r; Reg. Lat. 37, ff. 217rv, 273r; Reg. Vat. 310, ff. 299v-300r; 313, ff. 108rv, 110r-112v, 174v-175r; 314, ff. 155v-157r; 315, ff. 11r-12r; Arch. di Stato di Perugia, Riformanze, 39, f. 50v; La Valletta, Royal Malta Library, Archives of the Order of St. John,Lib. bull. IV, f. 248v; V, f. 56r; VI, f. 200rv; cod. 281: Capitula generalia, II; Chronicon Estense, in L. A. Muratori, Rer. Ital. Script., XV, Mediolani 1729, col. 525; Specimen historiae Sozomeni Pistoriensis,ibid., XVI, Mediolani 1730, col. 1147; Poggii Bracciolini Florentini Historiae Florentini populi,ibid., XX, Mediolani 1731, coll. 260-270; [S. Paoli], Cod. dipl. del Sacro militare Ordine gerosolimitano, II, Lucca 1737, pp. 102-06, 467; Codexdiplom. dominii temporalis S. Sedis, a cura di A. Theiner, III, Roma 1862, pp. 34 s. n. 15, 48-56 n. 20; V. Forcella, Iscrizioni delle chiese... diRoma, VII, Roma 1876, pp. 259 n. 522, 262 n. 531; G. Müller, Docc. sulle relaz. delle cittàtoscane coll'Oriente cristiano…, Firenze 1879, p. 143 n. XCIII; F. Matz-F. v. Duhn, AntikeBildwerke in Rom, II, Leipzig 1881, p. 176 n. 2682; Mon. Vaticana res gestas Bohemicas ill., V, Tragae 1903, pp. 495 s. n. 91-7, 398 s. n. 1077; DieBerichte der Generalprokuratoren des Deurschen Ordens an der Kurie, a cura di K. Forstreuter, I, Göttingen 1961, pp. 326 ss., 333 s., 336; Divi Antonini archiepiscopi Florentini... Chronicorum tertiapars, Lugduni 1586, p. 427; G. Bosio, Dell'Istoriadella sacra religione ed ill.ma militia di S. Giovanni Gierosolimitano, Roma 1594, II, pp. 136 s., 150; F. De' Pietri, Cronol. della famigliaCaracciolo, Napoli 1605, p. 33 ss.; G. Marulli, Vite de' Gran Maestri della Sacra relig. di S. Giovanni Gierosolimitano, Napoli 1636, III, pp. 373-79; P. Pellini, Dell'Historia di Perugia, II, Venetia 1664, pp. 27 s.; B. del Pozzo, Ruologener. de' cavalieri gerosolimitani..., Torino 1714, pp. 8 s.; D. M. Manni, Osserv. istoriche... soprai sigilli antichi, X, Firenze 1742, p. 121; G. Capponi, Storia della Repubblica di Firenze, I, Firenze 1875, pp. 389 ss.; B. Candida Gonzaga, Memorie delle famiglie nobili delle provincie merid. d'Italia, III, Napoli 1876, p. 52; C. Herquet, J.Fernández de Heredia,Grossmeister des Johanniterordens1377-1396, Mühlhausen 1878, pp. 74 ss., 94 s.; J. Delaville Le Roulx, Un antigrand-maître de l'Ordre de Saint-Jean de Jérusalem..., in Bibliothèque de l'Ecole des chartes, XI, (1879), pp. 525-44; Id., Liste des grandsprieurs de Rome de l'Ordre de l'Hopital de St. Jean de Jérusalem, in Mélanges G.B. De Rossi, Paris-Rome 1892, pp. 263-70; N. Valois, LaFrance et le Grand Schisme d'Occident, II, Paris 1896, p. 223; F. Caracciolo, Memorie della fam. Caracciolo, II, Napoli 1896, p. 332; L. Filippini, La scultura nel Trecento a Roma, Torino 1908, pp. 135-40; G. Gerola, Le tombe dei granmaestri di Rodi, Roma 1921, pp. 5 s., 9, tav. LXXVII fig. 5; J. Delaville Le Roulx, Les Hospitaliers à Rhodes jusqu'à la mort de Philibertde Naillac (1310-1421), Paris 1913, ad Ind.; M. Gattini, I priorati,i baliaggi e le commendedel Sovrano Militare Ordine di S. Giovanni diGerusalemme nelle province merid. d'Italia, Napoli 1928, p. 64; G. Biasiotti, Ilpriorato deigiovanniti sull'Aventino prima del '700, in Illustr. vaticana, III (1932), 13, pp. 665 ss.; R. Serra-Tencaioli, Ricordi dell'Ordine di S. Giovanni diGerusalemme... in Roma, Roma 1936, pp. 99 s.; G. Bottarelli-M. Monterisi, Storia polit. emilitare del Sovrano Ordine di S. Giovanni diGerusalemme detto di Malta, I, Milano 1940, pp. 161-67, 226; L. Rangoni Machiavelli, Fra' Giovanni Hernandez de Heredia, in Rivista del Sovrano Militare Ordine di Malta, V (1941), pp. 8 s.; D. M. Bueno de Mesquita, Giangaleazzo Visconti,Duke of Milan 1351-1402, Cambridge 1941, p. 135; R. U. Montini, Tre granmaestri giovanniti sepolti in Roma, in Studi romani, II (1954) pp. 263-70, tav. XLVIII; Id., S. Maria del Priorato, Roma 1960, pp. 14-17, 33, 53, 62 s., fig. 15; F. Fabris, La genealogia dellafam. Caracciolo, a cura di A. Caracciolo, Napoli 1966, tavv. I, III b; A. Luttrell, Intrigue,schismand violence among the Hospitallers of Rhodes: 1377-1384, in Speculum, XLI (1966), pp. 41-48; A. Esch, Bonifaz IX. und der Kirchenstaat, Tübingen 1969, ad Indicem; A. Luttrell, Coluccio Salutati's Letter to Juan Fernández deHeredia, in Italia medioevale e umanistica, XIII (1970), p. 242.