RIBOTTI DI MOLIERES, Ignazio
RIBOTTI DI MOLIÈRES, Ignazio. – Nacque a Nizza (allora Nizza marittima) il 12 novembre 1809 da Filippo Andrea, quinto conte di Valdiblora (Valdeblore) e di Molliera (Molières o Mollières), e da Serafina Rossetti, sua seconda moglie.
I Ribotti, una famiglia di professionisti e negozianti originaria di Pierlas (un piccolo comune montano dell’attuale dipartimento delle Alpes-Maritimes) e residente da generazioni a Nizza, avevano acquistato nel 1699 dal ducato di Savoia il feudo con annesso titolo comitale. Come accadeva spesso nel caso delle famiglie di recente nobilitazione, i Ribotti avevano cercato di coonestare il loro nuovo status tramite la carriera delle armi. Il fratello maggiore di Filippo Andrea – Luigi Andrea – era morto combattendo nella guerra delle Alpi; lo stesso Filippo Andrea, che aveva sposato in prime nozze una lontana cugina (figlia di un maggior generale), raggiunse il grado di maggiore. Di conseguenza e pour cause, i tre figli di Filippo Andrea entrarono nell’esercito piemontese, i primi due non andando al di là del grado di maggiore.
Dopo aver studiato nel collegio dei gesuiti di Nizza, Ignazio fu arruolato nel novembre del 1826 nelle guardie del corpo del re (all’epoca Carlo Felice), un reparto di cavalleria pesante riservato di regola alla nobiltà. Fu promosso sottotenente nel dicembre del 1830; nel febbraio del 1831 transitò con lo stesso grado alla brigata Piemonte.
Nella seconda metà del 1830 Ribotti aveva aderito ai Cavalieri della libertà, una società segreta di tipo massonico sorta sull’onda del successo della Rivoluzione parigina di luglio. La società faceva perno su un’ex guardia del corpo, Giuseppe Bersani, impiegato nell’amministrazione militare, e vi aderivano, fra gli altri, i fratelli Durando (Giacomo, all’epoca un avvocato, e Giovanni, un sottotenente di fanteria anch’egli ex guardia del corpo), Angelo Brofferio, Massimo Cordero di Montezemolo, parecchi altri avvocati, alcuni medici e un manipolo di ufficiali inferiori. Obiettivo della società era quello di indurre il sovrano a concedere una costituzione o quanto meno a stemperare la sua politica reazionaria.
Incaricato di diffondere un manifesto formalmente indirizzato al re, e redatto da Giacomo Durando, Ribotti ne dimenticò alcune copie in un albergo (stando alla versione accreditata dal suo primo biografo Cesare Rovighi, mentre un’altra versione chiama in causa una sua imprudente confessione a un altro ufficiale, che ne fece rapporto ai superiori), permettendo così al governo di scoprire la ‘congiura’.
Arrestato nell’aprile del 1831, Ribotti venne rinchiuso nella cittadella di Torino, dove rimase per nove mesi, prima di essere mandato in esilio in Francia. Compromesso nel moto repubblicano che ebbe come teatro Parigi il 5 e 6 giugno 1832, fu costretto a riparare in Inghilterra, da dove raggiunse alla fine di quello stesso anno il Portogallo.
Rimase nella penisola iberica una quindicina di anni: combatté dal 1832 al 1835 in terra lusitana, dove si trovavano anche i Durando e altri ‘congiurati’ del 1831, in un corpo di cacciatori comandato da un ex ufficiale piemontese, Gaetano Borso di Carminati, e schierato con i costituzionali di Dom Pedro. Nel 1836, dopo che aveva raggiunto il grado di capitano, Ribotti si spostò con i Cacciatori di Oporto in Spagna per combattere in un’altra guerra civile, che opponeva i costituzionali agli assolutisti. Continuava intanto a scalare i gradini della carriera militare: nel 1838 fu promosso maggiore e nel 1840 tenente colonnello, dopo essere diventato capo di stato maggiore di una divisione comandata da Giovanni Durando. In Spagna si sposò con Carmen Morra, con la quale ebbe due figlie, Elisa e Carmen.
Nel 1843 l’allora mazziniano Ribotti ritornò in Italia per organizzarvi, d’intesa con Nicola Fabrizi, dei moti insurrezionali. Dopo essersi aggirato in incognito tra Sicilia, Romagne e Toscana, organizzò un colpo di mano diretto a sequestrare tre cardinali preposti alle Legazioni, fra i quali Giovanni Maria Mastai Ferretti, il futuro Pio IX, ma il tentativo fallì. Nel 1846 partecipò ai moti di Rimini. Di nuovo in Toscana alla fine del 1847, nel febbraio del 1848 lo scoppio della rivoluzione in Sicilia l’indusse a raggiungere l’isola, dove fu nominato, grazie a Giuseppe La Farina, colonnello e comandante del Vallo di Messina.
In luglio fu promosso generale e posto a capo di una spedizione di 500 siciliani, che doveva sostenere un’insurrezione scoppiata in Calabria contro i Borboni. Ma, a causa anche dell’incerta condotta delle operazioni da parte di Ribotti, che sapeva di non poter contare granché sulle sue truppe, la campagna andò incontro al fallimento. Fu preso di mira dalla memorialistica sia reazionaria (Santoro, 1850) sia liberale, in particolare da Ferdinando Petruccelli della Gattina (1850) che lo accusò di «tradimento» (p. 143) e lo definì «quel poltrone» (p. 146). I superstiti della spedizione Ribotti cercarono di fuggire all’arresto, raggiungendo con un brigantino e un trabaccolo Corfù, ma un piroscafo napoletano li intercettò nei pressi dell’isola. Imprigionato in regime di isolamento a Napoli in Castel Sant’Elmo, vi rimase più di sei anni senza essere mai sottoposto a processo. E lì contrasse la malattia – un tipo di herpes – che ne avrebbe affrettato la morte.
Nel dicembre del 1854 Ribotti fu liberato, in seguito alle pressioni dei governi piemontese e francese, e sbarcato a Malta. Rientrato in Piemonte nel 1855, fu nominato capitano in soprannumero della Casa reale degli invalidi e compagnie veterani. Rimase inoperoso solo pochi mesi: in estate venne infatti incaricato di contribuire all’organizzazione di una legione anglo-italiana che doveva combattere con l’esercito britannico nella guerra di Crimea. Nel marzo del 1856 raggiunse Malta con la legione, che però fu sciolta in seguito alla stipula dei preliminari di pace con la Russia. Rientrato in Piemonte, venne sottoposto a consiglio di disciplina per essersi recato all’estero senza autorizzazione e fu dimesso per la seconda volta dall’esercito piemontese.
Nella primavera del 1859 Ribotti, che nel frattempo aveva aderito alla Società nazionale, ritornò alla ribalta. Dopo essere stato in missione segreta a Parma, gli fu affidato il compito di organizzare un reggimento, i Cacciatori della Magra, composto da volontari, che in maggio guidò all’invasione del ducato di Modena. I Cacciatori della Magra raggiunsero a Parma la forza di due reggimenti grazie all’immissione di centinaia di ex soldati ducali e divennero la brigata Modena, il cui comando fu affidato dal dittatore dell’Emilia Luigi Carlo Farini allo stesso Ribotti, che il 30 luglio fu promosso maggior generale. La brigata soffocò in agosto un’insurrezione contadina di ispirazione legittimista.
Agli inizi del 1860 Ribotti fu proposto dal ministro della Guerra Manfredo Fanti a Camillo Benso di Cavour quale guida dell’insurrezione siciliana scoppiata in quelle settimane, un compito poi assunto da Giuseppe Garibaldi. A Ribotti fu affidato il comando di una divisione stanziata presso le Marche: l’8 marzo 1860 fu promosso luogotenente generale. Dopo essere stato eletto deputato di Sant’Arcangelo al Parlamento subalpino su designazione degli amici della Società nazionale, in giugno fu inviato da Cavour a Napoli con il compito di favorire l’annessione del Regno borbonico a quello di Vittorio Emanuele II. Fu poi comandante della XII divisione attiva e, dal febbraio 1863, della divisione territoriale di Modena. Sconfitto nelle prima elezioni nazionali del 1861 nel collegio di Sant’Arcangelo da un concorrente della Sinistra, fu successivamente rieletto deputato nel collegio di Guastalla.
A causa anche delle sue precarie condizioni di salute fu pochissimo attivo quale deputato, scomparendo del tutto dai resoconti a partire dalla seconda metà del 1862. Non era stato presente nemmeno alla votazione del 29 maggio 1860 che approvò la cessione di Nizza e Savoia alla Francia. Votò quasi sempre insieme alla maggioranza moderata anche su questioni come lo scioglimento dell’esercito meridionale e i fatti di Sarnico, che chiamavano in causa il suo passato di rivoluzionario.
Morì a Briga (Brig), nel Vallese, il 26 settembre 1864, mentre stava ritornando da Loèche-les-Bains (Leukerbad) dove aveva tentato di curarsi l’herpes.
Fu in seguito sepolto a Torino in una tomba monumentale, che gli fece erigere nel 1888 l’allora presidente del consiglio Francesco Crispi. Carlo Alberto Pisani Dossi ebbe l’incarico di redigere un’iscrizione in onore dell’«italianissimo fra i nizzardi / che allo stemma avito / la gloria aggiunse delle pugne».
Fonti e Bibl.: F. Petruccelli della Gattina, La rivoluzione di Napoli nel 1848. Ricordi, Genova 1850, pp. 135-146; R. Santoro, Storia dei precipui rivolgimenti politici accaduti nel Regno delle Due Sicilie nel 1848-1849, Napoli 1850, pp. 222-230; [C. Rovighi], Il generale I. R., in Annuario dell’Italia militare per il 1865, Torino 1865, pp. 302-304; Id., Il generale I. R. Dissertazione biografica, Firenze 1866; P. Bosi, Il soldato italiano istrutto nei fasti militari della sua patria, Torino 1870, p. 503; V. Imbriani, Alessandro Poerio a Venezia, Napoli 1884, pp. 468-470; Carteggio di Michele Amari, a cura di A. D’Ancona, I, Torino 1896, p. 407; C. Fabris, Gli avvenimenti militari del 1848 e 1849, 1ª parte, Il 1848, I, Fino alla resa di Peschiera, Torino 1898, p. 117; V. Emanuel, Le général I. R., in Le Petit Niçois, 13 novembre 1909; N. Giacchi, I Cacciatori della Magra nel 1859 (l’origine della brigata Modena), Città di Castello 1913, ad ind.; Enciclopedia militare, VI, Milano 1933, p. 505; G. De Orestis, I. R. di M., in Dizionario del Risorgimento nazionale, a cura di M. Rosi, IV, Milano 1937, pp. 53 s.; Ch.-A. Fighiera, La famille des comtes R. de Valdeblore, in Nice historique, LVI (1953), 101, pp. 64-67; R. Grew, A sterner plan for italian unity. The Italian national society in the Risorgimento, Princeton 1963, ad ind.; G. Falzone, Il problema della Sicilia nella politica mediterranea delle grandi potenze, Palermo 1974, p. 158; Carlo Dossi, a cura di A. Arbasino, Roma 1999, p. 1045; D. Poto, Giuristi subalpini in avvocatura e politica, Torino 2006, p. 28; G. Bron, The exiles of the Risorgimento: Italian volunteers in the Portuguese civil war (1832-34), in Journal of modern Italian studies, XIV (2009), 4, pp. 427-444; Id., «Un manuscrit inconnu de Giacomo Durando», in Mélanges de l’École française de Rome - Italie et Méditerranée modernes et contemporaines, CXXII (2010), 1, pp. 207-230; Id., Learning lessons from the iberian peninsula: italian exiles and the making of a Risorgimento without people, 1820-1848, in Mediterranean diasporas. Politics and ideas in the long 19th century, a cura di M. Isabella - K. Zanou, London-New York 2016, pp. 59-76; Camera dei Deputati, Portale storico, http://storia.camera.it/deputati/faccette/*:*?q= ribotti#nav (13 giugno 2016).