RHYTHMOS (ρὑϑμός, numerus, euritmia)
Denominazione tecnica applicata a tutte le arti in Grecia - musica, letteratura, architettura, scultura - riferentesi alla giustapposizione o alla sequenza di due quantità, o movimenti, o altro, differenti e discordi tra loro, i quali però concordano nel ricorrere periodicamente. L'origine lessicale del vocabolo è dal moto delle onde: un "alzarsi" e un "abbassarsi" che si ripetono sempre uguali; pertanto il köma lesbico, secondo un frammento di Eschilo (78, n. 2), è costruito con "ritmi triangolari", cioè con una serie corrente di triangoli col vertice in basso; così la vicenda varia che guida le sorti umane è un "ritmo" secondo Archelao (fr. 66); così Democrito dice (Vorsokr., 116, 59, 18) che la disciplina e lo studio trasformano l'uomo "ritmizzandolo".
Analogamente Aristotele (Mirab. Ausc., 133) narra di iscrizioni ideografiche aventi determinati "ritmi" di segni o ideogrammi; e (ibid., 1oo) descrive le thòloi (= costruzione rotonda con copertura conica o a vòlta) della Sardegna, cioè i nuraghi, scolpiti con ritmi grandiosi (dove non è chiaro, purtroppo, se il testo si riferisca all'esterno o all'interno del monumento, e non è neanche escluso il possibile significato di "dispari" dell'aggettivo perissòs).
Frequentissime le definizioni di ritmo nei testi, sempre in apposizione di mètron e ad harmonìa.
Platone (Leg., 665 a): "ordine nel moto"; Aristotele (Probl., v, 16; 882 b) "ogni ritmo è misurato da un modo periodico definito".
Aristide Quintiliano (VI sec.), autore di un trattato musicale a noi pervenuto, parla diffusamente sul ritmo: "il ritmo (I, 13) si predica tanto dei corpi immobili - come una statua - quanto dei corpi in movimento di un corridore, del battito delle vene, della voce. È un assieme (söstema) di intervalli periodici, secondo un ordine prestabilito; suoi movimenti sono "arsi" (alzata) e "tesi" (abbassamento), velocità lentezza, suono silenzio e così via. Il ritmo, nella prosa è determinato dalla sequenza delle sillabe; nella poesia, e nel canto ad essa connesso, dalla proporzione delle arsi rispetto alle tesi, dalle cesure e dagli altri accidenti metrico-musicali; nel moto il ritmo è dato dalle figure (schèmata) e dai loro simboli o immagini perfette che sono appunto le statue".
Sono pcrtanto chiare le connessioni colla quadratio, dove il ritmo della statua è misurato dalla corrispondenza degli "alti" e dei "bassi" nelle varie zone del corpo atletico.
Un aspetto particolare del r. si ha nell'epoca ellenistica, quando alcuni artisti hanno introdotto, intellettualisticamente, insolite sequenze o proporzioni di ritmi o per eccitare gli spettatori, o anche a semplice scopo di novità. Può citarsi al proposito il tempio di Artemide a Magnesia al quale la asperitas degli intercolumni conferisce grandiosità; come la asperitas della scena dipinta da Apaturios a Tralles, con raffigurazioni illogiche e insensate, solleticava gli occhi degli spettatori (Vitr., iii, 3, 8; vii, 5, 5). Pertanto questa asperitas (in greco trachö, trachötes) è un puro fenomeno del ritmo che compare, in architettura e nella plastica e nella pittura, nella musica e nella retorica. Per la musica basti ricordare Aristotele (Probl., 19, 49) il quale nota come il canto, di natura sua molle e dolce, diventa aspro e mosso (trachö kaì kinetikòn) per l'applicazione di un dato ritmo; vale a dire quando si alterano le normali proporzioni tra lunga e breve, arsi e tesi, cesura e così via. In retorica si può citare Seneca (Ep., 114: compositio praefracta et aspera quae aurem inequalitate percutiat: uno stile cioè i cui periodi ritmici sono diseguali).
Bibl.: E. Petersen, in Abhandl. Gött., 1917, XVI, 5; O. Schröder, in Hermes, LIII, 1918, p. 324 ss.; F. W. Schlikker, Schönheit des Bauwerks nach Vitruv, 1940, pp. 72 ss.; 90 s.