Vedi RHESAPHA dell'anno: 1965 - 1996
RHESAPHA (v. vol. VI, p. 666)
Nuove importanti indagini sono state compiute negli ultimi anni dall'Istituto Archeologico Germanico.
Le mura. - Come già scrisse Procopio (Aed., II, 9, 3 ss.), all'epoca dell'impero di Giustiniano le antiche mura in argilla della città di R. furono sostituite da quelle in pietra. La cinta, che racchiude un'area di c.a 21 ha, ha la forma di un rettangolo irregolare: la cortina, spessa c.a 3 m, è rafforzata da cinquanta torri di forme e dimensioni diverse, le più alte anche a più piani. A tale proposito viene fatta una distinzione tra ambienti coperti a volta e con soffitti lignei. L'intera cinta muraria è ancora oggi ben conservata, in quanto la città, isolata nel deserto, non è stata più ripopolata dopo l'abbandono, e i materiali lapidei non sono stati recuperati per edificare abitazioni, come in altri siti. La peculiarità di queste mura sta nel fatto che oltre al cammino di ronda in alto ne esiste un altro posto più in basso, a metà altezza della cortina muraria: esso consiste in una successione continua di nicchie con volta a botte, disposte in modo da formare un camminamento continuo, aperto nel lato rivolto verso la città. Nel muro, spesso 1 m, sono praticate feritoie. Fino alla base del passaggio superiore il muro è alto c.a 12 m; grandi scalinate aperte ad ala singola o doppia, poste di fronte alle mura in direzione della città, conducono ai due cammini di ronda. Su ognuno dei quattro lati della cinta muraria si trovano una porta monumentale e una più piccola: dal punto di vista architettonico la serie delle porte monumentali costituisce l'aspetto più significativo delle mura.
La porta N, che si apriva sulla strada principale che congiungeva la città con l'Eufrate, occupa una posizione particolare, dal momento che serviva non solamente a scopi difensivi, ma anche di rappresentanza. Attraverso di essa, infatti, faceva il proprio ingresso trionfale l'imperatore in occasione delle sue visite. Il cortile della porta occupa lo spazio centrale delimitato dalle mura, dalle torri che fiancheggiano la porta e da un antemurale. Di rilievo sono sia l'ampiezza del cortile, sia la ricca articolazione architettonica delle pareti. Sul lato rivolto verso le mura (parete S) si trovano tre porte: un passaggio più grande al centro e due aperture minori ai lati per i pedoni. Qui le scalinate che portano ai cammini di ronda non sono esterne e rivolte verso la città, come nelle altre porte, ma sono ricavate nello spessore interno delle pareti all'interno della torre.
Il complesso della porta E, nonostante l'alto livello di interramento delle parti inferiori e il grave danneggiamento delle parti superiori, nel lato rivolto alla città rivela ancora la sua passata grandezza. La pianta, con il cortile interno fiancheggiato dalle torri, mostra sostanzialmente la medesima concezione della porta N. Qui nella cortina muraria si trova soltanto un unico passaggio alla torre, con un apparato decorativo notevole sul lato rivolto al cortile. La porta è coperta a volta da un arco di scarico riccamente profilato; su entrambi i lati si aprono nicchie che forse in origine contenevano sculture a tutto tondo; le sottili colonne, che un tempo sorreggevano gli estesi baldacchini sulle nicchie, non esistono più. Anche la decorazione è tutta gravemente danneggiata. A differenza della porta N, in questo complesso la scalinata è disposta regolarmente: l'accesso ai cammini di ronda è assicurato da un sistema di scale a due ali, posto di fronte alle mura e rivolto verso la città. Lo scavo del fornice della porta fino alla soglia ne ha permesso una ricostruzione che consente di riconoscere la grandiosità della concezione d'insieme.
Il complesso della porta S, con il cortile al centro e il sistema di scale ad ala doppia sul lato rivolto verso la città, rivela stretta affinità, nella concezione globale, con quello della porta E, in contrapposizione a quello della porta O. Tuttavia va qui notata la forma allungata del cortile, al cui centro si erge una fila di colonne: probabilmente l'intero ambiente un tempo era coperto. La porta S non mostra particolari elementi decorativi.
Il complesso della porta O differisce quindi essenzialmente dagli altri tre. Data la mancanza di un antemurale si può considerare dotato di un cortile aperto. Questa disposizione dà all'impianto un aspetto completamente diverso: il sistema di scale, sebbene rivolto sempre verso la città come nelle porte E e S, è ad ala unica anziché a due. Come nelle altre due porte, però, anche qui è presente un unico fornice privo di apparato decorativo. Il materiale con cui è costruita la cinta muraria è una pietra gessosa cristallina (alabastro), che si trova nei dintorni di Rhesapha.
Il Khan. - In corrispondenza di un importante crocevia nella parte occidentale della città si trova un esteso complesso di rovine, la cui interpretazione è controversa. Ricerche e scavi condotti negli anni 1954, 1965 e 1973 hanno appurato che deve essersi trattato di un khan (caravanserraglio) della città, da ascrivere alla prima età bizantina. Gli scavi hanno rivelato un edificio ampio 24,75 m e profondo 26,6: è formato da un cortile interno, delimitato su tre lati da sei ambienti coperti accuratamente a volta e diversi fra loro, con una porta di accesso, mentre è chiuso da un muro sul quarto lato. Sugli ambienti a volta sono stati accertati resti di costruzioni che lasciano presupporre la presenza di un piano superiore. Le pareti circostanti sono in pietra gessosa, mentre le volte a botte sono costruite in parte con lastre di pietra calcarea e in parte con mattoni cotti.
Bibl.: W. Karnapp, Die deutschen Grabungen und Forschungen in Resafa, Syrien, mit zwei Rekonstruktionsversuchen, in Festschrift L. Dussler, Monaco 1972, pp. 81-89; id., Die Stadtmauer von Resafa in Syrien, Berlino 1976; id., Der Khan in der syrischen Ruinenstadt Resafa; in AA, 1978, pp. 136-150; T. Ulbert, Resafa-Sergiopoli, in CorsiRavenna, XXXV, 1988, pp. 357-369; W. Brinker, Zur Wasserversorgung von Resafa-Sergiupolis, in DaM, V, 1991, pp. 119-146.
(W. Karnapp)
«Basilica A». - È il maggiore complesso architettonico intra muros conservatosi a R.: una lastra di marmo con epigrafe dedicatoria, ritrovata in situ nel pavimento dell'abside, menziona quale committente dell'edificio il vescovo Abraham, noto dagli Atti del Concilio di Efeso, e reca inoltre una dedica alla Santa Croce, e la data del maggio 559. Un'altra iscrizione, pure inserita nel pavimento absidale, ma conservatasi solo in maniera frammentaria, pare riferirsi a lavori di restauro eseguiti sotto un certo vescovo Sergio e un vescovo del coro Maronios, e si può ricollegare alle iscrizioni su capitelli delle colonne della navata centrale rimaste ancora in situ. In recenti scavi condotti all'interno della moschea è stata rinvenuta, in fase di reimpiego, l'iscrizione dedicatoria di un'altra grande chiesa della città, la «Basilica B», che testimonia l'attività costruttiva di questi due vescovi nei primi due decenni del VI sec. d.C. Dal momento che si è anche potuto provare che tutti gli elementi architettonici pertinenti alla fase di radicale restauro della basilica provengono anch'essi dalla «Basilica B», c'è da domandarsi se l'impianto originario della «Basilica A» non sia da collocare in epoca anteriore, vale a dire già alla fine del V-inizî del VI sec. d.C. L'originaria decorazione architettonica non sembrerebbe contraddire una tale cronologia.
Per poter documentare le numerose fasi di restauro connesse con la statica dell'edificio, tutte le pareti sono state sottoposte a rilievi fotogrammetrici ed è stata liberata l'intera superficie pavimentale. Tali interventi hanno evidenziato la seguente situazione: centro di tutto il complesso (che occupa una superficie di c.a 15.000 m2) è una basilica a grandi arcate che misura m 54,50 X 28,60, con un vestibolo diviso in tre parti sul lato O e un'ala divisa in cinque sul lato E.
In un secondo momento a tale complesso originario furono aggiunti sul lato settentrionale un cortile a peristilio, di dimensioni superiori alla chiesa, mentre sul lato SE era una costruzione con quattro colonne e pilastri all'interno. Non si può più stabilire con certezza se si trattasse di un battistero a causa dello stato di distruzione dei pavimenti; tuttavia, resti di un pregevole mosaico pavimentale con motivi del Paràdeisos potrebbero far propendere per un'area originariamente battesimale. Linee incise sulle lastre del pavimento nella navata centrale della basilica testimoniano che qui le complesse costruzioni voltate dalle ampie arcate erano state eseguite in scala 1:1, e su di esse era stata poi eretta la muratura (nel frattempo le medesime linee di costruzione sono state osservate anche nella «Basilica C»),
Nella seconda fase costruttiva le grandi arcate furono sottomurate con l'inserimento di sostegni, cosicché assieme ai pilastri iniziò ad affermarsi una sorta di cambiamento delle tecniche per quanto riguarda il sistema statico delle basiliche, diretto a rendere tale sistema analogo a quello già in uso nelle basiliche medievali dell'Occidente. A quell'epoca - forse ancora nel VI sec. - anche il bèma siriaco già esistente, un piccolo presbiterio absidato posto nella navata centrale, venne ampliato e impreziosito da decorazioni marmoree. Contemporaneamente venne alzato anche il synthronon dell'abside principale, e lo stesso martyrion, trasportato all'interno della navata centrale, ebbe un nuovo rivestimento pavimentale in opus sedile con lastre di marmo a tre colori. Sono stati ritrovati anche resti della mensa-altare con il ciborio e il complesso del Templon. Si può pensare che già inizialmente tutte le pareti della basilica fossero rivestite di marmi bianchi e rossi fino all'altezza delle imposte degli archi. In ogni arcata si è conservata l'attrezzatura per appendere le lampade: nelle macerie sparse qua e là si sono ritrovati frammenti di candelabri di vetro a più luci. All'interno, la decorazione architettonica era relativamente modesta: cornicioni e imposte profilati sobriamente, semplici capitelli a foglia con alcuni residui della decorazione pittorica originaria a colori, talora anche dorature. Anche l'arredo architettonico e scultoreo dell'esterno è contenuto: le facciate sono suddivise in maniera nitida, i singoli corpi di fabbrica sono in relazione armonica fra di loro; ogni vano delle porte è inquadrato da cornici alquanto ricche e reca in avancorpo una sorta di piccolo protiro. Sia all'interno sia all'esterno le finestre del piano superiore sono inquadrate da pilastrini.
L'area che circondava l'abside a Ν fu concepita come un martyrion, come avviene spesso nelle basiliche siriache. Nella «Basilica A» di R. furono tumulate originariamente le reliquie di San Sergio, che colà certamente rimasero almeno dal primo Medioevo fino alla fine della città. Inoltre è stato possibile determinare i rimaneggiamenti in quest'area: le pareti furono rivestite ex novo di marmo, mosaici furono inseriti nelle parti superiori dei muri, il pavimento venne innalzato e rivestito di marmo policromo, lo spazio della chiesa fu in parte delimitato con transenne. Dello spazio centrale dell'area, in rovina, sono rimasti il podio, sul quale era collocato il sarcofago del santo, e resti del ciborio, che si innalzava al di sopra del sarcofago. Le parti conservatesi della basilica sono eseguite in alcuni casi con intarsi policromi. Nei crolli sono stati ritrovati resti delle vetrate colorate delle finestre con intelaiature in gesso, nonché frammenti di lampade e di fiasche di vetro dei pellegrini. In relazione al transito dei pellegrini va visto pure il vano aggiunto a questo complesso verso N, il cui intonaco conserva numerosi graffiti in greco e in arabo; evidentemente anche il grande cortile a peristilio serviva a raccogliere i pellegrini.
Anche l'angolo SE della basilica fu nuovamente rimaneggiato nel VI secolo. Il precedente edificio a quattro colonne fu sostituito da uno più grande; fra quest'ultimo e la basilica fu eretto un complesso architettonico a due piani, nella cui parte inferiore sorse una cappella (con conca absidale decorata da un affresco con la Crocifissione), mentre forse quella superiore era adibita a residenza del vescovo della città.
Già in epoca omayyade sul lato Ν della basilica sorse la moschea principale della città, che incamerò una parte del grande cortile a peristilio. Si tratta di una moschea a tre navate con cortile e due nicchie del miḥrāb; come materiale edile vennero usati resti della «Basilica B». In epoca omayyade, stando anche ai dati dei recenti scavi, l'area occidentale innanzi alla basilica venne trasformata in un mercato.
La grande «Basilica A» in qualità di chiesa metropolitana e meta di pellegrini sopravvisse fino alla metà del XIII sec., allorché venne distrutta probabilmente in seguito alle invasioni mongole. Il recente ritrovamento di vasi d'argento nel cortile a peristilio sottolinea il rilievo che il complesso aveva ancora in quell'epoca tarda. I recipienti furono sotterrati fra il 1240 e il 1259, e rinvenuti durante la campagna del 1982; sono cinque contenitori d'argento, in parte dorati e niellati, che per un certo periodo dovettero appartenere al tesoro stesso della chiesa: si tratta infatti di un turibolo, di un calice completo per l'eucarestia, di un piede di calice isolato, di una patena e di un boccale d'argento originariamente di tipo profano. I pezzi, risalenti tutti attorno al 1200 circa, rappresentano opere d'arte in parte locali, in parte di importazione occidentale. Nel complesso questa basilica, la cui continuità di culto è perdurata per 700 anni, fra le grandi costruzioni dell'età paleocristiana del Vicino Oriente può essere considerata come quella finora più studiata.
Rovine fuori delle mura. - Nel campo di rovine già occupato dall'area palaziale araba, a S della città, nel 1991 vennero scavati i resti di un «padiglione», che doveva costituire il centro di un'area sistemata a giardino. I numerosi frammenti di ornamento in stucco rinvenuti lo fanno assegnare a epoca omayyade. Il padiglione, caratterizzato da un impianto rigidamente simmetrico, si innalzava al di sopra di un podio al quale conducevano, dai quattro lati, delle scale, che a loro volta costituivano il punto finale di altrettante vie. Su una pianta quadrata (m 16 di lato) si innalzava un vestibolo colonnato, al cui centro si trovava un ambiente chiuso, cupolato. Stando all'impianto, si tratta del più antico esempio di questo genere finora conosciuto nell'architettura islamica.
Bibl.: J. Kollwitz, Die Grabungen in Resafa. Frühjahr 1959 und Herbst 1961, in AA, 1963, pp. 328-360; T. Ulbert, Eine neuentdeckte Inschrift aus Resafa, in AA, 1977, pp. 563-596; M. Mackensen, Eine befestigte spätantike Anlage vor Stadtmauern von Resafa, Magonza 1984; T. Ulbert e altri, Die Basilika des Heiligen Kreuzes in Resafa-Sergiupolis, Magonza 1986; id., Der kreuzfahrerzeitliche Silberschatz aus Resafa-Sergiupolis, Magonza 1990; W. Brinker, Zur Wasserversorgung von Resafa-Sergiupolis, in DaM, V, 1991, pp. 117-146; P.-L. Gatier, T. Ulbert, Eine Türsturzinschrift aus Resafa-Sergiupolis, ibid., pp. 169- 182; T. Ulbert, Beobachtungen im Westhofbereich der Grossen Basilika von Resafa, ibid., VI, 1992, pp. 403-416; M. Konrad, Flavische und spätantike Bebauung unter der Basilika Β von Resafa-Sergiupolis, ibid., pp. 313-402; T. Ulbert, Ein umaiyadischer Pavillon in Resafa-Rusafat-Hišam, ibid., VII, 1993, pp. 213-231; M. Wemhoff, Ein mittelalterlicher Wohnkomplex in Resafa, ibid., VIII, 1995, pp. 247-268; D. Sack, Die Grosse Moschee von Resafa-Rusafat-Hisam, Magonza 1996.
(Th. Ulbert)