REVIGLIO DELLA VENERIA, Carlo
REVIGLIO DELLA VENERIA, Carlo. – Nacque a Bra (Cuneo) il 16 maggio 1824 (Reviglio della Venaria, 1928, p. 78) da Luigi Lorenzo Francesco Costanzo, pittore e archeologo dilettante, scopritore di reperti romani nella tenuta di Pollenzo, e da Francesca Carlotta D’Avise di Charvensod.
Nipote di Carlo Giuseppe, nominato riformatore delle regie scuole al momento della Restaurazione e più volte sindaco di Bra, e di Teresa Falletti di Rodello, discendeva dalla casata dei Revigli, conti di Lezzuolo e della Veneria, che si vuole proveniente dalla Francia nel XVI secolo (V. Angius, Sulle famiglie nobili della Monarchia di Savoia..., Torino 1841, ad nomen). Cresciuto in un ambiente impregnato di ‘cose artistiche’ – il padre fu pittore dilettante e collezionista –, si legò per amicizia intorno al 1840 all’ingegnere Gaetano Bertolotti. Questi lo avvicinò all’architettura, che sarebbe diventata, seppure in forma amatoriale, la sua principale attività.
Non risultano dati comprovanti una formazione anche solo approssimativamente accademica, né patenti acquisite in seguito a tirocini presso atelier di architetti, come era ancora possibile, in rari casi, nella prima metà del XIX secolo.
Anche i primi biografi (Reviglio della Venaria, 1928) sottolineano la sua formazione autonoma, alimentata esclusivamente dalla sua passione e dal suo talento, oltre che dai significativi appoggi di Bertolotti, uno dei più stretti collaboratori di Giuseppe Talucchi, per il quale incise le tavole di progetto e diresse svariati cantieri, collocandosi così, e con lui il suo allievo Carlo, nel quadro del classicismo civile sabaudo.
Fu in questo quadro che Reviglio della Veneria intervenne, a partire dal 1844, con il completamento della facciata, del campanile e degli interni del santuario della Madonna dei Fiori a Bra, eretto nel 1626, tra i primi dedicati al culto mariano in Piemonte e da lui profondamente modificato.
In particolare la facciata, che sostituì quella primitiva, molto più modesta, è caratterizzata dall’accostamento tra un pronao tetrastilo ionico e un finestrone termale nel secondo ordine, attorniato da un’importante cornice e sormontato da un attico a gradoni che culmina con una croce, secondo la formula di derivazione francese sperimentata da Talucchi in molte chiese parrocchiali piemontesi (Vigone, 1833; Santhià, 1835) e nella nuova facciata per la juvarriana chiesa di S. Filippo Neri a Torino (1824), divenuta un vero modello almeno per due generazioni di architetti.
In seguito i biografi (tutti appartenenti alla sua famiglia) gli attribuirono anche il restauro della parrocchiale di Vezza d’Alba e della chiesetta di S. Rocco in Bra, di cui non rimangono peraltro testimonianze; fu comunque grazie alla cerchia di amicizie e contatti della potente famiglia che giunsero i primi incarichi nella città di origine, come la costruzione della residenza dell’avvocato Angelo Craveri (1843), successivamente ampliata sempre per opera di Reviglio della Veneria e oggi sede del Museo Craveri.
Nel 1847 sposò Enrichetta Balbo di Vinadio, grazie alla quale la rete di conoscenze, anche nell’ambito della corte e della cerchia di nobili intellettuali (Cesare Balbo e Massimo d’Azeglio in primis), si poté ulteriormente allargare. L’attività progettuale fu costantemente legata a tale rete, anche perché Reviglio della Veneria non poteva firmare ufficialmente le pratiche di progetto, che dunque furono legate alle committenze braidesi o dovettero avvalersi di un progettista patentato che si prestasse alla firma. Nel primo caso rientra il progetto, non realizzato, di una nuova ala del mercato di Bra (1856-59), risolta sfruttando l’esistente muraglione sulla piazza, cui si appoggiano le volte della tettoia. Il progetto vide lo scontro tra Reviglio della Veneria, i suoi sostenitori e un progettista precedentemente vincitore di un bando, il cui progetto, seppure con molte modifiche, venne infine posto in essere.
Dalla disputa e dai progetti emergono un certo ‘buon gusto’ dell’autore, ma anche una discreta competenza tecnica nell’impianto delle parti strutturali, derivatagli o fornitagli, da Bertolotti.
A partire dal 1860 Reviglio della Veneria avviò attività politiche oltre che progettuali, per sollecitare la costruzione della rete dell’acquedotto di Bra, oltre al completamento di un altro edificio religioso: la sacrestia di S. Andrea in Bra, chiesa barocca di committenza gesuita la cui facciata era attribuita, come disegno, a Gian Lorenzo Bernini, e per l’esecuzione, con qualche variazione, a Guarino Guarini.
L’ambiente, che ospita una grande tela, La battaglia di Lepanto, del pittore di origine fiamminga Giovanni Claret, dipinta in occasione del primo cantiere (1642), è a pianta ellittica, chiaro riferimento all’epoca di origine del complesso e inizio di alcuni ‘esercizi progettuali’ di Reviglio della Veneria, puntualmente non realizzati, proprio per il completamento di importanti chiese barocche, come pure non realizzato fu il progetto per il campanile dello stesso complesso religioso.
Nel 1862 Reviglio della Veneria si trasferì a Torino, dove poté coltivare i suoi rapporti con gli ambienti della corte, dei progettisti e delle gerarchie religiose, in particolare i prelati di area ‘sociale’, come Giuseppe Cottolengo (anch’egli originario di Bra) o i salesiani, all’epoca in forte espansione. Il soggiorno torinese si alternò a quello nella tenuta di Cavallermaggiore, la villa S. Giacomo, che riplasmò a partire dagli anni Sessanta con apposizioni di elementi neoclassici, oltre a intervenire sugli aspetti agricoli e produttivi, nei quali, a cavallo tra progettazione paesaggistica e nuove tecniche applicate all’agricoltura, emulò le azioni intraprese dalla casa regnante nella vicina tenuta di Pollenzo e gli avvii delle attività di Camillo Cavour per una gestione imprenditoriale e aggiornata della campagna. È probabilmente all’ambiente religioso che si dovette l’amicizia con un’altra importante figura di progettista-restauratore, il conte vercellese Edoardo Arborio Mella, che affiancò in diverse occasioni. Tra queste, dal 1870 al 1872, il restauro della chiesa metropolitana di Alba, di cui Arborio Mella era incaricato, ma impossibilitato a occuparsene; Reviglio della Veneria visitò più volte il cantiere riferendo al progettista, e a lui sono attribuibili i disegni dei lucernari che illuminano la navata maggiore, ideati e fatti realizzare senza alcun compenso.
Fu il suo stato di nobile con un’ottima situazione economica che gli consentì di redigere progetti privi di qualsivoglia possibilità di essere realizzati, di cui rimane testimonianza in pubblicazioni da lui stesso stese e finanziate.
È il caso della proposta di restauro della facciata della juvarriana chiesa del Carmine in Torino (1871), un vero esercizio di stile nel quale, portando alle estreme conseguenze i modelli di Talucchi, pretendeva di sostituire la sobria partitura tardobarocca a due ordini sovrapposti con un solo, imponente, pronao tetrastilo, allo scopo di correggere gli ‘abusi’ originari.
Al seguito di Arborio Mella, invece, partecipò attivamente ai lavori per la nuova chiesa cappuccina intitolata al Sacro Cuore di Gesù sulla via Nizza a Torino (1872), affiancando, in questa occasione, l’ingegnere Melchiorre Pulciano, tecnico e direttore dei lavori: Reviglio della Veneria compilò un’intera serie di disegni in copia conforme, da presentarsi all’ormai costituita commissione di ornato.
La chiesa, concepita in continuità con i modi progettuali di Arborio Mella, è un esempio di messa in pratica degli studi su gotico e romanico, nonché della consuetudine a progettare complessi religiosi che comprendessero non solo i luoghi liturgici, ma anche spazi di accoglienza degli abitanti dei quartieri meno agiati.
Gli anni Settanta videro la sua più consistente collaborazione con Arborio Mella ai restauri della chiesa di S. Francesco a Susa e al nuovo progetto per il grande complesso di S. Giovanni Evangelista, voluto a partire dal 1872 da don Giovanni Bosco a Torino e ancora risolto in forme neoromaniche con raffinate citazioni del modello à clocher-porche e dei più importanti luoghi della cristianità dell’Alto Medioevo in Piemonte.
Lo stesso registro, a suo tempo definito «sobrio stile romanico lombardo» (Reviglio della Venaria, 1928), caratterizza la riplasmazione del santuario del Sacro Monte di Belmonte (1873-76), successivamente ricostruito per mano dell’architetto Carlo Ceppi (1888), mentre è meno valutabile l’intervento nella chiesa di S. Francesco di Sales ad Annecy, degli stessi anni, genericamente citato in una circolare pubblicata dalle suore della Visitazione che abitavano il relativo convento (Circulaire pour les fêtes du doctorat de Saint François de Sales, Annecy 1878).
Nel 1873 tornò a intervenire nella città di origine, per l’ampliamento, ancora di committenza religiosa, del seminario (oggi istituto professionale statale Velso Mucci), risolvendolo nuovamente con forme classiciste (corpi di fabbrica intorno a due corti per accogliere un refettorio, una sala di ricreazione, cinque classi, sei dormitori su tre piani conclusi con un affaccio a galleria con sequenze di archi a pieno centro) e dimostrando una certa sensibilità per la tradizione sabauda degli edifici di servizio.
Costantemente in contatto con le gerarchie religiose dell’ex capitale, vicino all’arcivescovo Lorenzo Gastaldi, nel 1871 si candidò alle elezioni comunali in un gruppo di ispirazione cattolica che comprendeva, tra gli altri, Francesco Faà di Bruno (beatificato nel 1988), anch’egli collaboratore di Arborio Mella, senza arrivare però a conquistare un ruolo istituzionale. La sua corsa si interruppe in ottemperanza al «non expedit» promulgato da Pio IX nel 1874.
Gli ultimi anni della sua vita furono dedicati prevalentemente ad attività di progettazione nell’ambito della cerchia familiare, con interventi nei parchi e giardini di diverse tenute, improntati sia al gusto del pittoresco, sia a un più tradizionale giardino formale, con aiuole e parterres ad abbellire spiazzi nelle ville degli Olivieri di Vernier a Cavaglià, dei Della Chiesa di Benevello a San Pietro del Gallo e dei Balbo di Vinadio a Torre Bairo.
Riconoscimenti pubblici gli vennero ancora una volta dalla Chiesa: nel 1875 Pio IX, per tramite di Giovan Domenico Vassarotti, vescovo di Pinerolo, lo insignì, insieme ad Arborio Mella, dell’Ordine di S. Silvestro per meriti artistici, e don Bosco ebbe per lui e per il suo lavoro di architetto parole di lode nel necrologio, redatto dopo la sua morte, avvenuta a Torino il 19 ottobre 1882.
Opere. Progetto di prolungamento dello spianato dal Palazzo della Città di Bra alla Piazza della Rocca, con mercato coperto, portici e magazzini, Torino 1858; Risposta del Conte R. della V. alla confutazione del suo progetto di prolungamento dello spianato dal Palazzo della Città di Bra alla Piazza della Rocca, con mercato coperto, portici e magazzini, indirizzatagli dal ing. Riviera, Torino 1859; Alcune parole di giustificazione sui restauri da me ideati per la real Chiesa Parrocchiale di Ns. Sig.ra del Carmine, Torino 1871.
Fonti e Bibl.: Torino, Archivio privato Reviglio della Veneria.
G. Reviglio della Venaria, Conte C. R. della V. 1824-1882, in Bollettino della Società piemontese di archeologia e belle arti, XII (1928), 3-4, pp. 78 s.; R. Dellarossa - P.P. Faccio, Studi sull’architettura e le arti applicate a Bra, Bra 1986; F. Morgantini, Edoardo Arborio Mella restauratore (1808-1884), Milano 1988; M.L. Reviglio della Veneria, Appunti di cronaca familiare. Un architetto tra Bra e Torino nella seconda metà del-l’Ottocento: C. R. della V., in Studi di storia braidese: omaggio a Edoardo Mosca. Atti della Giornata di studio, Bra... 1993, Cuneo 1993; E. Dellapiana - C. Tosco, Regola senza regola. Letture dell’architettura medievale in Piemonte da Guarini al Liberty, Torino 1996; E. Dellapiana, Giuseppe Talucchi architetto. La cultura del classicismo civile negli Stati Sardi restaurati, Torino 1999; M. Devecchi, Il giardino storico nel Cuneese: un patrimonio sconosciuto di arte e cultura, Cuneo 1999; San Francesco ritrovato: studi e restauri per il complesso francescano di Susa. Atti del Convegno, Susa... 2008, Torino 2008; M.L. Reviglio della Veneria - S. Villa, R. della V., C., in Atlante del giardino italiano 1750-1940..., I, Italia settentrionale, a cura di V. Cazzato, Roma 2009, p. 111.