RETTA (gr. εὐϑὲῖα; lat. recta; fr. droite; sp. recta; ted. Gerade; ingl. straight line)
Il concetto di linea retta è uno dei concetti primordiali della geometria; la sua rappresentazione intuitiva, comunque si voglia ritenerla acquisita, è così limpida e spontanea da apparire quasi come un dato a priori connaturato alla struttura della nostra psiche. Ma appunto a motivo di tal carattere primordiale e irriducibile della nozione, il problema di definire la retta, nel senso di assegnare una costruzione di quel concetto mediante concetti elementari precedentemente posti, urta contro difficoltà che la critica moderna, iniziatasi dopo la metà del secolo scorso, ha riconosciuto insormontabili, sempreché non si voglia forzare la gerarchia dei concetti in un ordinamento troppo artificiale.
Sta di fatto che fin da quando, a cominciar da Euclide, si è tentata un'esposizione sistematica della geometria in veste rigorosamente deduttiva, le definizioni proposte per la retta, o sono vaghe e indeterminate, oppure presuppongono altri concetti, quali quelli di distanza, direzione, movimento, che appariscono meno evidenti e più complessi di quello che si vuol definire, e ad ogni modo vengono presupposti senza definizione. Così Euclide negli Elementi (300 a. C.) dopo aver chiarito - non diciamo "definito", perché i "termini") (ὅροι) di Euclide non devono venir intesi come definizioni nell'accezione moderna - che "punto è ciò che non ha parti" e "linea è una lunghezza senza larghezza", dichiara che εὐϑεῖα γραμμή ἐστιν ἥτις ἐξ ἴσου ἐω' ἑαυτῆς σημείοις κεῖται, cioè che la retta è quella linea che giace egualmente rispetto ai suoi punti, o, secondo taluni autori, che giace sui suoi punti in modo uniforme; enunciato assai vago e suscettibile di varie interpretazioni, quindi del tutto inadatto a fungere da definizione, tanto più se si avverta, che nelle interpretazioni più ovvie, la proprietà dichiarata non basta a caratterizzare la retta, in quanto appartiene anche ad altre linee, come, ad es., l'elica. Citeremo ancora, tra le definizioni proposte, quella che si fa risalire ad Archimede, e che fu ripresa da A. M. Legendre (1794) secondo cui la retta è il più corto cammino fra due punti, e quella, attribuita a G. W. Leibniz, per quanto già menzionata da Proclo Diadoco (sec. V), per cui la retta è quella linea che resta immobile quando la si fa ruotare intorno a due suoi punti tenuti fissi, la prima delle quali riconduce il concetto da definirsi a quello di distanza, la seconda a quello di movimento.
La critica moderna ha esplicitamente riconosciuto che, in un sistema logico-deduttivo, il processo di riduzione logica dei concetti ad altri più semplici non si può proseguire indefinitamente, talché a base dell'edificio si deve sempre porre un gruppo di concetti primitivi che non vengono definiti se non (implicitamente, cioè) per quanto essi vengono astretti a verificare un certo gruppo di proposizioni primitive compatibili (postulati fondamentali). La scelta dei concetti primitivi comporta una certa arbitrarietà, alla cui determinazione conferiscono però decisamente, almeno nel caso della geometria, ragioni di convenienza didattica, e di rispetto della genesi psicologica dei concetti. Con rispetto di tali esigenze, nelle trattazioni moderne che si attengono alla gerarchia, per dir così naturale, dei concetti, la nozione di retta è, con quella di punto, e con altre, che possono variare a seconda delle preferenze, assunta tra le primitive.
Al proposito è da avvertire che tali sistemazioni logiche della geometria, in quanto prescindono da qualsiasi rappresentazione concreta dei concetti primitivi, hanno un valore essenzialmente astratto, onde il problema della loro aderenza alla realtà fisica resta in un altro piano. V. in proposito geometria (particolarmente n. 10).
Geometria della retta.
1. Col nome di geometria della retta si designa quel ramo della geometria che ha per oggetto lo studio dei sistemi (continui) o varietà di infinite rette dello spazio (e anche degl'iperspazî) o, come si può dire più concisamente, le proprietà dello spazio rigato, cioè dello spazio nel quale a elemento generatore delle figure si assuma la retta anziché il punto. Tale veduta fu introdotta nella scienza da J. Plücker, che, con la sua opera Neue Geometrie des Raumes (1868-69), si può considerare il fondatore della moderna geometria della retta. Tra i suoi primi continuatori è da menzionare F. Klein, il quale, oltre ad apportare contributi essenziali al campo specifico, assurse a concezioni ancor più generali circa la natura dell'elemento generatore, ch'ebbe a inserire nel suo classico Programma di Erlangen (v. geometria, n. 22).
All'introduzione della retta come elemento generatore, si adegua, nell'ordine d'idee della geometria analitica, la determinazione delle rette dello spazio mediante coordinate, che si dicono appunto coordinate di retta. Tali coordinate, di cui si vale sistematicamente il Plücker, ma che erano già state considerate da H. Grassmann (1844) e A. Cayley (1860-1862), si possono così definire: Fissato nello spazio un sistema di coordinate (puntuali) cartesiane, o più in generale, proiettive (v. coordinate, n. 24) omogenee x1, x2, x3, x4, e assunti sopra una retta r due punti P′ (x1′, x2′, x3′, x4′), P″ (x1″, x2″, x3″, x4″), dalla matrice
si possono estrarre 12 determinanti (minori) del 2° ordine pik = xi′ xk″ − xk′ xi″, che, in forza delle relazioni pik = − pki, si riducono a sei essenzialmente distinti p12, p13, p14, p23, p31, p42, legati dalla relazione quadratica
Se ai punti P′, P″ si sostituiscono altri due punti qualunque della retta r, i mutui rapporti delle sei pik non cambiano; in altre parole quelle piA son determinate dalla r a meno d'un comune fattore di proporzionalità; viceversa, scelti ad arbitrio, compatibilmente con la (1), i valori delle pik stesse, ne resta determinata la retta r. Quelle sei pik possono pertanto assumersi in funzione di coordinate omogenee della r, coordinate, che, a motivo della (1) non sono indipendenti, ma, come suol dirsi, sovrabbondanti. In modo più preciso, fissata una delle pik, i rapporti di quattro delle rimanenti ad essa possono essere dati ad arbitrio, e determinano (generalmente) il quinto e quindi la r. Si vede così che le rette dello spazio possono collegarsi in modo biunivoco ai valori di quattro numeri (parametri) indipendenti, cioè che lo spazio rigato è a quattro dimensioni.
Una rappresentazione suggestiva e feconda dello spazio rigato, introdotta da F. Klein (1872) e brillantemente valorizzata da C. Segre (1884), discende dall'osservare che, se le pik s'interpretano quali coordinate omogenee di punto in uno spazio S5 a cinque dimensioni (v. iperspazio, n. 10), la (1) è l'equazione d'una varietà quadratica o quadrica Q ivi immersa. Le rette dello spazio restano così in corrispondenza biunivoca coi punti di Q, e le proprietà dei sistemi di rette si rispecchiano in proprietà dei sistemi o varietà di punti contenute in Q. Poiché Q è a 4 dimensioni, tali varietà subordinate possono avere 1, 2, 3 dimensioni; tanto val dire che nello spazio i sistemi infiniti di rette possono esserlo semplicemente, e allora diconsi rigate, doppiamente, e si chiamano congruenze, triplamente, e ricevono il nome di complessi.
La predetta distinzione dimensionale si rispecchia nella rappresentazione analitica in ciò, che a rappresentare una rigata, una congruenza, un complesso, si richiedono, oltre la (1), rispettivamente tre, due, una equazione tra le pik; questo almeno per porzioni convenientemente limitate dei sistemi che si considerano, cioè, come suol dirsi, in piccolo. Però, nel caso dei complessi algebrici (cioè rappresentati entro Q da una varietà V3 algebrica), la proprietà sussiste anche in grande (F. Klein, 1883), cioè un complesso algebrico è sempre rappresentabile, nella sua integrità, mediante una sola equazione tra le pik.
2. Rigate. - Un rigata R è un sistema (continuo) semplicemente infinito di rette dello spazio che se ne dicono le generatrici; i punti di esse riempiono una superficie che si dice appunto superficie rigata. Una rigata si dice algebrica se lo è come superficie, cioè se è rappresentabile, in coordinate di punto, mediante un'equazione algebrica, o infine, il che è lo stesso, se la sua immagine sulla quadrica Q è una curva algebrica.
Le rigate di tipo più semplice sono i coni (e i cilindri). Una classe notevolissima di rigate, dette sviluppabili, è data da quelle che hanno per generatrici le tangenti a una curva (gobba) C, la quale se ne dice lo spigolo di regresso. Il nome di tali rigate richiama la loro proprietà caratteristica d'esser distendibili sul piano per pura flessione; tale proprietà appartiene anche ai coni (e ai cilindri), che perciò si includono nella classe delle sviluppabili. Le rigate non sviluppabili si dicono gobbe.
Una generatrice g di una R sviluppabile è incidente alla generatrice infinitamente vicina g′ nel punto di contatto P di g con la C; il piano gg′ (piano osculatore a C in P) è tangente alla R in ogni punto di g; perciò una rigata sviluppabile ha lungo una generatrice un piano tangente fisso. Invece una generatrice (generica) di una R gobba è sghemba con la infinitamente vicina g′, il piano tangente a R in un punto M di g, varia, al variare di M, nel fascio di asse g, e la corrispondenza che così rimane posta tra quel fascio e la punteggiata g è biunivoca, anzi proiettiva (M. Chasles, 1837). Le generatrici di R dànno per essa un sistema di linee asintotiche (v. asintoto; superficie), se R è gobba, v'ha su di essa un secondo sistema di asintotiche (curvilinee se R non è una quadrica) ciascuna delle quali taglia in un punto ogni generatrice. La corrispondenza che così rimane posta tra due generatrici g, g1 della R è proiettiva (P. Serret, 1860).
Le rette condotte da un punto O dello spazio parallelamente alle generatrici d'una R formano un cono che se ne dice il cono direttore; in particolare esso può ridursi a un fascio di rette, e allora la R si dice a piano direttore. Il piano tangente a una R gobba nel punto improprio (punto all'infinito) d'una generatrice g, dicesi piano asintotico relativo a g: il piano per g a esso perpendicolare (piano centrale), tocca la R nel punto N (punto centrale) dove cade il piede della minima distanza tra g e la g′ infinitamente vicina; la linea descritta da N al variare di g in R dicesi linea di stringimento della rigata.
Si dice direttrice d'una rigata ogni linea, su di essa tracciata, che ne incontri le generatrici ciascuna in un punto, qual'è, ad es., una sezione piana. Una rigata è individuata da tre direttrici; se esse sono tutte rette, sghembe tra di loro, la rigata è una quadrica (v. quadriche). Una R a piano direttore ammette una direttrice rettilinea impropria, e dicesi un conoide se ammette un'ulteriore direttrice rettilinea. Un conoide notevole è l'elicoide conoide retto (o superficie della vite a filetto rettangolare), le cui generatrici g si appoggiano a un'elica e al suo asse, e sono perpendicolari a questo. Se all'ultima condizione si sostituisce l'altra che le generatrici formino con l'asse un angolo costante, non retto, si ottiene l'elicoide rigato (chiuso) obliquo (o superficie della vite a filetto triangolare; v. anche elicoide).
Se la rigata è algebrica il numero n dei punti (tra reali e immaginarî) in cui essa è incontrata da una retta r dello spazio, diversa dalle generatrici, è finito e costante, e dicesi ordine della rigata. Esso eguaglia il numero dei piani tangenti passanti per la stessa r (classe della rigata); oltre a questo una rigata possiede altri caratteri notevoli, tra cui il cosiddetto genere. Una rigata del 1° ordine è, come superficie, un piano, se del 2° ordine una quadrica; le rigate degli ordini 3, 4, 5 sono state tutte classificate. L'ordine della rigata algebrica che ha per direttrici tre curve algebriche degli ordini n1, n2, n3, prive di punti comuni, è 2n1n2n3.
3. Congruenze. - Una congruenza H è un sistema (continuo) doppiamente infinito di rette; quindi è rappresentata sulla quadrica Q da una superficie S: se questa è algebrica, anche H dicesi tale.
Le congruenze di tipo più semplice sono i piani rigati (rette di un piano) e le stelle di raggi (rette per un punto). Sono poi notevoli le congruenze formate dalle rette normali a una (e quindi a infinite altre) superficie, che si dicono congruenze normali, e quelle costituite dalle rette che si appoggiano a due linee (direttrici): se queste sono due rette sghembe (anche infinitamente vicine) si hanno le cosiddette congruenze lineari.
Fra le infinite rette d'una congruenza H che sono infinitamente vicine a una sua retta (generica) g, ve ne sono due g1, g2 incidenti a g: i relativi punti d'appoggio F1, F2 diconsi i fuochi di H sopra g, e i piani gg1, gg2 i corrispondenti piani focali. Al variare di g in H, i fuochi F1, F2 descrivono due superficie (che possono anche fondersi in una sola, e in particolare degenerare in linee o in un punto) che diconsi superficie o falde focali della H. Le rette di H sono simultaneamente tangenti alle due falde focali, e così restano caratterizzate.
I piedi delle minime distanze di g dalle rette (di H) infinitamente vicine riempiono su g un segmento L1L2, i cui estremi si dicono i punti limiti di H su g; il segmento L1L2 contiene i fuochi e il suo punto medio M è anche medio tra F1 e F2. Esso dicesi punto medio di g (in H), e, al variare di g, descrive la cosiddetta superficie media della congruenza.
Se le rette d'una congruenza normale si assoggettano a una successione di riflessioni e rifrazioni sopra superficie fisse, secondo la legge di Snellio (costanza del rapporto tra il seno dell'angolo d'incidenza e il seno dell'angolo di riflessione o rifrazione) la congruenza rimane ancora normale. Questo teorema, dovuto a E.-L. Malus (1808) e completato da Ch. Dupin (1822) ha un importante significato per le congruenze costituite da raggi luminosi (p. es., nel caso in cui la congruenza iniziale sia la stella dei raggi emananti da una sorgente puntiforme) in quanto permette di definire geometricamente le superficie d'onda della propagazione, che sono appunto quelle normali ai raggi della congruenza.
Per una congruenza algebrica è finito e costante il numero delle rette (reali e immaginarie) uscenti da un punto generico dello spazio (ordine della congruenza); altri notevoli caratteri sono il rango e il genere sezionale. Le congruenze del 1° ordine si classificano in 5 tipi; rientrano in essi le stelle di raggi, le congruenze lineari, e quelle formate dalle corde d'una cubica gobba (v. cubiche). Anche le congruenze del 2° ordine sono state tutte classificate.
4. Complessi. - Un complesso K è un sistema (continuo) triplamente infinito di rette. Esempî tipici son quelli offerti dalle rette tangenti a una superficie e dalle rette appoggiate a una linea; se questa è una retta si hanno i complessi lineari speciali. L'intersezione (sistema delle rette comuni) di due complessi è una congruenza, di tre complessi (in generale) una rigata.
Sono stati studiati specialmente i complessi algebrici, cioè quelli rappresentati (n.1) da un'equazione algebrica (omogenea) nelle pik. Il grado n di questa equazione dicesi ordine del complesso; esso è anche l'ordine del cono costituito dalle rette del complesso che passano per un punto P, e la classe dell'inviluppo formato dalle rette del complesso che giacciono in un piano.
In particolare per n = 1 il complesso dicesi lineare; allora il cono predetto riducesi a un fascio di raggi giacente in un piano II per P. La relazione tra i punti P e i piani II è una particolare reciprocità involutoria detta sistema nullo (v. geometria, n. 29; reciprocità): complesso lineare e sistema nullo s'individuano mutuamente; in altre parole un complesso lineare è l'insieme delle rette unite in un sistema nullo, così chiamandosi quelle rette che passano per i punti P e giacciono nei piani II corrispondenti. Fra i complessi lineari quelli precedentemente chiamati speciali, si caratterizzano con ciò che i coefficienti delle relative equazioni soddisfano a una relazione analoga alla (1); il relativo sistema nullo è di quelli che si dicono degeneri.
I complessi lineari son suscettibili di varie generazioni anche legate a rapporti statici e cinematici; così, ad es., le rette passanti per i punti d'un corpo rigido in moto e perpendicolari in un dato istante alle relative direzioni della velocità, appartengono a un complesso lineare. La considerazione dei complessi lineari si può far risalire a G. Giorgini (1828) e a F. Möbius (1833).
Un punto P dello spazio si dice singolare per un complesso algebrico, se il cono relativo ha una generatrice doppia (multipla). Il luogo dei punti singolari è una superficie, detta superficie singolare del complesso; nel caso del complesso quadratico generale (n = 2) si tratta della celebre superficie di Kummer (v. kummer). Fra i complessi quadratici, che sono stati compiutamente classificati, sono notevoli, il complesso di Battaglini o armonico, formato dalle rette che tagliano due date quadriche in due coppie armoniche di punti, e il complesso di Reye o tetraedrale, generato dalle rette che tagliano le faccie d'un tetraedro in quaderne di dato birapporto.
5. Cenni storici. - La considerazione delle superficie rigate come oggetto specifico di ricerca, s'inizia con G. Monge (1746-1818) e con la sua scuola, e compie tappe importanti attraverso gli studî di M. Chasles (1837), O. Bonnet (1848), P. Serret (1860). La geometria differenziale delle congruenze rettilinee trae fondamento da due memorie di E. E. kummer (1860-66), le cui vedute sono state completate da G. Sannia (1908) in punti essenziali. Dopo Plücker e Klein, fiorisce la geometria algebrica della retta che in Italia riceve forte impulso dalle ricerche di G. Battaglini, C. Segre, G. Fano, D. Montesano e altri. In tempi recenti anche la geometria iperspaziale della retta ha registrato, specie in Italia, progressi notevoli.
Bibl.: Per il concetto di retta e per le questioni storico-critiche ad esso attinenti: U. Amaldi, Sui concetti di retta e di piano, in F. Enriques, Questioni riguardanti le matematiche elementari, 3ª ediz., I, i, Bologna s. a. (1924); F. Enriques, Fondements de la géométrie, in Encyclop. des sc. math., III, Parigi-Lipsia 1911; Gli elementi d'Euclide e la critica antica e moderna, I-IV, editi da F. Enriques col concorso di diversi collaboratori, Roma 1925; G. Peano, I principî di geometria logicamente esposti, Torino 1889; G. Veronese, Fondamenti di geometria, ecc., Padova 1891; D. Hilbert, Grundlagen der Geometrie, 7ª ed., Lipsia-Berlino 1930. - Per la geometria della retta: J. Plücker, Neue Geometrie des Raumes, gegründet auf die Betrachtung der geraden Linien als Raumelement, Lipsia 1868-69; F. Klein, Gesammelte mathematische Abhandlungen, I, Berlino 1921; id., Vorlesungen über die höhere Geometrie, ivi 1926; C. Segre, Sulla geometria della retta e delle sue serie quadratiche, in Mem. Acc. sc. Torino, XXXVI (1884); R. Sturm, Die Gebilde ersten und zweiten Grades der Liniengeometrie, Lipsia 1892-93-96; G. Fano, Lezioni di geometria della retta, Roma 1896; K. Zindler, Liniengeometrie mit Anwendungen, Lipsia 1902-06; id., Algebrische Liniengeometrie, in Encykl. der math. Wiss., III, 2ª ed., fasc. 8°; e per la parte differenziale, L. Bianchi, Lezioni di geometria differenziale, I, 3ª ed., Bologna 1927; G. Darboux, Leçons sur la théorie générale des surfaces, II, 2ª ed., Parigi 1915; G. Fubini-E. Čech, Geometria proiettiva differenziale, Bologna 1926-27.