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RETICOLO

di Guido ZAPPA - Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)
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RETICOLO (fr. treillis, ingl. lattice, ted. Veroand)

Guido ZAPPA

Il concetto matematico di "reticolo" è stato già introdotto, col nome di "struttura", in App. II, 11, p. 923. Oggi il termine r. si è imposto in luogo del termine struttura perché quest'ultimo viene usato in un senso molto più generale (v. struttura, in questa App.). Inoltre, le due operazioni fondamentali che figurano nella definizione di r., che in App. II vengono chiamate "prodotto" e "somma", vengono per lo più oggi chiamate "intersezione" e "unione" e indicate con simboli diversi.

Pertanto, si dice reticolo un insieme R di elementi per i quali siano definite due operazioni, chiamate intersezione e unione, ciascuna delle quali fa corrispondere ad ogni coppia a, b di elementi di R ancora un elemento di R, indicato rispettivamente con a ⋂ b (leggi: a intersezione b) e con a ⋃ b (leggi: a unione b), le quali godano delle seguenti proprietà:

Se due elementi a e b di un r. sono tali che a ⋂ b = b, si ha anche a ⋃ b = a e viceversa. Si dirà in tal caso che "a contiene b", ovvero che "a è maggiore o uguale a b" e si scriverà a ⊇ b, o b ⊆ a. Se è a ≠ b e a ⊇ b, si scriverà a ⊃ b e si dirà "a contiene propriamente b" ovvero "a è maggiore di b".

Nei r. vige la cosiddetta legge di dualità: se sussiste nella teoria dei r. una certa proposizione P, sussiste anche quella che si ottiene dalla P scambiando ovunque nel suo enunciato il segno ⋂ col segno ⋃, e di conseguenza il segno ⊇ col segno ⊆. Ciò è conseguenza del fatto che tale legge vige per le proprietà iterative, commutative, ecc., di cui alla definizione di reticolo.

Se in un r. R c'è un elemento (necessariamente unico) che contiene tutti gli altri, tale elemento dicesi infinito e si indica col simbolo I; se in R esiste un elemento contenuto in tutti gli altri, tale elemento si dice zero e si indica col simbolo 0. Se a è un elemento di un r. R dotato di zero e infinito, un elemento a′ di R si dice un complemento di a se si ha a ⋃ a′ = I, a ⋂ a′ = 0. Un r. in cui ogni elemento ammetta complemento si dice complementato.

Un r. si dice distributivo se, comunque si prendono in esso tre elementi a, b, c, si ha

Un r. che sia nello stesso tempo distributivo e complementato dicesi algebra di Boole. In un'algebra di Boole M, ogni elemento a ha un unico complemento, che diremo a′. Inoltre è possibile, in un'algebra di Boole, definire, a partire dalle operazioni d'intersezione e di unione, due nuove operazioni, dette di prodotto e di somma, nel modo seguente: ab = a ⋂ b, a + b = (a ⋂ b′) ⋃ (a′ ⋂ b). L'algebra di Boole risulta, rispetto a queste operazioni, un anello. Un esempio notevole di algebra di Boole è costituito dall'aggregato M dei sottoinsiemi di un dato insieme I (compreso il sottoinsieme vuoto) ove si definisca intersezione di due sottoinsiemi A e B il sottoinsieme costituito dagli elementi comuni ad A e B, se ve ne sono, o altrimenti l'insieme vuoto, e unione di due sottoinsiemi il sottoinsieme formato dagli elementi che appartengono ad almeno uno dei due sottoinsiemi. Altri notevoli esempî di algebre di Boole si hanno nella logica matematica classica (algebra degli attributi, algebra delle classi, algebra delle proposizioni). Per es., se M è l'insieme di tutti i possibili "attributi" semplici o composti (es. rosso, nero, solido, rosso o nero, rosso e liquido, ecc.), si chiamerà "intersezione" di due attributi l'attributo ottenuto da essi intercalandovi la particella "o", e "unione" di essi quello ottenuto intercalandovi la particella "e": pertanto l'intersezione degli attributi "rosso" e "nero" è l'attributo "rosso o nero"; la loro unione è "rosso e nero". Rispetto a tali operazioni M è un'algebra di Boole. Il complemento si ottiene anteponendo la particella "non": p. es. il complemento di "rosso" è "non rosso".

Un r. si dice modulare o di Dedekind se, comunque si prendano in esso tre elementi x, y, z, con z ⊇ x, si ha z ⋂ (x ⋃ y) = x ⋃ (y ⋂ z). L'insieme dei sottospazî (compreso il sottospazio vuoto) di uno spazio proiettivo di dimensione finita, in cui l'intersezione ha il significato ordinario, e l'unione di due sottospazî sia il sottospazio che li congiunge, è un r. modulare complementato. Esempî di r. modulari non complementati sono forniti dall'insieme dei sottogruppi normali di un gruppo (v. gruppo, in questa App.) o da quello degli ideali di un anello.

Si dirà che un elemento a di un r. copre un altro elemento b se è a ⊃ b e non c'è nessun elemento c tale che a ⊃ c ⊃ b. In un r. modulare si ha che: 1) se due elementi a e b coprono ambedue a ⋂ b, anche a ⋃ b copre a e b; 2) se a ⋃ b copre a e b, anche a e b coprono a ⋂ b. Un r. in cui tra due elementi qualunque x e y con x ⊃ y ci sia solo un numero finito di elementi c1, ..., cn tali che x ⊃ c1 ⊃ c2 ⊃ ... ⊃ cn ⊃ y e in cui vale sempre la 1) ma non necessariamente la 2), dicesi sopramodulare o semimodulare. L'insieme dei sottospazî di uno spazio affine ad un numero finito di dimensioni (in particolare dell'ordinario spazio euclideo) è un r. sopramodulare complementato.

Bibl.: G. Birkhoff, Lattice theory, 2ª ed., New York 1948; G. Zappa, Reticoli e geometrie proiettive, Napoli 1952 (litografie); M. L. Dubreil-Jacotin, L. Leusier, R. Croisot, Leçons sur la théorie des treillis, des structurs algébriques ordonnées et des treillis géométriques, Parigi 1953; H. Hermes, Einführung in die Verbandstheorie, Berlino 1955; U. Morin, Algebra astratta, Padova 1955 (litografie).

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