Responsabilita della Pubblica Amministrazione. Risarcimento per perdita di chance di aggiudicazione
La giurisprudenza amministrativa continua a precisare ulteriormente i termini entro cui è ammesso nel nostro ordinamento il risarcimento derivante dalla perdita della possibilità di ottenere l’affidamento di un appalto pubblico. Nel confronto giurisprudenziale dell’ultimo anno si segnala una pronuncia del Consiglio di Stato che ha ridefinito in senso restrittivo i presupposti per l’ammissibilità al risarcimento, imponendo una soglia minima di probabilità di aggiudicazione particolarmente qualificata ed effettuando delle considerazioni in diritto che consentono di ridefinire la figura di elaborazione pretoria della chance e di incanalarla nelle logiche più tradizionali dell’interesse legittimo.
Nel corso dell’anno 2012 la giurisprudenza amministrativa è tornata sulla questione del risarcimento del danno da perdita da chance derivante da illegittima aggiudicazione a terzi di un appalto pubblico e lo ha fatto nella pronuncia della IV sezione del Consiglio di Stato, 22.5.2012, n. 2974, in cui è stato ridefinito il percorso logico attraverso cui il giudice può riconoscere la risarcibilità di quella ancora adesso sfuggente posizione giuridica soggettiva che è la chance.
La questione sottoposta a esame è se spetti o meno il risarcimento del danno al ricorrente che abbia ottenuto in giudizio la dichiarazione di illegittimità dell’aggiudicazione a terzi di un appalto ed il cui interesse legittimo pretensivo all’aggiudicazione della gara non possa essere soddisfatto in forma specifica mediante riedizione della procedura.
Il punto di partenza era costituito dagli approdi cui era giunta la giurisprudenza amministrativa prima dell’inizio del 2012, che sono riassumibili nella decisione del Consiglio di Stato, sez. V, 2.11.2011, n. 5837, che aveva ammesso il risarcimento in favore di chi avrebbe avuto diritto a partecipare ad una gara per l’affidamento di un appalto che invece era stato aggiudicato a terzi a trattativa privata, sostenendo che:
• nel caso di affidamento di un appalto a trattativa privata, anziché mediante pubblica gara, proprio perché non c’è stata gara, non è possibile una valutazione prognostica e virtuale sull’esito di una procedura comparativa mai svolta;
• non è possibile prevedere, in particolare, quali e quante offerte sarebbero state presentate, quale offerta avrebbe presentato l’impresa che chiede il risarcimento e se tale offerta sarebbe stata, o meno, vittoriosa;
• quando ad un operatore è preclusa in radice la partecipazione ad una gara, onde non è possibile dimostrare, ex post, né la certezza della sua vittoria né la certezza della non vittoria, la sola situazione soggettiva tutelabile è la chance, e cioè l’astratta possibilità di un esito favorevole;
• se la soddisfazione della chance non può avvenire in forma specifica mediante la riedizione della gara, allora il risarcimento deve essere quantificato con la tecnica della determinazione dell’utile conseguibile in caso di vittoria, scontato percentualmente in base al numero dei partecipanti alla gara o concorso.
In definitiva, l’orientamento della giurisprudenza amministrativa esternato nella pronuncia n. 5837/2011 è quello di ritenere risarcibile il concorrente in forza della mera astratta possibilità di un esito favorevole della gara, astratta possibilità di cui il ricorrente era stato privato per effetto dell’illegittima decisione dell’amministrazione di sottrarre l’aggiudicazione a qualsiasi tipo di gara.
In questo ragionamento le maggiori o minori probabilità di aggiudicarsi l’affidamento incidevano non sulla spettanza o meno del risarcimento, ma soltanto sulla sua quantificazione.
Nel percorso logico-argomentativo della pronuncia n. 5837/2011, pertanto, tutto ciò che serve per poter riconoscere il risarcimento da perdita da chance è l’essere «in grado di offrire all’Amministrazione la stessa prestazione contrattuale» (per usare le parole dello stesso Consiglio di Stato) o comunque più genericamente il disporre dei requisiti necessari per poter partecipare alla gara che non è stata indetta.
Questa ricostruzione è stata rivista nel corso dell’anno 2012, allorché il Consiglio di Stato ha deciso di dare una sistematica diversa al percorso logico attraverso cui si deve giungere ad ammettere il risarcimento da perdita di chance.
In particolare, nella pronuncia 22.5.2012, n. 2974, la IV sezione, in presenza di un concorrente che sosteneva di disporre dei requisiti per poter ottenere l’affidamento di un appalto che non aveva potuto ottenere perché a monte l’amministrazione aveva illegittimamente affidato lo stesso senza gara, ha negato l’esistenza di una chance risarcibile sostenendo che:
• il danno è risarcibile soltanto laddove esso consista in un danno/evento ingiusto, tale essendo quello consistente nella lesione di un interesse meritevole di tutela da parte dell’ordinamento, che fonda la sussistenza di una posizione soggettiva;
• il danno, per essere risarcibile, deve essere certo e non meramente probabile, o comunque deve esservi «una rilevante probabilità del risultato utile» e ciò è quello che «distingue la chance risarcibile dalla mera e astratta possibilità del risultato utile, che costituisce aspettativa di fatto, come tale irrisarcibile»;
• la giurisprudenza ha ancorato il risarcimento del danno cd. da perdita di chance a indefettibili presupposti di certezza dello stesso, escludendo il caso in cui l’atto, ancorché illegittimo, abbia determinato solo la perdita di una eventualità di conseguimento del bene della vita;
• la prova dell’esistenza del danno interviene in base ad una verifica del caso concreto che faccia concludere per la sua «certezza», la quale presuppone l’esistenza di una posizione giuridica sostanziale della quale possa assumersi essere intervenuta una lesione (ovvero, laddove vi sia esercizio di potere, di un interesse legittimo), e l’esistenza di una lesione, che sussiste sia laddove questo possa essere a tutta evidenza e concretamente riscontrato, sia laddove vi sia «una rilevante probabilità del risultato utile» frustrata dall’agire illegittimo dell’amministrazione;
• la rilevante probabilità del risultato utile si ha o attraverso la constatazione in concreto della sua esistenza, ottenuta attraverso elementi probatori, o attraverso un’articolazione di argomentazioni logiche sulla base di un processo deduttivo rigorosamente sorvegliato, ovvero ancora attraverso un processo deduttivo secondo il criterio del cd. «più probabile che non», e cioè «alla luce di una regola di giudizio che ben può essere integrata dai dati della comune esperienza, evincibili dall’osservazione dei fenomeni sociali»;
• nell’interesse legittimo pretensivo la lesione non può che ricevere riparazione se non per il tramite di una tutela del tipo ripristinatorio, per mezzo, cioè, dell’annullamento dell’atto, che consente il riesercizio del potere amministrativo, e quindi il ristabilirsi della «chance di conseguimento dell’utilità finale»;
• ciò con la sola eccezione di ipotesi di istanze obiettivamente fondate, tali definibili sulla base della situazione concreta dell’istante, dell’assetto normativo applicabile al caso di specie e del concreto modus agendi, in ipotesi analoghe, della pubblica amministrazione;
• il mero interesse procedimentale, l’interesse alla correttezza della complessiva gestione del procedimento da parte dell’amministrazione secondo le regole che lo governano, non solo non è risarcibile in sé, ma rifluisce nella più generale considerazione dell’interesse legittimo pretensivo (al quale è strumentale), e degli strumenti di tutela per questo esperibili;
• la domanda di risarcimento del danno deve, pertanto, essere rigettata, proprio perché essa, afferendo ad un prospettato danno da presunta perdita di chance da mancato invito alla partecipazione alla gara, non integra gli estremi della chance risarcibile. Al contrario, ciò che si prospetta è una mera e astratta possibilità del risultato utile, che costituisce aspettativa di fatto, come tale «irrisarcibile», ma tutelabile solo sul piano ripristinatorio.
Secondo questo percorso logico-argomentativo, pertanto, non basta l’astratta possibilità di un esito favorevole della gara, astratta possibilità di cui il ricorrente era stato privato per effetto dell’illegittima decisione dell’amministrazione di sottrarre l’aggiudicazione a qualsiasi tipo di gara, ma occorre qualcosa in più, perché il mancato invito alla partecipazione alla gara è una mera aspettativa di fatto, in quanto tale irrisarcibile.
Con questa pronuncia, pertanto, il Consiglio di Stato fissa più in alto l’asticella della risarcibilità della chance, non si fa condizionare dal significato comune attribuito a questa parola (perché chi ha visto affidare a terzi illegittimamente senza gara un appalto che si sarebbe potuto aggiudicare qualora ci fosse stata una procedura ad evidenza pubblica ha pur sempre perso una chance di aggiudicarsi un appalto) e conclude per la risarcibilità di una chance particolarmente qualificata, qualificata in particolare dalla rilevante probabilità del risultato utile, che il mero aspirante concorrente indubbiamente non può vantare.
Va detto, però, che a complicare ulteriormente la ricostruzione sullo stato attuale della risarcibilità della chance, soltanto un mese prima, un’altra pronuncia del Consiglio di Stato, sez. V, 18.4.2012, n. 2256, in una situazione di fatto sostanzialmente identica, aveva concluso per l’ammissibilità del risarcimento in favore dell’impresa che sosteneva l’illegittima aggiudicazione a terzi di un appalto senza gara in base al seguente percorso logico:
• la risarcibilità della chance, la quale consiste nella ragionevole probabilità, già presente nel patrimonio del danneggiato, di conseguire un risultato economico utile, non è evidentemente subordinata all’offerta in giudizio di una prova in termini di certezza, perché ciò è logicamente incompatibile con la natura di tale voce di danno;
• ciò che è sufficiente è che gli elementi addotti, in virtù dell’inderogabile principio contenuto nell’art. 2697 c.c., consentano una prognosi concreta e ragionevole circa la possibilità di vantaggi futuri;
• la chance costituisce infatti lo strumento concettuale grazie al quale sono ammessi alla tutela risarcitoria aspettative di incremento patrimoniale, vantaggi proiettati nel futuro, attraverso una attualizzazione della relativa possibilità di conseguirli;
• la chance è sia una posizione sostanziale «derivata» dall’utilità finale che la prefigura sia una «tecnica» di liquidazione del danno, connessa al tipo di elemento patrimoniale indeterminato a priori, ma comunque determinabile, sotteso alla peculiare situazione sostanziale vulnerata;
• essa ha natura di bene giuridico autonomo, dotata di rilevanza giuridica ed economica e caratterizzata dall’elemento prognostico-probabilistico, in quanto legato agli esiti non conoscibili di una ipotetica procedura di affidamento;
• nel caso di specie viene ritenuto ragionevole inferire una chance di aggiudicazione del servizio di gestione del teatro in capo al ricorrente per il semplice fatto che lo stesso è stato precedente affidatario del servizio per un quinquennio.
Secondo questo percorso logico-argomentativo, pertanto, per poter risarcire la chance ciò che occorre è una prognosi concreta e ragionevole circa la possibilità di vantaggi futuri, ed essa può essere individuata nella circostanza che il ricorrente sia stato precedente affidatario del servizio per un quinquennio.
In definitiva, di fronte alla medesima situazione di fatto (impresa che ottiene la dichiarazione di illegittimità dell’affidamento a terzi di un appalto avvenuto senza gara, e che – nell’impossibilità di disporre la riedizione della gara – chiede il risarcimento della perdita della chance che avrebbe avuto di aggiudicarsi l’appalto, qualora gara vi fosse stata), nelle tre pronunce citate il Consiglio di Stato decide per tre soluzioni differenti:
• nella pronuncia n. 5837/2011, tutto ciò che serve per potersi riconoscere il risarcimento da perdita da chance è il disporre dei requisiti necessari per poter partecipare alla gara che non è stata indetta;
• nella pronuncia n. 2256/2012, serve una prognosi concreta e ragionevole dell’esistenza di una chance di aggiudicazione, e l’essere stato il precedente affidatario del servizio è sufficiente per vedersi riconoscere tale prognosi concreta e ragionevole di una chance di aggiudicazione;
• nella pronuncia n. 2974/2012 la semplice possibilità di aggiudicarsi la gara è una mera e astratta possibilità del risultato utile, che costituisce aspettativa di fatto, come tale irrisarcibile; ciò che occorre invece è la rilevante probabilità del risultato utile per il quale occorre quantomeno il criterio del cd. «più probabile che non».
Pertanto:
• la pronuncia n. 5837/2011 aderisce ad una tesi estensiva della chance, perché la riconosce in capo ad ogni soggetto che disponga dei requisiti per poter partecipare alla gara che avrebbe dovuto essere bandita per affidare l’appalto;
• la n. 2256/2012 aderisce ad una concezione intermedia di chance, perché la riconosce ad un concorrente qualificato quale il precedente aggiudicatario;
• la n. 2974/2012 propone una tesi restrittiva di chance, perché la limita soltanto ad uno solo dei concorrenti, e cioè quello che può dimostrare di avere una rilevante probabilità di potersi aggiudicare l’appalto.
Questa terza pronuncia è quella che riproduce più da vicino l’orientamento della Corte di Cassazione in punto di risarcibilità della chance.
La giurisdizione sul risarcimento del danno derivante da illegittima aggiudicazione di un appalto pubblico, infatti, non appartiene in via esclusiva al giudice amministrativo ed ha visto pronunciarsi, nell’esercizio della sua giurisdizione, anche la Cassazione civile, sez. III, 29.3.2006, n. 7228 che ha sviluppato un percorso logico per molti versi sovrapponibile a quello della pronuncia n. 2974/2012 della IV sezione del Consiglio di Stato, in quanto ha sostenuto che:
• in tema di interessi pretensivi, non possono essere risarcite solo le posizioni a risultato garantito;
• il riferimento ad un criterio di normalità consente di individuare, in chi sia titolare di un interesse legittimo, una posizione giuridicamente tutelabile anche nei casi in cui la pubblica amministrazione ha indetto una gara informale e, pur essendo libera di determinarsi discrezionalmente, si sia mossa nell’ottica dell’assegnazione dell’incarico al migliore offerente;
• il danneggiato deve essere titolare non già di una mera aspettativa, come tale non tutelabile, ma di una situazione suscettiva di determinare un oggettivo affidamento circa la sua conclusione positiva, una situazione, cioè, che, secondo la disciplina applicabile, sia destinata, secondo un criterio di normalità, ad un esito favorevole;
• la ricorrente poteva fondare un serio affidamento sul fatto di essere prescelta per la realizzazione dell’intervento in base alla normativa applicabile ed al procedimento di scelta del contraente quale autodeterminato dalla pubblica amministrazione con effetti per essa vincolante;
• la sussistenza di un danno da perdita di chance deve essere apprezzata, secondo un calcolo di probabilità o per presunzione, con un giudizio probabilistico ancorato a precise circostanze di fatto, obiettivamente provate, ed a positive regole di esperienza;
• la perdita di chance – che come concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene non è una mera aspettativa di fatto, ma un’entità patrimoniale a sè stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione – costituisce normalmente l’effetto immediato ed evidente della lesione dell’interesse pretensivo del soggetto ad acquisire posizioni soggettive abilitanti o, comunque, ammissive di status e capacità.
In realtà, se si leggono altre pronunce della Cassazione civile che, in materie diverse dagli appalti pubblici, hanno cercato di dare una cornice teorica a questa nuova posizione giuridica soggettiva che è stata chiamata chance, si notano le stesse incertezze ricostruttive nella fissazione della soglia minima di risarcibilità che abbiamo già incontrato nella giurisprudenza amministrativa:
- nella pronuncia Cass., 16.10.2007, n. 21619 si sostiene che la perdita della chance che deve essere risarcita non è il mancato conseguimento di un risultato, ma è il sacrificio della possibilità di conseguirlo;
• nella pronuncia Cass., 18.9.2008, n. 23846 si sostiene che, quando sia stata fornita la dimostrazione, anche in via presuntiva e di calcolo probabilistico, dell’esistenza di una chance di consecuzione di un vantaggio, la perdita di essa è risarcibile indipendentemente dalla dimostrazione che la concreta utilizzazione della chance avrebbe presuntivamente o probabilmente determinato la consecuzione del vantaggio, essendo sufficiente anche la sola possibilità di tale consecuzione.
Anche nella giurisprudenza della Cassazione civile convivono, quindi, una teoria restrittiva ed una teoria estensiva della chance.
Peraltro, sia la teoria estensiva della chance che quella restrittiva affrontano critiche in dottrina:
• contro la teoria estensiva della chance, che ne predica la risarcibilità sganciata dalla verifica delle probabilità di conseguimento del bene della vita, si sostiene che alla fine con il nome chance si è deciso di dare tutela ad una mera aspettativa di fatto1;
• contro la teoria restrittiva della chance, che ne ammette la risarcibilità solo all’esito di un giudizio prognostico sulla probabilità di conseguimento del bene della vita, si evidenzia che si rischia di andare oltre la chance, perché con essa si può tutelare soltanto una situazione in cui non si sa, e non si può oggettivamente sapere, se un risultato vantaggioso si sarebbe o meno verificato, con la conseguenza di far fuoriuscire dal novero delle chances in senso proprio e dal relativo trattamento giuridico tutte quelle fattispecie in cui l’occorrenza del risultato non si prospetti come ontologicamente inverificabile2.
Anzi, seguendo la sistematica di questa dottrina da ultimo citata, la chance dovrebbe essere introdotta con cautela nella materia degli appalti pubblici, perché con essa si fornisce tutela in concreto a due situazioni che sono tra loro diverse e che propongono problemi distinti. La prima situazione ricorrerebbe quando la decisione è affidata a parametri rigidi, o a criteri giuridici, o a cd. discrezionalità tecniche. La seconda situazione, invece, ricorre quando manchino questi parametri, e la decisione sia affidata a parametri discrezionali o all’esito incerto di una prova d’esame.
Nella prima la spettanza del risultato vantaggioso, che la mancata partecipazione o lo scorretto espletamento del procedimento ha impedito di accertare, può magari apparire ex ante fenomenologicamente incerta ma è comunque ex post giuridicamente accertabile; nella seconda, invece, il risultato vantaggioso non solo si dà già all’inizio come incerto, ma tale è destinato a rimanere necessariamente anche dopo per l’oggettiva impossibilità di verificare l’esito ipotetico della partecipazione impedita o di un procedimento corretto, ed è perciò giuridicamente inaccertabile anche ex post.
Sarebbe solo in quest’ultimo caso che si dovrebbe parlare di ampliamento della tutela civile mediante ammissibilità del risarcimento anche della mera chance, perché nel primo non è altro che una questione di ricostruzione del nesso causale. Tanto che altra dottrina sostiene che con l’espressione «perdita di una probabilità favorevole» non si fa riferimento a un danno distinto dal danno finale, ma si descrive soltanto una sequenza causale3. Se applicata al diritto degli appalti pubblici, questa teoria esclude che si possa parlare di chance nell’accezione restrittiva fatta propria dalla pronuncia della IV sezione n. 2974/2012, perché essa confina all’aspettativa di fatto non risarcibile la situazione di chi propone la domanda di risarcimento sulla base del suo solo diritto a partecipare alla gara, nulla deducendo sull’esito necessariamente incerto che avrebbe avuto la stessa, e risarcisce soltanto chi abbia una rilevante probabilità dell’aggiudicazione dell’appalto da accertare mediante criteri induttivi, e cioè attraverso una serie causale che a questo punto è verificabile ex post.
In un certo senso, pertanto, si può sostenere che solo la tesi estensiva della chance adesso ripudiata dalla pronuncia n. 2974/2012 dà senso all’autonomia di questa nuova situazione giuridica, perché la tesi restrittiva non fa altro invece che applicare i canoni della causalità ipotetica, e risarcisce non la chance, ma il normale interesse pretensivo all’aggiudicazione dell’appalto.
Forse, a questo punto la sentenza n. 2974/2012, che ha ripudiato la tesi estensiva, avrebbe potuto compiere anche un passaggio in più e riconoscere che l’uso del termine chance per indicare il risarcimento del danno all’impresa ingiustamente privata della possibilità di aggiudicarsi l’affidamento di un appalto pubblico finisce per complicare le cose, e che forse si tratta di termine non necessario.
In effetti, la teoria della chance nasce in diritto civile, soprattutto per attrarre al sistema di responsabilità civile l’errore medico non qualificabile come illecito secondo una causalità della certezza. La teorizzazione della chance quale autonoma posizione giuridica soggettiva esistente nel patrimonio del danneggiato è, infatti, servita per ampliare l’area della risarcibilità, perché vi ha fatto rientrare situazioni che non avrebbero mai potuto essere definite di diritto soggettivo; non esiste, infatti, un diritto soggettivo alla guarigione, e quindi un errore medico non potrà mai determinare la lesione di un ipotetico diritto soggettivo alla guarigione, ma inciderà sulle possibilità di guarigione del malato, ed anche questa incidenza sulle chance di guarigione viene fatta oggetto di risarcimento.
L’introduzione del concetto di chance era, quindi, soprattutto una necessità del sistema di diritto civile. Esportata, però, in diritto amministrativo, questa posizione giuridica soggettiva si rivelava non così necessaria. Il diritto amministrativo, infatti, si struttura su una posizione giuridica soggettiva come l’interesse legittimo che, a differenza del diritto soggettivo, reca in sé il rapporto non diretto tra pretesa e conseguimento del bene della vita sperato, rapporto che è mediato dall’esercizio del potere amministrativo. L’interesse legittimo era, quindi, già sufficiente per spiegare la situazione di chi comunque non può contare sulla certezza del conseguimento del bene della vita, senza dover ricorrere alla creazione di nuove posizioni giuridiche soggettive.
Da questo punto di vista, la rilevante probabilità di aggiudicarsi l’appalto da accertare mediante criteri induttivi, chiesta nella sentenza n. 2974/2012, non è altro che il giudizio prognostico sulla fondatezza sostanziale dell’istanza: che è necessario per risarcire l’interesse pretensivo, secondo la nota sistematica di Cass., S.U., n. 500/1999.
Pertanto, se dei due orientamenti manifestatati dal Consiglio di Stato nel corso del 2012 sul risarcimento del danno da perdita di chance prevarrà quello sul piano logico più rigoroso espresso dalla IV sezione nella sentenza n. 2974/2012, è probabile che la tematica della chance finirà con l’inaridirsi in fatto (perché in pochi casi si finirà con il riconoscere il risarcimento) e l’incanalarsi in diritto in quella del risarcimento dell’interesse pretensivo; se invece prevarrà quello più estensivo della pronuncia della V sezione n. 2256/2012 aumenteranno le decisioni che riconoscono il risarcimento, ma dovranno essere risolti alcuni nodi problematici non ancora sciolti sulla sua corretta quantificazione.
In particolare, dovrà essere chiarito:
• se il risarcimento dovrà essere calcolato sul prezzo pattuito in concreto con l’affidatario (come nella pronuncia della V sezione n. 5837/2011 da cui abbiamo preso le mosse) o sull’utile netto ricavabile dall’appalto in base ai valori di mercato o di un mercato con caratteristiche analoghe (come nella pronuncia della stessa V sezione n. 2256/2012 che pure abbiamo citato);
• se l’utile così ricavato dovrà essere diviso per il numero dei potenziali offerenti (come nella pronuncia della V sezione n. 5837/2011) o sulla normale apertura del mercato di riferimento (come nella pronuncia della stessa V sezione n. 2256/2012).
1 Castronovo, C., Del non risarcibile aquiliano: danno meramente patrimoniale, c.d. perdita di chances, danni punitivi, danno c.d. esistenziale, in Europa e dir. priv., 2008, 325.
2 Barcellona, M., Chance e causalità: preclusione di una virtualità positiva e privazione di un risultato utile, in Europa e dir. priv., 2011, 945.
3 Princigalli, A.M., Perdita di chances e danno risarcibile, in Riv. crit. dir. priv., 1985, 315, 324.