Corea, Repubblica di
(v. corea, XI, p. 378; App. I, p. 469; II, i, p. 697; III, i, p. 435; IV, i, p. 531; V, i, p. 733)
di Alberta Migliaccio
Popolazione
Al censimento del 1990 la popolazione ammontava a 43.410.900 ab.; nel 1998 le stime dell'ONU ufficiali del 1998 attribuivano al paese 46.109.000 abitanti. La Repubblica di C. (Corea del Sud), pur avendo superato da tempo la fase più acuta, non ha ancora completato il proprio ciclo di transizione demografica. Il tasso di accrescimento della popolazione, che negli anni Sessanta era attestato sul 25÷26‰ annuo e negli anni Settanta era sceso sul 15÷17‰, attualmente si aggira sul 10‰, un valore che è rimasto pressoché invariato durante l'ultimo decennio, anche se i sintomi tendenziali sono per un progressivo, ancorché lento, decremento. La densità di popolazione è molto alta (la C. del Sud è una delle aree di maggior concentrazione demografica di tutta l'Asia) e tutt'altro che uniforme perché il paese ha una morfologia piuttosto accidentata e, inoltre, il costante processo di inurbamento ha determinato una crescente irregolarità nella distribuzione della popolazione: accanto a zone in cui o non si raggiungono o si superano di poco i 100 ab./km² ve ne sono altre di densità superiore ai 400÷500 ab./km².
Il tasso di urbanizzazione è molto elevato: quasi il 50% della popolazione complessiva vive nelle sei città con più di un milione di abitanti. Nella sola capitale, Sŏul (Seul), sono presenti oltre 11,6 milioni di ab. (praticamente un quarto della popolazione del paese vive nell'area metropolitana della capitale); le altre città che superano il milione di abitanti sono Pusan (3,8 milioni), Daegu (2,4), Incheon (2,3), Daejeon e Kwangiu. Alta è la percentuale di popolazione attiva: al censimento del 1995 il totale delle forze di lavoro era di poco inferiore ai 21 milioni di unità, il 45% della popolazione.
Condizioni economiche
Il paese ha conosciuto uno straordinario processo di crescita economica e, se le stime del reddito pro capite per il 1997 collocano la C. del Sud ancora relativamente lontano dai valori stimati per i paesi più avanzati (10.550 dollari contro i 20.120 dell'Italia, i 28.740 degli USA. e i 28.260 della Germania), la Banca mondiale ha ormai inserito la C. del Sud fra i paesi più evoluti del mondo. Non più tardi della prima metà degli anni Ottanta il PIL pro capite della C. del Sud era attestato sui 1700 dollari (che consentiva al paese di rientrare a stento nel gruppo di economie definite a reddito medio); ma già nell'intervallo 1960-81 l'economia del paese si era resa protagonista di una grandiosa crescita produttiva, testimoniata da un incremento medio annuo del reddito pro capite dell'ordine del 6,9÷7% (e quindi allo stesso livello di Hong Kong e appena al di sotto del ritmo di accrescimento di Singapore: ma si tratta di due unità politico-territoriali totalmente urbanizzate e perciò non perfettamente confrontabili con altri paesi). Nel decennio successivo il tasso di incremento del reddito pro capite è risultato ancora superiore: ben il 7,7%.
Questi inusitati ritmi di sviluppo, se da un canto hanno generato la formazione di un enorme potenziale produttivo, dall'altro sono all'origine di notevoli problemi sociali. La concentrazione della ricchezza è elevatissima, le diseguaglianze socio-economiche sono molto pronunciate, la corruzione è dilagante, lo scontento è diffuso e il paese è interessato da ricorrenti episodi di contestazione politica. Alla soluzione di questi, e di altri problemi connessi al repentino sviluppo del paese, è rivolta l'attenzione dei nuovi vertici politici.
Per quanto riguarda gli aspetti economici in senso stretto, dev'essere segnalato che nel corso degli ultimi vent'anni il controllo dello Stato sull'economia si è progressivamente attenuato, consentendo al settore privato di incrementare la sua già elevata competitività internazionale. Nel processo di crescita industriale non sono mancate delle fasi di rallentamento, ma dagli anni della guerra con la Repubblica Democratica Popolare di Corea (Corea del Nord) il paese ha enormemente potenziato sia l'apparato produttivo (già nel 1994 la C. del Sud era considerata l'undicesima potenza mondiale), sia la propria immagine nel consesso internazionale (per es., nel 1988 Sŏul è stata prescelta per ospitare i giochi della xxv Olimpiade: un onore diviso soltanto con Città di Messico fra i paesi cosiddetti emergenti).
Attualmente la C. del Sud deve affrontare delicati problemi legati al suo nuovo ruolo di potenza economica mondiale; se da un canto i responsabili della politica economica coreana stanno manovrando per dar seguito all'invito di aderire all'OCSE, dall'altro rimane ancora da risolvere il principale nodo di politica estera: la riunificazione con la Corea del Nord.
La situazione interna è caratterizzata da un netto miglioramento; i servizi sociali sono estesi all'intera popolazione, l'analfabetismo è debellato, il tasso di mortalità infantile è attestato sul 9‰ (ma è ancora quasi il doppio della media dei paesi più evoluti). Il potere d'acquisto della popolazione è molto aumentato, soprattutto nell'ultimo quindicennio, ma questo ha causato alcuni effetti indesiderati. Gli incrementi salariali, infatti, hanno sensibilmente penalizzato le produzioni ad alta intensità di lavoro (ossia proprio quelle attività che, assecondando i meccanismi della divisione internazionale del lavoro, avevano gettato le basi del miracolo economico coreano) che sono diventate progressivamente meno concorrenziali rispetto a quelle cinesi e a quelle di tutti gli altri paesi dell'Asia orientale e sud-orientale. Per mantenere alti i livelli occupazionali è stato necessario avviare un processo di riconversione produttiva a favore dei settori ad alta tecnologia, e questo obiettivo è stato attuato richiamando finanziamenti dagli Stati tecnologicamente più evoluti, investendo direttamente nelle attività di ricerca e sviluppo, promuovendo la formazione di una maggiore cultura tecnologica presso la popolazione.
Per quanto attiene ai singoli settori produttivi, va segnalato come il ruolo dell'agricoltura abbia subito un rapido declino. Le ragioni vanno ricercate nei ritmi d'industrializzazione e nel processo di inurbamento della popolazione che ne è conseguito. Per lungo tempo il settore è stato protetto da politiche di sostegno dei prezzi e di contingentamento delle importazioni; dall'inizio degli anni Novanta le importazioni sono state liberalizzate e già nel 1992 il valore dei prodotti alimentari importati è stato di 147 milioni di dollari (valore che poneva la C. del Sud al sesto posto fra gli importatori mondiali di prodotti agricoli). Dallo stesso anno il governo ha avviato un piano per la ristrutturazione di tutto il settore agricolo; il progetto prevede la rivitalizzazione delle comunità rurali, lo sviluppo delle colture commerciali e la diversificazione dei prodotti da coltivare.
Le risorse minerarie del paese sono modeste e l'attività estrattiva è generalmente in declino. Essa riguarda il tungsteno, la grafite, il calcare, oltre a modeste quantità di oro, argento, ferro, piombo. Nel tentativo di diminuire la dipendenza energetica è stata incentivata l'estrazione del carbone, così come quella dei minerali di uranio.
Nel corso dell'ultimo decennio la struttura industriale del paese si è sostanzialmente modificata. A partire dagli anni Ottanta sono le industrie ad alta tecnologia a svolgere un ruolo trainante; del resto la necessità di operare sui mercati internazionali ha spinto le imprese da un lato verso una maggiore efficienza produttiva (riduzione dei costi, ottimizzazione delle dimensioni, crescente ricorso alla tecnologia e alle innovazioni), dall'altro ha favorito una marcata specializzazione indirizzando gli investimenti verso quelle produzioni per cui il paese aveva sviluppato una particolare vocazione (automobili, semiconduttori, processi d'informazione, telecomunicazioni, energia nucleare, costruzioni navali). Questi cambiamenti hanno permesso ai Coreani di superare la crisi delle esportazioni verificatasi fra il 1989 e il 1993 in conseguenza delle politiche di tutela dei mercati interni che Stati Uniti, Giappone e paesi dell'Europa occidentale avevano messo in atto nei confronti di quei paesi che, come la C. del Sud, possedevano una grande capacità di penetrazione. Negli anni più recenti le importazioni sono tornate a crescere rapidamente (nel 1994: +16,8%; nel 1995: +30,3%). L'enorme consumo di energia, cresciuto nell'ultimo quindicennio di quasi il 10% l'anno (in termini pro capite il paese consuma più di 3200 kg di petrolio equivalenti), la grande dipendenza dai mercati internazionali, la scarsità di fonti energetiche proprie sono i fattori che hanno spinto il governo sudcoreano a investire nel settore nucleare. Nel 1996 questo forniva il 35,8% dell'energia totale ed entro il 2006 dovrebbero essere costruite altre 14 centrali.
bibliografia
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Politica economica e finanziaria
di Carlo Pietrobelli
L'economia della Repubblica di C. ha registrato negli ultimi tre decenni dei tassi di crescita molto elevati e superiori a qualsiasi altra esperienza storica. Contemporaneamente si sono avuti una poderosa ristrutturazione produttiva e un miglioramento nella distribuzione del reddito. Per questi motivi molti economisti hanno posto al centro della loro attenzione l'analisi dell'esperienza sudcoreana, per comprenderne i fattori determinanti e valutarne le possibilità di replica in contesti economici e sociali diversi.
Dal 1965 il PIL è cresciuto a tassi straordinariamente elevati: tra il 1982 e il 1990 al 9,4% annuo, e tra il 1991 e il 1998 al 5,5% annuo (dati OECD). In particolare l'industria è cresciuta rapidamente, al 10,1% annuo nel 1976-86, e all'8,3% annuo nel 1987-97. Tale crescita è stata accompagnata da un fortissimo aumento delle esportazioni, che sono cresciute, in volume, rispettivamente del 10,8% nel 1982-90, e del 15,9% nel 1991-98. Tutti questi indicatori sono più elevati non soltanto degli analoghi indicatori per i paesi industrializzati nello stesso periodo, ma anche in relazione all'intera esperienza storica di questi ultimi. Occorre quindi guardare all'esperienza di sviluppo sudcoreana con particolare attenzione e interesse.
In linea di principio, un tasso di crescita elevato di un'economia può essere dovuto a un forte aumento nell'impiego dei fattori produttivi per la crescita, a una particolare efficienza nell'uso di tali fattori, o simultaneamente all'efficienza nell'uso di fattori produttivi crescenti. Numerosi studi hanno mostrato che la C. del Sud ha raggiunto livelli di efficienza macroeconomica estremamente elevati nel corso degli ultimi due decenni, e che gli alti tassi di crescita sarebbero stati determinati inoltre dall'uso efficiente delle risorse del paese. Certamente un fattore importante per spiegare quest'esperienza di sviluppo accelerato è stato l'elevatissimo investimento in istruzione: negli anni 1945-60 la diffusione dell'istruzione superiore aumentò di ben dodici volte, in seguito alla contemporanea influenza di una deliberata strategia del governo, e dei valori del confucianesimo che attribuiscono grande importanza all'istruzione. La dimensione della popolazione universitaria fornisce una prima evidenza del grande impegno profuso dalla C. del Sud nella creazione di una vasta base di lavoratori qualificati. Ben il 2,6% della popolazione era iscritto all'università all'inizio degli anni Novanta, più del doppio di qualsiasi altro paese in via di sviluppo del mondo. Inoltre, l'istruzione superiore ha deliberatamente favorito le discipline scientifiche e tecniche, nella convinzione che queste potessero contribuire più efficacemente allo sviluppo economico e industriale del paese. Infine, per completare il quadro della crescita, va segnalato che gli investimenti in Ricerca e Sviluppo (R&S) sono stati e sono tuttora superiori a quanto realizzato in molti paesi industrializzati, superando il 2% del PIL. Particolarmente elevate sono state le spese in R&S realizzate dalle imprese che hanno un maggiore impatto sulla produzione industriale. Il governo è spesso intervenuto per favorire progetti di ricerca in specifici settori industriali, creando istituzioni nei settori ad alta tecnologia destinati a svolgere un ruolo 'catalitico' per attrarre nuovi investimenti.
La politica economica ha certamente contribuito ad accrescere il livello e l'efficienza degli investimenti ai fini dello sviluppo economico. Diversamente da molti altri paesi in via di sviluppo, la C. del Sud rappresenta un esempio di strategia di sviluppo orientata alle esportazioni, con allo stesso tempo diffusi interventi orizzontali e selettivi diretti a sostenere la competitività internazionale dei settori industriali e delle imprese (Rhee et al. 1984; Pack, Westphal 1986; Dahlman et al. 1987; Amsden 1989; Mody 1990; Pietrobelli 1998). Nella C. del Sud, una politica di protezione selettiva del mercato interno dalle importazioni è sempre coesistita con il sostegno alle esportazioni come rivelano i tassi di protezione effettiva elevati e differenziati da settore a settore. La C. del Sud liberalizzò il proprio commercio con l'estero in parte già negli anni 1964-65, ma è ormai acclarato come non sia mai stata abbandonata una forte protezione del mercato domestico mediante la proibizione delle importazioni e numerose altre barriere che talora sono sfuggite a un'attenta misurazione; di fatto, la minaccia delle importazioni in alcuni settori privilegiati non è mai davvero esistita. A conferma di questo basta ricordare come ancora nel 1980 il governo conservasse il potere di limitare l'importazione di molti beni grazie a 37 leggi speciali, anche quando formalmente tali beni rientravano tra quelli che si potevano importare con un'autorizzazione automatica.
Il governo sudcoreano non praticò quindi una politica di neutralità nella predisposizione degli incentivi, incoraggiando esplicitamente l'industria e in particolare alcuni settori nascenti (Lall 1994). Tuttavia, lo stimolo positivo della concorrenza per l'esportazione non venne mai meno, e il successo sui mercati internazionali fu sempre condizione necessaria all'ottenimento degli incentivi promessi. Le politiche commerciali dalla metà degli anni Sessanta hanno sempre interagito con le politiche industriali nazionali, che hanno deliberatamente favorito la creazione di grandi conglomerati, chiamati chaebol, in grado di 'internalizzare' il mercato (World Bank, Operations Evaluation Debt 1992). Il governo ritenne infatti che maggiori dimensioni delle imprese e dei gruppi avrebbero favorito le economie di scala e di scopo, facilitato i processi di apprendimento e di introduzione di cambiamenti tecnologici, e che tutto questo avrebbe facilitato l'accesso ai mercati internazionali.
Inizialmente gli strumenti di promozione delle esportazioni furono altamente discrezionali, e vennero successivamente sostituiti da strumenti più automatici quali agevolazioni fiscali, permesso di trattenere la valuta straniera, esenzione dalle tariffe di importazione, tassi di interesse preferenziali. Le banche, su istruzioni del governo, spesso utilizzarono il successo di un'impresa nelle esportazioni quale criterio per l'assegnazione del credito. Nel periodo 1970-85 ben il 60% dei prestiti concessi dalle banche prese la forma di prestiti collegati alle politiche industriali e fu soggetto ai controlli del governo. Inoltre, una buona parte di questi crediti era diretta ad attività relative al commercio estero. La severità delle valutazioni nella selezione dei progetti da finanziare è stata ritenuta determinante nel successo di tali prestiti. Inoltre, una serie di meccanismi istituzionali vennero appositamente creati e utilizzati per rafforzare il sostegno alle esportazioni, quali incontri ad alto livello tra rappresentanti dell'industria e del governo per definire gli obiettivi di esportazione di settori e imprese, assegnare premi e riconoscimenti per il successo all'esportazione. In virtù delle elevate penalità per chi non avesse raggiunto gli obiettivi concordati, tali obiettivi di esportazioni sono stati spesso oltrepassati. Inoltre, gli investimenti diretti dall'estero sono stati sempre rigidamente controllati e spesso limitati, costringendo i chaebol a investire in R&S e a creare capacità tecnologiche nazionali.
Nel 1973 il governo decise di concentrare e accelerare ulteriormente i propri sforzi per promuovere lo sviluppo delle industrie pesanti e dell'industria chimica, nel tentativo di prevenire la futura concorrenza che la C. del Sud avrebbe sofferto nei settori tradizionali di esportazione, in particolare il tessile, da parte dei paesi dell'Asia sudorientale di ancor più recente industrializzazione, quali per es. la Thailandia, l'Indonesia, le Filippine. Vennero definiti sei settori strategici destinati a ricevere un forte sostegno mediante credito agevolato, incentivi fiscali, protezione dalle importazioni: l'acciaio, la petrolchimica, i metalli non ferrosi, la cantieristica, l'elettronica e la metalmeccanica. Queste politiche di sostegno determinarono molta capacità produttiva in eccesso, che poi richiese costosi investimenti per la ristrutturazione. Il sussidio alle attività di ricerca e sviluppo nei settori strategici fu molto elevato in quegli anni, e certamente negli anni Ottanta molte di queste industrie 'maturarono' sino a divenire competitive internazionalmente. Da allora, la struttura delle esportazioni sudcoreane cambiò decisamente, sino a concentrarsi in settori industriali a tecnologia elevata non tradizionali per l'economia del paese. Nonostante quest'insieme di misure e di politiche di sostegno all'industria nazionale, il grado di concorrenza tra i gruppi industriali e finanziari si è sempre mantenuto su livelli elevati. Questa concorrenza è avvenuta principalmente su fattori diversi dal prezzo, quali la disputa per ottenere dal governo le licenze industriali, per conseguire licenze e brevetti dalle imprese straniere alle migliori condizioni possibili, per assumere i migliori studenti e laureati, il personale tecnico, i manager, gli ingegneri più qualificati. In generale, gli interventi del governo sudcoreano hanno mirato a orientare lo sviluppo economico nella direzione dei segnali dati dal mercato, provvedendo a rimediare ai fallimenti del mercato sorti in presenza di esternalità, supplendo all'inesistenza e imperfezione dei mercati dei capitali, e sostenendo lo sviluppo di industrie nascenti (Amsden 1989). Per cogliere quest'obiettivo, è sempre stata fondamentale, e caratteristica specifica sudcoreana, la cooperazione e l'armonia tra la strategia dei grandi chaebol e quella del governo. La spinta a favorire l'industria pesante e orientata all'esportazione, realizzata attraverso lo sviluppo di grandi gruppi polifunzionali, ha anche avuto l'effetto indiretto, ma assai importante, di favorire lo sviluppo tecnologico, consentendo economie di scala, sussidi incrociati all'interno dello stesso gruppo, l'operare di veri e propri mercati dei lavoratori qualificati all'interno dei gruppi, nonché l'abbondanza di risorse finanziarie, tutti fattori essenziali allo sviluppo di prodotti ad alta tecnologia.
L'esperienza di sviluppo economico sudcoreano ha rappresentato dunque un esempio significativo di sviluppo industriale e di crescita delle esportazioni, sostenuti da efficaci interventi di politica economica. Tali interventi hanno reso possibile il funzionamento del mercato, senza pretendere di eliminarlo, ma intervenendo per attenuarne le numerose imperfezioni e fallimenti. Si può dunque concludere che sono state attuate politiche favorevoli al funzionamento dei mercati (market-friendly), le quali hanno introdotto incentivi alla concorrenza controllandone l'impiego efficiente da parte delle imprese sudcoreane sui mercati internazionali.
Negli anni Novanta, problemi nella gestione delle politiche monetarie e finanziarie e il minore consenso nei riguardi del regime politico vigente hanno in parte rallentato lo sviluppo economico. Più recentemente la crisi valutaria e finanziaria esplosa in Thailandia, e poi in Malaysia, Indonesia e nelle Filippine a metà del 1997, si è estesa anche alla C. del Sud nel novembre 1997. Il tasso di cambio si è svalutato di quasi il 50% prima della fine dell'anno, molte grandi imprese sono state dichiarate insolventi, e nel dicembre 1997 i tassi di interesse a breve termine hanno oltrepassato il 30%. Tale crisi, propagata dall'attività degli speculatori, ha trovato il suo fondamento nell'insufficiente regolamentazione del sistema bancario, che essendo molto spesso garantito nel suo operato dal governo, ha concesso credito in abbondanza e spesso con leggerezza, seguendo un principio di 'azzardo morale' volto a privilegiare investimenti rischiosi ad alto rendimento. Questo avrebbe indotto un forte aumento della domanda di investimento, e conseguentemente del prezzo delle attività mobiliari e immobiliari, destinato poi a crollare per via dell'operato di una speculazione destabilizzante (Krugman 1998). Tuttavia, e diversamente sia da altre economie asiatiche, sia dalle economie latino-americane negli anni della prima crisi del debito (primi anni Ottanta), sembra trattarsi di una crisi di liquidità e non di insolvenza, indotta da una cattiva regolamentazione del settore bancario e finanziario e dall'operare della speculazione internazionale (Dean 1998). Inoltre l'economia sudcoreana appare molto solida dal lato dell'offerta, con tassi di risparmio elevati, una forza lavoro molto qualificata, e un sistema produttivo efficiente e moderno, che rappresentano garanzie di recupero. Infine, il disegno e la gestione coerente per molti anni delle politiche macroeconomiche hanno comportato l'assenza odierna di seri problemi di squilibrio strutturale. In definitiva, il valore dell'esperienza di sviluppo sostenuto della C. del Sud e il suo significato per il mondo in via di sviluppo non appaiono sminuiti dalle crisi recenti, e rendono quest'esperienza diversa da quella di altri paesi asiatici di ancor più recente industrializzazione. (v. tab. 2).
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Storia
di Claudio Novelli
La Repubblica di C., adottata nel 1948 una Costituzione di tipo presidenziale, aveva mantenuto sostanzialmente immutate, nei decenni successivi, le caratteristiche autoritarie e repressive che avevano contraddistinto il regime del primo presidente della Repubblica, Syngman Rhee, rimasto in carica fino al 1960. Contrassegnati dall'assunzione di un potere sempre più ampio da parte dei presidenti della Repubblica Pak Chŏng-hŭi e poi Chun Doo Hwan, gli anni seguenti avevano fatto registrare, in campo economico, un'intensa crescita industriale, ma avevano anche rimarcato, sul piano politico, i tratti illiberali di un regime che non tollerava alcuna manifestazione di dissenso e che aveva ridotto al silenzio l'opposizione democratica, praticamente inesistente fino alla metà degli anni Ottanta.
Nella seconda metà degli anni Ottanta la situazione interna della Repubblica di C. era stata caratterizzata da notevoli tensioni sociali e da una serie di ampie manifestazioni popolari e studentesche, alla cui base c'era la richiesta di un'effettiva democratizzazione del paese. Di fronte a esse le autorità avevano reagito spesso con violenza, ma nel 1987 il governo era stato infine costretto a concordare con l'opposizione parlamentare una nuova Costituzione, che aveva stabilito l'elezione a suffragio universale del presidente della Repubblica (con mandato quinquennale non rinnovabile) e la limitazione dei suoi poteri a vantaggio dell'Assemblea nazionale (eletta per quattro anni a suffragio universale), oltre a una serie di disposizioni volte a garantire le libertà fondamentali dei cittadini. All'inizio degli anni Novanta furono intensificati, pur con persistenti difficoltà, i contatti con P'yŏngyang per giungere a una riunificazione pacifica del paese (per gli sviluppi successivi nelle relazioni fra i due Stati v. corea, repubblica democratica popolare di: Storia, in questa Appendice); si verificarono, inoltre, importanti sviluppi in sede internazionale, con l'ammissione all'ONU (1991), l'apertura di rapporti diplomatici con i paesi dell'Europa orientale e l'URSS (1989-90), l'avvio di relazioni con la Cina (1992). Difficile restava, invece, la situazione interna, nonostante che il nuovo Partito liberaldemocratico del presidente della Repubblica Roh Tae-woo controllasse oltre due terzi dei seggi all'Assemblea nazionale, assicuratigli dalla fusione avvenuta nel 1990 tra il Partito democratico della giustizia e il Partito democratico per la riunificazione, guidato dall'ex esponente dell'opposizione Kim Yung Sam. Il persistere del malcontento popolare continuava a provocare agitazioni sociali, mentre riprendevano con intensità le manifestazioni di protesta degli studenti, duramente represse dalle autorità. Fu in questo clima che si arrivò alle elezioni politiche tenutesi nel marzo 1992, nelle quali i liberaldemocratici risultarono il primo partito del paese, senza riuscire, però, a ottenere la maggioranza assoluta in seno all'Assemblea nazionale.
Il Partito liberaldemocratico ottenne il 38,5% dei voti e 149 seggi su 299, mentre un notevole successo (29,2% dei consensi e 97 seggi) ebbe il Partito democratico, nato dalla fusione del Partito per la pace e la democrazia con due formazioni minori e guidato da Kim Dae Jung, storico oppositore del regime. Superiore alle aspettative (17,4% dei voti e 31 seggi) fu il risultato del Partito per l'unificazione nazionale, fondato due mesi prima da Chun Ju-Yung, fondatore e presidente onorario del grande complesso industriale Hyundai.
In seguito ai risultati elettorali Roh Tae-woo fu sostituito alla guida del Partito liberaldemocratico da Kim Yung Sam, che nel dicembre 1992 venne eletto presidente della Repubblica, primo civile dopo più di trent'anni di regime militare (ottenne il 42% dei consensi, a fronte del 34% di Kim Dae Jung e del 16% di Chun Ju-Yung). Entrato in carica nel febbraio 1993, Kim Yung Sam dimostrò di voler rispettare gli impegni presi nel corso della campagna elettorale, promuovendo una vasta azione di moralizzazione della vita pubblica che interessò i più importanti ambienti politici ed economici del paese e che non risparmiò i suoi due predecessori, accusati di corruzione e di essere implicati nel complotto del 1979 contro l'allora capo dello Stato Pak Chŏng-hŭi e nell'eccidio di Kwanchu del 1980 (nell'agosto 1996 Chun Doo Hwan e Roh Tae-woo sarebbero stati condannati, rispettivamente, alla pena di morte e a ventidue anni e sei mesi di detenzione, pene poi commutate nell'ergastolo per il primo e in diciassette anni di reclusione per il secondo).
Coinvolti in scandali finanziari di varia portata furono anche molti dirigenti dei più importanti complessi industriali (chaebol), ai quali era stata garantita negli anni precedenti un'illimitata libertà di manovra: si andava dalla possibilità di fare ingresso in settori estranei alle loro attività di partenza, alla diffusa prassi dell'intestazione di azioni e depositi bancari a prestanome o a nomi fittizi (solo nell'agosto 1993 fu introdotto l'obbligo della nominatività in tutte le transazioni finanziarie). Ciò rappresentava uno degli aspetti dell'impetuosa crescita economica del paese, fondata anche su una politica del lavoro imperniata su bassi salari, elevato numero di ore lavorative e richiesta di alte prestazioni in termini di impegno umano, sull'assenza di adeguate norme in materia di sicurezza e di prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Nonostante gli scandali lambissero lo stesso Kim Yung Sam e malgrado un certo calo della sua popolarità (un riflesso si ebbe nelle consultazioni amministrative del giugno 1995, quando i liberaldemocratici, sconfitti anche a Sŏul, si affermarono solo in cinque delle quindici città e province in cui si votò), le elezioni legislative dell'aprile 1996 segnarono la sostanziale affermazione del partito di governo, capace di approfittare della tensione creatasi dopo un'incursione di truppe nordcoreane nella zona smilitarizzata fra i due Stati e di presentarsi come massimo garante degli interessi nazionali. In una situazione caratterizzata dalla presenza di formazioni politiche di recente costituzione, il Partito della nuova Corea (nome assunto dal Partito liberaldemocratico nel dicembre 1995) ottenne il 34,5% dei voti e 139 seggi, mentre principale forza dell'opposizione divenne, con il 25,3% dei consensi e 79 deputati, il Congresso nazionale per la nuova politica, fondato da Kim Dae Jung nel settembre 1995; il Partito democratico vide ridotta la sua presenza in seno all'Assemblea nazionale a 15 deputati, mentre 50 seggi andarono al Partito dei liberaldemocratici uniti, formazione sorta nel marzo 1995 per iniziativa della componente più conservatrice del partito di governo, guidata da Kim Jong Pil. Il nuovo parlamento si trovò a fronteggiare, dopo anni di notevole crescita economica e di ricerca della massima competitività a livello internazionale, alcuni preoccupanti sintomi di crisi, resi evidenti dal crescente debito estero, dalla estrema fragilità del sistema bancario e da sempre più forti tensioni sociali. Nel dicembre 1996 il governo varò una nuova legislazione del lavoro, che facilitava le procedure di licenziamento, permetteva la sostituzione dei lavoratori in sciopero e consentiva la conclusione di contratti temporanei e stagionali; nella stessa occasione (nel corso di una sessione del parlamento svoltasi alle 6 del mattino del 26 dicembre, in assenza dell'opposizione, che non era stata informata) fu approvata anche una legge che rafforzava i poteri dei servizi di pubblica sicurezza. Di fronte a quello che ritenevano un brusco arresto nel processo di democratizzazione, le organizzazioni sindacali (la Confederazione coreana dei sindacati, indipendente, fondata nel novembre 1995, e anche la Federazione dei sindacati coreani, organizzazione ufficiale, fino a quel momento sempre allineata alle posizioni governative) e l'opposizione democratica promossero, all'inizio del 1997, una serie di scioperi e di manifestazioni di protesta, che non si attenuarono dopo la decisione dell'Assemblea nazionale, a marzo, di rinviare di due anni l'applicazione delle nuove norme sui licenziamenti.
A gennaio, intanto, si era verificato il fallimento del gruppo industriale Hanbo, che aveva contratto debiti enormi con le principali banche del paese traendo illeciti benefici da un vasto sistema di corruzione che coinvolgeva esponenti del governo e numerosi ambienti politici e finanziari (incluso uno dei figli dello stesso Kim Yung Sam, cosa che danneggiò non poco l'immagine pubblica del presidente). Mentre le ripercussioni dello scandalo investivano i massimi vertici del paese, la crisi finanziaria che colpì nei mesi successivi i mercati asiatici cominciò a far sentire i suoi effetti sull'economia sudcoreana, caratterizzata da forti fenomeni speculativi e dalla crisi del sistema bancario, dallo stato di notevole difficoltà dei grandi chaebol e dal fallimento di migliaia di piccole e medie imprese.
All'inizio di dicembre del 1997 fu annunciato il ricorso al Fondo monetario internazionale per un programma di aiuti di emergenza, pari a 57 miliardi di dollari e condizionato all'adozione di una politica di forte austerità. Sempre a dicembre si svolsero le elezioni presidenziali, che per la prima volta registrarono la sconfitta del candidato governativo e la vittoria di quello dell'opposizione. Nonostante la sua buona reputazione personale, infatti, l'ex giudice Lee Hoi-chang (sostenuto dal Partito nazionalista, sorto nel novembre 1997 con la fusione tra Partito della nuova Corea e Partito democratico) fu sconfitto da Kim Dae Jung, che ottenne il 40,3% dei voti contro il 38,7% del rivale. Di fronte al nuovo presidente della Repubblica e al nuovo primo ministro Kim Jong Pil (con il quale Kim Dae Jung, nonostante le posizioni assai diverse avute nel passato, aveva stretto un accordo politico prima delle elezioni) rimanevano molti compiti, legati ai grandi problemi del paese: il consolidamento delle istituzioni democratiche e la necessità di garantire una maggiore stabilità di governo, la moralizzazione della vita pubblica, il rilancio del processo di riunificazione pacifica della penisola coreana e soprattutto la soluzione della crisi economica e finanziaria, alla quale si accompagnavano pesanti conseguenze sul piano sociale. Dopo sei mesi di difficili trattative e di sostanziale paralisi dell'attività legislativa, nell'agosto 1998 Kim Jong Pil fu confermato primo ministro dall'Assemblea nazionale.
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