Somme che potevano essere rivendicate da parte di alleati o popoli soggetti a Roma in processi intentati contro magistrati romani colpevoli di profitti illeciti ai loro danni. I primi casi noti di processi de repetundis sono quelli ricordati da Livio per l’anno 171 a.C. e si riferiscono al comportamento di magistrati romani in Spagna. Nel 149 a.C. fu istituito un tribunale permanente (quaestio perpetua) per effetto della lex Calpurnia, fatta approvare dal tribuno della plebe L. Calpurnio Pisone Frugi. Le giurie, composte esclusivamente di senatori, accoglievano solo denunce di cittadini romani che apparivano in veste di patroni dei provinciali o degli alleati offesi, e non infliggevano vere e proprie pene, limitandosi a imporre il risarcimento del danno. La legislazione relativa ebbe rari e complicati sviluppi nell’ultimo secolo della Repubblica, in cui i giudizi furono affidati talvolta a giurie di cavalieri, o miste di senatori e cavalieri. Durante l’Impero la sentenza fu demandata direttamente al senato e all’imperatore stesso quando cessò la giurisdizione senatoria: la valutazione della pena, che di norma sembra fosse del quadruplo, variava a seconda dei casi.