VESCOVI, Renzo
VESCOVI, Renzo. – Nacque a Mantova, secondo di tre figli, il 15 agosto 1941, da Umberto, impiegato comunale, e da Zilca Marassi, casalinga.
Rimase orfano ancora bambino: il padre morì nell’immediato dopoguerra, lasciando la famiglia in condizioni economiche difficilissime. Vescovi parlava raramente di questo periodo, ma raccontò al figlio Alessandro di essere stato, a sette anni, garzone parrucchiere. La situazione migliorò con il secondo matrimonio della madre. Nel 1951, la famiglia si trasferì a Milano, dove Vescovi ebbe una buona formazione classica presso il liceo Carducci, e si iscrisse poi a lettere. Si mantenne, sia durante studi sia dopo, tramite impieghi saltuari e supplenze. Nel 1967 divenne insegnante di ruolo presso l’istituto tecnico femminile Caterina da Siena, dove rimase fino al 1975. Insegnò ancora qualche mese a Bergamo, presso l’istituto tecnico Pesenti.
Nel 1965 si era laureato con una tesi sui Promessi sposi. Fu lettore presso l’università di Clermont-Ferrand nel 1966-67, per qualche tempo assistente volontario alla Statale. Ma abbandonò l’impegno accademico per il teatro, per un teatro: il teatro Tascabile di Bergamo (TTB), con cui la sua vita può essere identificata.
L’impegno teatrale di Vescovi va individuato in primo luogo nel lavoro per la creazione di quello che, con una definizione degli anni Settanta, va chiamato ‘gruppo’, non compagnia, all’interno del quale fu stato regista, direttore artistico, leader, teorico e pedagogo, a cui dedicò un impegno costante, fino alla morte, e di cui ha plasmato le scelte e gli attori. La realtà di questi teatri, differenti tanto da quelli tradizionali quanto dall’avanguardia, e la loro nuova mentalità, impegno, scelte di vita, benché poco presenti nei giornali dopo un breve periodo di grande visibilità, hanno inciso sul teatro italiano ed europeo in modo sotterraneo ma essenziale, determinando nuove pratiche, nuovi spazi, nuove esigenze.
Nel 1965 sposò Livia Minutti, da cui si sarebbe separato nel 1974. Il primo figlio, Alessandro, nacque il 7 maggio 1968. Il secondo, Francesco, il 22 luglio del 1972. Divorziò solo nel 2001, dopo la nascita del terzo figlio, Emanuele, che nacque il 5 novembre del 2000 dall’ultima compagna, Simona Zanini.
L’interesse per il teatro si era sviluppato negli anni universitari, dapprima come desiderio di un allargamento dei propri orizzonti culturali, come reazione a una atmosfera familiare poco incline alla cultura, poi come passione crescente. Frequentò assiduamente i teatri milanesi, in particolare il Piccolo Teatro, riuscendo anche ad assistere a periodi di prove, in particolare di Giorgio Strehler e di Eduardo De Filippo. Acquisì così una solida formazione tradizionale (Vescovi, 2007, p. 355). Sempre in quel periodo, a partire dal 1959, aveva cominciato a fare teatro, soprattutto come attore, con la regia di Renato Lipari, presso il Centro universitario teatrale (CUT), dove conobbe Lidia Gavinelli, che sarebbe stata determinante per le sue scelte professionali successive. Insieme a lei entrò in contatto nel 1966 con una realtà amatoriale bergamasca, il teatro Tascabile, che, specie dopo il loro arrivo, prese la fisionomia di un teatro di moderata avanguardia, caratterizzato da una scelta non convenzionale di testi, da una non comune dedizione e da un’abbondante produzione teatrale, con la regia alternata sua e di Gavinelli. Ebbe a Bergamo una rilevanza accentuata dalla momentanea chiusura del suo teatro principale, il Donizetti.
La sede del TTB, in Città Alta, fu ristrutturata a spese di Gavinelli. Su suo suggerimento, e con i suoi finanziamenti, il teatro invitò nel maggio del 1973 uno spettacolo (Min Fars Hus, La casa del padre) e un seminario dell’Odin Teatret di Eugenio Barba, di cui Vescovi aveva forse già visto Ferai. L’incontro con l’Odin determinò una svolta nella vita del TTB come in quella di numerosi altri gruppi e studiosi di teatro: intorno all’Odin si sviluppò un movimento teatrale giovanile, per qualche anno molto esteso, indicato come Terzo Teatro, di cui il TTB fu parte (ma rispetto agli altri teatranti Vescovi aveva alle spalle una precisa conoscenza di tecniche e di storia del teatro e molti anni di attività). Importante, per lui, fu soprattutto il legame con Barba – che scelse da quel momento in poi in modo assoluto come ‘maestro’ – e l’incontro, attraverso Barba, con Jerzy Grotowski.
L’Odin di Min Fars Hus provocò un terremoto teatrale, confermando o suggerendo possibilità nuove per il teatro: la non centralità del testo; l’importanza di altre tecniche; il potenziale di un uso raffinatissimo e allora sconcertante del corpo; l’uso di spazi non convenzionali, capaci di determinare nuovi rapporti tra attori e spettatori. L’impatto fu tecnico e insieme esistenziale, riguardò spettatori e teatranti: propose un modo diverso di vivere il teatro. L’Odin contribuì a diffondere tipi di formazioni non basate, come quelle del teatro ‘normale’ o di ‘avanguardia’, sulla produzione di un singolo spettacolo, ma su progetti di lunga durata riguardanti tutto ciò che allo spettacolo sta intorno, lo protegge, ne consente la nascita, lo avvolge, comprese le vite di chi lo fa. Questi gruppi permettevano la formazione di micro culture, e di sperimentazione a lungo termine sul lavoro dell’attore, cui venne dato nuovo peso. Richiedevano un più intenso coinvolgimento nel proprio gruppo e nel proprio mestiere: era, ed è, un modo di far teatro che può incidere profondamente sulla vita di chi lo fa, come accadeva nel teatro precedente al Novecento. I gruppi che hanno saputo guadagnarsi un’anomala longevità, come l’Odin stesso o il TTB, hanno influito in questo modo molto al di là dei singoli spettacoli. In Italia la loro capacità di incidere fu accentuata dalla nascita di un vasto movimento giovanile di sinistra, politico e culturale, con forti istanze creative, connotato da uno sforzo di ricerca verso un modo di vivere differente e più consapevole. Per i gruppi teatrali, certamente indipendenti, questo movimento fu pubblico e cassa di risonanza, contribuendo a diffondere in modo capillare la nuova mentalità teatrale di cui erano portatori.
Nel 1973 il TTB si trasformò in cooperativa, compiendo il passaggio al professionismo. I cambiamenti dovuti all’Odin venivano a innestarsi in un processo di trasformazione già in atto (Bruno Collavo, in Vescovi, 2007, p. 241), amplificati dalla immissione, nel 1972, di una nuova leva di attori formatisi nella sua scuola. Ancor prima dell’incontro con Barba, Vescovi aveva inaugurato con loro un modo diverso di lavorare, stimolandoli verso competenze da giullare – saltimbanco e acrobata, capace di suonare, recitare, danzare – in vista di uno spettacolo incentrato su poesia medievale o del primo Rinascimento: L’Amor Comenza, 1973.
Nel 1976 il TTB partecipò a un grande incontro teatrale a Belgrado sotto la direzione di Barba, all’interno del Festival del Teatro delle Nazioni. Per questo evento, Barba coniò la definizione Terzo Teatro, largamente accolta dai giornalisti. Nel 1977 il TTB contribuì a organizzare a Bergamo l’Atelier internazionale del teatro di gruppo. Fu una manifestazione mastodontica: 230 attori di tutto il mondo, 40 gruppi teatrali, una media di 3000 spettatori al giorno. In questi due incontri Vescovi e il TTB incontrarono due forme di spettacolo che sarebbero diventate per loro fondamentali: il teatro di strada e il teatro-danza classico indiano.
Uno dei lasciti principali del Terzo Teatro, oltre al nuovo interesse per il lavoro d’attore, è stato quello di aver definitivamente aperto l’idea di spazio teatrale, sia attraverso un uso diffuso di spettacoli in spazi ristretti, per un numero minimo di spettatori, secondo l’uso di Barba e di Grotowski, sia attraverso quello di spettacoli di strada, che si rivolgevano a un pubblico casuale, anche estraneo al teatro, infrangendo abitudini secolari.
La peculiarità del TTB è stata quella di perseverare nei suoi percorsi oltre al momento della novità o della moda, fino a raggiungere risultati e tecniche fuori dal comune: Vescovi sembra non essersi mai posto il problema del tempo, né quello della ‘originalità’.
La pratica della danza indiana divenne una delle competenze speciali del TTB, riconosciuta anche in India, e una base per il suo lavoro d’attore: un allenamento che sviluppa l’espressività indipendente di tutte le parti del corpo, trasformandolo, secondo la definizione di Vescovi, in ‘corpo-orchestra’. L’incontro con l’India fu però anche, per il TTB, l’incontro con un’altra cultura, un altro modo di vivere, forme diverse di spiritualità, presto diventati loro familiari e cari quanto quelli di origine.
La scelta di fare a meno dei testi, costruendo drammaturgie complesse basate su associazioni, selezione e accostamento di immagini, movimenti, espressioni, parole, dilatò i tempi di costruzione degli spettacoli: in particolare per il TTB, alla ricerca continua di una perfezione formale e di una precisione assoluta dell’attore. Le prove di Esperimenti con la verità, 1992, spettacolo su Gandhi, durarono quasi dieci anni, e compresero una lunga permanenza in India alla ricerca di materiali e idee. D’altra parte, Vescovi dette vita a un repertorio di lunga durata, in cui gli spettacoli continuavano a rimanere in vita per decenni. Albatri, 1977, venne rappresentato a Bergamo da tutti gli attori passati dal TTB il 14 maggio 2005, come grande evento commemorativo qualche mese dopo la morte del regista; Valse, 1994, è ancora in repertorio.
Nel 2004 Vescovi pose mano alla sua ultima grande produzione: un Corteo manzoniano, commissionatogli dalla città di Lecco, che coinvolse, oltre al TTB, altri quattro registi e più di duecento tra attori e comparse.
Morì improvvisamente a Bergamo il 3 aprile 2005, per meningite. Dopo la sua morte, i suoi attori hanno continuato – e continuano – la tradizione a cui aveva dato vita.
I suoi scritti teorici e sul teatro indiano sono stati radunati, dopo la sua morte, in un ricco volume curato da Mirella Schino (Vescovi, 2007).
Fonti e Bibl.: Lettere, quaderni e altre carte di Vescovi sono conservati presso il Teatro Tascabile o dalla famiglia. Le lettere a Barba e qualche lettera a Ferdinando Taviani sono conservate presso gli Odin Teatret Archives (Biblioteca Reale di Copenaghen). I suoi articoli sono stati raccolti e ripubblicati in R. Vescovi, Scritti dal Teatro Tascabile, a cura di M. Schino, Roma 2007, con l’eccezione di Riflessioni sul teatro e il suo spazio, in Promemoria del teatro di strada, a cura di F. Cruciani - C. Falletti, Bergamo 1989, pp. 7-13.
Su Vescovi e sul Teatro Tascabile si veda anche: P.G. Nosari, Nemo propheta: per una storia del Teatro Tascabile di Bergamo, Bergamo 2005; T. Barbiero, Una rosa bianca, in The Open Page, n. 11, marzo 2006.
Sul Tascabile e sul Terzo Teatro si vedano: M. Schino, Il crocevia del ponte d’Era. Storie e voci da una generazione teatrale. 1974-1995, Roma 1996; e il dossier Terzo Teatro: ieri, oggi, domani, a cura di R. Ferraresi, in Culture teatrali, 2018, n. 27.