GIUA, Renzo
Nacque a Milano il 13 marzo 1914 da Michele, chimico, professore universitario e in seguito esponente del movimento Giustizia e libertà (GL), e da Clara Lollini.
Frequentò il liceo Massimo d'Azeglio di Torino, dove fu allievo di A. Monti e si legò ad altri studenti e professori antifascisti aderenti a Giustizia e libertà, tra i quali V. Cavallera, M. Andreis, G.D. Cosmo, A. Perelli, P. Sabbione e L. Scala. Questo gruppo - insieme con altri giellisti torinesi come A. Garosci, Carlo Levi e L. Migliardi, con il socialista R. Poli e l'anarchico M. Guasco - diede vita nel settembre 1931 al giornaletto Voci d'officina.
Si trattava di un foglio ciclostilato, di cui uscirono solo tre numeri, che esprimeva un'istanza operaista di origine gobettiana e l'aspirazione a stabilire un forte rapporto con la classe lavoratrice ricercando l'intesa con altre forze politiche antifasciste. A tal fine lo stesso G. si impegnò nella diffusione di materiale clandestino socialista e comunista.
Nel gennaio 1932 il G. e altri del gruppo giellista torinese vennero tratti in arresto e deferiti al Tribunale speciale. Dopo aver trascorso 108 giorni in carcere il G. venne assolto per insufficienza di prove e poté riprendere l'attività antifascista. Nel marzo 1934, messo in allarme dall'arresto di L. Ginzburg, il G. avvertì alcuni suoi amici che nascondevano in casa materiale antifascista e si allontanò da Torino raggiungendo Balme, una località della Val d'Ala verso la frontiera francese. Decise di varcare il confine avventurandosi tra i ghiacciai dell'Autaret; un'impresa ardita che gli riuscì grazie alla dimestichezza con gli sci e alla resistenza fisica. Riparato in territorio francese, si stabilì a Parigi dove, insieme con Mario Levi, Garosci e F. Venturi, si ritrovò nel gruppo di quattro giovani, tutti di simili premesse intellettuali: "idealismo crociano, operaismo, critica verso le vecchie formazioni politiche, accettazione del fascismo come la vera e concreta realtà contemporanea da rovesciare, lo stesso capitalismo essendone solo un elemento" (Garosci, 1973, p. 277). La vivacità di questo gruppo, al quale si unì il giovane letterato N. Chiaromonte, impressionò C. Rosselli che stabilì con esso un serrato confronto culturale e politico.
Già negli ultimi mesi del 1931 era emersa una profonda divergenza di vedute tra Rosselli e il gruppo torinese di GL a proposito del tipo di Stato che sarebbe dovuto sorgere dopo la caduta del fascismo. Alla democrazia parlamentare rappresentativa, prediletta da Rosselli, i giovani giellisti opponevano un'ipotesi di democrazia consiliare, di derivazione gobettiana e gramsciana, fondata su una serie di poteri legalmente attribuiti ai Consigli operai e contadini. Il parziale accoglimento delle istanze operaistiche nel programma di GL consentì di superare momentaneamente i contrasti, che tuttavia esplosero ancora intorno all'idea di Stato e al ruolo di GL.
In un editoriale sul giornale del movimento Rosselli aveva descritto lo Stato come un mostro che stava divorando la società e si era espresso per un'amministrazione e un governo che fossero "agli ordini della società e non viceversa". Il primo a protestare contro questa contrapposizione società-Stato fu il G. prefigurando non "uno Stato-società, cioè uno Stato spazzino, portalettere e infermiere; e neppure uno Stato-privilegio, ma uno Stato veramente etico, cioè politico, che coordini insieme le più disparate attività potenziandole, anziché opprimerle" (Polemica sullo Stato, in Giustizia e libertà, 5 ott. 1934, n. 22). Ma il dissidio, che finì per avere un esito lacerante, esplose intorno alle prospettive politiche di GL dopo la fine della Concentrazione antifascista. Secondo Rosselli GL doveva diventare una forza socialista organizzata su basi completamente nuove rispetto al socialismo prefascista e orientare le sue scelte secondo una logica rivoluzionaria. Chiaromonte, Mario Levi e il G. criticavano sia la trasformazione di GL in partito sia il mantenimento dello status organizzativo di movimento, anch'esso inutile senza quel rapporto con le masse che restavano orientate verso i partiti della Sinistra storica. Vi era, al fondo di tutto, la totale sfiducia dei tre cosiddetti "novatori" verso l'attività politica che a loro giudizio impediva la crescita di nuovi valori; questa crescita andava invece assecondata attraverso un'attività culturale di respiro europeo e a tale scopo proponevano "la riduzione di GL a una pura e semplice attività pubblicistica ad alto livello" (Bagnoli, p. 8).
Di fronte a una critica così radicale Rosselli, per quanto convinto della giustezza della linea di GL, volle operare un estremo tentativo di mediazione in un incontro con i dissidenti che ebbe luogo a metà dicembre 1935. Ogni ricucitura risultò impraticabile e, ai primi di gennaio, il dissidio si tramutò in rottura completa con l'annuncio dell'uscita da GL del Chiaromonte, di Mario Levi e del Giua.
Il serrato confronto interno, che si svolse quasi interamente per via epistolare, non aveva distolto il G. dall'attività cospirativa. Nel maggio 1935 era stato raggiunto dalla notizia dell'arresto del padre e di altri esponenti del gruppo torinese, poi condannati a pesanti pene detentive. Anche il G. fu deferito al Tribunale speciale, ma la sua posizione venne stralciata in quanto latitante. L'apprensione per la sorte del genitore, che aveva seguito e sostenuto l'impegno antifascista del G., si tramutò in una più forte e decisa volontà di lotta al regime. Per qualche tempo il G. si trasferì in Svizzera, nel Canton Ticino, dove prese contatto con altri fuorusciti, tra i quali G. Faravelli, B. Lugli ed E. Masini, rientrando in Francia proprio quando la sua presenza era stata segnalata dalla polizia italiana alle autorità elvetiche.
Il G. proseguì la sua intensa attività cospirativa, oltreché a Parigi, a Chambéry, a Lione, a Nizza, a Marsiglia e in altre località francesi per organizzare gruppi di esuli, raccogliere contributi in denaro e predisporre l'invio di stampa clandestina in Italia. Inoltre, profittando delle sue doti di sciatore, si recava spesso in località montanare prossime al confine con l'Italia, dove poteva incontrare parenti e amici di Torino.
Allo scoppio della guerra civile spagnola il G. decise di accorrere a difesa della Repubblica e si unì a un distaccamento volante della colonna anarchica di B. Durruti. Ferito in combattimento a Barbastro fu inviato alla scuola ufficiali delle brigate internazionali di Albacete, da dove uscì con il grado di tenente. Nel maggio 1937 venne assegnato al battaglione Garibaldi della XII brigata internazionale, distinguendosi per doti militari e coraggio e riportando altre due ferite: in ottobre ebbe la nomina a capitano e gli fu assegnato il comando della 3ª compagnia della brigata Garibaldi.
Colpito durante un'offensiva a Zalamea de la Serena sul fronte dell'Estremadura, il G. morì il 17 febbr. 1938.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centrale dello Stato, Archivi fascisti, Tribunale speciale per la difesa dello Stato, bb. 372, 542; Firenze, Istituto storico della Resistenza in Toscana, Archivio di Giustizia e libertà, sez. III, fasc. 13, sc. 10; E. Lussu, Un eroe della nuova generazione: R. G., in Giustizia e libertà, 18 marzo 1938; M. Mila, Destino spagnolo (Ricordo di R. G.), in La Rassegna d'Italia, giugno-ottobre 1947; A. Garosci, Storia dei fuorusciti, Bari 1953, ad indicem; Id., Fernando De Rosa, R. G. e Carlo Rosselli in Spagna, in Trent'anni di storia italiana (1915-1945), Torino 1961, pp. 247-253; B. Allason, Ricordi di un'antifascista, Milano 1961, pp. 140, 154 s., 163, 189, 237, 272 ss.; D. Zucaro, I socialisti e l'origine di Giustizia e libertà in Italia. Il gruppo torinese di "Voci d'officina", in Storia contemporanea, III (1972), pp. 580, 582 s.; A. Garosci, Vita di Carlo Rosselli, Firenze 1973, ad indicem; S. Fedele, Storia della Concentrazione antifascista, Milano 1976, ad indicem; G. Bianco, Un socialista "irregolare": Andrea Caffi, intellettuale e politico d'avanguardia, Cosenza 1977, pp. 62, 69 s., 76-79; D. Zucaro, Lettere di una spia, Milano 1977, pp. 22 s., 40, 42 s., 54, 57, 59 s., 87, 90, 93-97, 99 ss., 110, 112, 125, 128, 152, 155, 160, 169, 171, 177, 180, 182, 185; Giustizia e libertà nella lotta antifascista e nella storia d'Italia, Firenze 1978, ad indicem; P. Bagnoli, Di un dissidio in Giustizia e libertà. Lettere inedite di Mario Levi, R. G., N. Chiaromonte, C. Rosselli, A. Garosci (1934-1935), in Mezzosecolo, Annali 1978-1979, n. 3, pp. 5-54; A. Dal Pont - S. Carolini, L'Italia dissidente e antifascista, Milano 1980, ad indicem; M. Larizza Lolli, L'antifascismo democratico: vicende, figure e dibattito, in Storia del movimento operaio, del socialismo e delle lotte sociali in Piemonte, III, Gli anni del fascismo, l'antifascismo e la Resistenza, Bari 1980, ad indicem; G. Fiori, Il cavaliere dei Rossomori, Torino 1985, ad indicem; Socialismo e democrazia nella lotta antifascista 1927-1939, a cura di D. Zucaro, Milano 1988, ad indicem; S. Neri Serneri, Democrazia e Stato. L'antifascismo liberaldemocratico e socialista dal 1923 al 1933, Milano 1989, ad indicem; V. Foa, Il cavallo e la torre, Torino 1991, pp. 39, 99, 124 ss.; S. Fedele, E verrà un'altra Italia. Politica e cultura nei "Quaderni di Giustizia e libertà", Milano 1992, ad indicem; Storia di Torino, VIII, Dalla Grande Guerra alla Liberazione (1915-1945), a cura di N. Tranfaglia, Torino 1998, ad indicem; V. Foa, Lettere della giovinezza. Dal carcere 1935-1943, a cura di F. Montevecchi, Torino 1998, ad indicem; A. D'Orsi, La cultura a Torino tra le due guerre, Torino 2000, ad indicem; Enc. dell'antifascismo e della Resistenza, II, ad vocem.