rendita della terra
Prezzo dell’uso della t. e quindi parte del prodotto spettante al proprietario, sia che la coltivi direttamente sia che la dia in affitto, a compenso delle qualità naturali e indistruttibili del suolo. Poiché la t. è un fattore produttivo irriproducibile o difficilmente producibile, la r. della t. può essere considerata anche come il costo d’uso di un fattore produttivo scarso (a fronte di quantità illimitata di t. disponibile il valore della r. tenderebbe a zero) e quindi come fenomeno soggetto alla legge della domanda e dell’offerta in un mercato basato sulla proprietà individuale.
F. Quesnay (➔) aveva considerato la r. della t., intesa come guadagno assoluto, quale manifestazione della singolare ‘munificenza’ della natura a favore delle produzioni originarie, in vario modo assecondata dagli investimenti dei proprietari terrieri, e l’aveva posta al centro del sistema fisiocratico (➔ fisiocrazia), in larga parte basato sulla tendenziale identificazione degli interessi fondiari con quelli della collettività. ● D. Ricardo (➔), invece, vide nella r., intesa come guadagno differenziale che si aggiunge alla r. assoluta per i soli proprietari dei terreni più fertili, l’espressione dell’‘avarizia’ della natura, che si manifesta nella scarsità relativa delle terre in genere e di quelle migliori in particolare, e l’assunse a elemento essenziale di un sistema diretto a spiegare tutti i fenomeni di distribuzione. Delle due ipotesi formulate da Ricardo, la prima riguarda terreni di diversa fertilità messi a coltura contemporaneamente e producenti quindi, a costi unitari diversi, prodotti della stessa qualità che, in regime di libera concorrenza, non possono essere venduti che a un unico prezzo, tale da coprire il costo di produzione più elevato (quello della cosiddetta terra marginale). La seconda ipotesi ricardiana si riferisce invece all’intensificazione della coltivazione sullo stesso terreno con progressivo accrescimento delle dosi di capitale e lavoro in esso impiegate, da cui deriverebbe una produzione uguale di qualità alla precedente, ma a costi via via crescenti, che verrebbe venduta a un unico prezzo pari al costo più elevato, o marginale. La r. ricardiana va quindi considerata come un fenomeno di prezzo (effetto, non causa, del prezzo dei prodotti, ma a sua volta elemento determinante del prezzo delle t.) su un mercato in libera concorrenza. Ciò potrebbe verificarsi tuttavia, per quanto con minore evidenza, anche in un’economia senza scambio e non basata sulla proprietà individuale, in quanto dipendente da fenomeni d’ordine naturale quali la diversa qualità delle t., la loro produttività decrescente e l’insufficienza del prodotto delle t. di prima qualità.
L’aumento della popolazione e, in genere, della domanda dei prodotti agrari e quindi del loro prezzo, inducono a mettere a coltura anche t. meno fertili e a intensificare la produzione su quelle già coltivate, anche se a costi crescenti. I fenomeni opposti ne contengono l’uso, riducendo le opere di bonifica, i miglioramenti agricoli generali, l’abolizione degli ostacoli all’importazione, il decremento del costo dei trasporti e tutto ciò che, accrescendo la produzione o la concorrenza, equivale all’aumento della t. o della sua fertilità e quindi alla discesa del prezzo dei suoi prodotti.
In complesso, però, finora i fattori che influiscono in senso positivo sullo sviluppo della r. hanno prevalso su quelli contrari e ciò spiega perché la capitalizzazione del reddito dei terreni si faccia in genere a un saggio minore di quelli usati per i capitali mobiliari. Nel valore attuale delle t. si sconta cioè il futuro previsto aumento della r.; a ogni passaggio di proprietà a titolo oneroso, la r. già accumulatasi sparisce, capitalizzata dal vecchio proprietario, per tornare poi subito ad accumularsi presso il nuovo, via via che il suo reddito sale oltre quello che, al saggio (➔) d’interesse corrente, sarebbe pari alla somma investita nell’acquisto.