PARODI, Renato
– Nacque a Napoli il 12 dicembre 1899 da Ruggiero e Caterina De Fino.
Frequentò il liceo ginnasio Antonio Genovesi, dove, nel 1917, conseguì la licenza liceale moderna (con indirizzo linguistico francese e tedesco). Si ignora come, quando e con chi abbia intrapreso gli studi musicali; è tuttavia certo che nel novembre 1924 sostenne e superò nel Conservatorio di S. Pietro a Majella di Napoli, da privatista, l’esame di licenza normale di composizione, e che a quella prova s’era preparato sotto la guida di Camillo De Nardis. Subito dopo s’iscrisse alla scuola superiore di composizione nel medesimo istituto dove, nei successivi quattro anni, fu allievo di Antonio Savasta (1924-25), ancora di De Nardis (1925-26) e poi fino al diploma, conseguito nel giugno 1928, di Gennaro Napoli. Completò la formazione recandosi nel 1932 a Parigi per prendere lezioni da Albert Roussel. Si era però già messo in luce vincendo due premi: l’uno, bandito nel 1930 dalla Società napoletana dei Concerti orchestrali, con il Preludio a una commedia di Shakespeare (Twelfth Night), che fu poi eseguito al teatro di S. Carlo da Fritz Reiner nel 1931, pubblicato nel 1932 dall’editore parigino Senart, e al suo apparire salutato da Mario Castelnuovo-Tedesco come «una delle più singolari e significative» tra le partiture recenti dei giovani compositori italiani, «saporosa e festevole, amabile e precisa nel disegno, caustica e scintillante nei tocchi strumentali» (1932); l’altro, promosso nel 1931 dall’Accademia filarmonica romana, con una Canzonetta in rondò per canto e pianoforte su versi di Giuseppe Parini («Ho gusto ancor di vivere»). Tornato a Napoli, nel 1936 vi iniziò la carriera didattica assumendo in Conservatorio un incarico d’insegnamento di teoria e solfeggio, che mantenne anche nel successivo anno scolastico. Fu poi insegnante di musica nell’Istituto per giovani ciechi dal 1939 al 1941, anno in cui rientrò in Conservatorio prima come titolare di armonia e contrappunto, poi come affidatario per comando interno (1955) e, infine, titolare (1959) di contrappunto, fuga e composizione; in quest’arco di tempo furono suoi allievi Aldo Ciccolini, Carlo Bruno, Roberto De Simone e, da privatista, Francesco d’Avalos. Nel 1963 chiese e ottenne di essere destinato al Conservatorio di S. Cecilia in Roma, dove rimase fino alla cessazione del servizio, nel 1970.
Nella nutrita pattuglia di musicisti maturatisi a Napoli negli anni Venti (Elena Barbara, Antonio Cece, Terenzio Gargiulo, Achille Longo, Jacopo Napoli, Mario Persico, Mario Pilati e, in parte, Alfredo Sangiorgi), Parodi si distinse per la spiccata inclinazione alla cultura francese, che ne orientò durevolmente il gusto, lo stile, le scelte tematiche e formali. Paradigmatica in tal senso è la festa teatrale in un atto Folies Bergère 1668 ou Les amants magnifiques (1948, data al S. Carlo nel 1949), dove, sotto un titolo che sembra scherzosamente ricalcare quello della relazione dell’Abbé de Montigny su La fête de Versailles du 18 juillet 1668, Parodi dispone un sapiente collage di brani di Molière (tratti, oltre che dalla commedia citata nel titolo, da George Dandin, che nel corso di quel fastoso grand divertissement royal ebbe appunto la sua première, e dal Bourgeois gentilhomme) alternando canto, ballo e recitazione alla maniera della comédie-ballet sei-settecentesca. Nella stessa orbita si collocano le Tre canzoni per canto e orchestra, anch’esse su testi di Molière (1945), le musiche di scena per Les caprices de Marianne di Alfred de Musset (Capri, Giardini di Augusto, 1949), i Capitoli per orchestra (1968), dove, a dispetto del titolo che sembrerebbe rinviare a un metro tipico della poesia italiana di genere satirico o didascalico, sono i versi di Victor Hugo, di Baudelaire e di Paul Éluard citati in esergo di ciascun movimento a suggerire all’ascoltatore la giusta chiave interpretativa (un elogio del gatto), e le Ornitofonie per coro e orchestra (1973), che traggono i testi da tre episodi di Chantecler di Edmond Rostand.
A questo filone ‘francese’ fa però riscontro, intrecciandosi disinvoltamente con esso, uno ‘napoletano’, che con vivacità temperata da una sobria vena sentimentale ripropone aspetti tipici della civiltà musicale in cui Parodi affondava pur sempre le radici: s’inaugurò nel 1930 con Tre madrigali napoletani per voci sole su parole popolari antiche, proseguì con il Concertino napoletano in tre movimenti (Mattinata, Notturno, Tarantella, 1932, stampato nel 1935) e la Villanella (Introduzione e Fughetta) per orchestra (1936), con le musiche di scena per Il Socrate immaginario di Ferdinando Galiani (Napoli, Villa Floridiana, 1949), frutto dell’elaborazione di brani tratti dall’omonima commedia per musica di Giovanni Paisiello, e si concluse con La cantata dei pastori, «divertimento radiofonico» registrato negli studi della RAI nel 1954, poi eseguito nella Sagra musicale umbra del 1955 e rappresentato al S. Carlo nel 1962: il suo lavoro di più ampio respiro che, sulla traccia di un testo divenuto in Napoli un ‘classico’ della pietas popolare (l’«opera pastorale sacra» Il vero lume tra l’ombre ossia La spelonca arricchita per la nascita del Verbo umanato di Andrea Perrucci, 1698), mette in scena le figure tradizionali del presepe napoletano componendole in una successione di quadri vivacemente coloriti, ma al tempo stesso come sospesi in un’atmosfera rarefatta e fuori del tempo.
Completano il catalogo delle sue opere le musiche di scena per La dodicesima notte di Shakespeare (Napoli, Villa Floridiana 1950, stampate nel 1966), un’altra lirica per canto e pianoforte su versi di Giuseppe Parini (O sonno placido, 1927), Tre canzoncine per voci infantili e pianoforte (1953) e varie musiche strumentali, di cui solo due edite, un Concerto per flauto, doppio quartetto (o quintetto) d’archi, arpa e celeste (1939, stampato nel 1959), un Concerto per fagotto e orchestra (1952, stampato nel 1963) e un Vocalizzo per soprano leggero (1958); le altre finora note solo perché elencate in Voci aggiunte e rivedute (1952, cfr. Fonti e Bibl.): Introduzione e Allegro per pianoforte e orchestra di fiati (1928), Divertimento per orchestra (Preambolo, Pavana, Minuetto e Musetta, Rondò, Commiato, 1929), Trio per flauto, violino e violoncello (1948, ma 1947 secondo d’Avalos, 2014, p. 297), Serenata per piccola orchestra (1949), Concerto per violino e orchestra (1949), Sinfonia per piccola orchestra (1951).
L’inclinazione francofila (ma temperata essa pure dalla fedeltà alla tradizione napoletana) contrassegnò anche l’orientamento didattico di Parodi: ne fanno fede, oltre le testimonianze degli allievi (d’Avalos, 2014, pp. 272 s.), le sue traduzioni del Traité de la fugue di André Gédalge (Trattato della fuga, Milano, 1953) e del Précis des règles du contrepoint di Charles Koechlin (Compendio di regole per il contrappunto, Milano, s.d.). Quantunque schivo e riservato per temperamento («musicista di schietta e vigorosa tempra, quanto restio alla pubblicità e quasi rinunciatario», ebbe a definirlo Alfredo Parente, 1942), non rifuggì dal prender parte ad attività di promozione e organizzazione della vita musicale: fu consulente artistico dell’Orchestra da camera napoletana, l’organismo effimero, ma eccellente che nel biennio 1944-1945 riuscì a riavviare l’attività concertistica in una Napoli rovinosamente colpita dalla guerra; curò fino al 1957 la rubrica della critica musicale nella Gazzetta musicale di Napoli rifondata nel 1955 da Vincenzo Vitale; eletto nel 1961 accademico di Santa Cecilia, nel 1971 entrò nel consiglio di amministrazione per la gestione autonoma dei concerti di quell’istituzione; per l’annuario 1967 del Conservatorio romano stilò un compendioso Ricordo di Francesco Cilea. Ma fu soprattutto un didatta insigne, ammirato dagli allievi per la vastità e la profondità della scienza armonica e per la precisione infallibile dell’insegnamento, scevra però di qualsiasi ombra di pedanteria (d’Avalos, 2014, p. 274). Una virtù, quest’ultima, che guidò, ma al tempo stesso probabilmente frenò la sua vena di compositore sempre attento al nitore della forma, e come preoccupato di celare dietro la maschera di un’ironica e brillante nonchalance la complessità del suo mondo interiore. Risus quoque vitast: il motto che nell’autografo (1929) della sua prima opera significativa fa parte integrante del titolo, potrebbe esser preso a emblema della sua opera intera; integrato però dalla battuta pronunciata nella commedia shakespeariana da Viola travestita (atto I, scena V): «I am not that I play».
Renato Parodi morì a Roma il 16 marzo 1974.
Fonti e Bibl.: Conservatorio di musica S. Pietro a Majella di Napoli, Archivio storico, San Pietro a Majella, Archivio didattico, Fascicoli alunni, fasc. 606; Archivio didattico, Partiture, «Registro dei corsi principali e complementari, anni scolastici dal 1924-25 al 1927-28»; Archivio didattico, Registri degli esami di licenza, «Registro degli esami diploma superiore 1927-28», reg. 23; Archivio amministrativo, «M° Parodi Renato Titolare di Armonia e Contrappunto principale», fasc. 9/B/200 (si ringrazia Tommasina Boccia per le ricerche).
M. Castelnuovo-Tedesco, R. P. Preludio ad una commedia di Shakespeare (Twelfth Night), in La Rassegna musicale, V (1932), p. 274; A. Parente, Lettera da Napoli, ibid., XI (1938), pp. 302 s.; XV (1942), p. 210; Voci aggiunte e rivedute per un dizionario dei compositori italiani viventi, ibid., XXII (1952), pp. 38 s.; Chi è? Dizionario biografico degli italiani d’oggi, VII ed., Roma 1961, p. 503; Il Conservatorio di musica «S. Cecilia» negli anni accademici 1963-1964, 1964-65, 1965-1966, Roma 1967, pp. 240 s.; G. Pestelli, A Torino (La musica alla radio. Le stagioni pubbliche), in Nuova rivista musicale italiana, II (1968), p. 381; A.M. Bonisconti, I concerti all’Accademia di Santa Cecilia, ibid., IV (1970), p. 117; Ead., Una novità assoluta di Renato Parodi, ibid., VII (1973), pp. 503 s.; Enciclopedia della musica Ricordi, III, Milano 1965, p. 380; Dizionario enciclopedico universale della musica e dei musicisti. Le biografie, V, Torino 1988, pp. 581 s.; Il Teatro di San Carlo. La cronologia 1737-1987, a cura di C. Marinelli Roscioni, Napoli 1987; R. Di Benedetto, Cronache di una stagione eroica: nascita, splendore e dissoluzione dell’Orchestra da camera napoletana, in Napoli nobilissima, s. 4, II (2001), pp. 200-202; D. Tortora, Il Regio Conservatorio di musica San Pietro a Majella sotto il fascismo, in Mario Pilati e la musica del Novecento a Napoli fra le due guerre, a cura di R. Di Benedetto, Napoli 2007, pp. 43, 68; Ead., Il Conservatorio S. Pietro a Majella: dal secondo dopoguerra al nuovo millennio, in Percorsi della musica a Napoli nel Novecento, a cura di G. D’Agostino, Napoli 2005, pp. 55 s., 61, 63, 69, 71, 78 (numero speciale monografico di Meridione. Sud e Nord nel Mondo, V, 2); F. d’Avalos, Autobiografia di un compositore (1930-1957), Roma 2014, pp. 272-275, 289, 297, 520, 621, 638, 645 s.