RENATO I d'Angiò, detto il Buono, duca di Lorena
Re di Napoli e di Gerusalemme, duca di Lorena e di Bar, conte di Provenza, secondogenito di Luigi II d'Angiò e di Iolanda d'Aragona, nato ad Angers il 16 gennaio 1409, morto ad Aix il 10 luglio 1480. Rimasto orfano del padre a nove anni, fu educato dalla madre, la quale ottenne che suo zio, il cardinale di Bar, lo adottasse quale erede di quel ducato (1419). Sposò Isabella, figlia ed erede di Carlo II di Lorena, ma, alla morte di costui, Antonio di Vaudemont gli disputò il ducato. Fu quindi vinto e fatto prigioniero a Bulgnéville e dato in potere del duca di Borgogna (2 luglio 1431). Rilasciato sotto condizione il 16 febbraio dell'anno dopo, ottenne sentenza arbitrale favorevole dall'imperatore Sigismondo (Basilea, 24 aprile 1434), ma dovette ricostituirsi prigioniero a Digione (i° marzo 1435). Alla morte di Luigi III, suo fratello, assunse i diritti sul regno di Napoli oltre alla contea di Provenza e all'Angiò, ma soltanto dopo la liberazione, ottenuta a prezzo di danaro l'11 febbraio 1437, poté tentare d'impadronirsi effettivamente del regno. Sbarcato a Napoli il 9 maggio 1438 e raggiunto di lì a poco dalla regina Isabella, lottò senza successo contro Alfonso d'Aragona e dovette riprendere la via della Francia (1442). Nel 1444 si adoperò a stabilire la pace tra i re di Francia e d'Inghilterra (negoziati di Tours). Allora la figlia Margherita sposò il re Enrico VI, il che non impedì a R. di combattere poi il genero, contribuendo alla conquista della Normandia (1449). Nel 1461 andò contro i Genovesi ribelli, ma fu respinto. Nel 1467 gli Aragonesi gli offrirono la corona, ma egli la passò al figlio Giovanni, che morì quattro anni dopo a Barcellona. Dopo la guerra delle Due Rose, Margherita tornò in Francia per finire i suoi giorni presso il padre. Morirono anche il secondogenito e il nipote Nicola nato da Giovanni e gli sopravvisse soltanto la figlia maggiore Iolanda contessa di Vaudemont.
Mescolato a tutti i grandi fatti che si svolsero nell'Europa occidentale durante il suo tempo, poco energico ed eccessivamente arrendevole, di essi fu più spettatore che attore. Il nipote Luigi XI, non contento di avergli preso l'Angiò, volle che Carlo, conte del Maine, nipote ed erede di R., legasse alla corona di Francia anche la Provenza, e il vecchio re lasciò fare. Di carattere romantico e bonario, amò a preferenza le lettere e le arti, circondandosi di artisti e letterati nel castello di Tarascona. Lasciò egli stesso varie opere letterarie, un trattato di morale (Mortifiement de vaine plaisance), due romanzi allegorici in prosa e in versi (Livre du cieur d'amour épris, Abbusé en court, che rasenta la satira), il Livre des tournois, poesie (Regnault et Jeanneton), ecc., raccolte dal Quatrebarbes in 4 voll. (Parigi 1845-46). Diresse inoltre, se non eseguì materialmente, pregevoli opere artistiche (miniature del Livre d'heures alla Bibliothèque Nationale di Parigi, Buisson ardent della cattedrale di Aix, ecc.). A queste è assicurata principalmente la sua fama.
Bibl.: Villeneuve-Bargemont, Histoire de R. d'Anjou, Parigi 1825, voll. 3; A. Lecoy de la Marche, Le roi R., ivi 1875, voll. 2; J. Renouvier, Les peintres et les enlumineurs du roi R., Montpellier 1857; P. Marchegay, Mél. histor., 1857; N. F. Faraglia, Storia della lotta tra Alfonso V d'Aragona e R. d'Angiò, Lanciano 1908; G. Arnaud d'Agnel, Les comptes du roi R., Parigi 1908-10, voll. 3.