GIACHETTI, Renato
Nacque a Sesto Fiorentino il 2 luglio 1903 da Cesare, operaio ceramista, e da Anna Becagli.
Le disagiate condizioni economiche della famiglia, composta da otto figli, non consentirono al G. di proseguire gli studi oltre la scuola elementare. All'età di dodici anni pertanto iniziò a lavorare presso una fabbrica di conserve alimentari, dove sopportava turni di 12-13 ore, spesso anche notturne; successivamente seguì le orme paterne divenendo operaio ceramista.
L'influenza del padre e dei fratelli maggiori fu determinante anche nelle scelte politiche del G., che si avvicinò alle idee socialiste, frequentando la società anticlericale Avanguardia, e nel 1919 si iscrisse al locale circolo giovanile socialista.
In breve tempo il G. assunse, in questo ambito, un ruolo dirigente e, nel 1920, costituì un gruppo di "amici dell'Ordine nuovo", primo nucleo della futura organizzazione comunista di Sesto Fiorentino. L'anno successivo il circolo aderì alla Federazione giovanile comunista, di cui il G. divenne segretario locale. Il raggio dell'attività politica del G. si estese poi all'ambito provinciale, in coincidenza con l'avvento del fascismo, e ciò lo espose alla repressione: nel gennaio 1926 e nell'aprile 1927 fu fermato per attività antifascista e rilasciato poco dopo. Nell'estate del 1927 l'organizzazione comunista fiorentina fu scoperta, ma il G., prima di essere nuovamente arrestato, riuscì a espatriare clandestinamente a Lione, dove fu chiamato a far parte del comitato regionale dei gruppi antifascisti di lingua italiana. In Francia s'impegnò nella diffusione della stampa e nell'organizzazione giovanile, prima che il centro estero del partito comunista decidesse, nel 1928, di inviarlo a Mosca.
Qui, nel biennio 1929-30, frequentò la scuola leninista, avendo così modo di sviluppare la propria cultura, che del resto non aveva mai smesso di coltivare da autodidatta.
Ritornato in Francia, il G. entrò a far parte dell'apparato centrale del partito dove gli vennero affidati importanti incarichi nell'organizzazione della propaganda antifascista.
Nello svolgimento di tali compiti fece frequenti viaggi clandestini in Italia e, nel corso di uno di questi, nel 1931, venne arrestato a Milano. Sottoposto a interrogatorio, il G., dopo aver ammesso di essere "comunista convinto" e di essere "venuto dall'estero per fare propaganda", si disse "deciso a non parlare a qualunque costo" (Rapporto di un centurione…).
Deferito al tribunale speciale per associazione e propaganda sovversiva, l'8 apr. 1932 venne condannato a dodici anni di carcere. Nel 1934 beneficiò dell'amnistia e poté far ritorno a Sesto, dove, malgrado la stretta vigilanza cui era sottoposto e una serie di arresti "preventivi", riuscì a riprendere i contatti con gli antichi compagni di partito. Accusato di far parte dell'organizzazione comunista di Sesto Fiorentino, il 6 nov. 1936 venne condannato a cinque anni di confino, che scontò a Ponza e a Ventotene. Trascorso il periodo di pena, in considerazione della sua pericolosità politica, la commissione provinciale di Littoria (oggi Latina), con ordinanza del 6 ott. 1941, gli inflisse altri due anni di confino. Liberato nell'agosto 1943, dopo l'8 settembre collaborò alla preparazione dell'attività militare e politica del partito comunista in Emilia-Romagna e venne quindi nominato ispettore regionale del partito e delle brigate "Garibaldi", assumendo il nome di battaglia di Giulio.
All'inizio il G. dovette far fronte a non poche difficoltà per rimuovere le "posizioni attesiste che continuavano a persistere nelle singole federazioni" e che, a suo giudizio, dipendevano soprattutto dalla "debolezza ideologica" dei quadri del partito, in parte inquinati da "tendenze opportunistiche", e da "poco senso di responsabilità" (Relazione sulla Romagna, Rapporto dell'ispettore "Giulio", dicembre 1943). Convinto della necessità di passare decisamente all'azione, il G. operò affinché il partito comunista si ponesse alla testa della lotta contro fascisti e Tedeschi. A tal fine promosse il rinnovamento dei quadri direttivi del partito comunista e la riorganizzazione delle federazioni emiliano-romagnole. Sollecitò, inoltre, i Gruppi di azione patriottica ad assumere un atteggiamento offensivo piuttosto che difensivo, e prese contatti con gli altri partiti per costituire i Comitati di liberazione nazionale, basati su un comune programma di lotta.
Nel giugno 1944 il G., con G. Alberganti e I. Barontini, divenne membro del triumvirato insurrezionale, organo di coordinamento politico-militare del partito comunista, che, analogamente a quanto accadeva in altre regioni dell'Italia occupata, affiancava il Comando unico militare Emilia Romagna. Il 1° agosto, nel corso di una retata dei Tedeschi a Parma, il G. venne arrestato, insieme con C. Campioli e G. Amendola, ma il 12 tutti e tre furono rilasciati, essendo riusciti a nascondere la loro identità. Nel settembre dello stesso anno il G. fu sostituito da G. Dozza e divenne invece responsabile del triumvirato insurrezionale del Nord Emilia (del quale facevano parte anche E. Suardi e G. Menconi), sorto a Reggio Emilia per esigenze di decentramento politico-organizzativo. Nel febbraio 1945 si trasferì a Torino, dove ebbe parte nell'organizzare l'insurrezione del 25 aprile.
Dopo la Liberazione e fino al 1947 il G. diresse la scuola del PCI a Milano quindi, dal 1950 al 1953, la scuola centrale dei quadri del partito a Roma, infine passò all'Istituto di studi comunisti.
Il G. morì a Pisa il 24 ag. 1964.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centrale dello Stato, Casellario politico centrale, b. 2372; Ministero dell'Interno, Direzione gener. di Pubblica Sicurezza, Div. Affari gen. e ris., sez. I, 1930-31, K. I, b. 41, f. Milano, Rapporto di un centurione dellaMilizia volontaria per la sicurezza naz.; Ibid., Arch. della Fondaz. Istituto Gramsci, Fondo PCI, cart. Emilia-Romagna, Relazione di "Giulio" (R. G.), s.d. (ma 1943); L. Bergonzini, La Resistenza a Bologna. Testimonianze e documenti, I, Bologna 1967, pp. 40, 109, 111, 115, 187, 189; P. Spriano, Storia del Partito comunista italiano, II e IV, Torino 1969-73, ad indices; L. Longo, I centri dirigenti del PCI nella Resistenza, Roma 1973, ad ind.; G. Amendola, Lettere a Milano, Roma 1973, pp. 355, 357, 361, 369-374, 376 ss., 381, 387; P. Secchia, Il Partito comunista italiano e la guerra di Liberazione 1943-45, in Annali dell'Istituto G. Feltrinelli, XIII (1973), p. 625; L'Unità, 26 ag. 1974 (commemorazione); Le Brigate Garibaldi nella Resistenza, II, a cura di G. Nisticò, Milano 1975, pp. 32, 35; L'Emilia-Romagna nella guerra di Liberazione, I, L. Bergonzini, La lotta armata; II, P. Alberghi, Partiti politici e CLN, Bari 1975, ad indices; A. Dal Pont - S. Carolini, L'Italia dissidente e antifascista, Milano 1980, ad indicem; Id. - Id., L'Italia al confino, Milano 1983, ad indicem; L. Casali, Sovversivi e costruttori. Sul movimento operaio in Emilia Romagna, in L'Emilia Romagna, a cura di R. Finzi, Torino 1997, ad indicem; G. Gozzini - R. Martinelli, Storia del Partito comunista italiano. Dall'attentato a Togliatti all'VIII congresso, Torino 1998, ad indicem; Il movimento operaio italiano.Diz. biografico, II, s.v.; Enc. dell'antifascismo e della Resistenza, II, s.v.; A. Albertazzi - L. Arbizzani - N.S. Onofri, Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel Bolognese (1919-45), III, Diz. biografico, D-L, Bologna 1986, s.v.