CATO (Cati), Renato
Nato a Ferrara, forse nel 1519, da Ludovico e da Ippolita Nigrisoli, studiò in patria e fu allievo dell'Alciato, che il 17 giugno 1546 fu promotore della sua laurea in diritto civile e canonico. Sposò Eleonora Gualengo. Divenne presto lettore di diritto civile e criminale nello Studio e conservò la cattedra sino al 1598;ma incarichi diplomatici lo tennero spesso lontano da Ferrara. Nel 1552 recitò all'università una orazione, che, rimasta inedita per quasi due secoli, fu stampata nell'VIII volume della Miscellanea di varie operette pubblicato a Venezia dal Bettinelli nell'anno 1744 (pp. 475 ss.).
In essa il C. sostiene che il giurista, nell'esporre e interpretare le leggi, deve usare un latino puro ed elegante, evitando assolutamente vocaboli e locuzioni non proprie del latino classico. Occorre quindi che egli legga assiduamente i prosatori ed i poeti dell'antica Roma ed è anche bene che si eserciti a declamare e comporre versi latini. Questa posizione del C. è molto meno equilibrata di quella dell'Alciato e non considera che l'aspetto puristico della dibattuta e complessa questione del latino dei giuristi.
Alla morte del padre (1553) il C. losostituì nell'ufficio di procuratore fiscale. Più tardi divenne anche segretario ducale e consigliere segreto. Nel 1560 fumandato a Roma per questioni relative alle acque del Reno, e nell'autunno 1566seguì il duca Alfonso in Ungheria; ma a Vienna s'ammalò ed ebbe il permesso di tornare in Italia. Nella primavera del 1570 fuinviato come oratore residente alla corte imperiale.
Il ducato, nel giuoco politico-militare delle potenze europee, non aveva ormai quasi più peso. Perciò il compito del suo ambasciatore si riduceva quasi soltanto a inviare a Ferrara le più dettagliate notizie di ciò che avveniva alla corte imperiale e, soprattutto, a brigare per le due questioni che allora stavano più a cuore al duca: la lite di precedenza coi Medici e il riconoscimento del suo diritto ai titoli di "altezza" e di "serenissimo". Il C., tra l'altro, curò la diffusione tra i personaggi importanti della corte dell'Historia dei principi d'Este di G. B. Pigna, che era stata composta proprio anche per sostenere le ragioni della precedenza estense. Più tardi, ne procurò anche la traduzione in tedesco ad opera di Tiburzio Dreyfelder.
Il C. restò in Germania sino al gennaio 1575, quando fu sostituito da P. Carandini. Ma vi fu poi di nuovo mandato più volte per missioni speciali: era a Ratisbona quando vi morì l'imperatore Massimiliano II (12 ott. 1576) e restò in Germania fino al gennaio 1577. Vi tornò nel 1579 e nel marzo-aprile 1580 visitò gli elettori di Sassonia e del Palatinato. Nel luglio 1582 fu mandato ad Augusta, dov'era riunita la Dieta imperiale, per ottenere che fosse data al duca l'investitura del castello di Rolo e per riproporre la solita questione dei titoli. Nel 1586 fu inviato a Roma: doveva trattare dei dissensi tra il duca e il fratello, card. Luigi, dei sali di Comacchio, delle acque del Reno, dell'inosservanza da parte dei Veneziani di una convenzione da loro fatta con papa Giulio II che interessava anche i mercanti ferraresi.
Morto nel 1597 Alfonso II, il successore, Cesare, lo mandò col fratello Ercole a Venezia a dar conto alla Signoria veneta della successione e a chiedere appoggio contro le mire papali. Caduto il governo estense di Ferrara, il C. fece parte (marzo 1598) dell'ambasceria mandata a Roma a prestare obbedienza al papa e vi fece il discorso ufficiale; così pure pronunciò il discorso ufficiale di ringraziamento quando, nel maggio, il papa andò a visitare Ferrara. Nel 1602 fu dei Riformatori dello Studio.
Morì a Ferrara il 7 marzo 1608.
Nella vita e nella cultura ferrarese della seconda metà del Cinquecento il C. fu un personaggio importante. Il Tasso nel Messaggiero loda la sua intelligenza delle umane lettere e la sua affabilità; P. Sacrati gli diresse una delle sue epistole ringraziandolo dell'onore che gli aveva fatto portando seco un suo libro in Germania; Lilio Gregorio Giraldi, a proposito del C. poeta, scrive: "Quis Renato Catone mollior et delicatior?"; ed altre moltissime testimonianze si potrebbero citare. Come giurista egli era considerato non meno dotto del padre, ma di lui più eloquente. Ben poco rimane della sua produzione letteraria e giuridica. Gli è attribuita una poesia in morte di G. Zilioli che si trova nella raccolta di G. A. Barotti, Ferrariensium et exterorum carmina (ms. n. 70 della Biblioteca Ariostea di Ferrara); un suo epigramma in endecasillabi faleci si legge in fronte al De laudibus... Herculis Estensis II di G. B. Bonacossi (Venezia 1555)ed un altro pure in endecasillabi è premesso al III libro Consiliorum...di Ippolito Riminaldi (Venezia 1580).Dei suoi scritti giuridici restano un parere In causa iuris praecedendi pro legatis urbis Ferrariae adversus legatos urbis Bononiae (Biblioteca Ariostea, ms. 451), una norma repetitionis sulla l. de officio assessoris (Dig. I, 12, 1) ed Expositiones ad l. si unus c. de pactis (Dig. II, 14,27) conservate dal ms. Lat. 99 della Biblioteca Estense di Modena. Il Borsetti scrive che furono messi a stampa anche suoi Responsa.
Fonti e Bibl.:Arch. di Stato di Modena, Arch. Estense, Particolari, b. 310; Carteggi di referendari, b. 21b; Ambasciatori, Germania, bb. 26-30, 33, 43; Roma, b. 92; Venezia, b. 88; Legali, b. 6; Libri dei feudi, 137, c. 12; Modena, Biblioteca Estense, ms. It. 387: Diario di M. A. Guarino, II, c. 19; Autografoteca Campori, ad vocem; Ferrara, Bibl. Ariostea, mss. 70, 220, 314, 451, 570 bis; L. G. Giraldi, Opera omnia, II, Basileae 1580, p. 421; P. Sacrati, Epistularum l. VI, Ferrariae 1582, pp. 370 s.; T. Tasso, Prose, II, Firenze 1847, p. 238; A. Libanori, Ferrara d'oro, Ferrara 1665, III, p. 283; F. Borsetti, Historia almi Ferrariae Gymnasii, II, Ferrariae 1735, p. 162; L. Barotti, Mem. istor. di letterati ferraresi, II, Ferrara 1793, p. 88; G. Tiraboschi, Storia della lett. ital.,VII, Venezia 1796, pp. 679, 1354; G. Guasti, Le carte strozziane dell'Arch. di Stato di Firenze, I, Firenze 1884, pp. 254 s.; V. Santi, La precedenza tra gli Estensi e i Medici..., in Atti e mem. della Deput. ferrarese di storia patria, IX (1897), pp. 72 s.; G. Pardi, Titoli dottorali conferiti dallo Studio di Ferrara..., Lucca 1900, p. 142; Id., Lo Studio di Ferrara nei secc. XV e XVI, in Atti e mem. della Deput. ferrarese di st. patr., XIV (1903), p. 120; L. von Pastor, Storia dei papi, XI, Roma 1929, p. 608; A. Visconti, Storia dell'università di Ferrara, Bologna 1950, pp. 69 s.