REMONDINI
. Famiglia veneta di editori, fiorita a Bassano tra il 1650 e il 1860. Fondatore della casa fu Giuseppe Antonio R., stabilitosi a Bassano verso il 1640. I primi lavori dell'officina furono gli almanacchi e le storie dell'epica popolare. La tipografia nel 1670 contava già quattro torchi e stampava immagini sacre e pro, fane, cronache e satire del tempo. Morto (1711) G. A. R., gli eredi si divisero nel 1725, e la tipografia venne continuata da Giuseppe (1677-circa 1750) e dai suoi figli. Sotto di lui la parte calcografica prende grande sviluppo, i torchi raggiungono il numero di 12, vengono acquistate 4 cartiere; per sua iniziativa s'istituisce una scuola d'incisione. Con decreto 15 gennaio 1739 il senato veneto concede alla ditta speciali privilegi. A Giuseppe succede il figlio Giovanni Battista (1713-1773), sotto la cui direzione la ditta raggiunge il massimo splendore. Dai nuovi torchi escono stampe con leggende nelle più svariate lingue, e la concorrenza dei R. si fa sentire pericolosamente in tutta l'Europa, e persino nei due più grandi centri di produzione popolare, Augusta e Parigi. I calcografi di Augusta fanno anzi sequestrare, nel 1766, parecchie casse di stampe popolari spedite da Giovanni Battista, sostenendo trattarsi di copie da originali augustani. L'accusa era fondata (i R. non furono mai mercanti troppo scrupolosi), e la causa complicata che ne seguì terminò con una transazione. Nel 1772 il R. fu accusato di aver stampato un'immagine satirica contro Carlo III di Spagna per istigazione dei gesuiti, al cui servizio stava la tipografia. In realtà si trattava della sostituzione occasionale di uno stemma in una produzione uscita dai torchi sei anni prima; ma Carlo III fece le sue rimostranze al senato veneto, il governo spagnolo minacciò d'interdire l'entrata in Spagna delle stampe e dei libri impressi a Venezia, e il R. riparò per sua sicurezza a Castel Tesino. L'equivoco fu poi chiarito, ma intanto Giovanni Battista moriva per il dolore di vedere la gloriosa azienda (che nel 1782 possedeva 18 torchi tipografici, 24 per i rami, 2 per le carte fiorate, più di 1000 operai, 15 incisori in rame, 100 miniatori) tanto gravemente minacciata.
Gli successe il figlio Giuseppe (1747-1811) insieme col fratello Antonio; ma i turbinosi eventi politici della fine del sec. XVIII e del principio del successivo paralizzano i commerci e provocano la decadenza della ditta. Nel 1798 Antonio chiede la divisione patrimoniale. Il secondogenito Francesco (1773-1820), poi la moglie di lui Gaetana Baseggio, tentano invano di risollevare le sorti dell'azienda, a cui le rivoluzioni del 1830 e del '48-'49 dànno un altro e definitivo tracollo. Malgrado il carattere infimo della sua produzione, essa va considerata come l'antesignana della grande industria editoriale venuta più tardi.
G. Volpato a Roma, A. Verico a Firenze, F. Bartolozzi a Lisbona, G. Vendramin a Parigi, G. Del Pian a Vienna, F. Vendramin a Mosca, i fratelli Schiavonetti a Londra furono tutti allievi della calcografia Remondini.
Bibl.: B. Gamba, Alcune operette, Milano 1827, pp. 125-152; J. Ferrazzi, Di Bassanoe dei bassanesi illustri, Bassano 1847; O. Brentari, La Casa Remondini e la corte di Spagna, ivi 1847; A. Bertarelli, L'imagerie populaire italienne, Parigi 1930.