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CESTI, Remigio

di Lorenzo Tozzi - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 24 (1980)
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CESTI, Remigio

Lorenzo Tozzi

Figlio di Vincenzo (come risulta dall'albero, genealogico in F. Coradini, 1923) e nipote del più celebre Pietro (in religione Antonio), nacque probabilmente poco dopo il 1630 ad Arezzo (come sembra desumersi da una supplica del 9 ott. 1661 del Consiglio dei cavalieri di S. Stefano al granduca di Toscana, protettore dell'Ordine, per la omologazione delle nomine decise dal Consiglio stesso). Una lettera di Pietro al nobile pisano Francesco Lanfreducci scritto alla vigilia di un suo viaggio a Firenze (settembre 1649) per assistere alla vestizione del nipote agli Angeli (badia camaldolese) ci conferma che nello stesso anno (esattamente il 2 novembre) il C. vestì l'abito camaldolese nella stessa badia ove figura dal 1710 come abate titolare.

Già in precedenza comunque egli si era distinto in qualità di maestro di cappella dapprima a Volterra (come già lo zio, che aveva ricoperto questa carica dal 1645 al seminario e anche al duomo), poi ad Arezzo e Faenza (come è testimoniato dalle 77 composizioni di musica sacra manoscritte nell'archivio capitolare del duomo faentino) ed era stato segretario del generale Ricoi, abate ad Arezzo e Siena.

Dal 9 ott. 1661 al 1667 circa lo troviamo come organista della conventuale dei Cavalieri di S. Stefano in Pisa, un posto per il quale aveva già concorso, ma senza successo, il 13 apr. 1658. La supplica sopra menzionata rileva infatti: "Il padre R., Cesti aretino, monaco camaldolese, ha dimostrato all'anni scorsi in questa città la sua perizia et havendo di poi seguitato sempre con un suo zio musico famoso, non pare a noi che resti luogo di dubitare se in esso concorra l'intera habilità". Dal che si desume tanto un'attività pisana del C. anteriore al '61, quanto l'amicizia e la stima (forse anche qualche fattiva collaborazione) tra zio e nipote, il che spiegherebbe perché si trovi il musicista più giovane sulle orme del più anziano non solo nella maturazione del suo stile musicale, quanto anche nelle stesse sedi di attività musicale (siapur dopo di lui).

Nello stesso 1661 (29 novembre) Pietro Cesti in una lettera (oggi al Museo Fitzwilliam) a Giovanni Battista Ricciardi, residente a Pisa, dice di trattenere presso di sé a Firenze il C., a causa delle malattie di cui aveva avuto notizia da Pisa. Questa testimonianza permette di ritenere che questi partecipò alla rappresentazione dell'Ercole in Tebe di IacopoMelani a Firenze nel luglio 1661 per le nozze del principe Cosimo con Margherita Luisa d'Orléans.

L'affettuosa protezione dello zio, di cui è traccia nella già menzionata delibera pisana, spiega forse anche la rappresentazione ad Innsbruck, dove Pietro aveva avuto molta dimestichezza dapprima con l'arciduca Ferdinando Carlo di Asburgo e dopo il '63 con suo fratello Sigismondo Francesco, dell'opera Il principe generoso (ottobre 1665) oggetto di un'altalena di attribuzioni oscillanti tra zio e nipote, ma che la partitura definisce "Musica di D. Remigio Cesti consacrata alla Sacra Maestà cesarea dell'Imperatore Leopoldo (probabile, ma non sicura, un'altra rappresentazione a Vienna alla corte imperiale). Così come non estraneo doveva essere stato il suo interessamento alla esecuzione fiorentina della Serenata drammatica (14 ag. 1662) composta espressamente per il compleanno del principe Cosimo de' Medici, per lo più attribuita a Pietro, ma che il Wellesz suppone invece, data la vicinanza stilistica con Il principe generoso, in tutto od in parte creazione del Cesti. Così come allo stile dello zio si richiamano, secondo l'osservazione di N. Pirrotta, l'ampiezza e la ricchezza strumentale della sinfonia e dei ritornelli.

Rimasto sia in vita sia dopo la morte all'ombra della figura ben altrimenti celebre di Pietro, il C. risente ancor oggi del non risolto annoso problema delle opere attribuitegli in ballottaggio con lo zio. Questa sua perenne condizione di inferiorità, cui per primo il Wellesz ha cercato di porre rimedio dimostrando la distanza stilistica tra le due composizioni drammatiche che egli ritiene del C. ed alcuni dei capolavori del grande Pietro Cesti, sembra oggi in parte relegarlo all'ambito dei personaggi minori anche se il recente studio di Frosini, ricco di nuove notizie in merito alla sua figura, e soprattutto il ritrovamento presso il duomo di Faenza di materiale musicale manoscritto del C. possono ormai permettere una considerazione, sia pure parziale, ma almeno più ampia delle sue possibilità creative ed una miglior collocazione storica in rapporto al teatro ed alla musica sacra del suo tempo.

Tra le composizioni del C. si ricordano: l'opera Il principe generoso (Innsbruck 1665; part. alla Nationalbibl. di Vienna ms. 17.199; sinfonia pubblicata in Wellesz). Di incerta autenticità è la paternità della Serenata drammatica (Firenze 1662), attribuita in passato prevalentemente a Pietro rivendicata al C. dal Wellesz (partitura manoscritta alla Nationalbibliothek di Vienna, ms. 16.890).

Di sicura attribuzione è invece il mottetto Beatus vir quitimet pubblicato da Orazio Tarditi in Concerto il trigesimo quintodi mottetti a 2et 3 voci alcuni con Violini (Venezia 1663).

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Pisa, Arch. di S. Stefano, filza 33 (Suppliche e informazioni 211-212), c. 397, e filza 234 (Suppliche e informazioni 214), c. 269; G. Farulli, Istoria cronol. del nobile et antico monastero degli Angeli in Firenze, Lucca1710, catalogo conclusivo, s. v.; E. Wellesz, Zwei Studien sur Gesch. der Oper ..., in Sammelbände der Internationalen Musik-Gesellschaft, XV (1913-1914), pp. 124-154; A.Dörrer, Hundert Innsbrucker Notendrucke aus dem Barock. Ein Beitrag zur Geschichte der Musik und des Theaters in Tirol, in Gutenberg-Jahrbuch 1939, pp. 262 s.; F. Walker, Salvator Rosa and Music, II, in The Monthly Musical Record, LXXX(1950), p. 36; N. Pirrotta, Cesti nell'epistolario di Salvator Rosa, in La storia romana,G. Carissimi,A. Cesti,M. Marazzoli, Siena 1953, p. 72; D.Frosini, Antonio Cesti da Volterra a Pisa nel 1649, in Rivista ital. di musicologia, XIII (1978), 1, pp. 104-117; C. Schmidl, Dizionario universale dei musicisti, I, pp. 325 s.; R. Eitner, Quellen Lexikon der Musiker, II, p. 398; Die Musik in Geschichte und Gegenwart, II, col. 995; Grove's Dict. of Music and Musicians, II, London 1954, p. 147; Enc. dello Spett., III, col. 468.

Vedi anche
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Vocabolario
remìgio
remigio remìgio s. m. [dal lat. remigium «remeggio (anche come movimento delle ali)», der. di remex -mĭgis: v. remige]. – In zoologia, la parte anteriore, più estesa, dell’ala degli insetti, detta anche preala e regione remigante.
remigare
remigare v. intr. [dal lat. remigare, der. di remex -mĭgis «remige»] (io rèmigo, tu rèmighi, ecc.; aus. avere). – 1. letter. o raro. Sinon. di remare: vagò remigando più ore per il mare. 2. estens. e fig. a. Nello sport del nuoto, muovere...
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