REMBRANDT (Rembrandt Harmenszoon van Rijn o van Rhijn)
Pittore ed acquafortista. Il nome sotto il quale il pittore è universalmente noto e con cui ha sempre firmato i suoi quadri, è quello di battesimo; "Van Rijn" più di un cognome è l'indicazione della casata. Il grande maestro nacque a Leida il 15 luglio 1606, morì ad Amsterdam il 4 ottobre 1669. Era il figlio più giovane del mugnaio Harmen Gerritsz (onde è detto Harmenszoon), uomo piuttosto benestante, proprietario del mulino a vento "de Rijn" (il Reno) a Leida. Il padre lo destinava agli studî umanistici ed il 20 maggio 1620 il R. s'immatricolò all'università di Leida come "studiosus litterarum". Non risulta se veramente seguisse i corsi; ma in seguito diede prova di una solida cultura, distinguendosi per la sua erudizione. Ben presto il giovane si dedicava più alla pittura che non agli studî universitarî. Già nel 1625 l'avvocato e amatore d'arte Arnoldus Buchelius lo menziona come artista che promette molto di sé: a Leida aveva sentito parlare di lui, ma gli sfuggiva il suo nome, onde scrive: "molitoris leidensis filius magni fit, sed ante tempus". Il R. era allora discepolo del mediocre pittore Jacob van Swanenburgh, tornato dall'Italia nel 1617. Forse anche egli si formava sotto Joris van Schooten, il quale da 1615 al 1617 era stato maestro del suo amico e coetaneo Jan Lievens (nato nel 1607). Il Lievens passò poi allo studio di Pieter Lastman ad Amsterdam, donde fece ritorno a Leida nel 1621. Era artista precoce assai e sembra che il suo fare abbia influito sul giovane R. più che tutto l'insegnamento dei suddetti maestri. Non è neanche escluso che l'esempio del Lievens, i cui genitori abitavano a due passi dalla casa paterna del R., inducesse quest'ultimo ad accettare addirittura la pittura come unica professione possibile. Così nel 1627 il R. a sua volta si recò ad Amsterdam per perfezionarsi nello studio del medesimo Pieter Lastman. Vi rimaneva per un periodo di sei mesi soltanto, irequentando poi per breve tempo anche lo studio di Jacob Pynas, che come il Lastman aveva soggiornato in Roma.
Verso la fine del 1627 il R. si trova di nuovo stabilito a Leida, evidentemente in contatto assiduo col Lievens. Tutto fa supporre che, per un certo periodo, i due giovani abbiano avuto uno studio in comune. Si conoscono quadri con la loro doppia firma (ritratto di vecchio nel museo di Schwerin; testa di ragazzo nel Rijksmuseum ad Amsterdam); e più volte si servirono dei medesimi modelli. Non sorprende pertanto che, mancando la firma, l'attribuzione di alcuni quadri all'uno o all'altro sia discutibile. Ma già allora, fra il 1628 ed il 1630, il genio del R. acquista una preponderanza crescente sul talento più versatile ma meno saldo del Lievens. Quando nel 1628 anche Gerard Dou, quindicenne, entra nello studio come terzo, egli si fa scolaro, e anche imitatore, appunto del R., sì che certe opere sue (teste o mezze figure in piccolo formato) difficilmente si distinguono da quelle di tipo e taglio corrispondente del maestro, più anziano di sette anni soltanto. La tecnica del R. in questo periodo è insieme sottile e risoluta; la sensibilità per le tonalità atmosferiche e per le caratteristiche della superficie illuminata già mostra in lui il grande visionario che poi si rivelò poderosamente. L'attività pittorica in questo primo periodo è già notevolissima. I tre primi quadri conosciuti sono del 1626: Cristo caccia i profanatori dal tempio, gruppo mosso di cinque figure (Museo di Mosca); Balaam in viaggio, nel museo Cognac a Parigi; il Vecchio Tobia con la moglie in un interno, scoperto nel 1933, proveniente da proprietà polacca. Seguono del 1627 il San Paolo in carcere (Museo di Stoccarda), l'Avaro che esamina una moneta alla luce di una candela (Museo di Berlino); poi varî quadri del 1628-29, tutti semplici per quanto riguarda i temi scelti, ma animati da un vero ardore verso l'ignoto. Sono realizzazioni impulsive, tentativi in più direzioni; ma ogni opera in sé stessa significa un raccoglimento, non mai un'uscita irruente o stravagante. Spesso si serve dei suoi familiari per le sue teste di studio. Ritrae la propria madre come la profetessa Anna, o senza attributi fissa sulla tela o sul rame la sua fisionomia di vecchia addolorata, con un affetto che profondamente commuove. Alcuni dipinti non grandi, ed anche acqueforti, mostrano la figura di un vecchio che è ritenuto il padre del maestro: lo rappresenta mentre dorme vicino al caminetto quasi spento (pinacoteca di Torino; del 1629) e in altri momenti. Dello stesso periodo sono i primi autoritratti (L'Aia; Kassel). In alcune composizioni come nella Disputa di Cristo con i Farisei (Londra, coll. Beit; del 1629) già si osserva il modo fantastico di concepire, la creazione (e non l'applicazione) di quella luce sovrannaturale, magica e potente, di cui sono imbevuti i capolavori posteriori. Visionaria come se fosse l'illustrazione di una fiaba orientale, è la celebre Presentazione al tempio nella Galleria Reale Mauritshuis a L'Aia. Bene si è detto che, se questo quadro si trovasse alla fine di una carriera artistica invece che quasi al suo principio, sarebbe bastato per assicurare al pittore un posto fra i più eminenti di tutti i tempi. Per R. era soltanto il riassunto di una gioventù e un impegno di fronte al proprio avvenire. Il padre gli era morto nel 1630. Il quadro citato è del 1631, e nel corso del medesimo anno il R. lasciò la città nativa e andò a stabilirsi ad Amsterdam.
Ivi acquistò ben presto fama. Aveva 25 anni, ma non era più considerato un principiante. Scelse dimora presso Hendrick van Uylenburgh, suo amico, il quale come negoziante di arte aveva molte relazioni fra l'aristocrazia borghese, e frequentemente commerciava pitture italiane, originali e copie. Il R. verso la fine del 1631 dipingeva la Sacra Famiglia a grandi figure (Monaco di Baviera), nella quale l'influsso dei Veneziani e dei Bolognesi, anche nel colorito vivace, è palese. Nel 1632 consegnava alla corporazione dei chirurghi la famosa tela: la Lezione di anatomia del professore Nicolaas Tulp (L'Aia, Mauritshuis). Con quest'opera, in cui sono figurati sette medici raggruppati con l'insigne precettore intorno ad un cadavere, il R. si assicurò ad un tratto il primo posto fra i ritrattisti del suo paese. I rivali più anziani, Thomas de Keijser e Nicolaas Elias, avevano avuto incarichi analoghi, il primo nel 1619, il secondo nel 1625. Il De Keijser aveva rappresentato un chirurgo mentre fa lezione su uno scheletro; l'Elias mentre fa la sua dimostrazione sopra un cranio; il R., più audace, conferì al tema un nuovo significato e maggiore tensione: la lezione sostanziale e sensata diventa sotto il suo pennello un avvenimento; acquista tale importanza mediante un realismo sincero e implacabilmente penetrante. Cambia pure il mezzo pittorico, che consiste non più tanto nei valori cromatici, quanto addirittura nella luce: a questa la tonalità dei colori è subordinata.
Ordinazioni ormai affluiscono; il guadagno si fa lauto. Gli autoritratti di questi anni mostrano il maestro sicuro di sé stesso, qualche volta con uno sguardo di sfida (Uffizî) o anche nell'attitudine di un giovane gran signore, che non sdegna la posa elegante ed ama vestirsi con magnificenza (Louvre). Fra i ritratti dei familiari spesso torna (per es., nella Galleria di Brera a Milano) l'effigie di una giovane donna biondissima, certo non la sorella del R., bensì una parente di Hendrick van Uylenburgh, forse una delle sorelle della futura moglie del maestro: Saskia. Questa, figlia di Rombertus van Uylenburgh, borgomastro di Leeuwarden, era già orfana quando il R. nella casa di Hendrick van U. fece la sua conoscenza. Essa aveva 22 anni quando, il 22 giugno 1634, le nozze furono celebrate. Gli sposi fino al principio del 1636 continuavano ad abitare nella casa di Hendrick van Uylenburg. Soltanto nel principio del 1636 presero in affitto una propria casa nel Nieuwe Doelenstraat. Qui il R. cominciò a raccogliere quelle ricchezze d'arte, che dovevano essere poi la causa principale della sua rovina. Alle aste pubbliche spendeva somme considerevoli ed anche ingenti per marmi antichi, quadri di diverse scuole, medaglie, tappeti e stoffe orientali, pezzi d'armatura, ecc.: acquistava anche incisioni e disegni a centinaia. Si circondò di un lusso che aveva del fantastico. Quando dipinse il ritratto della giovane moglie la rappresentò vestita sfarzosamente: e non vi erano perle e gioie abbastanza preziose per adornarla. La dimora diventava troppo piccola e il R. acquistò nel 1639 una bella casa signorile alla Joden-Breestraat, vicina al quartiere ebraico. Del prezzo convenuto di 13.000 fiorini una parte fu versata in contanti; il maestro s'impegnava di pagare la rimanenza considerevole a rate. Questo debito fu il primo anello di una catena fatale; ma per il momento la fortuna arrideva. Nel medesimo anno 1639 il R. consegna allo statolder Federico Enrico gli ultimi due di cinque quadri con scene della Passione; nell'anno seguente Carlo I d'Inghilterra è in possesso di due o tre opere del maestro, fra cui l'autoritratto. In questo periodo nascono capolavori come il Sacrificio di Abramo (1635; a Leningrado), l'Accecamento di Sansone (1636; a Francoforte sul M.) ed altre composizioni molto mosse o addirittura tumultuose; poi la magnifica Danae (pure del 1636; a Leningrado); ritratti suggestivi come quelli del cognato Idsert van Uylenburgh e della giovane consorte (sempre del 1636; Galleria Liechtenstein a Vienna). Seguono nel 1638 le Nozze di Sansone, dono del pittore al poeta Constantijn Huygens; nel 1639 l'autoritratto col tarabuso (ambedue adesso nella Galleria di Dresda). Nel 1639 fu dipinto anche l'ultimo ritratto commovente della vecchia madre (nel Museo di Vienna), la quale morì nel 1640. Di quest'ultimo anno abbiamo fra altre opere il celebre autoritratto della National Gallery di Londra, che rappresenta il maestro accigliato, con espressione di amarezza agli angoli della bocca; ma risoluto, e quasi impaziente. Il noto storiografo di Leida, J. Orlers, nel 1641 con ragione poteva qualificarlo "uno dei più famosi pittori viventi del secolo nostro".
L'anno 1641 fu uno dei più notevoli nella vita del R. Il maestro dipinse almeno una mezza dozzina di ritratti fra cui la famosa Donna col ventaglio nel Palazzo Buckingham di Londra, e la grande tela col predicatore mennonita Cornelis Anslo e la moglie, conservata al museo di Berlino. Il R., che anche lui apparteneva alla comunità mennonita, lavorò allora anche alla grande acquaforte, nota come "il foglio dei cento fiorini" (Honderdguldenprent) chi rappresenta il Redentore fra gli afflitti e gli ammalati. Cercava nuovi mezzi di espressione, più stringenti, e conformava vieppiù la sua maniera alle nuove intenzioni. Ricevette in questo periodo di crisi interna, periodo anche di gravi preoccupazioni per lo stato di salute della moglie adorata, l'ordinazione per quella vasta tela che diventò il suo capolavoro per eccellenza: la cosiddetta Ronda di notte (Amsterdam, Rijksmuseum). Questo quadro di dimensioni grandissime, destinato per la sala di riunione delle guardie civiche alla Kloveniersdoelen, rappresenta il capitano Frans Banning Cock, patrizio di Amsterdam, nel momento in cui, insieme col suo luogotenente Willem van Ruytenburgh, avanza mentre i suoi uomini si preparano a porsi in fila. Ancora una confusione lieta e briosa regna nell'ombra del cortile, ma già la bandiera si svolge e il rullo del tamburo annunzia che il comando per lo schieramento sta per essere dato. Un vivo raggio di luce colpisce i due ufficiali e la piccola figlia del capitano. A un tratto il maestro ha sconvolto la composizione convenzionale per i quadri di questo genere. Invece di un gruppo di ritratti marzialmente borghesi vediamo un'azione quasi violenta per i contrasti di luce e di ombra.
Nel medesimo mese, il giugno dell'anno 1642, in cui il grande quadro fu compiuto, morì Saskia van Uylenburgh, lasciando in vita, dei quattro figli che aveva avuto, il solo Tito, di nove mesi.
Da quell'anno il R. quasi si chiuse in sé stesso. Aveva ritratto ancora la moglie nel 1641, mentre, un semplice diadema nei capelli biondi, offre il fiorellino rosso che tiene nella destra (Galleria di Dresda). Cerca ancora nel 1643 di fissare il volto amato sulla tela (Museo di Berlino), ma già i tratti sono come irrigiditi, il sorriso risulta posticcio, la figura evade e non possiede più la verità, neanche quella del sogno. Il suo dolore il R. lo effonde in modo meno tormentoso in altri quadri: il David confortato dall'amico Gionatan (Ermitage, Leningrado); una piccola Deposizione dalla Croce, indicibilmente tragica (National Gallery di Londra), varî paesaggi con atmosfera torbida e minacciante. L'acquaforte con i tre alberi, tre querce tormentate dalle intemperie sopra una bassa collina, appartiene allo stesso periodo di attività e di dolore (1643).
In quegli anni affannosi, il R. stringe amicizia con Jan Six, borgomastro di Amsterdam e più tardi commissario delle cose del mare. Era il più influente dei suoi ammiratori. Nel 1641 il maestro aveva ritratto la madre del Six. Nel 1644 dipinse per lui il famoso quadro con Cristo e la donna adultera (ora a Londra, nella National Gallery). Dell'anno seguente è la piccola acquaforte, detta "il Ponticello di Six", magistralmente improvvisata quando il R. era ospite del borgomastro nella sua casa di campagna. Nel 1647 segue l'acquaforte che rappresenta il Six mentre sta leggendo davanti a una finestra. Nel 1652 il R. s'iscrive nel suo Album Amicorum e due anni dopo gli dipinge quel magnifico ritratto, magistrale e solenne e forse il più pittoricamente sintetico che abbiamo di sua mano.
Intanto, dopo un periodo penoso di noie casalinghe, verso il 1650 entra nella vita del R., come ancella, Hendrickie Stoffels. Ella non aveva allora che una ventina di anni, ma per il piccolo Tito fu come una seconda madre. Quando nel 1652-53 per il maestro, che aveva trascurato la clientela mentre già da anni non gli era possibile di mantenere l'equilibrio fra impegni e spese da una parte e le sue entrate dall'altra, la situazione finanziaria diventa precaria, ella - donna semplice, senza educazione, che neanche sapeva scrivere bene il proprio nome - prima governa la casa del padrone e poi, al momento della catastrofe ormai inevitabile per i debiti schiaccianti, affronta la situazione con una saggezza e un eroismo ugualmente ammirevoli. Nel 1659 il R., insolvente già dal 1656 ed abbandonato da tutti, anche dallo stesso Six, che nel 1657 cedette ad altri il credito che aveva col maestro, è costretto a vendere tutto quel che possiede per potere in parte contentare i suoi creditori. Allora, mentre egli si trova completamente rovinato, è Hendrickje che si associa col giovane Tito per lo smercio della produzione dei quadri e delle stampe del maestro. Grazie a questo che lo mette al riparo da ulteriori molestie e guai, il R. può continuare a lavorare in una modesta casa affittata per lui sulla Rozengracht. Dall'inventario, redatto nell'estate del 1656, quando il fallimento fu proclamato, conosciamo stanza per stanza, e quasi pezzo per pezzo, le ricchezze che R. aveva accumulate nel corso dei suoi anni più felici. Dal contratto stipulato fra la serva e il figlio al 15 dicembre 1660 sappiamo in quale stato di umiliazione il R. era ridotto. Lo sappiamo anche dagli autoritratti di questo periodo, fra cui quelli impressionanti degli Uffizi a Firenze e nel Louvre, l'ultimo, del 1660, davanti al cavalletto. Un quadro del 1659 rappresenta Mosè furioso che getta a terra le tavole della legge (Museo di Berlino). Spesso, dal 1650 in poi, posò per lui anche Hendrickje Stoffels. Riconosciamo il suo volto benigno - una grande tenerezza negli occhi, bontà e fermezza nelle linee della bocca - in almeno quattro quadri del 1652, poi nella famosa Betsabea del 1654, ora al Louvre, e in altre tele ancora. Il 30 ottobre 1654 nacque Cornelia, la figlia di lei e del R.
Non è esatto che in quegli anni di disgrazia la fama del R. si fosse oscurata e che egli fosse disconosciuto dai contemporanei. Certo, molti non lo compresero più e nel secolo seguente egli fu deprezzato addirittura; ma, lui vivente, vi fu sempre un gran numero di amatori che continuarono ad ammirarne il genio. Poi la gloria che diminuiva in patria, egli la riebbe all'estero, prima in Italia, poi in Inghilterra. Nel 1652 incominciarono i rapporti fra il maestro e il marchese Antonio Ruffo, messinese, uno dei maggiori mecenati italiani del Seicento. Il Ruffo ordinò al maestro una figura di Aristotele, che il R. rappresentò, grande al naturale, mentre posa la destra sopra un busto marmoreo di Omero. La tela, ora proprietà del Duveen a New York, fu finita nel 1653. Il Ruffo acquistò pure una collezione completa delle acqueforti del maestro e fu uno dei primi ad avere quel foglio, tanto angoscioso, con il Calvario, noto sotto il nome Le Tre Croci che è appunto del 1653. In un secondo tempo egli volle arricchire la sua galleria di un trittico e nel 1660 ordinò al R. un Alessandro Magno in armatura, per accompagnare l'Aristotele, più una grande tela centrale rappresentante Omero in atto di dettare i suoi versi ad un giovane. I due quadri rispettivamente nel 1661 e nel 1663 arrivarono a destinazione. L'Alessandro (ritratto di Tito; la tela è accorciata nella larghezza e nell'altezza) si trova attualmente nell'Ermitage a Leningrado sotto il nome di Pallade; l'Omero, ridotto a frammento, fu acquistato dal dottor A. Bredius e donato alla Galleria Reale Mauritshuis a L'Aia. I tre quadri furono pagati dal Ruffo fiorini 500 ciascuno. In questi medesimi anni un altro conoscitore italiano, il cardinale Leopoldo de' Medici, acquistò in Olanda un autoritratto del maestro, più l'impressionante effigie del rabbino Levy Morteyra (Firenze, Uffizî). Il 29 dicembre 1667 il R. ebbe la visita in casa sua del principe di Toscana, Cosimo, poi terzo del suo nome come granduca, quando soggiornava ad Amsterdam.
Dopo le sciagure degli anni 1656-59 il maestro nel 1661 creava altri due grandiosi capolavori: I cinque sindaci dell'arte della lana (Staalmeesters), raggruppati intorno ad una tavola col domestico che attende gli ordini. La tavola è coperta da un pesante tappeto orientale di un rosso sonoro che trionfalmente determina il colorito dell'intera composizione. Il dipinto, ora al Rijksmuseum di Amsterdam, è ritenuto da molti anche superiore alla Ronda di notte. L'altra opera fu il Convito notturno di Claudio Civile, capo dell'insurrezione dei Batavi contro i Romani. La tela era stata ordinata dai borgomastri per ornare con altri dipinti monumentali la grande sala del Palazzo municipale e doveva essere la glorificazione della ribellione nazionale contro il dominio straniero, con allusione anche alla rivolta contro il governo spagnolo. Il quadro - il più grande che il R. abbia mai eseguito - misurava 26 metri quadrati; ma non rimase al suo posto che poche settimane. Abbiamo notizia che il R. fu costretto a rifare alcune parti, e quando il risultato non fu ritenuto soddisfacente, il quadro fu rifiutato e allo scolaro Jurriaen Ovens fu dato l'incarico di farne un altro delle medesime dimensioni e del medesimo soggetto. Della tela del R. è conservata soltanto la parte centrale nel Museo di Stoccolma. Ma più grave delle noie che questa ordinazione ufficiale gli procurava, fu per il maestro il nuovo lutto che lo colpì. Nel 1662 morì Hendrickje Stoffels e nel 1668 la seguì il figlio, Tito. Al maestro rimase soltanto il conforto della figlia quattordicenne Cornelia; e un anno dopo anch'egli morì. Non gli erano rimasti che la tavolozza e i pennelli. Fra il 1668 e il 1669 egli aveva finito ancora due delle sue più famose opere: la cosiddetta Sposa ebrea, opera tanto stupenda quanto penosa, ora esposta al Rijksmuseum di Amsterdam e La famiglia, conservata nel Museo di Brunswick. Come l'ultimo autoritratto, che attualmente fa parte di una raccolta privata in Germania, sono dipinti di fattura robusta, larga e maestosa. Specialmente la Famiglia è una vera sinfonia di toni lucenti e cupi, di chiarori vivaci e di ombre misteriosamente pacate. "Mai il R. è stato così giovane e così vitale come nell'ultimo anno della sua vecchiaia" (Schmidt-Degener).
Esistono del R. fra 750 e 850 quadri autentici, 275 acqueforti e più di 2500 disegni. Tutta l'opera forma un insieme saldo, infocato ed eroico, allo stesso tempo divinamente sublime e umanamente intrecciato con le vicende di una esistenza ansiosa, tormentata, intensamente vissuta. Trascinato dalle vicende, lo spirito del R. raramente è sereno, molte volte la sua mente è offuscata dall'indole ribelle e dalla sorte avversa; ma mai egli si rassegna ed ancor meno rinunzia a lottare o s'arrende.
(V. tavv. VII-XVI e tavola a colori; v. inoltre colletto, X, tav. CXLVII; cuffia, XII, tav. XX; disegno, XIII, tav. VII; impasto, XVIII, tav. CLXXXI; incisione, XVIII, tav. CXCIX; natura morta, XXIV, p. 312; olanda, XXV, tav. XL e p. 248).
Scolari e seguaci il maestro n'ha avuti molti e forse più di alcun altro pittore del suo secolo. Fra i primi allievi fu, dopo Gerard Dou, Ferdinand Bol dal 1632 in poi, il quale ha potuto quasi partecipare allo sviluppo del R. in un periodo nel quale il maestro volgeva le sue intenzioni dall'osservazione fervente alla maggiore grandiosità. Lo scolaro interpretò a modo suo questa trasformazione di stile, fino al punto della facile divulgazione. Lo stesso fece anche Govert Flinck, suo coetaneo, già maestro indipendente nel 1636 e più tardi rivale del R., più in grazia presso i signori reggenti. Nel medesimo periodo lavoravano nello studio del R. altri pittori di gran talento come Gerbrand van den Eeckhout, Willem Drost e Philips Koninck. Seguirono verso il 1640 Carel Fabritius, Jan Victors e Nicolaas Maes, poi Samuel van Hooghstraeten, Heyman Dullaert, Jurriaen Ovens e altri ancora. Nominiamo i tedeschi Christophel Pandiss e Gottfried Kneller, nonché, fra i discepoli danesi Bernhard Keil, l'unico che fu poi in Italia: a Venezia e a Roma. L'ultimo scolaro, e il più fedele di tutti, fu Arent de Gelder, che fra il 1662 e il 1665 lavorava col maestro.
Bibl.: Per riproduzioni e fonti: W. Bode e Corn. Hofstede de Groot, L'oeuvre complet de R. (ed. francese, inglese e tedesca), Parigi 1897-1906. L'ultimo degli otto volumi contiene Documents d'archives relatifs à R., recueillis par C. Hofstede de Groot. Questi documenti furono anche stampati con commentario, in tedesco: Die Urkunden über R. (1575-1721), L'Aia 1906. I documenti riguardanti le relazioni italiane si trovano uniti in C. Ricci, R. in Italia, Milano 1918. Utilissimi per le riproduzioni, i volumi della serie Klassiker der Kunst: A. Rosenberg, W. Valentiner, R., 3ª ed., Stoccarda e Berlino 1908; W. Valentiner, R., wiedergefundene Gemälde, 2ª ed., Berlino e Lipsia 1923.
Catalogo dei quadri: C. Hofstede de Groot, Beschreibendes u. kritisches Verzeichnis, ecc., VI, Esslingen e Parigi 1915.
Principali monografie: C. Vosmaer, R., sa vie et ses oeuvres, 2ª ed., L'Aia 1877; E. Michel, R., sa vie, son oeuvre et son temps, Parigi 1883; C. Neumann, R., 4ª ed., voll. 2, Monaco di Baviera 1924; W. Valentiner, R. und seine Umgebung, Strasburgo 1905; J. Veth, R.'s leven en kunst, Amsterdam 1906; id., R. en de italiaansche kunst, in Oud-Holland, XXX, 1915 (in estratto pubbl. poi in L'Italia e l'arte straniera, Atti del X congresso intern. di storia dell'arte in Roma, Roma 1922, p. 432 seg.); F. Schmidt-Degener, R., een beschrijving van zijn leven en zijn werk, Amsterdam s. a.; id., R., und der holländische Barock (Studien der Bibl. Warburg), Lipsia 1928; F. Lugt, Wandelingen met R., 2ª ed., Amsterdam 1915; K. Bauch, Die Kunst des jungen R., Heidelberg 1933; M. Eisler, R. als Landschafter, Monaco di Baviera 1918; id., Der alte R., Vienna 1927.
Catalogo dei disegni: C. Hofstede de Groot, Die Handzeichugen R., Haarlem 1906; Musée du Louvre, Inventaire général des dessins des écoles du Nord; F. Lugt, École hollandaise, III, R., ses élèves, ses imitateurs, ses copistes, Parigi 1933; W. R. Valentiner, R. Des Meisters Handzeichnungen, in Klassiker der Kunst, XXXI, Stoccarda 1925.
Cataloghi ecc. delle acqueforti: J. Springer e H. W. Singer, R. Sämtliche Radierungen, voll. 3, Monaco di Baviera s. a.; H. W. Singer, R. Des Meisters Radierungen in 408 Abbildungen, Stoccarda 1910; W. von Seidlitz, Die Radierungen R., Lipsia 1922; A. M. Hind, A catalogue of R.s etchings, voll. 2, 2ª ed., Londra 1923; A. Ch. Coppier, Les eaux-fortes de R., l'ensemble de l'oeuvre, ecc., Parigi 1922; J. Six, R.'s Etwerk, Amsterdam 1921: Catalogus van de verzameling etsen van R. in het bezit van I. de Bruyn en J.G. de Bruyn-Van der Leeuw, L'Aia 1932 (cat. della più completa raccolta esistente); O. Benesch, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XXIX, Lipsia 1935.