RELUTTANZA
. In un circuito magnetico, si dà il nome di reluttanza al rapporto tra la forza magnetomotrice e il flusso magnetico di cui questa forza magnetomotrice è la causa. Questa nozione, insieme con quella di circuito magnetico, risale al fisico americano H.A. Rowland. Prima di lui, i calcoli sugli elettromagneti e sui sistemi induttori delle macchine dinamo si facevano tenendo in evidenza il momento magnetico, il che conduceva assurdamente a costruire nuclei stretti e lunghi, e persino anche a metterli in parallelo fra loro (v. elettrotecnica). Dopo il 1880 s'incominciò gradualmente a riconoscere l'utilità di prendere in conto il flusso anziché il momento magnetico; e introdotta insieme la nozione di forza magnetomotrice, il Rowland riconobbe che i fenomeni del circuito magnetico seguono una legge analoga a quella di Ohm, perché il flusso cresce esattamente (nei nuclei non ferrici) o approssimativamente (nei nuclei ferrici) come la forza magnetomotrice, e il rapporto fra la seconda e la prima grandezza è un valore che dipende dalle dimensioni dei tronchi del nucleo nello stesso modo come la resistenza elettrica di un circuito elettrico dipende dalle dimensioni dei conduttori che lo compongono.
Detto Φ il flusso, detta M la forza magnetomotrice (proporzionale alle amp-spire magnetizzanti), si ha
dove μ-1 è una grandezza specifica (reluttività; v.) che dipende, punto per punto, dalle proprietȧ del materiale magnetico, l è la lunghezza, S è la sezione di ciascuno dei tronchi che compongono il circuito magnetico. Di qui l'utilità di avere nuclei magnetici grossi e corti.
Le idee del Rowland furono portate nella tecnica e messe in pieno valore da G. Kapp e dai fratelli Hopkinson, i quali insegnarono a fondare su quei principî il calcolo delle macchine dinamo e degli altri sistemi magnetici.
Nei primi tempi, il paragone con i circuiti elettrici aveva anzi condotto a dare alla reluttanza il nome di resistenza magnetica: ma più tardi si osservò che la somiglianza della prima con la seconda è solamente matematica, e che un tronco di circuito magnetieo equivale, fisicamente, non a un conduttore elettrico, ma a un nucleo di un condensatore. Le leggi numeriche; l'intervento delle dimensioni geometriche sono le stesse nei tre casi, ma il fenomeno della magnetizzazione, al pari di quello della carica di un condensatore, non dà luogo a dissipazione permanente ne a una circolazione indefinita di flusso; quindi questi due ultimi casi devono essere considerati come corrispondenti fra loro.
La reluttanza è dunque per il magnetismo quello che la cosiddetta "elastanza" o "rigidezza" di un condensatore è per i fenomeni elettrici.
La grandezza reciproca della reluttanza è la permeanza o induttanza di un circuito magnetico e viene a corrispondere alla capacità dei condensatori.
Le unità di misura della reluttanza sono le reciproche di quelle che valgono per la permeanza. Quindi riel sistema M.K.S. razionalizzato, la reluttanza si misura in henry-1, o meglio in
e in quello non razionalizzato l'unità differisce per un fattore 4π. Nel sistema C. G. S. elettromagnetico, l'unità è
ove con la dicitura henry s'intende il henry internazionale, non quello teoretico. Negli altri sistemi, il valore dell'unità si calcola in dipendenza da questi dati.
Bibl.: v. magnetismo.