religione civile
religióne civile locuz. sost. f. – Teoria classica, presente già negli scrittori latini e poi ripresa in età moderna (da B. Franklin, J.-J. Rousseau e A. Lincoln) per designare la necessità di un'adesione di tipo religioso alla politica; è stata variamente utilizzata nel corso del 20° sec. in ambito politico, politologico e storiografico, per designare sia la sacralizzazione delle forme e delle istituzioni della politica tipica dei totalitarismi, sia l’origine divina e religiosa della democrazia, in particolare quella degli Stati Uniti, intesa come difesa e sviluppo dei diritti naturali conferiti da Dio all’uomo, e in tal senso convergente con forme di religiosità seppure non necessariamente legate a precise confessioni (cristiane, protestanti, cattoliche, ebraiche, ecc.). Nel dibattito sulla r. c. convergono riflessioni sviluppate in merito a teorie vicine, anche se non del tutto coincidenti, quali religione politica, religione laica, religione secolare, e più recentemente le tesi avanzate dai cosiddetti atei devoti, che ritengono necessaria la presenza della religione entro i moderni stati democratici. Si parla di religione politica relativamente alla sacralizzazione della politica che, nei regimi totalitari del 20° sec., ha originato una concezione integralista e dogmatica dell'ideologia, la santificazione del partito, il culto del capo, l'indottrinamento delle masse, come anche i riti e i simboli delle liturgie collettive. Il tema è tuttavia tornato di attualità in seguito alle manifestazioni di nazionalismo religioso e di integralismo teocratico che sul finire del 20° sec. e, con nuovo slancio, dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, hanno suscitato nuove riflessioni sui rapporti fra politicizzazione della religione e sacralizzazione della politica, nonché motivato, anche su base religiosa (secondo le tesi del presidente degli Stati Uniti G.W Bush) le reazioni e le ‘guerre preventive’, in favore di un modello di democrazia intesa come affidata provvidenzialmente alla custrodia e al sostegno degli Stati Uniti e dell’Occidente. La r. c., diversamente dalla religione politica, non si identifica in modo esclusivo con un movimento o una ideologia politica, ma entro il sistema democratico convive con diverse religioni istituzionali (diversamente dal modello originale russoviano nel quale essa si sostituiva alle cosiddette religioni del prete). Essa fa appello al consenso spontaneo finalizzato a un’etica pubblica fondata sulle istituzioni politiche. Il tema è stato rilanciato negli Stati Uniti soprattutto dopo il 1967, in seguito alle tesi del sociologo delle religioni R.N. Bellah, che parlava di una r. c. americana autonoma e distinta dalle religioni tradizionali, conferendo un significato privilegiato all'esperienza della nazione statunitense. Nel dibattito attuale il tema ha intersecato in senso lato il dibattito sulla laicità e sulle radici cristiane dell’Europa, discusso in merito alla stesura di una Costituzione europea, e quello della necessità di recuperare un saldo legame unitario per le culture democratiche occidentali in grado di fronteggiare le sfide poste dal confronto con nuove religioni e nuove culture, quali l’islam, la Cina, l’India. In particolare, in Italia il tema della r. c. si presenta in relazione alla caduta e alla crisi dell’etica civile e pubblica, confermata da rilevanti episodi di corruzione, evasione fiscale, criminalità organizzata, nel quale convergono, da diverse prospettive, sia analisi politiche e sociologiche, sia le critiche avanzate da parte di aree preponderanti del pensiero cristiano alla modernità intesa come legata a concezioni di libertà individuali e civili che disgregherebbero il tessuto civico ed etico delle società occidentali. In tali prospettive si propugna la necessità di ricollocare la religione alla base della vita politica non per fini religiosi, ma nell’interesse della politica stessa – secondo le tesi degli atei devoti. Se tale prospettiva ha raccolto adesioni anche da parte religiosa e cattolica non sono mancate analisi che hanno messo in rilievo come la tensione ‘bellarrminiana’ verso una laicità da arginare e nella quale insinuarsi per indirizzarla sia destinata a conflagrare con l’esigenza di un’etica e di una politica laica che, per es. in questioni riguardanti la bioetica quali l’inizio e la fine della vita, o rispetto a temi quali i matrimoni omosessuali, deve fornire indirizzi normativi e legislativi tenendo conto non di contenuti di fede ma di principi costituzionali. In tal senso il ricorso della politica alla religione sembra piuttosto denotare in esse reciproche e parallele situazioni di crisi e di fragilità.