relazione
. Il termine vale " rapporto ", " disposizione reciproca " o rispettiva tra due o più quantità o enti, in accezione analoga a quella di ‛ abitudine ' (v.): " relatio omnis fundatur vel supra quantitatem, ut duplum et dimidium, vel supra actionem et passionem, ut faciens et factum, pater et filius, dominus et servus et huiusmodi " (Tomm. Sum. theol. I 28 4c).
In Aristotele la r. costituiva una delle dieci categorie (relatio, ad aliquid = πρός τι), con cui veniva espresso il rapporto che la sostanza, o un ente, possiede rispetto a qualcos'altro, e che inerisce alla determinazione stessa di quel dato ente. Così, maggiore, minore, doppio, grande, star supino, schiavo, ecc. sono tutte nozioni ‛ relative ', che definiscono lo stato di un ente proprio in quanto fanno riferimento a un secondo termine da cui traggono la loro efficacia determinativa. La r., pertanto, è fondata sulla simultanea esistenza e riferibilità di due termini, il cui reciproco essere è individuato dal loro reciproco rapporto (cfr. Aristotele Cat. 7, 6a 36 ss.). A quest'accezione tecnica e aristotelica di categoria della r. (praedicamentum relations o ad aliquid) fa esplicito ricorso D. in Mn III XI 5 (2 volte), 6 (3 volte), 8 e 10 (3 volte) per definire la nozione di papa-imperatore e Papato-Impero, come termini relativi non ad invicem ma ad aliquid tertium, ad quod reducantur tanquam ad comunem unitatem (§ 8), cioè a Dio. Così ancora in Ep XIII 15.
Il termine volgare è usato col valore di " rapporto tra due o più parti " da cui deriva l'armonia, e ciò in riferimento all'astronomia e alla musica, scienze che poggiano sulle r. numeriche dell'aritmetica. Così in Cv II XIII 20 è detto che lo cielo di Marte si può comparare a la Musica per due proprietadi: l'una si è la sua più bella relazione, ché, annumerando li cieli mobili, da qualunque si comincia o da l'infimo o dal sommo, esso cielo di Marte è lo quinto; qui la più bella relazione esprime il " rapporto armonico " per eccellenza, fondato sulla simmetria o medietà che il cinque sortisce nella serie aritmetica dall'uno al nove. Più oltre (XIII 23), D. parla ancora dell'armonia della musica, quale risultato della ‛ bellezza ' della r.; la musica, infatti, è tutta relativa, sì come si vede ne le parole armonizzate e ne li canti, de' quali tanto più dolce armonia resulta, quanto più la relazione è bella: la quale in essa scienza massimamente è bella, perché massimamente in essa s'intende.
Anche in questo passo r. è il " rapporto armonico ", la " congruenza " delle parti, quale si riscontra soprattutto nella musica nel suo significato più ampio, e proprio, di scienza dell'armonia (v. ARMONIA; Musica). Sia nel caso dei suoni che delle parole, è solo il legame musaico (Cv I VII 14), cioè il tipo di connessione o r. secondo cui gli elementi sono tra loro ‛ composti ', che dà luogo alla ‛ concordia ' delle parti e quindi alla bellezza e armonia del tutto. La stessa nozione di relatio - " habitudo " in VE II XI 1 e XIII 1, con riferimento alla poesia.
Un'accezione tecnico-teologica ha il termine in Cv II V 10 Puotesi considerare lo Padre [Dio] secondo che ha relazione al Figlio [Cristo], cioè come da lui si parte e come con lui sé unisce. Con riferimento alla teologia trinitaria D. ricorda come Dio, uno e trino, ha con Cristo un rapporto di distinzione (da lui si parte) quanto alla persona, e di unione (con lui sé unisce) quanto all'essenza. Nella speculazione trinitaria relatio indicava appunto il " rapporto " intercorrente tra le persone della Trinità.
Se la persona è tale in quanto sussistente (esistente per sé), nella Trinità - ove unica è l'essenza o natura delle tre persone - ciò che sussiste è la r., che fonda la diversità di esse: " sicut relationes in rebus creatis accidentaliter insunt, ita in Deo sunt ipsa essentia divina. Ex quo sequitur quod in Deo non sit aliud essentia quam persona secundum rem; et tamen quod personae realiter ab invicem distinguantur. Persona enim... significat relationem, prout est subsistens in natura divina. Relatio autem, ad essentiam comparata, non differt re, sed ratione tantum: comparata autem ad oppositam relationem, habet, virtute oppositionis, realem distinctionem. Et sic remanet una essentia, et tres Personae " (Tomm. Sum. theol. I 39 1c). Boezio ricorda (Trin. 5) come Padre e Figlio " nihil... differunt nisi sola relatione ", ma tale differenza non è sussistente per se, bensì solo ad aliquid: " Filius non ad Filium relative dicitur, sed ad Patrem " (Agost. Trin. V VI 7).
Con significato generico il termine ricorre infine , in Cv III XIII 2 Dico adunque: ‛ Ogni Intelletto di là su la mira ': dove è da sapere che ‛ di là su ' dico, facendo relazione a Dio; qui ‛ far r. ' è locuzione equivalente a " far riferimento ", " mettere in rapporto ".