Relatività e gravitazione
La teoria della relatività speciale (A. Einstein, 1905) fornisce un assetto concettuale e matematico pienamente valido e potente per tutta la fisica, sia a livello macroscopico sia per le particelle elementari, nel dominio degli effetti quantistici. La teoria della relatività generale (Einstein, 1915) è pienamente adeguata per la gravitazione, soprattutto per quanto riguarda i fenomeni macroscopici (diversi esperimenti, sempre più accurati, non hanno messo in evidenza alcuna violazione), tuttavia il problema delle sue relazioni con i fenomeni quantistici e con la cosmologia e la sua applicabilità a questi ultimi è irrisolto e costituisce un'area di attivissima ricerca.
Nel seguito saranno passati sinteticamente in rassegna i progressi riguardanti r. e g. in tre grandi aree: l'astrofisica relativistica, la rivelazione di onde gravitazionali e la ricerca di teorie della gravitazione alternative e più generali. Per ciascuna di esse sarà discusso in dettaglio un particolare filone di ricerca o un progetto che ha già portato a risultati importanti.
Astrofisica relativistica
I campi di applicazione delle teorie relativistiche si sono grandemente ampliati; in particolare, l'astrofisica relativistica ha fatto ulteriori e grandi progressi, raggruppabili in tre filoni. Il primo riguarda gli oggetti collassati di tipo stellare, in particolare le stelle di neutroni e i buchi neri. Gli studi delle pulsar, un tipo particolare di stelle di neutroni con emissione periodica di brevi impulsi elettromagnetici, hanno avuto straordinari sviluppi sia teorici sia osservativi, rilevanti soprattutto per quanto riguarda le fasi finali dell'evoluzione stellare e le stelle di neutroni, in cui gli effetti relativistici hanno parte essenziale. Un esempio delle straordinarie manifestazioni connesse con oggetti stellari collassati sono i lampi gamma, brevi e intensissimi impulsi di fotoni di altissima energia (nelle bande gamma e X), forse legati alla formazione catastrofica di un buco nero. Il secondo filone importante dell'astrofisica relativistica riguarda fenomeni che avvengono nei nuclei galattici, in particolare nei nuclei galattici attivi, fenomeni caratterizzati da potenti sorgenti di energia concentrate in regioni di piccolissime dimensioni e capaci di rapida variabilità; queste sorgenti danno luogo a manifestazioni vistose, come getti collimati di materia emessi dal nucleo e che investono a velocità relativistiche tutta la galassia. Si ritiene che le sorgenti di energia siano da ricondurre a giganteschi buchi neri, con masse che arrivano anche a miliardi di masse solari, presenti nei nuclei galattici. Si deve sottolineare che in tutta l'astrofisica relativistica a livello stellare e galattico la relatività speciale e quella generale sono usate senza incertezze di fondo, come strumenti concettuali e formali standard, correntemente accettati. Infine, anche per il terzo filone, la cosmologia, soprattutto per le fasi più vicine al Big Bang, e in particolare per la radiazione di fondo, il ruolo dei fenomeni relativistici è essenziale e inscindibile dalle osservazioni. Tuttavia, anche in relazione alla natura stessa della ricerca cosmologica, che riguarda un unico oggetto, l'Universo, la scelta delle leggi fisiche da usare è affetta da un'incertezza di fondo; in particolare si pone con forza, anche a livello cosmologico, il problema irrisolto dell'unificazione tra la teoria einsteiniana della gravitazione e la fisica quantistica delle particelle elementari. La cosmologia primordiale è in uno stato di incertezza e di rapida evoluzione, e con essa sono messi in discussione i fondamenti stessi di tutta la fisica.
L'illustrazione dettagliata delle applicazioni e dei successi, numerosi e spesso straordinari, delle teorie relativistiche della gravitazione in astrofisica non è scopo primario di tale trattazione; si è scelto invece per un'analisi più approfondita un settore della ricerca più recente sulle pulsar, le pulsar binarie, costituite da una pulsar che orbita intorno a un'altra stella collassata sotto l'azione della reciproca attrazione gravitazionale. La straordinaria ricchezza di queste osservazioni hanno messo a disposizione dei veri e propri laboratori ove le teorie della gravitazione e delle stelle di neutroni possono essere soggette a verifiche raffinate e complesse, con conseguenze che vanno ben oltre l'astrofisica. È opportuno anzitutto inquadrare l'argomento nel più vasto problema delle fasi finali dell'evoluzione stellare. Quando il combustibile nell'interno di una stella è terminato, essa non è più in grado di sostenere il suo stesso peso; la fase di rapido collasso che segue può portare, a seconda della massa coinvolta, a tre esiti distinti: una nana bianca, una stella di neutroni o un buco nero. In questa fase hanno un ruolo importante stati non ordinari di aggregazione della materia ed effetti relativistici; in particolare, le stelle di neutroni (fig. 1) hanno dimensioni così piccole e campi gravitazionali così intensi che particelle attratte dallo spazio circostante vi arrivano con velocità non lontane da quella della luce. La loro struttura e la loro dinamica possono essere studiate solo utilizzando le teorie relativistiche.
Una stella di neutroni ruota velocemente e possiede un campo magnetico assai intenso e geometricamente simile a quello della Terra, con due poli opposti. L'asse di rotazione e l'asse magnetico possono anche non coincidere; in questo caso la stella emette uno o due fasci collimati di radiazione, per es., lungo l'asse magnetico, e rotanti. Essa si comporta allora come un faro; la radiazione ricevuta da un lontano osservatore è costituita da impulsi regolari e periodici, il cui periodo è uguale al periodo di rotazione. La stella di neutroni prende allora il nome di pulsar. L'energia irradiata è fornita dalla rotazione, che quindi rallenta nel tempo; questo rallentamento, in genere assai piccolo, è spesso osservato direttamente. La straordinaria stabilità del periodo permette, attraverso l'effetto Doppler, una determinazione assai accurata della velocità relativa tra la pulsar e la stazione di terra ricevente. Sono state osservate, prevalentemente nella banda radio, circa 1700 pulsar, quasi tutte nella nostra galassia, in massima parte con periodi dell'ordine del secondo. Circa il 7% delle pulsar sono membri di un sistema binario; in questo caso il periodo di pulsazione è più grande o più piccolo a seconda che la pulsar si allontani o si avvicini all'osservatore per effetto del moto intorno al compagno invisibile; sono così rese possibili accurate misure dell'orbita. L'esempio classico è il sistema PSR 1913+16, in cui il periodo di pulsazione è di 59 millisecondi, mentre quello di rivoluzione è di 7,8 ore. Il breve periodo dell'orbita e la sua elevata eccentricità hanno permesso di misurare i parametri del moto orbitale e le masse dei due membri, ambedue di 1,4 masse solari. Si deduce allora che anche l'altro membro, quello non osservato, deve essere una stella di neutroni. Sono state anche misurate con grande accuratezza e messe a confronto con le deduzioni fatte da Einstein numerose correzioni relativistiche al moto newtoniano; non è stata sinora evidenzata alcuna discrepanza. Sono così stati confermati gli esperimenti portati a termine nel Sistema solare, ma in un regime diverso in cui la gravitazione è assai più intensa ed è prevalentemente determinata da due corpi, non da uno, il Sole. La notevole quantità di risultati riguardanti la pulsar binaria PSR 1913+16 ha fruttato nel 1993 il premio Nobel per la fisica al principale scienziato coinvolto, J.H. Taylor.
Nel 1982 è stata scoperta una pulsar particolare, la PSR B1937+21, con un periodo di 1,56 millisecondi; essa è la pulsar a frequenza maggiore e il capostipite delle millisecond pulsars. Questa nuova classe di oggetti celesti, di cui sono noti un centinaio di membri, si differenzia dalle pulsar ordinarie non solo per il brevissimo periodo, ma soprattutto perché questo sembra dovuto all'afflusso di materiale proveniente da un compagno che ha accelerato la rotazione; infatti, almeno circa l'80% delle pulsar di questa classe sono membri di un sistema binario, con periodi di rivoluzione dell'ordine di qualche ora. Nel 2003 è stata scoperta con il radiotelescopio di Green Bank (Virginia, USA) un altro sistema assai interessante indicato con J0737-3039; esso è composto da due pulsar: una rapida, con il periodo di 22,8 millisecondi, e una normale, con il periodo di 2,8 secondi. Il periodo di rivoluzione del sistema è di 2,4 ore. L'analisi ha quindi a disposizione due serie indipendenti di impulsi radio, ciascuno modulati dall'effetto Doppler causato dal moto orbitale. È stato così possibile misurare anche le due masse e le correzioni relativistiche, ancora senza trovare alcuna discrepanza con la teoria della relatività generale. Si osservi anche che una pulsar binaria è un sistema dinamico semplice e senza perturbazioni rilevanti; non ci sono quindi effetti spuri e con il passare del tempo e l'accumulo dei dati l'accuratezza delle misure aumenta.
Rivelazione di onde gravitazionali
A parte alcuni casi dubbi, mai confermati e non affidabili, le onde gravitazionali non sono state sinora rivelate direttamente, ma è certo difficile mettere in dubbio la loro esistenza e la loro emissione da parte di sorgenti astrofisiche. Dal punto di vista teorico esse, al pari delle onde elettromagnetiche, sono una conseguenza, in sostanza inevitabile, di ogni teoria della gravitazione nello spazio-tempo. Lo spazio-tempo è una struttura geometrica caratterizzata da una velocità fondamentale c=299.792 km/s, quella della luce nel vuoto, che non può essere superata da alcun fenomeno fisico. Così è per l'elettromagnetismo e per la gravitazione; in ambedue i casi la velocità è proprio c se la massa associata è nulla; altrimenti c è il valore massimo raggiungibile. Secondo la teoria della relatività generale il gravitone - come il fotone - non ha massa, per cui anche le onde gravitazionali si propagano alla velocità della luce c. Questa teoria, inoltre, descrive con precisione i meccanismi con cui le onde gravitazionali sono emesse: similmente all'emissione di radiazione elettromagnetica da parte di sistemi di cariche in moto sotto l'azione del loro campo elettrico, sistemi di masse in moto su orbite newtoniane emettono onde gravitazionali; in tale maniera il sistema trasmette informazioni sul suo stato a grandi distanze e perde energia. L'orbita si restringe sempre più e alla fine i due membri del sistema binario cadono uno sull'altro. Uno straordinario esempio di tale fenomeno è proprio la pulsar binaria PSR 1913+16 precedentemente discussa. Taylor e i suoi collaboratori sono stati in grado di misurarne con notevole accuratezza la perdita di energia orbitale e di paragonarla al valore predetto dalla teoria della relatività generale; l'accordo è ottimo ed è migliorato con il tempo. L'emissione di onde gravitazionali da parte di un sistema binario aumenta con il diminuire della distanza tra i membri; quindi il loro avvicinamento diventa sempre più rapido, per concludersi con un brevissimo fiotto di radiazione alla fusione finale. Eventi di questo tipo costituiscono importanti candidati per i rivelatori di onde gravitazionali.
La rivelazione delle onde gravitazionali emesse da corpi celesti aprirebbe una nuova finestra sull'Universo e avrebbe una straordinaria importanza astronomica. Le stelle e i nuclei galattici sono in genere costituiti da materiale opaco per le onde elettromagnetiche; la radiazione che si può rivelare proviene dai loro strati esterni e non può fornire informazioni dirette sul loro interno. Le onde gravitazionali, al contrario, hanno una debolissima interazione con la materia ordinaria, che attraversano con pochissima attenuazione. La loro rivelazione, quindi, fornirebbe informazioni preziose sui nuclei delle loro sorgenti, ove il campo gravitazionale è assai intenso e hanno luogo i grandi processi dinamici che si manifestano all'esterno, come nei nuclei galattici attivi. Con il fine ultimo di costituire l'astronomia gravitazionale sono in corso di realizzazione e di utilizzazione vari strumenti. Un'onda gravitazionale ha la proprietà di imprimere a due masse separate accelerazioni differenti; nel caso ordinario in cui la loro distanza L sia minore della lunghezza d'onda, la differenza tra le accelerazioni sarebbe proporzionale a L. In linea di principio tale differenza, che varia con il tempo a seconda delle caratteristiche della sorgente, può essere misurata in due maniere principali.
La prima utilizza un grande cilindro metallico sospeso nel suo piano mediano e caratterizzato, come una campana, da una frequenza caratteristica (detta di risonanza) la quale è particolarmente sensibile alle sollecitazioni esterne. La deformazione subita dalla sbarra fornisce una misura delle componenti della radiazione gravitazionale incidente che sono vicine alla frequenza di risonanza. Negli strumenti, per diminuire vari disturbi, i cilindri sono mantenuti a bassissima temperatura. La tecnica usata per questo tipo di rivelatori ha raggiunto un notevolissimo grado di sofisticazione e di affidabilità; negli anni Ottanta e Novanta del 20° sec. ne sono stati costruiti 6 che continuano a funzionare, con eccellenti prestazioni strumentali. Di essi, quattro (Altair a Frascati, Auriga a Legnaro, Explorer al CERN e Nautilus a Roma) sono italiani e finanziati dall'Istituto nazionale di fisica nucleare, uno (Allegro, a Baton Rouge, Lousiana) è statunitense e uno australiano (Niobe, a Perth).
Più recenti, invece, sono quelli basati sul secondo metodo. Il rivelatore usa masse distinte poste a una distanza L e idealmente libere di muoversi lungo la loro congiungente. L'onda gravitazionale incidente causa una piccolissima variazione, proporzionale a L, della loro distanza. Lo strumento opera in maniera differenziale: si usano in effetti tre masse, di cui una al centro e le altre due alle estremità di due lunghi bracci di lunghezza approssimativamente uguale a L; si misura la differenza ΔL indotta dall'onda tra le distanze delle masse esterne da quella centrale. Lo strumento ideale utilizzato per misurare piccole differenze di distanze è l'interferometro, che sfrutta la differenza prodotta da ΔL nella fase di 2 segnali luminosi monocromatici che percorrono avanti e indietro i due bracci; le tre masse sono, in effetti, costituite da specchi sospesi a dei cavi. Idealmente essi devono essere isolati da ogni perturbazione prodotta da movimenti del supporto (per es., microsismi), una condizione, questa, particolarmente difficile da realizzare alle basse frequenze.
Sono stati già costruiti parecchi interferometri per la rivelazione di onde gravitazionali, ma quelli con bracci lunghi più di 1 km sono tre: due negli Stati Uniti (uno presso Livingston, Lousiana, e uno presso Richland, Washington, a 3000 km di distanza), per la collaborazione LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory), e uno in Italia (Virgo, presso Cascina, Pisa), per una collaborazione franco-italiana. La loro struttura risulta simile; lo strumento di Cascina, progettato per rivelare anche onde gravitazionali di frequenza più bassa di LIGO, ha dovuto affrontare problemi di isolamento più seri ed è in fase di collaudo. LIGO ha già portato a termine dal 2002 tre cicli di misurazioni; non sono state rivelate onde gravitazionali, ma sono stati stabiliti interessanti limiti alla loro intensità per le principali classi di sorgenti. L'utilizzo di più interferometri e la correlazione tra diversi rivelatori sono fondamentali per discriminare tra disturbi locali e il segnale gravitazionale, ovviamente comune a tutti gli strumenti in funzione, e per sfruttare diverse informazioni sulla sorgente osservata.
Non si sa se i rivelatori già costruiti, risonanti o interferometrici, riveleranno onde gravitazionali. I meccanismi delle loro sorgenti astronomiche sono noti, ma è difficile fare stime fisicamente affidabili del numero delle sorgenti presenti, della probabilità di rivelazione e dell'andamento del segnale con il tempo; inoltre i rivelatori disponibili coprono una banda di frequenza limitata, approssimativamente tra 10 e 1000 Hz. Per questa ragione è in corso la progettazione di nuovi strumenti o di nuovi componenti, che assicurino una maggiore sensibilità. Per i rivelatori risonanti si pensa di sostituire i cilindri con grosse sfere, sempre a bassissima temperatura, sospese al loro centro. Nel caso di un cilindro la risonanza meccanica utilizzata corrisponde a compressioni e dilatazioni lungo l'asse; ma una sfera può oscillare in parecchie maniere, permettendo così di coprire una banda di frequenze più estesa. Per gli interferometri si pensa a soluzioni diverse per la sospensione degli specchi, usando anche qui basse temperature.
L'astronomia gravitazionale avrà un grande svantaggio rispetto a quella ordinaria, basata sulle onde elettromagnetiche. Questa usa lenti, specchi e altri sistemi per limitare la regione del cielo osservata e individuare con grande precisione la posizione della sorgente; in questa maniera si possono identificare sorgenti osservate a frequenze diverse e costruire un modello comprensivo. Non si conosce invece una maniera sensata per individuare, se non rozzamente, le coordinate angolari di una sorgente di onde gravitazionali. Solo la correlazione, o la coincidenza temporale, tra osservazioni elettromagnetiche e osservazioni gravitazionali può stabilire che si tratti della stessa sorgente; è ciò che si tenta già di fare con i lampi gamma. In ogni caso, non c'è dubbio che, per la sua stessa natura e il suo costo in risorse umane e finanziarie, l'astronomia gravitazionale sarà un'impresa globale e internazionale.
Come detto, la sensibilità di un rivelatore di onde gravitazionali aumenta con le sue dimensioni L; per esperimenti interferometrici sulla Terra è difficile superare il limite di qualche chilometro. È in fase di avanzata progettazione un grande rivelatore spaziale (LISA, Laser Interferometric Space Antenna) costituito da tre sonde spaziali che orbitano rimanendo sempre ai vertici di un triangolo equilatero con lati lunghi 5 milioni di chilometri. La formazione orbita intorno al Sole a una distanza uguale a quella della Terra. Ciascuna sonda contiene le masse libere, le sorgenti laser e i fotorivelatori; si ha così un interferometro multiplo con tre bracci, in grado di misurare le tre differenze tra le loro lunghezze. Esso sarà particolarmente sensibile a basse frequenze, anche fino a 1 mHz, inferiori a quelle dei rivelatori terrestri.
Teorie relativistiche alternative
Non si è ancora in grado di rispondere alla domanda: a che livello e in che maniera la teoria della relatività speciale e quella della relatività generale sono violate? Tuttavia vanno prendendo piede nuovi scenari, in particolare quello della teoria delle stringhe, in cui lo spazio-tempo e la gravitazione sono una manifestazione particolare, che appare solo a basse energie, di fenomeni quantistici che hanno luogo in spazi non direttamente osservabili e con un numero di dimensioni maggiore delle quattro dello spazio-tempo ordinario. Una modifica importante suggerita teoricamente consiste nel fatto che la forza tra due corpi neutri, oltre al contributo geometrico dovuto, secondo la relatività generale, alla curvatura dello spazio-tempo, avrebbe anche una componente non geometrica, ascrivibile a un campo scalare. La forza prodotta da un campo scalare di una massa puntiforme è, al pari di quella di Newton, puramente radiale e dipende solo dalla distanza e non dalla velocità. È anche possibile che in situazioni particolari (per es., molto prossimi al Big Bang) le leggi della fisica, e della gravitazione in particolare, siano radicalmente diverse da quelle che si usano con successo in laboratorio e nel Sistema solare. È quindi importante costruire teorie alternative della gravità complete e precise, che propongano ai fisici sperimentali effetti misurabili per mostrarne eventualmente la falsità; ma occorre anche spingere il più possibile l'accuratezza e la varietà delle misure per mettere in evidenza discrepanze e anomalie.
Secondo Einstein, la caratteristica primaria della gravitazione, che viene assunta a fondamento della teoria della relatività generale, è il principio di equivalenza, secondo cui i corpi cadono nel vuoto con la stessa accelerazione, indipendentemente dalla loro massa e dalla loro natura. Sulla base di questo principio si apre la possibilità di interpretare la gravitazione come una proprietà geometrica dello spazio-tempo, e di arrivare in maniera sostanzialmente unica alle leggi che la governano. L'accelerazione che un corpo che è soggetto a una forza esterna sperimenta risulta inversamente proporzionale alla sua massa; il principio di equivalenza richiede quindi che la forza gravitazionale sia esattamente proporzionale alla massa. La massa di un corpo non è una quantità elementare, ma risulta da molti contributi: ossia la massa delle particelle che lo costituiscono, l'energia che le lega insieme, la radiazione scambiata tra le sue componenti e così via. Poiché tutti questi contributi intervengono in corpi differenti in proporzioni diverse, il principio di equivalenza richiede che esso sia esattamente e separatemente soddisfatto per ciascuno di essi; dal punto di vista teorico è un vincolo estremamente stringente e generale. Il principio è stato sottoposto ad accurate verifiche sperimentali, sia per corpi ordinari in laboratorio, sia per la coppia Luna-Terra; non è emersa alcuna discrepanza, e non si è in grado di dire a che livello e in quale misura esso è violato. Tuttavia nei nuovi scenari teorici accennati, in particolare quelli che usano un campo scalare, il principio di equivalenza viene genericamente violato, benché in una maniera e per un ammontare che non è stato possibile determinare.
Il CNES (Centre National d'Etudes Spatiales) francese ha in fase di avanzata preparazione una missione spaziale per la verifica del principio di equivalenza, detta Microscope. Tale missione consiste in un satellite in orbita circolare intorno alla Terra, nel cui interno sono libere di muoversi due masse formate da materiali differenti (leghe diverse di platino e titanio). Se la gravitazione terrestre impone a esse la stessa accelerazione, queste hanno la medesima traiettoria; una violazione del principio di equivalenza appare quindi come una variazione della loro distanza entro il satellite. La differenza tra le due accelerazioni verrà misurata elettrostaticamente, con un'accuratezza migliore di circa un fattore 1000 rispetto alle precedenti misure di laboratorio. Il lancio, assai atteso da una larga comunità di scienziati, è previsto per il primo trimestre del 2009.
Vi sono numerosi programmi sperimentali in corso e in progetto con lo scopo di verificare le deduzioni della relatività generale circa le correzioni che essa richiede per la meccanica celeste e la progazione della luce. Sta per terminare l'analisi dei dati di un grande e complesso esperimento della NASA su un satellite che ha orbitato attorno alla Terra (Gravity Probe B); esso ha per scopo una misurazione riguardante gli effetti relativistici della gravità su un corpo rotante. Vengono utilizzate tecnologie completamente nuove, in particolare l'uso nello spazio di bassissime temperature e di materiali superconduttori. L'elemento cruciale dell'esperimento è una sferetta rotante di niobio superconduttore; l'orientazione del suo asse rispetto a una stella viene misurato mediante il campo magnetico da essa generato.
Un altro importante test classico riguarda l'effetto di un corpo gravitante su un fascio di onde elettromagnetiche. Naturalmente anche i fotoni, come ogni altro corpo, sono soggetti alla gravità. Passando vicino a un corpo gravitante essi subiscono una deflessione, che ovviamente cresce quando la distanza minima del raggio dal corpo diminuisce; ma l'effetto previsto da Einstein è esattamente il doppio di quello che si può calcolare in base alla teoria newtoniana. È interessante notare che gli scenari alternativi prima accennati e basati su un campo scalare predicono tutti una deflessione minore di quella einsteiniana, benché per un ammontare piccolissimo e ignoto. La situazione più favorevole per mettere in evidenza questo effetto si ha quando un fascio di onde elettromagnetiche emesso da una sorgente posta oltre il Sole passa in prossimità di questo. La sonda Cassini (fig. 2), arrivata su Saturno nel 2004, ha offerto tale possibilità: per un periodo di 30 giorni, nel giugno 2002, la particolare posizione di allineamento tra sonda (C), Sole (S) e Terra (T), indicata nella fig. 3 dalla linea tratteggiata gialla, per cui i fasci radio passavano vicino al Sole, ha consentito di portare a termine con successo misurazioni sulla deflessione delle onde elettromagnetiche da parte dell'astro. L'esperimento, tuttavia, non aveva per oggetto diretto la misurazione dell'angolo di deflessione, ma piuttosto il piccolo cambiamento della frequenza dell'onda deflessa prodotto dal moto dell'antenna di terra e di quella di bordo. Un fascio di microonde con frequenza ben definita e stabile trasmesso dalla stazione di terra veniva ritrasmesso indietro dall'antenna di bordo, permettendo così la misurazione dello spostamento di frequenza. Questo nuovo metodo e le favorevoli condizioni di quiete in cui l'esperimento si è svolto hanno fornito una misura assai più accurata dell'angolo di deflessione delle precedenti, per circa un fattore 50; essa non ha messo in evidenza una violazione della predizione einsteiniana, e ha posto un vincolo assai più forte a teorie alternative della gravitazione.