REIZIANO
Il maestro di G. Hermann, F. W. Reiz, osservò per primo che tutta una scena di Plauto, Aulul., III, 2, consta esclusivamente di versi formati da un dimetro giambico acataletto + un membro che si riconduce allo schema ???-???-⌣̲ (dove ??? "indica tesi libera, a piacere una lunga, due brevi o una breve). Il verso e rispettivamente il colon conservano il nome dello scopritore. Il colon è stato ritrovato più tardi in lirica greca. Esso deriva qui dalla poesia popolare, dove in lunghe serie costituisce la parte fondamentale del noto canto rodio della rondine (Carm. pop., fr. 32 Diehl), ma ricorre anche, del pari in serie, in versi di Saffo che vogliono arieggiare poesia popolare. E compare, prevalentemente come clausola, ma spesso anche quale elemento costitutivo, in poesia ben più severa, in odi di Pindaro e Bacchilide e in cantica di Eschilo, di Aristofane, e particolarmente di Euripide. Le forme predilette sono --⌣⌣-⌣̲ e ⌣⌣-⌣⌣-⌣̲; ancor maggior fortuna ha avuto la forma di tutte più breve, di cinque sillabe ⌣-⌣-- (dunque "Ερως Διὸς παῖ), il cui schema mostra chiara la parentela col docmio. Plauto ha ancora molte altre forme, ma qui l'analisi procede sicura grazie alla scena dell'Aulularia, dove il verso è adoperato κατὰ στίχον.
Bibl.: U. von Wilamowitz, Griech. Versk., Berlino 1921, p. 399 segg.