Abstract
Nell’attuale ordinamento il regolamento di competenza risponde alla esigenza di addivenire in tempi rapidi a una pronuncia in tema di competenza definitiva e vincolante. Il compito di statuire sulla competenza spetta alla Corte di cassazione, quale organo supremo posto al vertice del sistema giudiziario. L’istituto presenta una ‘doppia anima’, poiché si atteggia sia a mezzo d’impugnazione ordinario, esclusivo o alternativo, concesso alle parti avverso i provvedimenti contenenti almeno un capo, anche implicito, sulla competenza, sia, in talune più limitate ipotesi, a rimedio preventivo concesso al giudice dissenziente rispetto all’indicazione fornita dal primo giudice che abbia declinato la propria competenza.
Il regolamento di competenza, come attualmente disciplinato, non trova un corrispondente esatto nell’ordinamento processuale vigente in epoca anteriore al codice di procedura civile del 1940-42.
Da rimedio volto alla soluzione dei conflitti di competenza (anche soltanto virtuali), proponibile su istanza di parte all’autorità immediatamente e direttamente sovraordinata rispetto ad entrambi i giudici in conflitto, è divenuto mezzo d’impugnazione, esclusivo o alternativo, concesso alle parti avverso i provvedimenti contenenti almeno un capo, anche implicito, sulla competenza, nonché, in talune ipotesi, rimedio preventivo concesso al giudice dissenziente.
Il compito di regolare la competenza è stato affidato alla Corte di cassazione, quale organo supremo posto al vertice del sistema giudiziario, che sulla relativa questione «statuisce», indicando definitivamente il giudice legittimato in ordine alla controversia.
Come il regolamento di giurisdizione, il rimedio in esame, secondo le intenzioni del legislatore, risponde a ragioni di economia processuale, nel senso che mira ad accelerare la definizione della questione (di competenza) (v., da ultimo, Cass., S.U., 31.7.2014, n. 17443), ma a differenza di quello determina la sospensione automatica del processo di merito (v. infra,§ 6.2).
La sua disciplina è contenuta negli artt. 42 ss., 310, 375, 380 ter c.p.c., in tutte le altre norme del codice di rito applicabili in quanto mezzo di impugnazione ordinario, nonché in quelle del procedimento di cassazione non incompatibili.
Come accennato, il regolamento presenta una doppia anima, poiché si atteggia sia a mezzo di impugnazione (opinione pressoché pacifica; contra, v. Bongiorno, G., Il regolamento di competenza, Milano, 1970, 135) sia, più di rado, a rimedio preventivo del conflitto, disposto d’ufficio (non del tutto convinto della esclusione in questa ipotesi del regolamento dal novero dei mezzi di impugnazione, Frasca, R., Il regolamento di competenza, Torino, 2012, 246).
Nel primo caso, la sua tempestiva proposizione impedisce il passaggio in giudicato formale del provvedimento impugnato, ciò che conferisce all’istituto la qualificazione di mezzo di impugnazione ordinario, ai sensi dell’art. 324 c.p.c.
Nel secondo, il giudice indicato come competente da altro giudice e davanti al quale venga riassunta la causa a seguito della precedente declinatoria, può (ma soltanto se si tratti di incompetenza per materia o territorio nelle ipotesi previste dall’art. 28 c.p.c.) attivare di propria iniziativa, cioè indipendentemente dall’istanza di parte, il meccanismo decisorio della questione innanzi alla Cassazione, là dove si ritenga a sua volta incompetente o ritenga competente un altro giudice ancora.
Ai sensi dell’art. 42 c.p.c., «La ordinanza che, pronunciando sulla competenza anche ai sensi degli artt. 39 e 40, non decide il merito della causa e i provvedimenti che dichiarano la sospensione del processo ai sensi dell'art. 295 possono essere impugnati soltanto con istanza di regolamento di competenza». Ai sensi dell’art. 43, co. 1, c.p.c., «Il provvedimento che ha pronunciato sulla competenza insieme col merito può essere impugnato con l'istanza di regolamento di competenza oppure nei modi ordinari quando insieme con la pronuncia sulla competenza si impugna quella sul merito».
Il riferimento alla «ordinanza» è contenuto anche nell’art. 47, co. 2, c.p.c., mentre quello alla «sentenza» nell’art. 324 c.p.c.
In realtà, con la l. 18.6.2009, n. 69 la forma normale dei provvedimenti che decidono sulla competenza è l’ordinanza (v. l’art. 279, co. 1, c.p.c.; v., però, l’art. 420, co. 4, c.p.c.), salvo che il giudice, unitamente alla competenza, decida il merito della causa, poiché, in tal caso, è chiamato ad emettere un unico provvedimento avente la forma della sentenza. A questa eventualità è legata la distinzione tra regolamento necessario (nel senso che costituisce l’unico rimedio esperibile) e regolamento facoltativo (nel senso che la parte legittimata può scegliere, in alternativa, di proporre l’impugnazione «nei modi ordinari») di competenza. Ciò non toglie, tuttavia, che con tale rimedio si possano impugnare esclusivamente i provvedimenti o i capi di provvedimenti (ove la soluzione della questione di competenza si accompagni a quella sul merito) attinenti alla competenza. In ogni caso, resta ferma per la giurisprudenza la necessità che la questione sia decisa previo invito del giudice alle parti alla precisazione delle conclusioni (v. Cass., S.U., 29.9.2014, n. 20449, secondo cui il provvedimento del giudice monocratico che, nel disattendere l’eccezione di incompetenza, confermi la propria competenza e disponga la prosecuzione del giudizio davanti a sé, non è suscettibile di impugnazione con regolamento di competenza ex art. 42 c.p.c., ove non preceduto dalla rimessione della causa in decisione e dal previo invito alle parti a precisare le conclusioni, con la sola eccezione che il giudice abbia conclamato in termini inequivoci la idoneità della propria determinazione a risolvere definitivamente, davanti a sé, la questione di competenza; contra, in dottrina, v. Acone, M.-Iannicelli, L., Sub art. 43, in Commentario del codice di procedura civile, diretto da L.P. Comoglio, C. Consolo, B. Sassani, R. Vaccarella, I, Torino, 2012, 653; Trisorio Liuzzi, G., Le novità in tema di competenza, litispendenza, continenza e connessione, in Foro it., 2009, V, 253).
La naturale destinazione del regolamento alla risoluzione di questioni attinenti alla competenza, esclude, da un lato, qualsiasi commistione con questioni attinenti al merito, dall’altro, la sua proponibilità con riferimento a questioni che non sono di competenza in senso tecnico (quali, ad esempio, la distribuzione degli affari interni nell’ambito dell’ufficio giudiziario o le questioni di mero rito: per riferimenti, v. Acone, M.-De Santis, F., Sub art. 42, in Commentario, cit., 597 ss.).
Inoltre, secondo le S.U., il regolamento è ammissibile nell’ipotesi in cui si discuta sulla corretta applicazione da parte del giudice del regime di rilevabilità della questione di competenza di cui all’art. 38 c.p.c., in particolare, sull’ammissibilità e tempestività dell’eccezione d’incompetenza o sul tempestivo rilievo d’ufficio di questa (v. Cass., S.U., 19.10.2007, n. 21858; Cass., 9.11.2011, n. 23289).
La pronuncia sulla competenza è esplicita (e ha la forma della ordinanza) se il suo contenuto è costituito dalla sola relativa questione. Ciò accade nei casi in cui il giudice, a fronte dell’eccezione o del rilievo d’ufficio, valuti di non accantonarne l’esame, ma di attivare immediatamente il meccanismo decisorio di cui al combinato disposto degli artt. 187, co. 3, e 279, co. 1, c.p.c., emettendo un’ordinanza declinatoria oppure affermativa.
A ben vedere, la pronuncia sulla competenza può essere esplicita anche quando contenuta nella sentenza che decide il merito della causa, coincidendo con un capo autonomamente impugnabile.
Sono assoggettate al regolamento di competenza anche le pronunce emesse in grado d’appello, sebbene a questo proposito la giurisprudenza distingua tra: a) il provvedimento che abbia deciso in via esclusiva su una questione di competenza, che è impugnabile con il regolamento necessario di competenza, con la conseguente inammissibilità del ricorso ordinario per cassazione, il quale, tuttavia, può convertirsi nel regolamento, a condizione che risulti proposto nel rispetto del termine prescritto dall’art. 47, co. 2, c.p.c. ovvero in quello cd. lungo di cui all’art. 327 c.p.c., in mancanza della comunicazione da parte della cancelleria della decisione sulla competenza (Cass., 5.3.2009, n. 5391); b) il provvedimento emesso avverso la decisione di primo grado limitata ad una questione di competenza, che è impugnabile soltanto con il ricorso ordinario per cassazione, tanto se il giudice di appello abbia dichiarato inammissibile il gravame perché proposto in luogo del regolamento di competenza, quanto nel caso inverso in cui, superando implicitamente o esplicitamente la questione dell’ammissibilità dell’impugnazione, abbia pronunciato sulla competenza del primo giudice, poiché in entrambe le ipotesi il giudice di appello statuisce non già sulla propria competenza, bensì su una questione pregiudiziale di rito, preliminare a qualunque altra attinente alla individuazione del mezzo di impugnazione consentito (Cass., 7.7.2004, n. 12521).
La pronuncia è implicita tutte le volte in cui il giudice decide il merito della causa con sentenza, accogliendo o rigettando la domanda proposta, senza nulla dire in ordine alla propria competenza, evidentemente sul presupposto della sua sussistenza.
A tal proposito, si afferma l’esperibilità del regolamento ex art. 43 c.p.c. avverso il provvedimento con cui il giudice decide il merito della causa, senza provvedere sull’eccezione di litispendenza o di continenza; in particolare, l’omessa motivazione del giudice a quo perde ogni rilievo, in quanto a questa manchevole attività sopperisce la Corte di cassazione, la quale, statuendo autonomamente sulla competenza in forza dei poteri d’indagine di fatto connessi al denunciato error in procedendo, provvede direttamente all’esigenza di una motivazione che si sostituisce a quella mancante del giudice di merito (Cass., 2.8.2003, n. 11779).
Pronunzie implicite affermative della competenza assoggettabili a regolamento sono state individuate nel provvedimento con il quale il giudice, dopo aver rinviato la causa per la discussione sull’eccezione di incompetenza, disponga per l’istruzione della controversia nel merito (v. Cass. 13.11.2014, n. 24182), nell’ordinanza con la quale il giudice adito per la convalida di sfratto concede al conduttore il termine di grazia per sanare la morosità ai sensi dell’art. 55 l. 27.7.1978, n. 392, nonostante la contestazione da parte dell’intimato in ordine alla sua competenza funzionale (v. Cass., 9.8.2000, n. 10536) e nella sentenza con la quale il giudice dichiara la risoluzione del contratto di locazione per grave inadempimento del conduttore (v. Cass., 10.5.1982, n. 2884, in Foro it., 1982, I, 2224).
Invece, il regolamento viene ritenuto inammissibile qualora attraverso esso si impugni un provvedimento meramente ordinatorio o istruttorio, non contenente o non integrante pronuncia neanche implicita sulla competenza (cfr. Cass., S.U., 8.1.1992, n. 117, in Foro it., 1992, I, 3032, con nota di L. Iannicelli). Ad esempio, l’ordinanza con la quale il giudice si limiti a rinviare la soluzione della questione di competenza alla decisione del merito della controversia (Cass., 19.4.2011, n. 8930; in dottrina, v. Oriani, R., Il nuovo testo dell’art. 38 c.p.c. (art. 4, l. 353/90), in Foro it., 1991, V, 343 ss.; Iannicelli, L., La «preliminarità» della decisione nel nuovo art. 38 c.p.c., in Riv. dir. proc., 1993, 244 ss.); l’ordinanza con cui il giudice abbia disposto la prosecuzione del giudizio, fissando l’udienza per la precisazione delle conclusioni (Cass., 25.11.2010, n. 23943); l’ordinanza di concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto (Cass., 15.6.2006, n. 13765); il provvedimento che dispone la trasformazione del rito, ove questo non comporti anche il trasferimento della causa ad altro giudice di grado diverso o speciale (Cass., 22.5.2000, n. 6632).
Ai sensi dell’art. 46 c.p.c., «Le disposizioni degli artt. 42 e 43 non si applicano nei giudizi davanti ai giudici di pace». In origine, la norma faceva riferimento ai conciliatori; con l’introduzione del giudice di pace (l. 21.11.1991, n. 374) quel riferimento è stato di conseguenza sostituito. Allo stesso tempo, con la medesima riforma, da un lato, l’art. 341 c.p.c. ha stabilito l’appellabilità delle sentenze del giudice di pace, dall’altro, l’art. 339, co. 3, c.p.c. ha previsto l’inappellabilità di quelle pronunciate secondo equità (sull’incidenza degli ulteriori interventi di cui al d.lgs. 2.2.2006, n. 40, d.lgs. 19.2.1998, n. 51, l. n. 69/2009, si rinvia a M. Acone, M.-Lombardi, R., Sub art. 46, in Commentario, cit., 729 ss.).
Nonostante la posizione di una parte della dottrina favorevole ad una interpretatio abrogans dell’art. 46 c.p.c. ex art. 15 disp. prel. c.c. (cfr. per tutti Olivieri, G., Il regolamento di competenza resta inapplicabile nei giudizi davanti al giudice di pace?, in Giust. civ., 1992, II, 281 ss.), la Cassazione ha espressamente dichiarato inammissibile il regolamento necessario di competenza proposto avverso la pronuncia sulla competenza resa dal giudice di pace (da ultimo, con la precisazione che dopo la riforma del 2009 anche le decisioni sulla sola competenza del giudice di pace assumono la forma dell’ordinanza, v. Cass., 28.5.2014, n. 12010). Tuttavia, la Cassazione nel 2008 ha ammesso l’esperibilità del regolamento avverso l’ordinanza di sospensione del processo ex art. 295 c.p.c., (Cass., S.U., 29.8.2008, n. 21931, in Foro it., 2009, I, 3431, con nota di M. Acone e in Giusto proc. civ., 2009, 551, con nota di G. Ficarella; per l’individuazione di persistenti profili di incostituzionalità dell’art. 46 c.p.c., con riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., v. Acone, M.-Lombardi, R., Sub art. 46, cit., 742).
Invece, deve ritenersi esperibile il regolamento d’ufficio, poiché la norma si riferisce esclusivamente agli artt. 42 e 43 e non all’art. 45 c.p.c. (tra le tante, v. Cass., 27.11.2014, n. 25232; Cass., 13.9.2012, n. 15382).
È pacifica, sia in dottrina sia in giurisprudenza, l’inammissibilità del regolamento avverso un provvedimento sulla competenza emesso in sede cautelare, sia prima del giudizio di merito, sia nella pendenza di esso, a causa della mancanza di definitività del provvedimento stesso, della riproponibilità illimitata della domanda ex art. 669 septies, co. 1, c.p.c. e della esperibilità del reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. (v., da ultimo, Cass., S.U., 29.7.2013, n. 18189; per l’inammissibilità del regolamento avverso l’ordinanza con cui il giudice del reclamo rigetta l’eccezione di incompetenza e conferma il provvedimento cautelare, v. Cass., S.U., 25.10.1996, n. 9337; in relazione ai provvedimenti di istruzione preventiva, v. Cass., S.U., 21.7.1998, n. 7129, in Foro it., 1999, I, 952, con nota di F. Cipriani; con riferimento al procedimento possessorio, sempre sul presupposto della reclamabilità del provvedimento, v. Cass., 10.3.2005, n. 5316; per l’inammissibilità rispetto alla fattispecie di cui all’art. 696 bis c.p.c., v. Cass., S.U., 20.6.2007, n. 14301).
Quanto al regolamento d’ufficio, nel 2009 le S.U., nel risolvere un contrasto di giurisprudenza, ne hanno affermato l’inammissibilità, anche nell’ipotesi di duplice declaratoria d’incompetenza formulata in sede di giudizio di reclamo (v. Cass., S.U., 9.7.2009, n. 16091, in Riv. dir. proc., 2010, 931; cfr. in dottrina Consolo, C., Rigetto per incompetenza, reclamo cautelare (e l’ombra del regolamento di competenza), in Giur. it., 1995, I, 369 ss.).
Con riferimento ai procedimenti sommari non cautelari, la giurisprudenza ha riconosciuto l’ammissibilità del regolamento soltanto nelle ipotesi in cui il provvedimento impugnato abbia i caratteri della decisorietà e definitività o idoneità a conseguire stabilità identica o assimilabile al giudicato (ad esempio, in relazione al procedimento ex art. 28 st. lav., v. Cass., 16.6.2000, n. 8213, che ha ammesso il regolamento di competenza d’ufficio; Cass., 2.5.1994, n. 4220; in relazione al procedimento sommario nel cd. rito Fornero ex art. 1, co. 48 ss., l. 28.6.2012, n. 92, v. Cass., S.U., n. 7443/2014, cit.; in relazione al provvedimento presidenziale ex art. 148 c.c., v. Cass., 4.12.1999, n. 13579), mentre l’ha negata in caso contrario (ad esempio, v., con riferimento ai procedimenti camerali, v. Cass., n. 11463/2013, cit.).
A parte quanto disposto dall’art. 187 disp. att. c.p.c., secondo cui «Le sentenze dichiarate non impugnabili che il giudice pronuncia sulle opposizioni agli atti esecutivi sono sempre soggette a regolamento di competenza a norma degli artt. 42 e seguenti del codice», la giurisprudenza ritiene non impugnabili con regolamento di competenza i seguenti provvedimenti, tutti resi nel corso dell’esecuzione forzata:
i) l’ordinanza con cui il giudice dell’esecuzione, investito dell’opposizione ai sensi dell’art. 615, co. 2, c.p.c., esaurita la fase sommaria del procedimento demandata all’emanazione dei provvedimenti sull’istanza di sospensione dell’esecuzione, ravvisa di non essere competente e rimette ex art. 616 c.p.c. le parti per il prosieguo davanti al giudice individuato come competente (v. Cass., S.U., 30.6.2010, n. 15629); l’ordinanza di aggiudicazione del bene emessa dal giudice dell’esecuzione immobiliare a seguito di incanto ex art. 581 c.p.c. (Cass., 1.10.1997, n. 7139); ii) il provvedimento con cui il giudice nell’espropriazione presso terzi, a fronte dell’eccezione per incompetenza per territorio sollevata dal debitore escusso, senza pronunciarsi sull’eccezione stessa, procede a raccogliere la dichiarazione del terzo, ai sensi dell’art. 547 c.p.c. (Cass., 19.1.2001, n. 791); iii) il provvedimento che concede la sospensione dell’esecuzione v. (Cass., S.U., 19.10.2007, n. 21860), quello che la nega (v. Cass., 23.7.2009, n. 17267) e quello che la revoca (Cass., 19.10.2007, n. 21971); iv) in generale, i provvedimenti del giudice dell’esecuzione pronunciati nell’esercizio dei suoi poteri di gestione dello svolgimento del processo esecutivo, sia affermativi sia negativi della propria competenza, in quanto suscettibili di opposizione agli atti esecutivi (Cass., 26.7.2011, n. 16292).
Ai sensi dell’art. 819 ter, co. 1, c.p.c., «La sentenza, con la quale il giudice afferma o nega la propria competenza in relazione a una convenzione d'arbitrato, è impugnabile a norma degli artt. 42 e 43». Tuttavia, ai sensi del co. 2, «Nei rapporti tra arbitrato e processo non si applicano regole corrispondenti agli artt. 44, 45, 48, 50 e 295» (va precisato che C. cost., 19.7.2013, n. 223, in Corr. giur., 2013, 1107, con nota di C. Consolo e in Foro it., 2013, I, 2701, con note di M. Acone, E. D’Alessandro e R. Frasca, in Riv. dir. proc., 2014, 374, con nota di S. Boccagna, ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 819 ter, co. 2, c.p.c., nella parte in cui esclude l’applicabilità, ai rapporti tra arbitrato e processo, di regole corrispondenti all’art. 50 c.p.c., con la conseguenza che la translatio iudicii o quantomeno la conservazione degli effetti della domanda proposta all’organo incompetente è oggi configurabile anche tra giudice e arbitri e viceversa; per un approfondimento critico cfr. Izzo, S., La convenzione arbitrale nel processo, Torino, 2013, 146).
Ciononostante, è assai controverso in dottrina che i rapporti tra giurisdizione statale e arbitrato (rituale) siano inquadrabili nello schema della competenza in senso tecnico (per una panoramica completa, anche di dottrina, v. Izzo, S., op. cit.). In questo senso si sono comunque orientate le S.U., ord. 25.10.2013, n. 24153, (in Foro it., 2013, I, 3407, con nota di E. D’Alessandro e in Corr. giur., 2014, 84, con nota di G. Verde) qualificando l’eccezione di patto compromissorio per arbitrato interno in termini di eccezione di competenza se è in gioco la competenza del giudice ordinario (in questo senso in dottrina già Acone, M., Arbitrato e competenza, in Riv. arb., 1996, 239), di giurisdizione se si debba fare i conti con quella del giudice amministrativo ovvero con un arbitrato estero con la conseguenza che è ammissibile il regolamento preventivo di giurisdizione. In dottrina, come anticipato, le opinioni sono notevolmente più variegate, diversificandosi tra quanti la configurano in termini di difetto di giurisdizione (Verde, G., da ultimo in Lineamenti di diritto dell’arbitrato, II ed., Torino, 2013, 21; Bove, M., Ancora sui rapporti tra arbitrato e giudice statale, in Riv. arb., 2007, 653; Izzo, S., op. cit., 160; Cass., S.U., 6.2.2002, n. 1556, in Foro it., 2002, I, 1736), alla stregua di una questione di merito (Punzi, C., Disegno sistematico dell’arbitrato, I, Padova, 2000, 420; Ruffini, G., Commento all’art. 819-ter, in La nuova disciplina dell’arbitrato, a cura di S. Menchini, Padova, 2010, 364; in giurisprudenza, a partire da Cass., S.U., 3.8.2000, n. 527, in Corr. giur., 2001, 51, con note di G. Ruffini e M. Marinelli; in Giust. civ., 2001, I, 761, con nota di G. Monteleone; in Riv. arb., 2000, 699, con nota di E. Fazzalari; in Riv. dir. proc., 2001, 254, con nota di E.F. Ricci e in Giur. it., 2001, 1107, con nota di G. Canale; da ultimo, in questo senso, Cass. 14.7.2011, n. 15474).
Sull’esperibilità del regolamento di competenza ad istanza di parte, già prima della riforma del 2006, v. Cass., 8.2.1999, n. 1079, in Foro it., 2000, I, 2307, con nota di F. De Santis. Successivamente, tra le tante, v. Cass., ord., 30.10.2012, n. 18671, in Riv. arb., 2013, 913, con nota di L. Salvaneschi.
Peraltro, va aggiunto che, non è sottoposto al medesimo regime il lodo arbitrale che decida della potestas iudicandi degli arbitri, che rimane assoggettato all’impugnazione per nullità di cui agli artt. 829 ss. c.p.c. (contra, Boccagna, S., Appunti sulla nuova disciplina dei rapporti tra arbitrato e giurisdizione, in Scritti in onore di Carmine Punzi, II, Torino, 2008, 324).
Infine, va considerato che ai sensi del primo inciso dell’art. 819 ter, co. 1, c.p.c., «La competenza degli arbitri non è esclusa dalla pendenza della stessa causa davanti al giudice, né dalla connessione tra la controversia ad essi deferita ed una causa pendente davanti al giudice». Ciò dovrebbe escludere la configurabilità della contemporanea pendenza del giudizio arbitrale e di quello giurisdizionale, sulla medesima causa o su causa connessa, in termini di litispendenza ex art. 39 c.p.c. (cfr. Mandrioli, C.-Carratta, A., Diritto processuale civile, III, Torino, 2014, 416 ss.). In tal senso, v. Cass., 9.1.2008, n. 178, in Riv. dir. proc., 2009, 221, con nota di E. Marinucci, che esclude anche l’applicabilità dell’istituto della sospensione dei processi ai sensi degli art. 295 e 819 c.p.c.).
Come anticipato, il regolamento necessario di competenza è così denominato poiché costituisce l’unico rimedio esperibile avverso i provvedimenti che abbiano ad oggetto soltanto la questione di competenza.
Tali sono le ordinanze con le quali il giudice adito declina o afferma la propria competenza ai sensi dell’art. 279, co. 1, c.p.c., nonché quelle con i quali dichiara la litispendenza o la continenza (art. 39, co. 1-2, c.p.c.) ovvero la connessione (art. 40, co. 1, c.p.c.). Del tutto peculiare è l’ordinanza che dispone la sospensione del processo ex art. 295 c.p.c., ma non attinente propriamente ad una questione di competenza (secondo Consolo, C., Spiegazioni di diritto processuale civile, II, Torino, 2012, 141, l’unico collegamento tematico sta nella valutazione negativa sulla possibilità di riunione ex art. 40 c.p.c., di frequente effettuata sulla base delle ravvisate ragioni di competenze inderogabili tra la causa pregiudiziale e la causa dipendente); in tal caso, il regolamento mira evidentemente non ad una vera e propria statuizione sulla competenza, bensì alla eliminazione del provvedimento di sospensione illegittimo (Balena, G., Istituzioni di diritto processuale civile, II, Bari, 2014, 482).
Più in generale, va precisato che, secondo la giurisprudenza, la formula su richiamata contenuta nell’art. 42 («non decide il merito della causa») va riferita non soltanto ad una pronuncia sul rapporto sostanziale dedotto in giudizio, ma anche alla risoluzione di questioni – di carattere sostanziale o processuale, pregiudiziali di rito o preliminari di merito – diverse da quella sulla competenza (Cass., 10.1.2011, n. 371; in dottrina, invece, nel senso che «per merito s’intende merito» e «non tutto ciò che non è competenza», v. Cipriani, F., Il regolamento facoltativo di competenza, in Riv. dir. proc., 1976, 503 ss.).
In ordine al provvedimento che abbia pronunciato sulla competenza e sulle spese si afferma che, salvo che per il giudice di pace (art. 46 c.p.c.), esso deve essere impugnato esclusivamente con il regolamento necessario, senza distinzione fra decisioni di primo o di secondo grado; ne consegue che in tal caso è inammissibile l’impugnazione proposta nelle forme del ricorso ordinario per cassazione, salva la possibilità di conversione in istanza di regolamento di competenza, sempreché ne ricorrano i requisiti (v. Cass., 13.2.2006, n. 3077). Secondo Cass., 17.12.2013, n. 28156, dopo la modifica apportata all’art. 42 dalla l. n. 69/2009, l’ordinanza che ha pronunciato soltanto sulla competenza e sulle spese processuali deve essere impugnata con il mezzo ordinario previsto per le sentenze del giudice dichiaratosi incompetente. Secondo altra giurisprudenza, la proposizione del regolamento comporta la devoluzione alla Suprema Corte anche della decisione sul capo di sentenza concernente le spese di lite, non avendo il ricorrente l’onere di impugnare la relativa pronuncia, né la possibilità di proporre a tal fine un giudizio ordinario (Cass., 12.8.2011, n. 17228). Nel senso che la soppressione dell’inciso contenuto nel co. 1 dell’art. 91 c.p.c. («eguale provvedimento emette nella sua sentenza il giudice che regola la competenza») ad opera della l. n. 69/2009, non ha determinato il venire meno del potere della Cassazione di provvedere sulle spese del regolamento di competenza e che, allo stesso modo, la modifica normativa non ha inciso sull’analogo potere del giudice di merito di provvedere sulle spese di lite nel provvedimento con il quale abbia declinato la propria competenza, trattandosi di un’ordinanza (art. 279 c.p.c.) che ha valore di sentenza in senso sostanziale, in quanto idonea a chiudere il processo davanti al giudice che l’ha emessa, v. Cass., 9.11.2011, n. 23359.
Sono impugnabili con il regolamento necessario di competenza i provvedimenti sulle questioni relative alla litispendenza e alla continenza, nonché alla connessione, in quanto concorrono all’identificazione in concreto del giudice che deve decidere la causa e, pertanto, vanno equiparate alle declaratorie di competenza o di incompetenza (v., da ultimo, Cass., S.U., n. 17443/2014, cit.).
A tal proposito, va precisato che l’impugnazione può avere ad oggetto soltanto la contestazione relativa al presupposto della litispendenza, cioè l’anteriore proposizione in altra sede della stessa domanda fra le stesse parti, non anche la competenza su tale domanda, trattandosi di questione devoluta al giudice della controversia in precedenza instaurata e non influente sull’indicata declaratoria (Cass., S.U., n. 17443/2014, cit.).
Inoltre, è impugnabile unicamente con il regolamento di competenza il provvedimento non definitivo con il quale il giudice adito si sia limitato a escludere la litispendenza o la continenza, non essendo contro di esso ammessa riserva d’impugnazione, istituto quest’ultimo, non applicabile al rimedio de quo, poiché volto a far conseguire una definizione sollecita della questione sulla competenza (Cass., 3.4.2007, n. 8354, in Foro it., 2008, I, 3322, con nota di O. Desiato).
A proposito della connessione, la giurisprudenza precisa che il regolamento non è esperibile avverso il provvedimento con il quale uno dei due giudici del medesimo tribunale si spogli della cognizione della propria causa disponendone la riassunzione ai sensi dell’art. 40 c.p.c., davanti all’altro giudice, non potendo trovare applicazione quest’ultima norma, bensì l’art. 274 c.p.c. (Cass., 25.11,2010, n. 23978).
Quanto ai limiti internazionali alla competenza giurisdizionale del giudice italiano, v. Cass., S.U., 19.3.2009, n. 6597, secondo cui non è ammissibile il ricorso per regolamento di competenza avverso una sentenza del giudice italiano che, accertata una situazione di litispendenza internazionale, abbia declinato la giurisdizione in favore del giudice francese in applicazione dell’art. 27 del reg. (CE) n. 44/2001, poiché la pronuncia non riguarda la competenza interna ma la giurisdizione e può quindi essere unicamente oggetto di appello. Cfr. anche Cass., 10.9.2014, n. 19004, che ha escluso il regolamento di competenza (e il ricorso straordinario per cassazione) avverso la sentenza che abbia dichiarato l’«incompetenza» in favore del giudice straniero, trattandosi di una questione di giurisdizione.
4.3 I provvedimenti che dispongono la sospensione ex art. 295 c.p.c.
Stando alla lettera dell’art. 295 c.p.c., sono impugnabili con il regolamento di competenza soltanto i provvedimenti con i quali il giudice, nell’ipotesi in cui «egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della causa», «dispone che il processo sia sospeso», non quelli che negano la sospensione.
In tal senso è orientata la giurisprudenza: v. Cass., n. 8354/2007, cit. e prima ancora Cass. 3.2.1997, n. 1010, in Foro it., 1997, I, 1106, con nota di G. Trisorio Liuzzi.
Depone in senso favorevole a questa impostazione anche la considerazione che, altrimenti opinando, si lascerebbe nelle mani della parte interessata e maliziosa uno strumento efficacissimo di paralisi del processo (la sospensione automatica ex art. 48 c.p.c.) in attesa della pronuncia della Cassazione, con notevole allungamento dei tempi del processo. Per questa ragione, mentre è opportuno e adeguato aver previsto un rimedio impugnatorio immediato avverso il provvedimento che dichiara la sospensione ex art. 295 c.p.c., poiché volto ad eliminare quanto prima ogni dubbio sulla effettiva sussistenza dei presupposti previsti da questa norma (cfr. Cass., 1.10.2003, n. 14670, in in Foro it., 2004, I, 1474, con nota di G. Trisorio Liuzzi), sarebbe del tutto sproporzionato ammetterlo nei casi in cui non v’è nessuna esigenza di celerità da soddisfare, dal momento che il processo continua senza pause (cfr. Cipriani, F., Le sospensioni del processo civile per pregiudizialità, in Riv. dir. proc., 1984, 278; Id., Sospensione del processo (dir. proc. civ.), voce dell’Enc. giur. Treccani, Roma, 1999, 11; Trisorio Liuzzi, G., La sospensione del processo civile di cognizione, Bari, 1987, 596; Costantino, G., Il regolamento di competenza: note sui provvedimenti impugnabili, in www.judicium.it).
Le ipotesi di sospensione non riconducibili all’art. 295 c.p.c. non rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento di competenza.
In particolare, non sono assoggettabili a tale rimedio: l’ordinanza di sospensione del processo per proposizione di querela di falso dinanzi alla corte d’appello (Cass., 27.9.2002, n. 14062, in Foro it., 2003, I, 3136, con nota di G. Trisorio Liuzzi); l’ordinanza con cui il giudice, ritenuta non manifestamente infondata e rilevante la questione di legittimità costituzionale di una norma, sospende il processo e rimette gli atti alla Corte costituzionale (Cass., 22.6.2001, n. 8514); l’ordinanza che dichiara la sospensione del processo del lavoro per mancato esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione (Cass., 1.6.2001, n. 7435).
Invece, da tempo la Cassazione ha affermato l’esperibilità del rimedio avverso il provvedimento di sospensione facoltativa emesso in mancanza di una norma di legge che lo preveda (Cass., S.U., n. 14670/2003, cit.; più di recente, v., tra le tante, Cass., 25.11.2010, n. 23977).
Nell’ipotesi dell’art. 43, co. 1, c.p.c. il regolamento prende il nome di facoltativo, nel senso che è rimessa alla parte legittimata (v. infra, § 5.2) la scelta se impugnare il provvedimento soltanto in relazione al capo relativo alla competenza (attraverso il regolamento stesso) oppure unitamente al merito della causa (nei «modi ordinari») (cfr. Luiso, F.P., Diritto processuale civile, I, Milano, 2013, 125).
Pertanto, nonostante la diversità del nomen rispetto al regolamento necessario, si tratta del medesimo istituto processuale.
Sulla individuazione del provvedimento sulla competenza impugnabile con il regolamento si rinvia a quanto innanzi detto. È appena il caso di aggiungere che l’ambito di applicazione della norma comprende anche le ipotesi in cui, unitamente al merito, la pronuncia riguardi questioni attinenti alla litispendenza, continenza e connessione (cfr., in tal senso, Acone, M.-Iannicelli, L., Sub art. 43, cit., 654).
A proposito della nozione di «merito», secondo la giurisprudenza, perché sia proponibile il regolamento, è sufficiente che il provvedimento contenga, oltre ad una pronuncia sulla competenza, anche un’altra qualsiasi pronuncia, non necessariamente sul merito in senso stretto della causa (cioè sul rapporto sostanziale), bensì anche soltanto su una questione preliminare di merito o pregiudiziale di rito, con il solo limite che non si tratti di una pronuncia incidenter tantum (Cass., n. 371/2011, cit.; in dottrina, v. Luiso, F.P., Diritto, cit., 125).
È dibattuto in dottrina il profilo relativo all’interesse e alla legittimazione per la proposizione del regolamento.
Secondo alcuni autori, non sempre il rimedio presuppone una soccombenza, come emerge dalla lettura degli art. 43, co. 2, (dal quale discenderebbe la legittimazione anche in capo alla parte totalmente vittoriosa nel merito) e 47, co. 2, c.p.c. (dal quale scaturirebbe la possibile comunanza di posizione delle parti) e, peraltro, in alcuni casi può essere interesse di entrambe le parti impugnare la decisione sulla competenza (ad esempio, emessa in tema di competenza inderogabile sulla base del rilievo d’ufficio). Da ciò discenderebbe la negazione della natura di mezzo di impugnazione del regolamento di competenza (v. supra, gli autori citati al § 2).
Tuttavia, ribadito che quest’ultima è un’opinione largamente minoritaria, va precisato,con specifico riferimento al regolamento facoltativo, che l’unica parte che possa trovarsi nella condizione di scegliere quale rimedio esperire, è il convenuto che sia allo stesso tempo soccombente sia sulla questione di competenza sia sul merito (totalmente o parzialmente) (v. Cipriani, F., Il regolamento, cit., 488 ss.; Id., Sulla legittimazione a scegliere tra regolamento di competenza e impugnazione ordinaria, in Foro it., 1986, I, 2851 ss.; in giurisprudenza, per la legittimazione del convenuto vittorioso nel merito, ma non sulla questione di competenza, v. Cass., 7.12.1984, n. 6457, in Giur. it., 1986, I, 1, 1081, con nota critica di A. Attardi).
La facoltatività del regolamento, legata al fatto che il provvedimento emesso dal giudice contenga una pronuncia sulla competenza e sul merito (nel senso specificato), comporta la possibilità di un concorso tra impugnazioni (tra regolamento e appello o ricorso per cassazione), risolto dall’art. 43, co. 2-3, c.p.c. in base al principio generale della precedenza del regolamento rispetto alle impugnazioni proponibili nei «modi ordinari» (Balena, G., op. cit., 485), che, a sua volta, risponde all’esigenza di pervenire più rapidamente ad una decisione sulla competenza vincolante (v. supra, § 1).
In particolare, ai sensi del co. 2, «La proposizione dell'impugnazione ordinaria non toglie alle altre parti la facoltà di proporre l'istanza di regolamento»; ai sensi del co. 3, «Se l'istanza di regolamento è proposta prima dell'impugnazione ordinaria, i termini per la proposizione di questa riprendono a decorrere dalla comunicazione dell'ordinanza che regola la competenza; se è proposta dopo, si applica la disposizione dell'art. 48».
Dunque, nella prima ipotesi, la proposizione del regolamento impedisce l’instaurazione dell’impugnazione ordinaria sino al momento in cui l’ordinanza con la quale la Cassazione ha regolato la competenza, venga comunicata alle parti. Tuttavia, mentre nel caso in cui la Corte abbia riconosciuto la competenza del giudice adito, i termini possono riprendere a decorrere ai fini dell’impugnazione ordinaria; nel caso ne abbia dichiarato l’incompetenza determinando la caducazione della pronuncia di merito ai sensi dell’art. 336, co. 1, c.p.c. (v. Luiso, F.P., Diritto, cit., 126), i termini per l’impugnazione non possono più decorrere e il processo deve essere riassunto, a pena di estinzione, innanzi al giudice individuato come competente.
Nella seconda ipotesi, può accadere che sia instaurata prima l’impugnazione ordinaria. Ciò non impedisce la proposizione del regolamento di competenza. In tal caso, la prima è comunque sospesa sino all’esito del secondo. Invece, la stessa parte non può impugnare prima in via ordinaria e successivamente con il regolamento di competenza, dovendosi ritenere che la proposizione dell’appello o del ricorso ordinario per cassazione comportino un’implicita rinuncia al regolamento.
Il procedimento del regolamento di competenza è disciplinato principalmente dagli artt. 47 ss. c.p.c. Tuttavia, si ritiene che queste disposizioni debbano essere integrate, per un verso, con quelle dettate dall’ordinario procedimento di cassazione, per un altro, con quelle generali in tema di impugnazione (v., anche per riferimenti, Acone, M.-Lombardi, R., Sub art. 47, in Commentario, cit., 745).
L’istanza si propone alla Corte di cassazione con ricorso (contenente i requisiti richiesti dall’art. 366 c.p.c.; nel senso che i requisiti di ammissibilità del ricorso per cassazione, previsti dall’art. 360 bis c.p.c. si applicano anche al regolamento di competenza, v. Cass., S.U., 6.9.2010, n. 19051, in Foro it., 2010, I, 3333, con nota di G. Scarselli, in Giusto proc. civ., 2010, 1131, con nota di F.P. Luiso, in Giur. it., 2011, 885, con nota di A. Carratta)sottoscritto dal procuratore o dalla parte, se questa si è costituita personalmente. Sotto quest’ultimo aspetto, si ravvisa una differenza evidente rispetto al ricorso ordinario per cassazione che richiede, invece, il rilascio di procura speciale ad avvocato iscritto nell’apposito albo che consente di assumere la difesa innanzi alla magistrature superiori.
Il ricorso deve essere notificato (ai sensi dell’art. 330 c.p.c.) alle parti che non vi hanno aderito entro il termine perentorio di 30 giorni dalla comunicazione della ordinanza che abbia pronunciato sulla competenza o dalla notificazione dell'impugnazione ordinaria nel caso previsto nell'art. 43, co. 2, c.p.c. (sulla decorrenza del termine per la proposizione del regolamento in relazione alla parte contumace, v. Cass., S.U., 9.11.1996, n. 9818, in Foro it., 1997, I, 3295, con nota di M. Acone, secondo cui il termine decorre in ogni caso dalla data del deposito della sentenza e ha durata annuale ai sensi dell’art. 327 c.p.c.; sulle problematiche connesse alla decorrenza del termine a seguito della l. n. 69/2009, v., anche per riferimenti, Acone, M.-Lombardi, R., Sub art. 47, cit., 757 ss.).
In caso di adesione delle altre parti (che non significa necessariamente condivisione dei motivi dell’impugnazione, ma che, invece, rappresenta un modo di attuazione rapida del contraddittorio e tutt’al più di raggiungimento di un accordo sull’opportunità di sottoporre la questione di competenza alla Cassazione per una sua «statuizione» vincolante: v. in tal senso Andrioli, V., Commento al codice di procedura civile, I, Napoli, 1954, 171), questa può risultare dalla sottoscrizione del ricorso.
Deve ritenersi esclusa l’applicabilità degli artt. 333 e 334 c.p.c. e quindi, la proponibilità di un regolamento di competenza in via incidentale, poiché il co. 5 dell’art. 47 c.p.c. disciplina compiutamente le attività (deposito di scritture difensive e documenti) consentite alle parti cui è notificata l’istanza (v. anche Acone, M.-Lombardi, R., Sub art. 47, cit., 749 s.).
La parte che propone l'istanza, nei 5 giorni successivi all'ultima notificazione del ricorso alle altre parti, «deve chiedere ai cancellieri degli uffici davanti ai quali pendono i processi, che i relativi fascicoli siano rimessi alla cancelleria della corte di cassazione». Successivamente, «nel termine perentorio di venti giorni dalla stessa notificazione deve depositare nella cancelleria il ricorso con i documenti necessari» (v. art. 47, co. 3, c.p.c.). L’inosservanza di quest’ultimo termine (qualificato, a differenza del primo, espressamente perentorio) determina l’improcedibilità del ricorso, ai sensi dell’art. 369 c.p.c. (Cass., 18.6.2008, n. 16556).
Ai sensi dell’art. 48, co. 1, c.p.c., dal giorno in cui è presentata l'istanza al cancelliere davanti al quale pende il processo di rimessione dei «relativi fascicoli»alla cancelleria della Cassazione o dalla pronuncia dell'ordinanza che richiede il regolamento (d’ufficio), «i processi … sono sospesi»; tuttavia, «Il giudice può autorizzare il compimento degli atti che ritiene urgenti» (co. 2).
L’effetto sospensivo, che ha ad oggetto soltanto il processo di cognizione nell’ambito del quale il regolamento viene proposto, non anche il processo esecutivo eventualmente intrapreso sulla base del provvedimento impugnato, risponde all’esigenza di risolvere la questione di competenza innanzi alla Cassazione con precedenza rispetto al merito della causa. Tuttavia, rappresenta anche l’aspetto più odioso del rimedio in parola, poiché, nel determinare un’automatica (in realtà, successiva alla richiesta di trasmissione del fascicolo, con conseguente validità degli atti compiuti medio tempore: v. Trisorio Liuzzi, G., La sospensione, cit., 154) battuta d’arresto al processo in corso, non soltanto lascia nelle mani del convenuto un efficace strumento dilatorio e ostruzionistico, ma produce anche un allungamento delle attività processuali in spregio alla contrapposta e prevalente esigenza di assicurare una ragionevole durata del processo, ai sensi dell’art. 111, co. 2, Cost. (cfr. Acone, M., La “ragionevole durata” del regolamento di competenza, in Corr. giur., 2005, 1593; in precedenza, v. Trisorio Liuzzi, G., La sospensione, cit., 150 ss., 638, 649).
Quanto alla sorte degli atti compiuti nonostante il perfezionamento della fattispecie sospensiva, v. Cass., 13.10.1986, n. 5995, secondo cui essi non sono da considerare necessariamente nulli, bensì soltanto nel caso in cui il regolamento si concluda con l’affermazione della competenza di giudice diverso da quello che ha pronunciato il provvedimento impugnato.
Gli «atti urgenti» il cui compimento, in ogni caso, è consentito dall’art. 48, co. 2, c.p.c. durante la sospensione del processo, previa autorizzazione (discrezionale) del giudice, sono in generale gli atti istruttori e i provvedimenti cautelari (cfr. Bove, M., Sospensione del processo e tutela cautelare, in Riv. dir. proc., 1989, 987 nt. 25; in giurisprudenza, v. Cass., 13.5.2005, n. 10043).
Ai sensi dell’art. 47, co. 5, c.p.c., «Le parti, alle quali è notificato il ricorso o comunicata l'ordinanza del giudice, possono, nei venti giorni successivi, depositare nella cancelleria della corte di cassazione scritture difensive e documenti». Il termine non è qualificato come perentorio dalla legge, sicché, se non vi sia opposizione delle controparti, la Corte è tenuta a prendere in considerazione anche le scritture difensive tardivamente depositate (Cass., 21.12.2010, n. 25891).
Inoltre, ai sensi dell’art. 47, co. 4, c.p.c., «Il regolamento d'ufficio è richiesto con ordinanza dal giudice, il quale dispone la rimessione del fascicolo di ufficio alla cancelleria della corte di cassazione».
Sull’istanza di regolamento di competenza la Cassazione decide con ordinanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375, co. 1, n. 4, c.p.c.
Il procedimento applicabile è disciplinato dall’art. 380 ter c.p.c. In base al tenore letterale della norma, il presidente sembrerebbe trovarsi innanzi all’alternativa se chiedere al p.m. le sue conclusioni scritte ovvero procedere ex art. 380 bis, co. 1, c.p.c., che rinvia all’art. 376, co. 1, primo periodo, c.p.c. Quindi, il presidente assegna il ricorso alla «apposita sezione» per il vaglio preventivo di sussistenza delle ipotesi di cui all’art. 375, nn. 1 e 5, c.p.c., nominando il relatore, il quale deposita in cancelleria una relazione con la concisa esposizione delle ragioni che possono giustificare la relativa pronuncia.
La prosecuzione del procedimento dovrebbe avvenire comunque nelle forme dell’art. 380 ter c.p.c., poiché il rinvio all’art. 380 bis c.p.c. riguarda, come detto, soltanto il co. 1. Per un’interpretazione più elastica, «che permetta l’applicazione dell’intero procedimento camerale ordinario» (tranne l’ultimo comma dell’art. 380 bis c.p.c., che prevede il rinvio alla pubblica udienza) e che consenta al p.m. «di sottrarsi all’onere delle conclusioni scritte», v. Damiani, F.S., Il procedimento camerale in Cassazione, Napoli-Roma, 2011, 495 s.
Se il presidente opta per l’applicazione del procedimento speciale di cui all’art. 380 ter c.p.c., le conclusioni del p.m. e il decreto del presidente che fissa l’adunanza in camera di consiglio, devono essere notificati, almeno 20 giorni prima, agli avvocati delle parti, che hanno facoltà di presentare non oltre 5 giorni prima, ma che non possono essere sentiti se compaiono, a differenza di ciò che la norma prevede per il regolamento di giurisdizione.
Ai sensi dell’ult. co. dell’art. 380 ter c.p.c., il ricorso non può essere rinviato alla pubblica udienza; è esclusa, infatti, l’applicazione dell’art. 380 bis, co. 5 (rectius, co. 4), c.p.c.
Infine, il regolamentoè pronunciato con ordinanza «entro i venti giorni successivi alla scadenza del termine previsto nell’articolo 47, ultimo comma».
La sostituzione della originaria forma della sentenza con quella ordinanza avvenuta ad opera della l. 24.3.2001, n. 89, era stata dettata dall’esigenza di pervenire a decisioni semplificate a fronte di ricorsi semplici, ripetitivi, pretestuosi. Tuttavia, la modifica del 2001 ha posto anche un problema interpretativo in ordine all’efficacia del provvedimento.
Rinviando al prossimo paragrafo l’analisi di quest’ultimo profilo, vanno qui precisati soltanto due ulteriori profili.
Per un verso, l’esame della questione di competenza può anche arrestarsi di fronte al riscontrato difetto di giurisdizione (v. Cass., 7.3.2014, n. 5434, in Giusto proc. civ., 2014, 771, con nota di Fornaciari, F., L’ordine di esame fra giurisdizione e competenza, per la rimessione alle S.U. della questione di massima di particolare importanza relativa alla possibilità che, qualora avverso la sentenza di primo grado che abbia esaminato e deciso esplicitamente sia una questione di giurisdizione che una questione di competenza, affermando la giurisdizione del giudice adito ma dichiarando la incompetenza territoriale di quest’ultimo, venga proposto regolamento di competenza, la Corte di cassazione, nell’ambito di quest’ultimo, da qualificare come facoltativo e non già necessario, possa o no esaminare d’ufficio la questione di giurisdizione e dichiarare il difetto di giurisdizione del giudice adito).
Per un altro, i poteri della Corte nell’esame della questione di competenza sono ampi a tal punto da estendersi a tutti i possibili titoli di competenza, non soltanto quelli oggetto della pronuncia impugnata, indipendentemente dalle affermazioni o qualificazioni giuridiche delle parti o del giudice di merito (cfr. Arieta, G., La sentenza sulla competenza, Padova, 1990, 204 ss.; Bongiorno, G., Il regolamento, cit., 294 ss.).
Ai sensi dell’art. 49, co. 2, c.p.c., «Con la ordinanza la corte di cassazione statuisce sulla competenza». Inoltre, secondo l’art. 382, co. 2, c.p.c., la Cassazione «quando cassa per violazione delle norme sulla competenza» (anche in ipotesi di ricorso ordinario ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 2 c.p.c.),«statuisce su questa». Infine, l’art. 310, co. 2, c.p.c. stabilisce che l’estinzione del giudizio non rende inefficaci «le pronunce che regolano la competenza».
Da queste disposizioni si deduce che la statuizione della Cassazione sulla questione di competenza ha efficacia esterna al processo o panprocessuale (v. Montesano, L., Sull’efficacia panprocessuale delle sentenze civili di cassazione, in Temi, 1971, 740; Vaccarella, R., Inattività delle parti ed estinzione del processo di cognizione, Napoli, 1975, 355; cfr. Cass., 3.6.2013, n. 13975), nel senso che, a differenza di quella del giudice di merito, contiene un accertamento vincolante della competenza sotto ogni profilo e titolo, anche se non eccepito o rilevato (v., anche per riferimenti, Acone, M.-Lombardi, R., Sub art. 49, in Commentario, cit., 794).
Con la medesima ordinanza la Corte «dà i provvedimenti necessari per la prosecuzione del processo davanti al giudice che dichiara competente e rimette, quando occorre, le parti in termini affinché provvedano alla loro difesa».
In particolare, essa indica il giudice ritenuto competente, fissa i termini per riassumere il processo ai sensi dell’art. 50 c.p.c. e fornisce ogni altra indicazione necessaria per la continuazione.
Il regolamento di competenza d’ufficio, come innanzi anticipato, non è un mezzo di impugnazione, ma un modo per evitare il conflitto negativo reale tra uffici giudiziari.
Gli artt. 44 e 45 c.p.c. delineano un meccanismo in base al quale il giudice innanzi al quale la causa viene riassunta a seguito della declinatoria di competenza, non può, a sua volta, dichiarare la propria incompetenza, ma può soltanto emettere d’ufficio un’ordinanza con cui richiede alla Cassazione di regolare la competenza.
In realtà, tale meccanismo opera soltanto in alcune ipotesi e ciò genera alcune perplessità sul piano interpretativo.
L’art. 44 c.p.c., in particolare, dispone che «La ordinanza che, anche a norma degli artt. 39 e 40, dichiara l'incompetenza del giudice che l'ha pronunciata, se non è impugnata con l'istanza di regolamento, rende incontestabile l'incompetenza dichiarata e la competenza del giudice in essa indicato se la causa è riassunta nei termini di cui all'art. 50, salvo che si tratti di incompetenza per materia o di incompetenza per territorio nei casi previsti dall'art. 28». Secondo l’art. 45: «Quando, in seguito alla ordinanza che dichiara l'incompetenza del giudice adito per ragione di materia o per territorio nei casi di cui all'art. 28, la causa nei termini di cui all'art. 50 è riassunta davanti ad altro giudice, questi, se ritiene di essere a sua volta incompetente, richiede d'ufficio il regolamento di competenza».
Dunque, una volta emessa la declinatoria di competenza, può accadere che la relativa ordinanza venga impugnata con il regolamento a istanza di parte oppure che il processo venga riassunto innanzi al giudice individuato come competente. In quest’ultimo caso, lo sviluppo delle attività procedimentali può variare a seconda delle ragioni per le quali il primo giudice ha dichiarato la propria incompetenza.
Infatti, la riassunzione (tempestiva) della causa impedisce alle parti e al secondo giudice di mettere in discussione la declinatoria soltanto se si tratti di incompetenza per valore o territorio cd. derogabile; cosicché, la pronuncia del primo giudice diventa «incontestabile», sebbene si tratti di una incontestabilità interna al processo.
Invece, se si tratta di incompetenza per materia o territorio nei casi previsti dall’art. 28 c.p.c., il secondo giudice, dissenziente rispetto alla pronuncia del primo, non potendo emettere a sua volta declinatoria di competenza, può quanto meno richiedere alla Cassazione di risolvere definitivamente il conflitto (virtuale) (cfr. Cass., 9.1.2014, n. 308, sull’ipotesi in cui il giudice indicato come competente a seguito di declinatoria del precedente per ragioni di territorio derogabile, abbia, a sua volta, declinato, in violazione dell’art. 44 c.p.c., la propria competenza e le parti, senza proporre istanza per il relativo regolamento, abbiano riassunto la causa innanzi al primo giudice).
Questo sistema è apparso incoerente a una parte della dottrina a seguito della riforma dell’art. 38 c.p.c. ad opera della l. 26.11.1990, n. 353, che ha assoggettato ad un unico regime il rilievo dell’incompetenza per materia, valore e territorio inderogabile, equiparando (al ribasso) criteri di competenza cd. forti e deboli e così privando di giustificazione la distinzione contenuta negli art. 44 e 45 c.p.c. (cfr., sul punto, De Cristofaro, M., Giurisdizione de potestate e regolamento di competenza d’ufficio: ancora sui conflitti negativi di competenza nei procedimenti speciali ufficiosi, in Fam. dir., 2002, 499 ss.); in particolare, l’art. 45 c.p.c. che attribuisce all’incompetenza per materia e territorio inderogabile una forza che più non sembrano avere e che dovrebbe, per questo motivo, considerarsi tacitamente abrogato (v. Proto Pisani, A., La nuova disciplina del processo civile, Napoli, 1991, 19) ovvero valevole soltanto se riferito alla rilevabilità della incompetenza funzionale per gradi (cfr. Rascio, N., In tema di competenza funzionale, in Riv. dir. proc., 1993, 168). Invece, altri autori, pur riconoscendo che la riforma del 1990 ha alterato il disegno originario del regime della incompetenza, preferiscono la tesi della sopravvivenza di discipline differenti in relazione al meccanismo del rilievo (art. 38 c.p.c.) e a quello della decisione delle questioni di competenza (v. Acone, M.-Iannicelli, L., Sub art. 45, in Commentario, cit., 699, ove ulteriori riferimenti, cui adde Frasca, R., Il regolamento, cit., 231). Infine, un’altra parte ritiene, addirittura, che sia possibile sollevare il regolamento d’ufficio in caso di incompetenza per valore, in virtù della equiparazione attuata dall’art. 38 c.p.c. (cfr. Verde, G.-Di Nanni, L.F., Commento al codice di procedura civile, Napoli, 1992, 29).
Non essendo un mezzo di impugnazione, ma «uno strumento volto a sollecitare alla corte regolatrice l’individuazione del giudice naturale, precostituito per legge, al quale compete la trattazione, interinale o provvisoria, ma comunque esclusiva, dell’affare» (v. Cass., 4.8.2011, n. 16959), la richiesta di regolamento non può essere riferita alla volontà delle parti, le quali rimangono nella identica posizione di partecipanti non volontarie ma obbligate, qualunque sia l’attività svolta nel corso della stessa, con la presentazione di scritture difensive e documenti consentita dall’art. 47, co. 5, c.p.c. (v. Cass., 7.9.1984, n. 4784); pertanto, non vi è luogo a provvedere in ordine alle spese processuali (Cass., 17.11.2004, n. 21737). Nel senso che quando il giudice dinanzi al quale la causa è stata riassunta a seguito della dichiarazione di incompetenza di quello adito precedentemente, abbia a sua volta declinato la propria competenza senza richiedere d’ufficio il regolamento di competenza ex art. 45 c.p.c., spetta alla parte la facoltà di provvedervi denunziando il conflitto negativo di competenza, v. Cass., 7.3.2013, n. 5713, in Riv. dir. proc., 2014, 205, con nota di F. Ferrari
Il termine ultimo per richiedere il regolamento di competenza d’ufficio è individuato dalla giurisprudenza nella prima udienza di trattazione ex art. 183 c.p.c. nel rito ordinario (Cass., 20.7.2011, n. 15951) e nell’udienza di discussione ex art. 420 c.p.c. nel rito del lavoro (Cass., 11.9.2010, n. 19410).
Nel caso in cui il secondo giudice non si attivi d’ufficio ed emetta, a sua volta, una pronuncia di incompetenza, questa è impugnabile dalla parte con regolamento (necessario) di competenza per ottenere l’individuazione del giudice competente, ma non per denunciare la mancata applicazione dell’art. 45 c.p.c. (v. Cass., 30.5.2001, n. 7399).
8. La riassunzione del processo e la translatio iudicii
A seguito della pronuncia della Cassazione in sede di regolamento di competenza, se la riassunzione della causa davanti al giudice dichiarato competente avviene nel termine fissato nell’ordinanza e, in mancanza, in quello di tre mesi dalla sua comunicazione (nel senso che il termine per la riassunzione della causa dinanzi al giudice dichiarato competente decorre, anche per la parte contumace, dalla comunicazione del deposito dell’ordinanza alle parti costituite, v. Cass., 19.4.2012, n. 6116, in Foro it., 2012, I, 1724), il processo «continua» davanti al nuovo giudice; altrimenti, si estingue (cfr. l’art. 50 c.p.c., applicabile anche in caso di declinatoria di competenza da parte del giudice di merito).
La continuazione sta a significare che davanti al secondo giudice il processo non è nuovo, ma lo stesso, per effetto della cd. translatio iudicii, dalla quale discende la conservazione degli effetti sostanziali e processuali della domanda, ferme le preclusioni già maturate (Cass., 28.2.2007, n. 4775; invece, ammette la proposizione di una domanda nuova Cass., 5.1.2011, n. 223) e l’utilizzabilità degli atti istruttori disposti ed espletati dal giudice che ha dichiarato la propria incompetenza (Cass., 10.5.2013, n. 11234; in dottrina, v. Frasca, R., Il regolamento, cit., 622). Sulla translatio iudicii in tema di giurisdizione v. Regolamento di giurisdizione.
Artt. 42-50, 295, 310, 323-324, 360, 375, 380 bis, 382 c.p.c.; art. 187 disp. att. c.p.c.
Commentario del codice di procedura civile, diretto da L.P. Comoglio, C. Consolo, B. Sassani, R. Vaccarella, I, Torino, 2012, sub artt. 42-50; Acone, M., Regolamento di competenza: I) Diritto processuale civile, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1991, e 1995 (Aggiornamento); Acone, M., La “ragionevole durata” del regolamento di competenza, in Corr. giur., 2005, 1593 ss.; Acone, M., Ancora sulla decorrenza del termine per la proposizione dell’istanza di regolamento di competenza, in Foro it., 1997, I, 3297; Acone, M., Il regolamento di competenza e le responsabilità degli interpreti (a proposito della decorrenza del termine per la proposizione dell’istanza), in Riv. dir. proc., 1995, 101; Arieta, G., La sentenza sulla competenza, Padova, 1990; Bongiorno, G., Il regolamento di competenza, Milano, 1970; Caporusso, S., Sull’impugnazione della sentenza sulla competenza e su altra questione, in Foro it., 1998, I, 2963; Cipriani, F., Il regolamento facoltativo di competenza, in Riv. dir. proc., 1976, 505; Cipriani, F., Regolamento di competenza e procura alle liti, in Foro it., 1998, I, 1044; Consolo, C., Rigetto per incompetenza, reclamo cautelare (e l’ombra del regolamento di competenza), in Giur. it., 1995, I, 369 ss.; Costantino, G., Regolamento di competenza e tentativo di conciliazione nelle controversie locatizie, in Giur. it., 1983, I, 1, 925; Dalfino, D., I regolamenti di giurisdizione e di competenza, in Foro it., 2003, I, 2787; Frasca, R., Il regolamento di competenza, Torino, 2012; Levoni, A., Regolamento di competenza, in Dig. civ., XVI, Torino, 1997, 481; Massari,A., Del regolamento di giurisdizione e di competenza, in Comm. Allorio, I, 1, Torino, 1973, 424 ss.; Massari,A., Regolamento di giurisdizione e di competenza, in Nss. D.I., XV, Torino, 1968, 274 ss.; Montesano, L., Sull’efficacia panprocessuale delle sentenze civili di cassazione, in Temi, 1971, 740; Moreno, G., Competenza (regolamento di), in Enc. dir., VIII, Milano, 1961, 82 s.; Trisorio Liuzzi, G., Il regolamento di competenza e le sospensioni diverse da quella necessaria ex art. 295 c.p.c., in Foro it., 2003, I, 3139; Trisorio Liuzzi, G., Sospensione necessaria del processo e regolamento di competenza, in Foro it., 1997, I, 1111.