regola
Termine usato in senso prescrittivo, sia in ambito teorico sia in ambito morale. Nel lessico medievale il termine viene impiegato in matematica e in logica (r. di attribuzione, di conversione dei sillogismi, ecc.), ma anche in filosofia, in ambito teorico (metafisica e teologia) e in ambito pratico. La traccia di tali usi è viva ancora nel Lexicon philosophicum di Chauvin (1713), ove la r. è definita come regula sciendi, in quanto dirige la mente «nel percepire, nel giudicare e nel ragionare», o come regula agendi seu vivendi, in quanto la dirige «nel volere». Un’articolazione fra uso pratico o teorico della r. è presente nella filosofia di Descartes che, privilegiando l’aspetto volontaristico, parla di r. per dirigere l’ingegno, relativamente alla fondazione dell’epistemologia (Regulae ad directionem ingenii) e della necessità di imparare a «ben condurre» la ragione, indicando per il suo metodo non r., ma «préceptes», ossia precetti (Discours de la méthode, II). Descartes parla di r. relativamente ai principi di chiarezza e distinzione («regola generale»; IV) o anche alle leggi del movimento, enunciate nei Principia philosophiae (II, 37-42). Kant definisce regolativo l’uso delle idee da parte della ragione, differenziandolo dall’uso costitutivo, relativo alle categorie dell’intelletto; la r. permette di ‘guidare’ la conoscenza di un oggetto seppur non di realizzarla (Critica della ragion pura, Appendice ). Nelle riflessioni del Novecento, in ambito filosofico, linguistico e analitico, si è privilegiata la concezione convenzionalistica della r. esposta da Wittgenstein (Ricerche filosofiche, I, 54) e legata alla teoria dei sistemi semiotici come ‘giochi’ in cui le regole si fondano appunto su scelte arbitrarie. Searle (Speech acts, 1969; trad. it. Atti linguistici) distingue la r. costitutiva dalla r. convenzionale, che si usa nell’applicare la prima. Nella riflessione più recente sul fondamento intrinseco (razionale) della convenzione, si tende a ripensare e a ridimensionare l’arbitrarietà, prendendo in conto riflessioni più ampie sulla normatività, anche al di fuori delle filosofie del linguaggio.