ARABO SA‛ŪDIANO, REGNO (App. I, p. 141; II, 1, p. 226)
Su una superficie stimata in circa 1.700.000 km2 si calcola che vivano intorno a 7.000.000 di abitanti, con una densità media di 4 ab/km2. La popolazione delle principali città, in migliaia di abitanti, è valutata come segue: Riyād, la capitale, 150; Mecca, la città santa dell'Islam, 150-200; Gedda, il porto più importante sul Mar Rosso, 120-250; el-Hofhūf 100; Medina 30-50; Buraida 30-50; ‛Anaiza 25-40; Ṭā'if, capitale estiva, a circa 1600 m. s. m., 30.
Il suolo, in massima parte desertico, dà scarse produzioni di grano, orzo, datteri, frutta e caffè, coltivati soprattutto nelle oasi e nelle poche aree irrigate. Scarsa importanza ha pure l'allevamento (cammelli, cavalli, asini e ovini), che fornisce modeste quantità di lana, pelli e burro, oltre al miele ricavato dall'apicoltura. La produzione di oro, che era intorno a 2500 kg nel 1953, è quasi del tutto cessata per esaurimento della miniera di Mahd adh-Dhahab.
Ma la grande risorsa economica dell'Arabia Saudita è oggi costituita dal petrolio, la cui estrazione, iniziata nel 1937 con sole 8000 t, è salita a 1.400.000 di t nel 1944, a 8.000.000 nel 1946, a 26.000.000 nel 1950, a 46.000.000 nel 1954 e supera attualmente i 50.000.000 di t annue, ponendo l'Arabia Saudita al quinto posto nel mondo e al secondo nel Medio Oriente, subito dopo il Kuwait. I campi petroliferi sono localizzati lungo la fascia costiera del Golfo Persico, con centri principali di estrazione ad Abū Hadriyya, el-Qatīf, Dammān, Abqaiq, Ain Dar e Ghawar, oltre a quelli del giacimento sottomarino di Safaniya, e vengono sfruttati dall'ARAMCO (Arabian American Oil Company), che ne ha avuto la concessione per 66 anni dietro versamento del 50% dei profitti netti al governo saudiano.
Nel 1945 è stata ultimata la costruzione di una grande raffineria a Ra's Tannurā, la maggiore del Golfo Persico dopo quella di Abadan, con una capacità lavorativa di 13 milioni di t annue di greggio.
Una rete di oleodotti collega i pozzi di estrazione a questa raffineria e a quella di Ahwali nelle isole Bahrein. Alla fine del 1950 è entrato m funzione un grande oleodotto, il Tapline (Trans-Arabian Pipeline), del diametro di quasi 80 cm e lungo km 1700, da Abqaiq, al porto libanese di Ṣaidā nel Mediterraneo orientale, allo scopo di ridurre di 3500 miglia la distanza fra i campi petroliferi saudiani e i mercati europei, evitando il periplo della penisola arabica e il passaggio attraverso il Canale di Suez. Quest'opera gigantesca ha richiesto l'impiego di 325 mila t di acciaio e ha dato lavoro per quasi quattro anni a circa 20 mila persone, per tre quarti lavoratori arabi e per il resto in maggioranza ingegneri, tecnici e operai americani e italiani. Il Tapline, con le sei stazioni intermedie di pompaggio e con i serbatoi terminali, è costato 240 milioni di dollari, pari a circa 150 miliardi di lire italiane, ma - avendo una capacità di trasporto di 16.000.000 di t. annue - consente di risparmiare annualmente circa 20 milioni di dollari per tasse non pagate al Canale di Suez e altre notevoli somme per il minor costo del trasporto marittimo del petrolio da Ṣaidā verso i porti europei.
Con le ingenti somme, ricavate dalle concessioni petrolifere, il governo saudiano ha realizzato molte opere di pubblica utilità: sono stati ampliati, approfonditi e modernamente attrezzati i porti di Ra's Tannurā, Dammān e Gedda; è stata costruita una linea ferroviaria, lunga 570 km, che unisce il porto di Dammān alla capitale Riyād; sono state costruite due strade asfaltate da Gedda alla Mecca e da Gedda a Medina, molto frequentate dai pellegrini e dai turisti, i quali affluiscono anche attraverso gli aeroporti costruiti a Gedda, Medina, Damman, Ḍahrān e Riyād, e serviti dalle Saudi-Arabian Airlines e da alcune società straniere. La città di Gedda, molto ampliata come quelle di Riyād, el-Hofhūf, e con nuove costruzioni, scuole e ospedali è stata dotata di due acquedotti per l'approvvigionamento idrico degli abitanti e dei numerosi pellegrini.
L'elevarsi del tenore di vita e la maggiore disponibilità di denaro, ha fatto salire considerevolmente il prezzo degli schiavi (400 dollari per un uomo e 1200 dollari per una donna nel 1956), rendendone più difficile l'acquisto e, quindi, la riduzione in schiavitù.
Nel 1957 il commercio estero dell'Arabia Saudita ha registrato un valore complessivo di 1130 milioni di dollari, pari a 700 miliardi di lire italiane, che, rapportati all'esigua popolazione, corrispondono a una quota annua di 100.000 lire per abitante, superiore a quella spettante a ogni italiano per il commercio estero dell'Italia.
Le esportazioni, costituite quasi interamente dal petrolio e dai suoi derivati, assommano per lo stesso anno a un valore di 902 milioni di dollari (di cui: Italia 207, Giappone 191, Spagna 68, Germania Occidentale 65, Francia 64, S.U.A. 41), quasi quadruplo di quello delle importazioni (228 milioni di dollari, di cui: S.U.A. 69, Germania Occidentale 22, Gran Bretagna 21, India 11, Italia 9, Giappone 9), costituite principalmente da tessuti, cereali, tè, caffè, zucchero, riso, autoveicoli, macchine e materiali da costruzione.
Finanze. - Principale fonte di reddito del regno è, come si è detto, l'estrazione del petrolio, che frutta allo stato un reddito annuo di 73 milioni di dollari, di cui il 90% sotto forma di royalties e imposte sul petrolio. Il bilancio statale è orientato al pareggio e il governo si è impegnato a non aumentare le spese finché non sarà raggiunta la stabilità monetaria.
Con decreti reali del 1952 è stata creata la Saudi Arabian Monetary Agency, col compito di stabilizzare la moneta, controllare le spese statali e dirigere la politica creditizia in conformità degli insegnamenti della legge islamica. L'Agenzia è in effetti riuscita a mantenere costante il cambio col dollaro e con la sterlina (quest'ultimo rimasto oscillante fino all'aprile 1958 attorno ai 10 ryals per 1 sterlina); dall'aprile 1958, il cambio libero è stato portato a 14 ryals e 18 qurūsh per 1 sterlina, e a 5 ryals e 4 qurūsh per 1 dollaro USA. Le disponibilità di dollari dell'Arabia Saudita sono state di 79,5 milioni di dollari USA nel 1955, 97,4 nel 1956, 94,8 nel 1957, 60,2 nel 1958.
Storia. - Gli ultimi anni del re Ibn Sa'ūd, passato in mezzo secolo di fortunata vita politica da piccolo emiro sbandito a capo del maggiore stato d'Arabia, videro compiersi quel processo di unificazione delle varie parti del Regno saudiano, che si era iniziato nel 1925 con la conquista naǧdiana del Ḥigiǎz. Le due parti principali del regno, Ḥigiāz e Neǧd, che nominalmente erano già state fuse nella denominazione del 1932, vennero anche di fatto fuse nel 1953, con l'abolizione della carica di luogotenente del re per il Ḥigiāz, e la creazione di un unico consiglio dei ministri per tutto il territorio saudiano. Subito dopo, il 9 novembre 1953, Ibn Sa'ūd moriva, e gli succedeva il primogenito Sa'ūd, raccogliendo un'eredità materiale e morale cospicua, ma anche ricca di problemi che solo l'autorità e la energia del padre aveva potuto fino allora accantonare.
Lo stato saudiano era infatti sino allora apparso un modello di stato islamico, ispirato ai criterî più rigorosi della tradizione religiosa puritana, e nello stesso tempo prudentemente aperto ai vantaggi della tecnica e dell'economia occidentale. Il regime interno non differiva da quello dell'assolutismo medievale, mentre con gli altri stati arabi del Vicino Oriente, e con l'Europa e l'America, re Ibn Sa'ūd aveva mostrato disposizioni di temperato progressismo, e soprattutto un interesse per la solidarietà panaraba, che nella formazione della Lega Araba aveva trovato una delle sue prime realizzazioni. Il prestigio religioso e politico da cui era circondato il sovrano wahhābita nel mondo arabo-musulmano era altissimo. Con la sua scomparsa, si è posto da un lato il problema dell'ammodernamento dello stato saudiano, dall'altro quello dei suoi rapporti con l'ala marciante del mondo arabo contemporaneo, rappresentata dall'Egitto nasseriano. Il nuovo re Saūd, indubbiamente una figura di minor rilievo rispetto al padre, avrebbe voluto continuarne il semplice assolutismo patriarcale; ma l'opposizione in seno alla famiglia reale lo ha indotto, nel marzo 1958, a delegare buona parte dei suoi poteri al fratello Faiṣal, la cui posizione è divenuta preminente nell'oligarchia dinastica saudiana; e questa parziale esautorazione ha fatto seguito alle proteste di Giamāl'Abd an-Nāsir, che aveva apertamente accusato l'A. saudita di avere ordito un complotto contro la sua persona. Vera o no questa specifica accusa, essa ha rivelato il dualismo creatosi fra il dittatore egiziano e il dinasta saudita, per una materiale e morale leadership nel mondo arabo d'Oriente.
Mentre è così in corso un processo di revisione della posizione personale del sovrano, e dell'ordinamento stesso dello stato, che potrebbe avviarsi a forme più moderne, prosegue all'interno quell'approfondito contatto fra l'elemento indigeno e quello arabo di altri paesi, nonché con i dirigenti stranieri, che è stato da più anni avviato grazie al grandioso sfruttamento petrolifero del paese. I progressi tecnici e le provvidenze sociali scaturite dalla presenza dell'ARAMCO sul suolo saudiano vanno cambiando il volto di almeno alcune regioni della penisola araba. Una profonda trasformazione sociale è in corso, con la riduzione del nomadismo già tentata da Ibn Sa'ūd, la diffusione dell'artigianato e salariato, lo sviluppo della istruzione. È incerto quanto di ciò si accompagni a una cosciente volontà della classe dirigente saudiana, e quanto si vada compiendo per forza di cose, indipendentemente e magari contro le intenzioni dell'oligarchia al potere. Certo l'A. Saudita è il paese del Vicino Oriente soggetto oggi a un più vistoso mutamento, con un ritmo che è difficile controllare e pianificare.
Bibl.: K. S. Twitchell, E. J. Jurij, Saudi Arabia: with an account of the development of its natural resources, Princeton 1953; U.K. Board of Trade, Report, of the United Kingdom trade Mission to Iraq, Kuwait, the Lebanon, Syria and Saudi Arabia, Londra 1954; H. St J. B. Philby, Sa'udi Arabia, Londra 1955; D. van der Meulen, The wells of Ibn Saud, Londra 1957; Royal Institute of international affairs, The Middle East. A political and economic survey, 3ª ed., a cura di R. Bullard, Oxford-Londra 1958; E. Totten, Erdöl in Sa'udi-Arabien, Heidelberg 1959.