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ARTICHE, Regioni

di Silvio Zavatti - Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1978)
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ARTICHE, Regioni (IV, p. 680; App. I, p. 165; App. II, 1, p. 257; App. III, 1, p. 135)

Silvio Zavatti

Prima degli anni Cinquanta si credeva che la parte centrale del Mare glaciale Artico fosse un'enorme depressione con profondità ovunque superiori ai 4000 m, ma le ricerche più recenti hanno dimostrato che la morfologia del fondo oceanico è di natura molto più complessa. Nel 1948 i sovietici scoprirono l'esistenza di una catena sottomarina (Catena di Lomonosov) che dalle isole della Nuova Siberia si prolungava fin verso la Groenlandia e l'isola di Ellesmere passando per il Polo Nord. Negli anni seguenti, i sovietici e gli americani studiarono attentamente questa catena e accertarono che essa s'innalza per circa 2500-3000 m dal fondo dell'oceano e che ha versanti ripidissimi. La cresta è generalmente a 1100-1200 m dalla superficie, con un'altezza minima di 954 metri. La catena divide il bacino artico in due parti distinte: quella occidentale o atlantica e la parte orientale o pacifica. Nella prima, lo strato di acqua ai piedi della catena ha una temperatura di −0,8 °C, mentre nella parte orientale le acque abissali hanno una temperatura di −0,4 °C. Anche i sedimenti marini sono notevolmente diversi nei due versanti: nella parte orientale si sono scoperte nuove specie di plancton che non esistono in nessun altro bacino della terra. La distribuzione e il movimento delle masse marine e dei ghiacci sono notevolmente influenzati dalla Catena di Lomonosov. Gli scandagli hanno permesso di scoprire numerose creste sottomarine e hanno provato che molti dati raccolti da esploratori precedenti erano sbagliati. Lo spessore dei ghiacci artici aumenta generalmente da sud a nord e in estate s'incontrano ghiacci da 1,5 a 3 m di spessore, mentre in inverno tali misure possono raggiungere anche i 5 metri. Però il grado di accumulazione e di età dei ghiacci varia profondamente da regione a regione e soltanto nelle acque adiacenti al Mare di Beaufort predominano sempre ghiacci paleocristici molto spessi. In certi punti si trovano delle formazioni di ghiacci assai massicce note come "isole di ghiaccio galleggianti" che furono scoperte da aviatori sovietici nel 1946 e poi da piloti americani. Queste isole non sono molto numerose e si sa ora che provengono dall'isola di Ellesmere e vanno alla deriva nel bacino artico con un moto rotatorio in senso orario. Da ciò deriva che la rotazione dei venti in questa regione è quella caratteristica delle aree anticicloniche, con pressioni elevate e tempo abbastanza stabile. Naturalmente le derive di queste isole, sulle quali sovietici e americani hanno installato delle attrezzatissime stazioni scientifiche, non sono tutte eguali. Nell'Artico centrale s'incontrano vaste regioni con ghiacci calmi e uniti, ma non vi mancano ampie zone d'intensa attività dinamica dove le masse dei ghiacci sono molto frammentate dalle compressioni e dagli spostamenti.

Si è sempre creduto che il "polo del freddo", cioè il luogo più freddo dell'emisfero boreale, fosse Verchojansk (67°33′ N, 133°24′ E, alt. 137 m): per alcuni tale riconoscimento andava a Ojmjakon (63°27′ N, 142°45′ E, alt. 660 m). Da studi recenti risulta che non esistono uno o due poli del freddo, ma parecchi, localizzati entro una vasta regione compresa fra lo Jana superiore, l'Indigirka superiore e il basso Aldan. L'alta pressione che si verifica in inverno fa salire il minimo a Verchojansk, mentre in luoghi dove il rilievo è peculiare (valli, bacini) sono registrate temperature molto basse. È da escludere, comunque, che temperature di −72° siano state mai registrate in qualche località della Siberia.

Insediamento umano e risorse economiche. - In alcune terre adiacenti al bacino artico vivono poco più di 100.000 indigeni: il gruppo più numeroso è quello degli Eschimesi, o Inuit. La Siberia è, dal punto di vista economico, la più ricca terra artica. Il sottosuolo dà oro, platino, diamanti, radium e, soprattutto, carbone. Produce, inoltre, legname e pellicce: tutti i prodotti sono convogliati, lungo i fiumi, alla costa dove sono stati costruiti nuovi porti che sono collegati dal servizio della via marittima del Nord. I convogli, scortati da rompighiaccio, navigano lungo il Passaggio del nord-est e giungono a Vladivostock dove le merci sono smistate a mezzo della ferrovia transiberiana. Nella Groenlandia si produce criolite e stagno; nei territori del nord-ovest canadese si estrae oro, nichel, radium, ma sono stati localizzati vasti giacimenti di idrocarburi; nelle Svalbard c'è ancora carbone. Un po' ovunque - anche nel Labrador - si sono trovati giacimenti di uranio. Nel 1968 fu scoperto, al largo delle coste settentrionali dell'Alaska, il più grande giacimento di petrolio del Nord America. Appena la scoperta si rivelò in tutta la sua vastità, si pose il problema del trasporto del greggio.

Si pensò subito di utilizzare una grande petroliera, appositamente trasformata in rompighiaccio, la Manhattan di 103.400 tonn. A prua fu aggiunta un'enorme apparecchiatura rompighiaccio che invece di essere inclinata di 30°, lo era di 18° e si andava allargando in basso permettendo una pressione di gran lunga maggiore sul ghiaccio. Il primo giorno di navigazione, la nave riuscì a rompere uno strato di ghiaccio di circa 7 m, alla velocità di 12 miglia, ma avanzando la banchisa l'imprigionò e la obbligò a cambiare rotta. Dovette essere aiutata da alcuni rompighiaccio tradizionali. I costi furono elevatissimi e, comunque, non commerciali e così l'idea di flotte di supercisterne fu abbandonata. Ora si sta costruendo un grande oleodotto, ma si studia anche la possibilità di usare sottomarini giganti, a propulsione nucleare, per il trasporto del greggio sotto i ghiacci artici. Va inoltre tenuta presente l'opposizione decisa dal Canada al passaggio di grandi cisterne nelle sue acque: infatti queste enormi petroliere sono molto vulnerabili e potrebbero naufragare da un istante all'altro, inquinando il mare per lungo tempo perché le temperature bassissime impedirebbero le reazioni chimiche che sono necessarie alla scomposizione del petrolio.

Della fauna tradizionale, gli orsi bianchi sono sottoposti a una allarmante diminuzione, tanto che nel 1973 è stato firmato un accordo fra Stati Uniti, Canada, URSS, Danimarca e Norvegia per la salvaguardia della specie. La caccia spietata che ne viene fatta ha ridotto notevolmente anche la popolazione delle foche, tanto che delle decine di milioni di esemplari che popolavano le coste della Groenlandia nel sec. 19; ne sono rimaste poco più di un milione. Vedi tav. f. t.

Bibl.: Geology of the Arctic, a cura di G. O. Raasch, Toronto 1961; S. Zavatti, I Poli, Milano 1963; J. E. Sater, The Arctic basin, Montreal 1963; R. St. J. MacDonald, The Arctic frontier, Toronto 1966; N. A. Ostenso, Problems of the Arctic and Antarctic, Montreal 1966; H. P. Kosack, Die Polarforschung, Braunschweig 1967; J. E. Sater e altri, Arctic Environment and Resources, Washington 1971; S. Zavatti, Il sottosuolo dell'Artide canadese, in Notiziario di Geografia Economica, Roma 1971; Arctic Bibliography, Montreal (15 volumi fino al 1971; la pubblicazione è stata sospesa a causa dei costi che comporta); I. L. Giddings, 10.000 ans d'histoire arctique, Parigi 1973; Polar deserts and modern man, a cura di T. L. Smiley e J. H. Zumberge, Tucson 1974; American Geographical Society, Map of the Artic Region, New York 1975; S. Zavatti, Gli studi sulle regioni polari nel quinquennio 1971-1975, in Boll. Soc. Geogr. Ital., nn. 1-3, 1976.

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