regioni alternative
regióni alternative. – La riforma costituzionale del 2001 ha modificato anche il Titolo V della Costituzione precisando l’iter da seguire per modificare i limiti territoriali delle r. istituite nel 1948, o creare nuove regioni con almeno un milione di abitanti. La riforma è già stata applicata, con il distacco di alcuni comuni dell’Alta Valmarecchia dalle Marche all’Emilia-Romagna, con legge n. 117 del 3 agosto 2009, in ragione «della loro particolare collocazione territoriale e dei peculiari legami storici, economici e culturali». L’intenso dibattito sollevato intorno all’abolizione e all’accorpamento delle province (v. province, accorpamento delle) ha suscitato interesse verso le proposte di riorganizzazione della geografia amministrativa in Italia: in alcuni casi recuperando tradizioni risalenti all’Assemblea costituente se non all’Ottocento, in altri casi formulando progetti completamente inediti. Le proposte possono essere riassunte in tre gruppi: quelle che vorrebbero unire intere regioni, quelle che al contrario vorrebbero separare una parte da una sola r. esistente, e quelle che vorrebbero raggruppare territori provinciali attualmente pertinenti a più regioni. Nel primo caso si sommano i territori di intere regioni (Marca Adriatica con Marche, Abruzzo e Molise; Limonte con Liguria e Piemonte), riecheggiando suggerimenti avanzati già nel 1964 dal geografo Francesco Compagna e nel 1991 dalla Fondazione Agnelli, noti al grande pubblico come macroregioni o anche mesoregioni. Nel secondo caso, invece, si propone di frazionare una regione esistente, per es. Daunia e Salento dalla Puglia, Romagna separata dall’Emilia, una regione delle province nel Lazio escludendo Roma. Il 2 dicembre 2011 la Cassazione ha respinto il referendum sulla creazione di una neoregione "dei Due Principati" o "del Principato di Salerno" proposto dall’on. Cirielli, presidente della provincia omonima, che avrebbe potuto comprendere anche le province di Avellino e Benevento (un altro coronimo per la medesima area potrebbe essere "Silenia"). Nell’Ottocento avevano discusso di una r. Insubria anche studiosi come Frulli, Cattaneo, Correnti (quest’ultimo la distingueva da una r. Cenomània, comprendente Brescia e Bergamo). La creazione di una neoregione nella Lombardia occidentale (con Milano, Como, Varese, Sondrio, Lecco, Lodi, Monza e Pavia) sarebbe al momento l’unico caso in cui la parte che si distacca è maggiore della parte residua, che potrebbe quindi conservare la denominazione costituzionale. Nel terzo caso, si propone di unire territori provinciali da più regioni, come la r. Lunezia (con La Spezia, Parma, Piacenza, Reggio nell'Emilia, Massa Carrara, Lucca, Cremona, Mantova; v. Lunezia) o la r. Alpi Marittime – da non confondere con l’Euroregione Alpazur, o Medalp – che dovrebbe riunire Imperia, Savona e Cuneo aggiornando un progetto federalista che risale all’immediato dopoguerra, con l’ipotesi (tornata in auge dopo elezioni regionali del maggio 2010) di una cosiddetta Zona franca intermelia al confine con la Francia. Nello stesso mese, in Ciociaria è stata formulata l’ipotesi di radunare le province laziali in un’unica regione per contrastare le forze centripete dei partiti, accusati dalle periferie di strabismo nei confronti di Roma. Altre ipotesi prevedono aggregazioni territoriali da singole province, come Novara o Piacenza (entrambe verso la Lombardia) oppure da singoli comuni seguendo il precedente dell’Alta Valmarecchia, come Cortina d’Ampezzo verso il Trentino Alto Adige, San Michele al Tagliamento verso il Friuli, Leonessa verso l’Umbria. In assenza di una strategia complessiva dello Stato, può accadere che le proposte avanzate per così dire dal basso (bottom up) risultino in contraddizione tra loro. La proposta Limonte, per es., contraddice sia la proposta regione Alpi Marittime, sia la proposta regione Lunezia. Al Sud, il territorio beneventano e quello molisano risultano rivendicati rispettivamente da tre e da quattro diverse proposte neoregionali. Il testo riformato del Titolo V, analogamente a quello precedente, non stabilisce criteri per l’individuazione del capoluogo. Diversamente dall’accorpamento delle province dove dovrebbe essere scelta la città con più abitanti, alcune proposte neoregionali prevedono la coesistenza di più centri con funzioni di capoluogo, secondo il principio della , altre suggeriscono un centro urbano minore, secondo l’esempio di alcune sedi governative negli Stati Uniti. L’accorpamento delle province è cosa completamente diversa dal riconoscimento di una neoregione, non soltanto per la diversa valorizzazione delle identità locali, ma anche per le sostanziali differenze nei poteri attribuiti e nella capacità fiscale.