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REGIME

di Giovanni Giorgi - Enciclopedia Italiana (1935)
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REGIME

Giovanni Giorgi

. Fisica. - È vocabolo che nelle scienze fisiche si usa per indicare l'andamento di un fenomeno, e particolarmente un andamento che abbia un certo grado di regolarità. Così, eccitando una vibrazione si hanno da principio alcune oscillazioni irregolari, e dopo queste segue l'andamento permanente delle oscillazioni periodiche, cioè che si ripetono uniformemente: allora la prima fase si chiama regime di avviamento o fase d'avviamento, e quando questa è oltrepassata si dice che la vibrazione è nel regime regolare o in regime senz'altro.

La parola "regime" può anche alludere alle modalità di andamento di un fenomeno nello spazio oltreché nel tempo. Così in idrodinamica si dice che il moto di un fluido ha regime laminare, quando soddisfa a certe particolari condizioni di distribuzione e di permanenza, che escludono la formazione di irregolarità locali e di vortici; per contro si ha il regime turbolento quando la massa fluida è disseminata di molti piccoli e intensi vortici che variano di posizione e di forma e si susseguono in modo rapido e confuso, in modo che la velocità del fluido subisce variazioni innumerevoli da punto a punto e da istante a istante. Quando un liquido fluisce in un tubo di diametro piccolo, si ha, se la velocità è moderata, il cosiddetto regime di Poiseuille, cioè un regime laminare tale che tutte le molecole hanno velocità parallele all'asse del tubo, e queste velocità dipendono solamente dalla distanza dall'asse, in modo che le molecole lungo l'asse hanno la velocità massima, e quelle vicine alle pareti si muovono più lentamente; in questo modo il fluido si muove come se fosse composto di infiniti strati cilindrici concentrici che si muovono assialmente, e quelli più interni avanzano rispetto ai più esterni; e finché dura il regime di Poiseuille, la resistenza al moto incontrata dal fluido, cioè la perdita di carico idrico, è approssimativamente proporzionale alla velocità media del fluido, cioè alla portata. Ma quando la velocità oltrepassa un certo valore, succede un brusco cambiamento, con un'alterazione completa dell'andamento delle velocità: il tubo si riempie di vortici i quali da principio si comportano quasi come anelli destinati a facilitare lo scorrimento degli strati fluidi gli uni sugli altri; questi vortici si moltiplicano di numero e si trasferiscono da punto a punto rapidamente in modo che la distribuzione della velocità diventa irregolarissima, e tutte le parti del fluido si mischiano le une con le altre: vi è il regime turbolento, che in questo caso si chiama anche regime idraulico, e da quel momento in poi la resistenza al moto cresce dapprima irregolarmente, per divenire poi fino a un certo punto proporzionale al quadrato della portata. Anche quando un corpo solido di forma appropriata (proiettile, aeronave, pesce, ecc.) si muove in un fluido, si ha per velocità basse un regime senza scia, con moto laminare analogo a quello di Poiseuille, per velocità più elevate un moto con una scia che è sede di vortici e turbolenze, e per velocità elevatissime un terzo tipo di regime con resistenza che aumenta più presto del quadrato delle velocità.

Il vocabolo "regime" si adopera anche in idraulica per indicare le condizioni di portata di un fiume. Si dice che un corso d'acqua è in regime di magra massima quando la sua portata è ridotta alla minima dell'anno; si dice che è in regime di magra ordinaria quando le acque sono basse come nella media delle stagioni più asciutte dell'anno; si dice che è in regime di morbida quando le acque sono ingrossate per effetto di pioggie o di disgeli, ma senza arrivare alle condizioni del regime di piena, che si ha quando la portata è aumentata di molte volte in confronto al regime ordinario, per effetto di circostanze che si verificano poche volte all'anno. Queste definizioni sono quelle, alquanto vaghe, dell'uso corrente, ma possono venire precisate ricavando criterî dal cosiddetto diagramma d'accumulazione del regime del fiume.

Di una macchina si dice che è in regime normale, o in regime per antonomasia, allorquando la potenza motrice, nella media di un ciclo, è equilibrata dalla somma delle resistenze, in guisa che la sua velocità si mantiene costante, salvo eventuali fluttuazioni periodiche; altrimenti si fa luogo a parlare di regime d'avviamento o di regimi di diminuzione di velocità, di frenatura, ecc.

Estendendo il significato, si va al "regime" come è usato in biologia, per indicare il trattamento a cui un organismo è sottoposto e per effetto del quale esso organismo si mantiene e funziona con certe caratteristiche.

Nell'elettrotecnica è molto frequente il dire di regime variabile, regime d'avviamento, regime perturbato, regime transitorio delle correnti, e di correnti che hanno raggiunto la condizione di regime, queste frasi essendo usate in significato analogo a quello che si applica più generalmente nella fisica delle vibrazioni, e a cui abbiamo fatto allusione da principio. Quando un sistema elettrico, p. es., una rete di circuiti, un apparecchio ricevente, una linea di trasmissione, ecc., viene assoggettato a una forza elettromotrice di andamento regolare, p. es., costante o periodica, viene generato in esso un insieme di intensità di corrente e di differenze di potenziale, le quali dopo un breve intervallo di tempo divengono rispettivamente costanti o periodiche, cioè dello stesso carattere come l'eccitazione a cui sono dovute; e questo andamento continua fino a tanto che continua quello della forza elettro-motrice applicata: si dice allora che il sistema ha raggiunto lo stato di regime. Ma nell'intervallo iniziale, o fase d'avviamento, si ha un regime transitorio, cioè una condizione in cui le variabili elettriche (intensità di corrente e differenze di potenziale) non hanno ancora raggiunto l'andamento costante o periodico che devono acquistare in seguito. Un altro regime transitorio si ha al cessare della causa eccitatrice, o al distacco dei circuiti, perché allora le correnti e le cariche e le tensioni non si spengono istantaneamente, ma perdurano per un breve intervallo sotto forma non periodica, prima di smorzarsi progressivamente fino ad essere trascurabili. I regimi transitorî si hanno sempre quando l'andamento della f. e. m. eccitante varia comunque, passando, p. es., da una legge di periodicità ad un'altra: allora, nel corso dell'assestamento che porta le variabili elettriche da uno ad altro regime permanente, si ha un intervallo di variazioni non periodiche. Tutti questi regimi transitorî vengono ora studiati con molto interesse nell'elettrotecnica moderna: da essi dipendono le sovratensioni e le sovracorrenti che cimentano le macchine e le linee; e ad essi si collegano i fatti complicati che intervengono nella trasmissione telegrafica e telefonica. Lo studio di tali fenomeni mette a contributo le risorse più elevate della fisica matematica e quelle della tecnica sperimentale. Fenomeni analoghi sono quelli che si presentano nei regimi perturbati, cioè quando un'eccitazione contingente di provenienza estranea (p. es., una scarica atmosferica) si sovrappone all'eccitazione principale.

In altri rami dell'elettrotecnica e della fisica ricorre il vocabolo "regime" adoperato in diversi significati particolari, per indicare certi andamenti di fenomeni. Per esempio, nello studio delle ampolle termoioniche si dice del regime di Richardson o regime di saturazione e del regime di Langmuir o regime di carica spaziale; le leggi di questi regimi sono regolate dalle formule che portano i nomi di questi due scienziati. Analogamente si parla del regime di Townsend e di altri regimi particolari nell'andamento delle scariche elettriche attraverso i gas rarefatti. E moltissimi sono i casi in cui si fa uso simile del vocabolo "regime" per denotare fasi caratteristiche di altri fenomeni.

Per il regime dietetico: v. alimentazione; dieteticoterapia.

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