regifting
(re-gifting), s. m. inv. Il regalare a qualcun altro un regalo non gradito; il riciclare un regalo ricevuto.
• «Dare una seconda vita agli oggetti è un atto di civiltà ‒ dichiara Linus, dj e riciclatore confesso ‒, l’importante è rispettare le regole di base: cancellare ogni traccia del primo donatore e fare attenzione ai gusti del destinatario». E il regifting online? «Non lo faccio, ma solo perché non ho tempo», ammette. (Giulia Ziino, Corriere della sera, 3 gennaio 2008, p. 28, Cronache) • I motivi economici sono il pilastro dell’economia di seconda mano: il 71% di chi ha comprato lo ha fatto per risparmiare. Ma tra chi ha venduto, nel 58% dei casi lo ha fatto per liberarsi del superfluo, secondo un’abitudine a liberarsi di ciò che non serve che ha prodotto un altro fenomeno importante nella compravendita dell’usato: il cosiddetto regifting. (Gaia Giorgio Fedi, Sole 24 Ore, 17 novembre 2014, p. 15) • Un italiano su cinque è già pronto a riciclare i regali di Natale (dati Coldiretti). Eppoi, suvvia non chiamiamolo più così... Si è sempre chiamato «riciclo», ma ora s’è dato un po’ di tono, andando a sciacquare i panni nell’oceano. Eccolo, quindi il re-gifting che gli esperti (?) dicono sia nato in America. Ohibò. S’è rifatto il nome e nel frattempo ha un po’ perso anche quell’antica aria da tabù sociale. (Serena Coppetti, Giornale, 9 gennaio 2016, p. 23, Stile).
- Dall’ingl. re-gifting, a sua volta derivato dal v. tr. (to) gift ‘regalare’.
- Già attestato nel Corriere della sera del 2 gennaio 2005, p. 56 (Alessandra Farkas).