reflusso gastroesofageo, malattia
da Patologia dovuta a presenza continua e duratura di reflussi acidi nel lume esofageo (detta in sigla MRGE); quando sono sporadici od occasionali tali reflussi sono da considerarsi un evento fisiologico; quando invece tale fenomeno aumenta in termini di frequenza, quantità e durata, si configura il quadro di r. g. patologico (MRGE). La MRGE è una delle patologie di interesse gastroenterologico più frequenti nel mondo occidentale e negli ultimi anni la sua diffusione è andata aumentando, in rapporto ad abitudini di vita sempre più sottoposte a stress.
La patogenesi della malattia è multifattoriale e l’esposizione della mucosa esofagea a sostanze lesive provenienti dallo stomaco rende a lungo andare inefficaci i meccanismi di difesa epiteliale dell’esofago, determinando il danno della mucosa. Gli agenti lesivi sonno rappresentati dal reflusso gastrico nelle sue diverse componenti: reflusso di tipo acido (HCl), reflusso di tipo alcalino (lecitina, acidi biliari, pepsina) e reflusso di tipo misto. La malattia da r. g. è primitiva quando la sua causa è determinata da una incompetenza di base dello sfintere esofageo che non svolge più azione di barriera antireflusso, nonché dalla presenza di ernia iatale che altera il normale angolo esofago-gastrico e determina lo scivolamento del segmento esofageo a livello addominale. favorendo la comparsa di reflusso gastroesofageo. La MRGE può presentarsi anche dopo intervento chirurgico a livello cardiale.
La MRGE presenta una grande varietà di sintomi e quadri morfologici, derivati dall’esposizione della mucosa esofagea all’acido e agli altri secreti gastrici, e comprende sia sintomi esofagei specifici (pirosi epigastrica e rigurgito) che sintomi aspecifici: odinofagia (danno alla mucosa, spesso associata a quadri di esofagite erosiva o di ulcere esofagee), disfagia. Inoltre è presente una serie di manifestazioni orofaringee (mal di gola, raucedine, disfagia), di sintomi laringei (ulcere e granulomi delle corde vocali, disfonia), di alterazioni polmonari (bronchite, tosse cronica, polmonite ab ingestis).
L’iter per una diagnosi certa della MRGE deve verificare se è presente reflusso, se i sintomi sono causati dal reflusso, se vi sono danni alla mucosa esofagea. Le metodiche strumentali a disposizione sono la radiologia (oggi però relegata a ruolo secondario) e soprattutto l’endoscopia, considerata indagine di primo livello. Tuttavia anche l’endoscopia non sempre è sufficiente per la diagnosi di MRGE: una malattia da reflusso, senza segni endoscopici, può essere infatti definita come tale solo in base a un riscontro pH-metrico patologico, accompagnato da una alterata qualità di vita. Tra gli esami di secondo livello vengono considerate la manometria esofagea, che consente lo studio funzionale degli apparati sfinteriali e del corpo esofageo, e la pH-metria delle 24 ore, indagine funzionale basata sulla misura e il monitoraggio del pH a livello esofageo e gastrico, per valutare l’esposizione dell’esofago all’insulto del materiale gastrico refluito, la capacità di clearing esofagea, la correlazione con i sintomi.
Le principali classi di farmaci utilizzati nel trattamento breve e a lungo termine della MRGE includono: antiacidi; farmaci inibitori della secrezione gastrica (H2 antagonisti, quali cimetidina, ranitidina); farmaci inibitori della pompa protonica (esomeprazolo, pantoprazolo, omeoprazolo, lansoprazolo); farmaci procinetici e citoprotettivi. A questi vanno aggiunte misure igienico-dietetiche e posturali, che restano parte integrante della terapia della malattia. Gli obiettivi della terapia medica a lungo termine sono quelli di mantenere il paziente in remissione clinica ed endoscopica, prevenendo l’insorgenza di complicanze, riducendo la morbilità e, conseguentemente, influendo in modo positivo sulla qualità di vita. L’opzione chirurgica si presenta in caso di insuccesso della terapia medica e nelle situazioni in cui è assolutamente prioritario eliminare il reflusso per le gravi possibili conseguenze e complicanze, come l’insorgenza di un adenocarcinoma sulla metaplasia presente. Lo scopo della terapia chirurgica antireflusso è quello di ristabilire la competenza della regione cardiale migliorandone la funzione, mantenendo la capacità del paziente di deglutire normalmente. Negli ultimi tempi, l’intervento in laparoscopia si è imposto come intervento di scelta.