REFERENDARIO
. È ufficio che si ritrova nel mondo romano come nello stato barbarico e, naturalmente con funzioni mutate, nel mondo moderno. Anticamente, i referendarî avevano il compito di riferire al sovrano su varie questioni (domande di cittadini, reclami, cause controverse e dubbie, ecc.); costituirono col tempo un collegio, per il cui vaglio ogni questione grave doveva passare prima di giungere al principe. Durante il basso impero furon detti referendarî anche i custodi degli archivî, i notai e i ricevitori di atti pubblici. Dal mondo romano lo stato franco ereditò la carica, e la esaltò: "referendarius - dice Aimoino (De gestis Francorum, IV, 41) - ideo est dictus, quod ad eum universae publicae deferrentur conscriptiones, ipseque eas anulo regis sive ab eo sigillo sibi commisso, muniret, seu firmaret". Tra le sue più importanti funzioni era, dunque, quella di redigere i diplomi e di controfirmarli e, nei casi in cui era richiesto, di apporvi il sigillo reale, di cui il referendario era custode (egli si diceva perciò anche regiae bullae vel sigilli baiulus, donde il nostro "guardasigilli"): la firma del referendario garantiva l'autenticità dell'atto, e naturalmente ne presupponeva un controllo di legittimità. Quando gli affari dello stato crebbero, aumentò anche il numero dei referendarî; onde, per l'unità delle loro funzioni, fu a essi preposto un capo, detto gran referendario. Nel Medioevo italiano l'ufficio di referendario s'incontra con mansioni varie e oscillanti (come consigliere segreto del principe, o governatore di città, o ambasciatore, o preposto alla finanza, ecc.) presso signorie e principati: e arriva così all'età moderna. Attualmente, l'istituto del referendario esiste presso il Consiglio di stato e la Corte dei conti, e presso il tribunale supremo della Santa Sede, detto della "segnatura di giustizia" e della "segnatura di grazia" (referendarii utriusque signaturae).
Bibl.: G. Rezasco, Dizionario del linguaggio italiano storico e amministrativo, s. v., Firenze 1881; A. Brunialti, s. v., in Enciclopedia giuridica italiana; A. Pertile, Storia del diritto italiano, 2ª ed., Torino 1896, I, p. 95; II, parte 1ª, p. 238; parte 2ª, p. 219.