Reconstituirea
(Romania 1968, 1969, La ricostruzione, bianco e nero, 100m); regia: Lucian Pintilie; produzione: Studioul Cinematografic Bucuresti; soggetto: dall'omonimo racconto di Horia Patrascu; sceneggiatura: Horia Patrascu, Lucian Pintilie; fotografia: Sergiu Huzum; montaggio: Eugenia Naghi; scenografia: Aureliu Ionescu; costumi: Aureliu Ionescu, Florina Ionescu.
Due amici che, bevuto un bicchiere di troppo, hanno sfasciato un locale e ferito il cameriere che li ha serviti e che successivamente ha cercato di opporsi alla devastazione, vengono sottoposti a un singolare esperimento: dovranno ripercorrere le loro poco commendevoli gesta davanti alla macchina da presa, realizzando così un documentario educativo, affinché il loro ravvedimento possa servire anche ad altri coetanei. Il bar si affaccia su un fiume in cui è possibile pescare e bagnarsi, di fianco ogni tanto passa il treno, ma il posto sembra un po' fuori dal mondo, sprofondato com'è in una gola circondata da montagne boscose. Mentre la piccola troupe ‒ formata dal procuratore, dall'insegnante dei due, dal poliziotto del luogo, oltreché, ovviamente, dall'operatore ‒ sia pure non senza contrasti interni, procede alle riprese, ai rimbrotti e all'edificazione, una graziosa ragazza in bikini compie evoluzioni sbarazzine e curiose, un altoparlante diffonde canzoni in voga e da uno stadio vicino arrivano le urla dei tifosi. Ma l'eccesso di realismo profuso nell'interpretare l'ultimo ciak è fatale a uno dei protagonisti che, battuta la testa contro un paletto, va a morire nel fango, mentre l'altro è sballottato dalla folla reduce dalla partita.
Con ogni probabilità, il risultato più alto del cinema romeno dell'epoca di Nicolae Ceauşescu (1965-1989), realizzato in un momento in cui, anche per affermare una peculiarità 'nazionale', il dittatore promosse una relativa liberalizzazione in campo culturale e diede un conseguente impulso alla produzione cinematografica. Sia pure sul piano di una drammaturgia più tradizionale, Lucian Pintilie aveva dimostrato di essere autore già dotato e maturo con il suo esordio, Duminica la ora sase (Domenica alle sei, 1965), tragica storia di un ragazzo e una ragazza impegnati nel movimento clandestino durante l'agonia del regime fascista, raccontata con mano sicura nel delineare atmosfere cupe e magmatiche, misteriose e allusive. Reconstituirea definisce il proprio ambito ‒ il cinema nel cinema, o il raddoppiamento della finzione ‒ sin da una delle prime sequenze, in questo senso quasi programmatica. Aperto il caricatore della sua cinepresa 16 mm, l'operatore vi inserisce la pellicola, facendola passare meticolosamente attraverso i rulli dentati, fino a quando, ultimata l'operazione, può richiuderne il coperchio e cominciare il suo lavoro. Il regista segue con attenzione quasi maniacale i preparativi, 'gigantografando' i particolari e caricando l'insieme di significati che verranno ribaditi e completati nel progredire della vicenda. In effetti, il film si caratterizza soprattutto come indagine sul rapporto realtà/messa in scena, con una disarticolazione del linguaggio ottenuta sia attraverso la mobilità della macchina da presa che con le spezzature di montaggio, in polemica con ogni passato realista ‒ proprio mentre gli autori del documentario, che nelle loro intenzioni dovrebbe assumere una funzione in qualche modo catartica, non smettono di chiedere agli improvvisati attori di essere più veri del vero. E se i caratteri (il procuratore sudaticcio alle prese con una crisi coniugale, il professore costretto ad affogare nell'alcol la propria velleitaria tensione verso la moralità, il militare zelante e ottuso) sono definiti con una precisione 'realistica' che rimanda a una generalizzata mediocrità, l'indefinitezza del luogo (che è insieme fiume e diga, stazione ferroviaria e stadio, campagna e città), la natura evidentemente simbolica della montagna, meta agognata e irraggiungibile oltre che entità incombente e minacciosa, la stessa presenza di quella ragazzina che sembra fuggita da un film di Richard Lester o di Věra Chytilová, incantevole materializzazione di un eros innocente e implosivo, rimandano a più o meno oscure intenzioni metaforiche di cui ogni autore ambizioso è costretto a farsi scudo e carico in situazioni di precaria libertà di espressione.
Anche le apparenze dell'approccio scanzonato che vira a un tragico già fatto presagire nei titoli di testa sembrano accomunare Reconstituirea ad altri film-manifesto che tanti hanno realizzato, a Ovest come a Est, nel corso della stagione febbrile delle avanguardie, si chiamino esse Nouvelle vague o Free Cinema, nová vlna o onda nera. Che Pintilie, da caposcuola, ci arrivi solo alla fine degli anni Sessanta, è il segno del ritardo con cui in Romania si è faticosamente aperto un provvisorio spiraglio alla creatività e alla sperimentazione. Fatalmente, il film venne proibito dalla censura del conducator carpatico, che si prodigò in seguito in un giro di vite repressivo. Il regista dapprima andò a lavorare in Iugo-slavia, poi emigrò a Parigi, dove rimase fino alla caduta del regime. La sua resta in ogni caso un'opera emblematica, anche per (o nonostante) un forse troppo ricercato spessore, quasi che la coscienza di una improbabile seconda possibilità lo abbia spinto all'esercizio, sempre pericoloso, dell'accumulazione.
Interpreti e personaggi: George Constantin (magistrato), Emil Botta (Paveliu), George Mihaita (Vuica), Vladimir Gaitan (Ripu), Ileana Popovici (Aura), Ernst Maftei, Stefan Moisescu, Nicolae Wolcz, Ion Radulescu.
G. Gambetti, Reconstituirea, in "Bianco e nero", n. 5-6, maggio-giugno 1970.
M. Martin, La reconstitution, in "Cinéma 70", n. 148, juillet-août 1970.
B. Cohn, La reconstitution, in "Positif", n. 119, septembre 1970.
[G.] Mosk[owitz], Reconstituirea, in "Variety", March 17, 1971.
A. Punescu, Entretien avec Lucian Pintilie, in "Positif" n. 123, marzo 1971.
B. Amengual, Allégorie et stalinisme dans quelques films de l'Est, in "Positif", n. 146, janvier 1973.
M. Liehm, A. Liehm, Romania, in Il cinema nell'Europa dell'Est 1960-1977, a cura di M. Liehm, Venezia 1977.
P. Vecchi, Ricostruzioni: il cinema rumeno ai tempi di Ceausescu, in "Cineforum", n. 404, maggio 2001.