RECLAMO
. Giuridicamente è il richiamarsi a un'autorità giudiziaria perché esamini nuovamente l'atto che fu già oggetto di esame da parte di altra autorità. Ma, sebbene la legge italiana usi talvolta la parola "reclamo" anche in questo senso così lato, l'uso più corretto di tale espressione è fatto solo per quelle particolari forme di reclamo che sono i ricorsi contro i decreti e le ordinanze pronunziate dal magistrato in camera di consiglio onde provocare da una superiore autorità giudiziaria altro decreto od ordinanza, che si pronunzia pure in camera di consiglio. Talché si può affermare che il reclamo ha sostanzialmente numerosi punti di contatto e di somiglianza con il ricorso, senza tuttavia confondersi con quest'ultimo, come si evince dagli articoli 50, comma 3°, 779 e 781 cod. proc. civ. Il ricorso è, infatti, la domanda che fa la parte all'autorità giudiziaria senza citazione dell'altra, mentre il reclamo, che si dirige sempre all'autorità superiore per impugnare un'ordinanza o un decreto dell'autorità inferiore, serve a impugnare i provvedimenti emanati appunto su ricorso della parte.
Siccome il reclamo ha la funzione di impugnare i provvedimenti soprȧ ricorso della parte, si conclude che esso ha per oggetto le stesse materie per le quali è prescritta la procedura del ricorso anziché dell'ordinaria citazione. Secondo l'art. 778 cod. proc. civ., la legge distingue queste materie in tre categorie: a) materia di giurisdizione volontaria, salvo che la legge stabilisca diversamente; tutte quelle materie, cioè, nelle quali una, o più parti concordemente, domandino al magistrato un provvedimento che questi deve emanare indagando solo se sussistano i requisiti dalla legge voluti; b) materie da trattarsi senza contraddittore: così al pretore o al presidente del tribunale si può ricorrere per l'autorizzazione del sequestro conservativo, e il relativo provvedimento è richiesto ed emesso senza intervento della controparte; c) altri casi determinati dalle leggi. Con queste tre distinzioni la legge ha inteso comprendere tutti i casi nei quali la domanda si propone con ricorso, e, conseguentemente, la impugnativa si propone con reclamo.
Un genere tutto speciale di reclamo è quello del quale si occupa l'art. 183 cod. proc. civ. relativo agli incidenti: contro l'ordinanza del presidente si può avanzare reclamo nel termine di tre giorni da quello in cui fu pronunziata l'ordinanza, o da quello della notificazione in caso di contumacia. Nel caso dell'art. 183 il reclamo consiste, quindi, nella istanza della parte che si lamenta dell'ordinanza precedente; solo che invece di essere diretta all'autorità superiore è diretta al collegio. La legge stabilisce ancora particolari impugnative di atti, ai quali attribuisce, talvolta erroneamente, la denominazione di reclamo. Così l'art. 67 codice civile (in seguito modificato dall'art. 3 della legge 27 maggio 1929, n. 847) sanciva che il figlio maggiore d'età poteva fare reclamo alla corte d'appello contro il rifiuto di consenso al matrimonio dato dagli ascendenti o dal consiglio di famiglia o di tutela, e che nell'interesse della famiglia o del figlio minore d'età poteva farsi reclamo sia dai parenti o dagli affini sia dal pubblico ministero contro il rifiuto stesso. In questo caso, non essendoci nessun provvedimento da impugnare, la parola reclamo non era usata dalla legge in senso esatto.
Il termine reclamo frequentemente ricorre anche altrove: si definiscono in sostanza reclami le varie specie di ricorsi in sede amministrativa. Nei rapporti diplomatici si usa il termine reclamo (reclamo diplomatico o consolare) a significare la domanda formulata dai rappresentanti o agenti di una potenza alleata o associata riguardanti beni, diritti o interessi dei sudditi di tale potenza (così, ad es., l'art. 179 del trattato di Neully).
Sul reclamo di stato v. filiazione.
Bibl.: Zanchi, Dei reclami contro i decreti, in Monitore dei tribunali, 1876, p. 137; L. Mortara, Sul reclamo dei provvedimenti dati in camera di consiglio, in Gazzetta legale, 1880, p. 177; id., Manuale della proc. civ., 3ª ed., Torino 1921, n. 970; L. Mattirolo, Trattato di dir. giudiziario italiano, 2ª ed., ivi 1899; E. Cuzzeri, Il codice italiano di proc. civ. illustrato, 2ª ed., Verona 1905; F. Carnelutti, Lezioni, II e IV, Padova 1924; Foligno, Reclamo, in Digesto italiano, XX, i, p. 451 segg.