REBUS
. Giuoco enimmistico che consiste nella presentazione di un soggetto da indovinare (parola, frase, sentenza, proverbia, verso classico, ecc.) non già, come per gli altri enimmi, con la ricerca di parole che rispondano a concetti espressi in frasi volutamente oscure o ambigue, ma con l'interpretazione di segni e figure.
La voce rebus è, probabilmente, ellittica espressione della frase Sententia rebus, non verbis, expressa. Secondo G. Ménage (Dictionnaire étimologique, Parigi 1650) la parola rebus deriverebbe dalla frase De rebus quae geruntur, titolo di una raccolta di satire che gli scribi della bazoche di Piccardia solevano, in tempo di carnevale, leggere nelle pubbliche vie su tutto ciò che di festevole e burlesco era accaduto nella città. Ma tale ipotesi, quantunque riportata e accettata da quasi tutte le enciclopedie, è stata dimostrata priva di fondamento da O. Thorel in una erudita monografia (Les rébus de Picardie, Amiens 1903). Quando e come sia sorta questa parola, e il passatempo che rappresenta, non è dato comunque di precisare; É. Tabourot, anteriormente al Ménage, nelle sue Bigarrures (Parigi 1582), trattando ampiamente dei rebus e riportandone molti esempî francesi e italiani, ne fa risalire vagamente l'origine a tre o quattrocento anni prima, senza peraltro accennare menomamente alle satire De rebus quae geruntur.
L'enimmistica moderna comprende due distinte categorie di rebus: i rebus figurati (rappresentazione di una frase mediante figure, integrate, ove occorra, da lettere o segni, cifre, ecc.) e i rebus letterali (formati soltanto da caratteri tipografici, segni matematici e d'interpunzione, cifre, ecc.).
Alla prima categoria (quella che precisamente giustifica l'appellativo di rebus) appartiene l'esempio riprodotto in figura: esso dà un'idea del perfezionamento raggiunto dal rebus illustrato moderno.
Tanto più il rebus figurato è bello e tecnicamente ben fatto, quanto più, staccandosi dalla vecchia accozzaglia di figurine e segni senza alcun nesso fra loro, presenta con naturalezza un'unica scena o quadro d'insieme, col minimo numero di lettere possibile, e quanto maggiore è la differenza tra il concetto della frase totale e i concetti singoli rappresentati nei diversi gruppi disegnati in corrispondenza al frazionamento della frase risolutiva.
La seconda categoria comprende il rebus crittografico, nel quale la soluzione va ricercata a grado a grado, analizzando, da sinistra a destra, ciascun gruppo di lettere, o segni, o cifre; e la crittografia, che deve risolversi considerando come un unico assieme tutti i segni tipografici presentati.
Esempî di rebus crittografici:
Esempî di crittografie:
Si dice monoverbo il rebus che si risolve con una parola sola.
Esempî:
Di monoverbi si hanno molteplici varietà; le due principali sono: il monoverbo a frase, che è espresso con una parola il cui significato può venire parafrasato con due o più voci le quali, riunite insieme, dànno un'altra parola, e questa rappresenta la soluzione del giuoco (esempî: NAVE = con-chiglia; GIGANTE = maggior-d'-omo; PALPITO = de'-cor-azione); e il monoverbo sillogistico, che si risolve con un ragionamento, una deduzione basata su un sillogismo. Per es., scrivendo la parola BOCCACCIA si può osservare che le lettere A, C, C, I sono in BOCCA; ma in bocca ci stanno i denti, dunque A, C, C, I sono denti, e la soluzione sarebbe: ACCI-DENTI! Così:
Dal monoverbo semplice, che può pure essere illustrato, derivano ancora oltre venti sottospecie (monoverbi anagrammati, alterni, a incastro, incatenati, a domanda e risposta, reciproci, collegati, ecc.).
Bibl.: É. Tabourout, Les bigarrures et touches du seigneur des Accords, ecc., Rouen 1621; C. F. Menestrier, La Philosophie des immages énigmatiques, Lione 1694, pp. 131-153; O. Delepierre, Essai historique et bibliograhpique sur les rébus, Londra 1870; G. Mondani, Guida teorico-pratica per spiegare e comporre i rebus, Codogno 1886; O. Thorel, Les Rébus de Picardie, Amiens 1903; D. Tolosani, e A. Rastrelli, Enimmistica, Milano 1926, pp. 795-973.