REAZIONI NUCLEARI CON IONI PESANTI
Introduzione. - Tra le reazioni nucleari indotte da particelle cariche hanno acquisito negli ultimi due decenni importanza sempre più rilevante le reazioni con ioni pesanti. Questi sono, in effetti, nuclei di atomi ionizzati, cui sono stati sottratti, tutti o in parte, gli elettroni orbitali. Pertanto uno ione possiede una carica efficace Zeff.·e=(Z−n)e, dove Z è il numero atomico dell'atomo, n il numero di elettroni orbitali sottratti per ionizzazione ed e la carica elettronica; quando Zeff.=Z, lo ione (positivo) coincide con il nucleo atomico. Ciò avviene di norma solo per ioni leggeri come gli isotopi dell'idrogeno, cui corrispondono come nuclei il protone (Z=1, A=1, dove A è il numero di massa), il deutone (Z=1, A=2), il tritone (Z=1, A=3), e dell'elio, ossia elio 3 (Z=2, A=3) ed elio 4 o particelle alfa (Z=2, A=4). Tuttavia ciò può avvenire anche, con i moderni sistemi di accelerazione e di ionizzazione, per nuclei più pesanti. In ogni caso, nella nomenclatura corrente si riserva il termine di ''ioni pesanti'' ai corrispondenti nuclei atomici puri di massa A>4, ossia più pesanti della particella α (in qualche caso si parte dal carbonio: Z=6, A=12) trascurando l'azione (alla scala nucleare) degli elettroni orbitali residui, con l'avvertenza di considerare a tutti gli effetti elettrici la carica efficace Zeff.·e e non la carica atomica Ze di partenza. È infatti la carica efficace che interviene nell'accelerazione degli ioni pesanti tramite le macchine acceleratrici di vario tipo (elettrostatiche, lineari, circolari, elettromagnetiche, ecc.) per effetto dei campi elettrici e magnetici forniti da queste ultime. Per scopi specifici si può parlare oltre che di ioni leggeri (fino all'elio o al carbonio) e di ioni pesanti (fino all'Uranio, Z=92), anche di ioni medi, che sono considerati tali per ragioni di classificazione di fenomeni intermedi fra quelli delle due regioni estreme, fino a valori di massa A≈40÷50.
Le r.n. con i.p. sono quindi caratterizzate da proiettili che sono veri e propri nuclei atomici, che vengono accelerati adeguatamente e fatti interagire con bersagli nucleari. Si tratta quindi di collisioni nucleo-nucleo, ciò che specifica più chiaramente lo scopo primario di questa metodologia, che è quella di far interagire nuclei atomici e ricavare le informazioni più dettagliate sulla struttura e la dinamica nucleare quando a interagire sono sistemi nucleari complessi.
Ciò che amplia e differenzia tali collisioni dalle tradizionali reazioni nucleari (indotte da particelle leggere) può essere spiegato nel modo seguente. Quando, per es., un protone di alta energia collide con un nucleo atomico può semplicemente attraversarlo, interagendo solo con pochi dei suoi nucleoni, mentre se è di bassa energia può essere assorbito o diffuso dall'insieme dei nucleoni del nucleo bersaglio, dando luogo a eccitazioni e stati nucleari in cui l'energia in gioco non può produrre se non fenomeni a bassa temperatura e senza rilevanti cambiamenti strutturali. Ma se lo stesso proiettile è un nucleo (ione pesante) l'urto coinvolge l'interazione tra due sistemi di più nucleoni. Il grande numero (fino a qualche centinaio) di nucleoni fortemente interagenti può allora cambiare drasticamente forma e struttura, rapporti neutroni/protoni, energie di eccitazione interne e altre proprietà spettroscopiche e dinamiche dei sistemi collidenti. Le r.n. con i.p. possono quindi dar luogo a nuovi fenomeni non osservabili quando il proiettile è una particella leggera. Possono estrarre pezzi di materia nucleare, disintegrare completamente i nuclei causando una vera e propria esplosione di nucleoni o di frammenti nucleari, trasferire una notevole quantità di momento angolare (a causa del grande impulso proporzionale alla massa oltre che alla velocità) e procurare quindi notevoli instabilità fino alla scissione; possono inoltre condurre alla fusione dei due nuclei interagenti, creando sistemi composti più o meno stabili e dissipare grandi quantità di energia in eccitazioni interne, riemesse sotto forma di radiazioni, di particelle o di frammenti nucleari. Un'ulteriore sorgente d'interesse è la grande varietà di proiettili disponibili fino al più pesante degli elementi naturali, l'uranio.
Alcuni esperimenti sono stati condotti a energie fino a qualche GeV per nucleone, ma gli studi più estensivi si sono avuti a energie sotto i 20 MeV/nucleone. Un'utile comprensione del significato del termine ''bassa energia'' nella fisica degli ioni pesanti viene dall'esempio di un nucleo di 40Ca a 10 MeV per nucleone, che ha un'energia cinetica totale di 400 MeV. In effetti, la fisica degli ioni pesanti richiede energie consistenti per permettere al nucleo proiettile di superare la barriera costituita dalla repulsione elettrostatica (coulombiana) dovuta alla carica del nucleo bersaglio (positiva come quella del proiettile).
Perché agiscano le forze nucleari di corta portata (∼10−13 cm) e che sono alla base dei fenomeni nucleari derivanti dalle reazioni con ioni pesanti, occorre che i due nuclei siano sufficientemente vicini, prossimi a toccarsi.
Un aspetto caratteristico delle reazioni da ioni pesanti di bassa energia è la lunghezza d'onda piccola rispetto alle dimensioni della regione di collisione intorno al nucleo bersaglio. Ne consegue che la natura quantistica dell'onda incidente è fortemente attenuata e viene a predominare la descrizione classica con una ben definita traiettoria. Questa descrizione in termini di traiettorie classiche permette di classificare le collisioni di bassa energia (〈20 MeV/nucleone) secondo il loro parametro d'impatto (o d'urto) b (fig. 1), che definisce quanto la collisione sia vicina a un urto centrale.
A grandi parametri d'impatto il proiettile e il bersaglio non si avvicineranno mai fino a toccarsi e le loro traiettorie saranno governate dalla forza coulombiana repulsiva tra di essi. A valori intermedi i due nuclei si sfiorano permettendo alle forze nucleari d'intervenire; durante queste collisioni di ''passaggio radente'' (in inglese grazing) un evento comune è il trasferimento di uno o più nucleoni tra i due nuclei interagenti (reazioni di trasferimento) o anche l'eccitazione di moti collettivi. A valori relativamente più piccoli, una parte sostanziale del proiettile urta parte del bersaglio. Si tratta di reazioni ancora abbastanza periferiche, cosicché dopo l'urto i due nuclei (o nuclei molto vicini ai due interessati direttamente nella collisione) emergono dall'insieme delle interazioni tra i loro nucleoni con le loro identità iniziali sostanzialmente intatte, con poco rilascio di nucleoni, ma con una notevole dissipazione di energia, che va a riscaldare il nucleo. Questo tipo di evento si chiama ''collisione profondamente inelastica''. Infine a parametri d'impatto prossimi a zero si hanno le collisioni centrali. L'urto centrale può causare la fusione dei due nuclei con formazione di un nucleo composto, che vive abbastanza a lungo perché i nucleoni raggiungano l'equilibrio nella distribuzione dell'energia e del momento angolare. Il nucleo composto è un sistema tipicamente instabile e decade dopo circa 10−18÷10−19 s, emettendo radiazioni gamma o particelle come protoni, neutroni o alfa, oppure per fissione in due frammenti più piccoli. Durante la fissione il nucleo composto si comporta come una goccia liquida, che si ''scolla'' in due porzioni separate. Più raramente, il ''collo'' si separa per formare un terzo partner che è il più leggero nel processo di fissione (tipicamente una particella α) come accade anche nella rottura di una goccia liquida reale.
Le reazioni di fusione così descritte (da non confondere con la fusione termonucleare dei nuclei leggeri) sono produttive di specie nucleari esotiche (nuclei con rapporti neutroni/protoni lontani dai valori normali della linea di stabilità nucleare) e importanti per determinare il momento angolare massimo che un nucleo possa sostenere prima di scindersi, oltre che per una migliore comprensione della dinamica dei processi di fissione. Inoltre i prodotti dell'interazione fra nuclei complessi possono essere altamente eccitati (forte riscaldamento nucleare), costituendo i cosiddetti nuclei caldi, non ottenibili con reazioni d'altro tipo, simili a quelli che si trovano nelle stelle massive che esplodono alla fine della loro evoluzione (supernovae). A parte ciò, l'avvicinamento di due nuclei, tale da produrre questo tipo d'interazione, non avviene quasi mai alle temperature esistenti nel nostro sistema solare; può accadere casualmente nei raggi cosmici. In laboratorio si è riusciti a ottenere tali processi con l'avvento di acceleratori di ioni pesanti capaci d'imprimere a essi l'energia sufficiente a superare la barriera coulombiana, come già accennato. A titolo di esempio, si pensi che l'energia necessaria per far interagire a livello nucleare (vincendo la repulsione elettrostatica) due nuclei di Uranio (Z=92) è di circa 1500 MeV (6,3 MeV/nucleone), corrispondente a una velocità pari al 12% di quella della luce nel vuoto. Va inoltre osservato che, date le dimensioni nucleari (10−13 cm) e la breve durata delle collisioni (∼10−22 s), l'osservazione diretta di tali interazioni è impossibile. Lo scenario più o meno completo del processo nucleare viene ricostruito a partire dalle caratteristiche dei prodotti di reazione. Questi possono essere particelle nucleari (neutroni, protoni, α), radiazioni γ e, a più elevate energie, frammenti nucleari massivi e mesoni (per es. pioni) o anche, se vi è trasformazione di materia, particelle leggere come elettroni e muoni provenienti dal decadimento di materia primaria non rivelabile direttamente. Le tecniche di rivelazione vanno dalle più classiche (rivelatori a stato solido, spettrometri a tempi di volo, contatori gamma a scintillazione, spettrometri magnetici) ai più sofisticati (multirivelatori gamma, spettrometri a grande angolo solido, spettrometri di massa a rinculo per frammenti pesanti, sfere di cristallo a molti canali o di plastica, camere a fili, ecc.).
Per quanto concerne gli acceleratori, si va dai ciclotroni a grande campo magnetico, ai ciclotroni superconduttori e acceleratori lineari a cavità superconduttrici, agli acceleratori elettrostatici a due stadi o tandem fino agli accoppiamenti di vari sistemi di accelerazione al fine di aumentare l'energia degli ioni accelerati. Di grande importanza, prima dell'accelerazione, sono le sorgenti capaci di fornire ioni di tutte le specie atomiche, positivi o negativi, con sufficiente intensità.
Le reazioni con ioni pesanti non hanno interesse solo per la fisica nucleare in senso stretto, ma costituiscono oggi una scienza di più ampie prospettive e applicazioni nello studio delle strutture atomiche, dei materiali, della radiodatazione, nella fisica medica. A titolo di esempio l'impiantazione ionica (introduzione di ioni accelerati in reticoli cristallini) è una tecnica molto importante nello studio dello stato solido, nella fabbricazione di sistemi microelettronici, così come il bombardamento ionico nella produzione di microfiltri usati nelle dialisi cliniche e nella simulazione, alla scala di tempi brevi, di effetti di danno da radiazioni nei solidi. Inoltre, l'uso di acceleratori di ioni, come superspettrometri di massa, ha esteso le tecniche di radiodatazione a sensibilità dell'ordine di 10−12 e ha reso possibili misure di tempi di qualche milione di anni, di particolare interesse in geofisica, cosmologia e archeologia. La spettroscopia con fogli sottili sotto fascio e lo studio del Lamb shift di nuclei, quasi interamente privi di elettroni, di buona parte degli elementi della tavola periodica, ha aperto nuovi aspetti della fisica atomica; forme superatomiche temporanee (con strati elettronici più complessi) sono state rese accessibili nelle collisioni di nuclei pesanti a causa dei tempi elettronici caratteristici molto più brevi dei tempi d'interazione nucleare, mentre in collisioni di Uranio su Uranio il campo coulombiano diviene supercritico, nel senso che le energie di legame delle orbite interne del superatomo eccedono di due volte la massa a riposo dell'elettrone (ossia la massa totale 2mec2 di una coppia elettrone-positrone) e queste orbite sono respinte in basso nel continuo di Dirac (mare di positroni o elettroni a energia negativa), in maniera tale che effetti speciali dell'elettrodinamica quantistica possono essere studiati.
Caratteristiche specifiche delle reazioni da ioni pesanti. - Abbiamo visto che un aspetto rilevante di tali reazioni è la loro natura semiclassica, nel senso che possono essere usati, in prima approssimazione, metodi e concetti della meccanica classica. Inoltre, dal punto di vista concettuale, va considerato che questa specie di interazioni è da collegarsi non tanto a un processo di tipo primario (fondamentale) in senso elementare, quanto al risultato di effetti strutturali e dinamici, in cui le particelle interagenti sono non libere ma legate o confinate. Nelle collisioni nucleo-nucleo, che possono essere considerate come una sorta d'interazione ''supernucleare'' complessa, la caratteristica dominante è che i sistemi interagenti sono complessi e carichi, e di conseguenza l'area fenomenologica coperta dalle varie combinazioni proiettile-bersaglio è molto ampia. In più la classificazione delle reazioni con ioni pesanti è molto sensibile all'evoluzione dell'energia dei fasci incidenti dalla quale dipende la varietà di energie di eccitazione e decadimento che dà luogo allo spettro di fenomeni ricchi di informazioni su nuove proprietà fisiche della materia nucleare.
Un modo usuale di rappresentare tale fenomenologia nucleare è di mostrare le diverse frontiere connesse con i vari domini di fisica fondamentale, in un diagramma massa-energia (diagramma di Scott: fig. 2). Vi sono essenzialmente tre energie critiche (nel sistema di riferimento del centro di massa), corrispondenti alla soglia supersonica (20 MeV/nucleone), mesonica (140 MeV/nucleone) e relativistica (930 MeV), cui sono inoltre collegati valori indicativi della densità nucleare in confronto con la densità normale ϱo, e la cui crescita (ϱ>ϱo) implica specifiche transizioni di fase della materia nucleare, quali, per es., il condensato di pioni e il deconfinamento di quark-gluoni (v. fisica nucleare, in questa Appendice). Per nuclei di ugual massa l'energia nel sistema di riferimento del laboratorio (energia incidente) va raddoppiata.
Per ciò che riguarda la massa, espressa in termini di A1/3 (che risulta proporzionale alla dimensione lineare nucleare), si evidenziano due tipiche frontiere tra gli effetti di tipo microscopico legate agli aspetti di particelle singole (moti individuali dei nucleoni, A1/3≃ qualche unità) e quelli di tipo collettivo macroscopico (A1/3≫1) e da questi a fenomeni supercritici alla soglia rappresentata da Z=170/2 per cui la somma delle cariche del proiettile e del bersaglio (Z=Zp+Zb=170) corrisponde, tenuto conto delle correzioni dovute alle dimensioni nucleari, al valore 137=1/α, dove α è la costante di struttura fine.
La complessità delle reazioni con ioni pesanti, insieme con la possibilità di studiare i meccanismi di reazione usando grandi varietà di combinazioni proiettile-bersaglio conduce a non banali difficoltà d'interpretazione. Date certe condizioni al contorno (energia, direzione, masse e cariche interagenti, configurazione iniziale e finale) possono essere aperte vie diverse (canali di reazione), corrispondenti a modi diversi di eccitazione intrinseca, transizioni di forma, trasferimento di nucleoni o di aggregati (clusters) di nucleoni.
Un'altra questione importante è il contributo alla miglior comprensione del meccanismo di trasferimento e dissipazione di energia e massa in piccoli sistemi fortemente interagenti. Ciò significa che il processo d'interazione nucleo-nucleo può essere considerato come parte di un problema fisico più generale, e cioè la descrizione statistica di sistemi formati da un numero relativamente piccolo di particelle fortemente interagenti in cui l'energia in gioco viene più o meno abbondantemente dissipata in funzione dei gradi di libertà e del numero di nucleoni coinvolti, a loro volta dipendenti dal tempo d'interazione. Quest'ultimo infatti può variare in dipendenza della geometria delle collisioni (distanti, radenti, ravvicinate) o più o meno centrali (quasi-frontali e frontali).
Fenomeni dissipativi nelle reazioni con ioni pesanti. - Si può schematizzare la classificazione di tali reazioni tramite una suddivisione semplificata tra processi fortemente dissipativi (con forte assorbimento) e processi quasi elastici. Mentre questi ultimi si limitano alle collisioni più periferiche (interazioni dirette), alla prima categoria appartengono le collisioni centrali che portano alla formazione di un nucleo composto seguito da evaporazione o fissione, e le collisioni profondamente inelastiche, un po' più periferiche, in cui si ha la formazione di un sistema dinucleare, senza fusione, il quale si dissocia dopo un tempo più o meno lungo (ma più breve di quello del nucleo composto) in due frammenti simili ai nuclei di partenza, dopo un forte assorbimento di energia. Tale suddivisione è rappresentabile con un diagramma (diagramma di Fesbach) mostrato nella fig. 3, in cui la probabilità degli eventi è riportata in funzione del tempo d'interazione tint e dell'energia Ek nel canale d'uscita. L'energia assorbita aumenta con il tempo e la complessità dell'interazione. Tra i picchi discreti corrispondenti all'interazione diretta (processi quasi-elastici) e la fusione completa (nucleo composto) esiste una serie di processi intermedi a molti stadi, a seconda dei gradi di libertà coinvolti.
In generale, il tempo d'interazione aumenta con la complessità del processo al diminuire dell'energia cinetica Ek dei prodotti della reazione e quindi al crescere dell'energia dissipata all'interno del sistema.
I due processi estremi, validi anche per reazioni con ioni leggeri, sono qui caratterizzati dalla più semplice reazione diretta con le particelle diffuse in avanti e distribuite in picchi discreti di energia, alla formazione di nucleo composto con una distribuzione pressoché omogenea su molti gradi di libertà del sistema composito. Nel caso degli ioni pesanti in cui molto più numerosi sono i gradi di libertà a disposizione, si ha, per forte assorbimento, una larga sovrapposizione tra i due nuclei interagenti che finiscono col perdere la loro identità iniziale. Tra questi due estremi esistono processi intermedi, dipendenti dall'energia, dal momento angolare e dalla massa (e carica) dei nuclei in interazione, che costituiscono un continuo di situazioni dalle reazioni profondamente inelastiche già citate a processi di fusione incompleta, quasi-fissione, fissione rapida, tutti indicativi di una dissipazione d'energia a molti stadi su scale temporali intermedie tra la fusione completa (10−18 s) e la diffusione profondamente inelastica (10−21 s).
È stato possibile stabilire le caratteristiche essenziali delle reazioni fortemente dissipative, in cui il graduale passaggio dai processi quasi-elastici a quelli di nucleo composto avviene per effetto di una parziale equilibrazione dai gradi di libertà con una residua memoria di alcune delle condizioni iniziali (momento angolare, distribuzioni di A e Z). Ciò implica il risalire a una vera e propria ''storia della collisione'', tipica di un moto lento. L'ampiezza della perdita di energia fornisce effettivamente un ''orologio'' unico che misura i tempi di rilassamento coinvolti (tempi d'interazione, di termalizzazione, di equilibrazione carica-densità, tempi caratteristici per l'evoluzione delle deformazioni nucleari, della fissione, ecc.). Per es. i nuclei composti altamente eccitati formati nelle reazioni di fusione rilasciano la loro energia per evaporazione di nucleoni o per fissione. La competizione tra questi due processi è studiata distinguendo tra i neutroni emessi prima e dopo la fissione. Ne deriva che nuclei altamente eccitati fissionano più lentamente di quanto predetto dalla teoria statistica standard. Ciò appare come conseguenza di effetti di struttura e di dinamica dei nuclei in collisione. Processi intermedi tra l'evaporazione e la fissione sono stati osservati con emissione di frammenti leggeri anche se più massivi delle particelle alfa.
Un tipico modo di decadere dei nuclei caldi è dato comunque dall'emissione di radiazioni gamma in cascata da stati nucleari prodotti con alti valori del momento angolare (il che implica rapida rotazione e forme collettive dei nuclei prodotti). Stati fino a valori di 60 ℏ (unità quantiche di momento angolare) sono stati osservati e il loro decadimento gamma porta informazioni sul grado di deformazione nucleare d'origine (bande deformate e/o superdeformate). In fig. 4 è mostrato il numero di conteggi N in funzione dell'energia Eg della radiazione γ emessa, essendo indicati i valori dei momenti angolari (in unità di ℏV) degli stati nucleari emettitori, nel caso della reazione 108Pd + 48Ca (a 205 MeV). Il nucleo composto è 152Dy con emissione di quattro neutroni.
Evoluzione con l'energia. - In modo più specifico si può mostrare, sia pure qualitativamente, come i processi corrispondenti ai vari tipi d'interazione e le proprietà della materia nucleare che viene di conseguenza creata e/o disintegrata, cambino al variare dell'energia.
Si può seguire lo schema illustrativo di fig. 5. A basse energie, inferiori alla barriera elettrostatica, si ha la diffusione coulombiana dovuta alla sola interazione elettrostatica (diffusione elastica). La corrispondente sezione d'urto (che fornisce la probabilità del processo) è data semplicemente dalla classica formula di Rutheford relativa a due cariche (puntiformi) Z1e, Z2e. Eventuali eccitazioni dovute al campo elettromagnetico che distorce le forme nucleari provocando vibrazioni e rotazioni si hanno a distanze più brevi ma sempre al di fuori della portata delle forze nucleari (eccitazione coulombiana).
Va tuttavia rilevato che, anche a energie non sufficienti a superare la barriera coulombiana, effetti quantistici come l'effetto tunnel permettono ai due nuclei interagenti di fondersi o di scambiarsi nucleoni (fusione e trasferimento sotto barriera), sia pure con probabilità ridotte.
Appena al di sopra dell'energia coulombiana la sezione d'urto di reazione non è più costante al variare dell'angolo di diffusione, ma il suo rapporto con la sezione d'urto di Rutheford diminuisce rapidamente a partire da un certo angolo critico, corrispondente al punto in cui i due nuclei cominciano a toccarsi (angolo di grazing o di radenza) indicando l'intervento della forza nucleare predominante su quella elettrostatica. Per interazioni radenti si hanno i processi di trasferimento di uno o pochi nucleoni tra i due nuclei. Se le orbite corrispondono a piccoli angoli (in avanti), come nella diffusione elastica, i nuclei non si toccano e non si ha trasferimento. Se i nuclei si toccano il trasferimento ha luogo e la sezione d'urto in funzione dell'angolo cresce rapidamente ma ridiscende non appena, ad angoli più grandi, l'orbita s'inoltra più profondamente nel nucleo bersaglio. In quel caso altre più complesse interazioni intervengono.
Le reazioni di trasferimento sono utilissime in spettroscopia nucleare perché, rispetto a quelle con ioni leggeri, danno indicazioni, oltre che sul momento angolare dell'orbita in cui o da cui i nucleoni vengono trasferiti, anche sul momento angolare totale (orbitale+spin) degli stati nucleari prodotti.
Fin qui il sondaggio delle proprietà nucleari da parte di uno ione pesante è delicato e non comporta ancora grosse perturbazioni. Un aspetto peculiare delle reazioni con ioni pesanti è tuttavia dato dal trasferimento di grossi aggregati di nucleoni (clusters) e dall'osservazione indiretta di risonanze molecolari, ossia di strutture a energie di eccitazione sufficientemente elevate (maggiori di 40÷50 MeV) consistenti in un sistema dinucleare, in cui i due nuclei interagenti si comportano come gli atomi di una molecola biatomica. Tale sistema si manifesta con moti di vibrazione e rotazione simili a quelli di una molecola. Esempi tipici l'interazione tra due nuclei di Carbonio (12C+12C) che dà luogo a risonanze molecolari nel nucleo complessivo di Magnesio (24Mg) a eccitazioni di circa 40 MeV, così come l'interazione tra nuclei di Silicio che dà luogo a una ''molecola'' di Nickel (28Si+28Si=56Ni) a circa 70 MeV di energia di eccitazione.
A energie un po' più elevate (∼10 MeV/nucleone) gli urti tra nucleoni individuali sono trascurati e prevale l'interazione tra ciascun nucleone e il campo medio dovuto all'insieme di tutti gli altri nucleoni. Ciò è mostrato dal forte rilassamento dell'energia cinetica nel canale d'entrata. Tale perdita di energia può essere considerata analoga all'attrito che dissipa l'energia cinetica organizzata del moto relativo in energia termica disorganizzata. Intervengono qui i due processi tipici di diffusione profondamente inelastica e di fusione a seconda che la collisione sia più periferica o più centrale.
A energie più elevate (∼20÷50 MeV/nucleone), le collisioni profondamente inelastiche, che sono ancora processi binari lenti, evolvono verso processi quasi-elastici o rapide perturbazioni leggermente inelastiche che possono produrre la rottura del sistema in più di due corpi. Data la rapidità dell'interazione l'assorbimento complessivo non trova più il tempo per prodursi e l'energia in gioco viene dissipata in molti frammenti (multiframmentazione). La regione energetica in cui ciò avviene dipende dall'asimmetria di massa; in genere tale limite è raggiunto quando la velocità relativa eccede il 20% della velocità della luce, il che accade per es. a un'energia nel sistema di riferimento del centro di massa di 22 MeV/nucleone per il Calcio e di 40 MeV/nucleone per il Piombo. In fig. 6 sono riportati gli spettri di energia dei frammenti di 35S (zolfo 35) provenienti dalla reazione 40Ar+58Ni a due diverse energie (rispettivamente 7 MeV e 44 MeV/nucleone), da cui si vede come all'energia più alta il picco corrispondente alla diffusione profondamente inelastica scompare. Nel caso delle collisioni centrali, si passa da processi di fusione completa a fusione incompleta verso i 50 MeV/nucleone e a riscaldamento nucleare a eccitazioni tali che si possono usare i concetti della termodinamica quali per es. la temperatura di ebollizione, alla quale il sistema nucleare può cambiare di fase e passare dallo stato normale di goccia liquida a quello di gas di nucleoni. Il grande deposito di energia corrispondente verrebbe dissipato tramite il processo di frammentazione. Tale situazione corrisponde a temperature nucleari dell'ordine di 100 miliardi di gradi (corrispondenti a 10 MeV): la transizione liquido-gas avviene a una temperatura critica corrispondente a 10÷20 MeV. Quando l'energia è tale che la velocità del nucleo proiettile supera la velocità media dei nucleoni del nucleo (∼100.000 km/s), risulta impossibile una sovrapposizione normale dei due sistemi nucleari e le interazioni non sono più descrivibili in termini di campo medio lasciando il passo alle interazioni tra nucleoni quasi liberi. Si crea addirittura una materia nucleare molto calda e molto densa.
Si può immaginare che all'interno della zona d'interazione si produca una ''palla di fuoco'' (fire ball), parziale per le collisioni periferiche e centrale per le collisioni frontali (fig. 5). In corrispondenza si ha anche un aumento di disorganizzazione e quindi di entropia accompagnata da calore. La pressione che ne consegue fa espandere il sistema che, raffreddandosi, può diventare di seguito così rarefatto che i nucleoni non interagiscono più tra loro. Se poi l'energia disponibile corrisponde a velocità vicine a quella della luce (ioni relativistici) oltre alla dissoluzione dei frammenti nei nucleoni costituenti, per effetto della temperatura, si ha produzione di mesoni (pioni). La soglia mesonica Es=Mπc2 da superare, riduce l'energia cinetica media dei nucleoni, il che contribuisce al raffreddamento del sistema. La transizione di fase corrisponde in questo caso a un processo di adronizzazione della materia nucleare, ossia alla produzione di adroni liberi.
L'osservazione sperimentale dei prodotti della reazione (particelle, mesoni, di cui si misurano le varie connotazioni spaziali e temporali) è resa complessa da processi di riassorbimento e di ulteriore dissipazione di calore. D'altra parte, le collisioni nucleari sono la sola informazione terrestre riguardante la materia ad alta densità e temperatura.
In effetti la materia nucleare comincia a essere sottoposta a condizioni estreme a partire da energie corrispondenti a una velocità pari a 0,2 Vs dove Vs è la velocità del suono nella materia nucleare. A questi valori si raggiungono ''temperature'' (energie di eccitazione) maggiori di 100 MeV. Il che significa che nella collisione tra nuclei si possono raggiungere temperature pari a 10.000 volte quelle dell'interno del sole, ossia vicine a quelle del centro di una Supernova, durante un collasso gravitazionale! Naturalmente ciò avviene, in laboratorio, a una scala temporale brevissima (10−20 s), inaccessibile con misure dirette. È lo studio dei canali di diseccitazione tramite l'identificazione dei prodotti di decadimento che permette la ricostruzione delle condizioni prevalenti durante il processo di collisione e rende possibile l'accesso alle proprietà fondamentali dei nuclei caldi.
Le condizioni si fanno ancora più estreme quando, a temperature dell'ordine di 100÷200 MeV (limite di Hagedorn), si raggiungano densità elevatissime fino a 5÷10 volte la densità normale ϱo (ϱo=1015 g·cm−3) dei nuclei ordinari. Queste condizioni si raggiungono a energie ultrarelativistiche (dell'ordine di 100 GeV/nucleone) con nucleoni pesanti (A>100) e porterebbero alla regione di deconfinamento, ossia alla transizione di fase estrema della materia nucleare, quella che corrisponde alla creazione di un nuovo stato della materia: il plasma di quark e gluoni, materia primordiale che fuoriesce dai nucleoni, strizzati a dovere.
Questo deconfinamento è lo scopo precipuo degli esperimenti in corso e in progetto presso laboratori provvisti di acceleratori capaci di fornire ioni pesanti di massa ed energie elevate, fino a energie ultrarelativistiche come il CERN di Ginevra e il Laboratorio nazionale di Brookhaven negli USA. Già l'uso di ioni ossigeno (16O) e zolfo (32S) a energie dell'ordine di 1÷10 GeV/nucleone al BEVALAC di Berkeley e al Sincrotrone di Brookhaven nonché a 200 GeV/nucleone al Superprotosincrotrone del CERN hanno dato qualche indicazione al riguardo, anche se tuttora insufficiente. Con l'avvento di fasci di oro e di piombo accelerati a più di 200 GeV/nucleone al CERN e a Brookhaven e, più avveniristicamente, a energie dell'ordine dei 1000 GeV/nucleone, si spera di raggiungere una risposta conclusiva a questa sfida della fisica moderna. Essa riguarda non più la sola fisica nucleare (trasformazione estrema della materia nucleare) o la fisica delle particelle elementari (caratterizzazione della materia elementare primaria e verifica della teoria specifica basata sulla cromodinamica quantistica; v. in questa Appendice), ma anche l'astrofisica e la cosmologia, contribuendo alle risposte da dare alle teorie sull'origine e l'evoluzione dell'Universo primario, come l'ipotesi del big bang, che prevede appunto la creazione della materia sotto forma di miscela (plasma) di quark e gluoni (i costituenti primari), dall'esplosione primigenia del contenuto di energia iniziale.
È da notare, in conclusione, che lo studio delle r.n. con i.p. comporta, di conseguenza, la caratterizzazione di un'equazione di stato della materia nucleare, come avviene per le sostanze macroscopiche, da quelle ordinarie a quelle corrispondenti agli ammassi stellari.
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